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Redazione IDA

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A detta di critica e pubblico, Joker è stato uno dei film più belli del 2019. Più che un fumetto, Joker mette davanti agli occhi dello spettatore l’origine di un personaggio che hai l’illusione di conoscere da una vita ma che poi ti accorgi di non conoscere affatto. Grazie a questa pellicola, magistralmente interpretata da Joaquin Phoenix, hai la possibilità di conoscere l’uomo che sta dietro alla figura di Joker che tutti conosciamo: Arthur Fleck. Il film si basa infatti sul racconto della vita di Arthur che soffre di seri disturbi mentali (ride sguaiatamente senza alcun motivo) e per questi è messo ai margini della società, impossibilitato a realizzare se stesso e a rientrare nei canoni di quella stessa società che fa di tutto per non accettarlo. 

Oltre ad essere un film con chiavi registiche particolarmente efficaci, nel film di Todd Phillips spicca l’utilizzo innovativo che il regista fa del movimento e della danza con la quale racconta momenti culmine della storia legati alla fragilità umana di Fleck/Joker, creando maggiore attenzione e suspense nello spettatore. 

Il primo momento coreografico avviene dopo il primo delitto in metropolitana. Dopo aver corso disperatamente per far perdere le sue tracce, Arthur si ferma in un lurido bagno pubblico e balla davanti allo specchio in “una danza lenta, intima, dal gesto contemporaneo, muove le braccia e le mani come un danzatore giapponese, per finire faccia a faccia con lo specchio, è l’inizio di una fase nuova, qualcosa di irrevocabile è avvenuto” (Massimiliano Volpini) e da quel punto in poi quando Arthur danzerà ci sarà sempre un momento decisivo nella narrazione della storia.  In questi passaggi infatti la danza aiuta l’uomo Arthur Fleck nel rappresentare la ricerca assoluta del proprio io più profondo cercando un modo efficace per riscattarsi dalla sua vita “senza senso” e acquisire un senso di libertà e di espressione dei suoi desideri inespressi. Non a caso, chiari sono i riferimenti alla danza Butoh, nata in Giappone negli anni ’50 all’indomani della disfatta della Seconda Guerra Mondiale per scacciare la negatività e per “gridare” contro la disumanizzazione e la perdita di valori dovute alla guerra. Elementi tipici di questa danza, che vengono riproposti nel film, sono la nudità del ballerino, il corpo dipinto di bianco, le smorfie grottesche ispirate al teatro classico giapponese, la giocosità delle performance e l’alternarsi di movimenti estremamente lenti con convulsioni frenetiche. Per dar voce alle sue pulsioni più profonde Arthur utilizza infatti una danza silenziosa e autentica che non ha bisogno di orpelli e che lo conduce nell’inconscio e lo fa esprimere senza veli, senza colpe e senza pregiudizi: ciò che ci sta mostrando Fleck danzando è la vera essenza della sua anima.

Proseguendo per diverse altre sequenze “danzate” del film si arriva all’espressione più autentica di Arthur quando Fleck si trasforma definitivamente in Joker. Verso il finale della pellicola e sulle note di Rock & Roll Part 2 di Gary Glitter la danza passa dall’isolamento e dalla gracilità della preparazione di un guerriero con la danza dai tratti orientali, ad una danza totalmente “sfacciata” perché rivolta a un pubblico immaginario pronto ad applaudirlo. Si passa da una danza inversa ad una danza con movimenti con il bacino e le gambe, con le braccia spalancate, le spalle in fuori e alla fronte alta, gli occhi fieri e sigaretta tra le dita come se fosse una vecchia stella di Hollywood.

In questa scena, che verrà certamente ricordata nella storia del cinema e della danza, Joker attira su di sé i riflettori che ha atteso da tutta una vita, diventando lo showman che avrebbe da sempre voluto essere, e proprio sulla “sua” scala che, durante tutto il film, ha rappresentato solo la faticosa salita verso casa.

Senza voler svelare il finale (perché consigliamo assolutamente di vedere questo film) Arthur Fleck rimane solo Joker lasciando definitivamente la danza dai tratti goffi e chiudendo con una danza in cui gira e salta fiero, con la mente completamente libera.

 

 


Bibliografia e citazioni

Mara Siviero Joker: il rapporto del film con la danza e i musical” 

Martina Barone Joker: danza e follia nell’interpretazione di Joaquin Phoenix

Massimiliano Volpini: nota del coreografo

 

 

© Expression Dance Magazine - Dicembre 2019

 

 

 

 

Marco Chiodo danzatore, coreografo, regista e capo balletto segue da diversi anni le produzioni di David Zard, da poco mancato, seguendo in particolar modo il musical Notre Dame de Paris e attualmente sta curando le coreografie del nuovo show di Enrico Brignano Un’ ora sola vi vorrei.

Che cosa ha apportato Notre Dame De Paris alla commedia musicale italiana?

Notre Dame de Paris è unico nel suo genere. Ha un'alchimia di molteplici fattori: la fusione tra le musiche e le coreografie dinamiche e da cardiopalma, sia acrobatiche che danzate. Il testo con i suoi importanti messaggi di vita e la regia curata dei diversi personaggi che esaltano l'amore in tutte le sue forme rendono immortale lo show.

Come è iniziato il tuo rapporto con David Zard e cosa ti ha lasciato in “eredità”?

David nel suo lavoro è stato un vero pioniere perché ha inventato un mestiere. La priorità per David era la preoccupazione per il pubblico e proprio di recente mi hanno fatto notare un video in cui pregava il pubblico di non accalcarsi e di aprirsi perché nessuno si facesse male: erano i primi anni ’90 e lui pregava il pubblico in ginocchio sul palco. Di certo erano tempi in cui la sicurezza non era particolarmente garantita come oggi che ci sono i servizi che la tutelano.

Quello che porto sicuramente in eredità è quanto lui ci tenesse a fare bene quello che faceva. Secondo David se c’era un problema lo potevi sempre risolvere ma lo risolveva sempre con un sorriso per tutti; se però capitava il giorno in cui si arrabbiava era meglio “evaporare” perché diventava una sfida di “uno contro tutti”. 

David mi ha sempre insegnato il rispetto reciproco e per questo, quando diceva qualcosa a chiunque, si prendeva comunque atto del suo consiglio perché la sua esperienza di palcoscenico superava sempre il sapere di tutti.

Ora la mia collaborazione  continua con Clemente Zard, figlio di David, nonché amministratore delegato di Vivo Concerti e amico. Clemente non solocontinua a portare in giro il lavoro del padre ma ha anche iniziato a lavorare con musicisti di grandissima fama.

Puoi spiegare cosa fa esattamente un capo balletto e in che modo rispetta le coreografie originali?

Il lavoro più difficile è insegnare una coreografia creata da un’altra persona e insegnare anche con diversi dettagli insieme a ruoli diversi. In ogni nuovo allestimento metto comunque di mio l’imprint a livello di anima, il leit motiv e l’intenzione anche a livello registico. Quando inizia una nuova tournée di Notre Dame si hanno davanti 10 spettacoli a settimana per 10 mesi e il danzatore entra in una routine che solitamente non gli fa bene. Per fortuna dico sempre ai performer che ci pagano per una cosa che ci è sempre piaciuta fare e che il nostro lavoro deve essere quello di cercare di trasmettere al pubblico delle emozioni (che è una cosa bellissima), ma se tu questo pensiero non ce l’hai stai togliendo qualcosa al pubblico. Il pubblico si emoziona se tu regali emozioni che spesso, durante la vita di tutti i giorni, non si riescono a vivere e si riempie godendo delle emozioni che provoca lo spettacolo.

E se i danzatori scelti non imparassero qualche sequenza? Ti è mai capitato di cambiare una coreografia originale?

No, la coreografia deve rimanere tale e non è possibile cambiarla per assoluto rispetto, semmai mi chiudo in sala un giorno intero per far imparare un passo o una sequenza che non viene naturale. Ecco perché sin dalle audizioni del corpo di ballo di Notre Dame gli vengono insegnate la coreografia dei clandestini, la festa dei folli donne e uomini in call back e solo all’ultima selezione l’improvvisazione in musica. 

Chiaramente è diverso se le coreografie sono mie così come è successo, ad esempio, per le selezioni del nuovo spettacolo di Enrico Brignano: ho organizzato due giorni di audizioni in cui ho testato coreografie modern, capacità tecniche a livello di cabaret e di show, poi un call black in cui gli ho fatto ballare la sigla che avevo già coreografato. Ho scelto danzatori che avessero qualità diverse così le coreografie e lo spettacolo glielo puoi cucire addosso, altrimenti il risultato è sicuramente mediocre.

In che modo le coreografie che segui sono cambiate per essere sempre di più impatto nei confronti dello spettatore?

Una mente creativa è sempre alla ricerca del cambiamento, di migliorare e rendere più bello un prodotto e questo porta, in questo caso il coreografo, a modificare e riadattare alcuni passaggi o movimenti per migliorare lo show. L'unica enorme modifica che ad oggi portiamo in tour è il quadro del Val d'amore, che è completamente diverso rispetto alla coreografia della prima edizione.

E come vedi i danzatori di oggi rispetto a quando danzavi tu?

Io avevo voglia di riscatto, venivo dalla Calabria, oggi vedo più superficialità ed è proprio una sensazione che vivo e che non riesco a spiegarmi.

Chi non è stato sul palco non può capire cosa ha portato un tipo di ricerca e se non stai assimilando, chiedo sempre: che cosa stai facendo? In quella lezione cosa hai appreso? La devi avere tua, devi sapere come sei arrivato. L’esperienza sul palco è decisiva per diventare un vero danzatore.

E nei workshop che tieni che cosa cerchi di trasmettere ai ragazzi? In che modo cerchi di “passargli” la tua esperienza?

Noto sempre di più che i ragazzi (per fortuna non tutti) si sono evoluti con un ideale molto forte "dell'apparire e dell'immagine", che in alcune circostanze va anche bene. Nelle mie classi cerco di trasmettere che noi viviamo in un mondo di suoni e vibrazioni, oltre alla tecnica cerco di insegnargli che bisogna essere sensibili, vivere di passione, cercare l'espressione, di ricercare l'interpretazione, di essere versatili e di ricercare continuamente prima in se stessi poi verso il mondo, perché più conosci e più un domani potrai raccontare, perché più vibri e più sei in sintonia.

Vedo che hai lavorato come coreografo anche per diversi video clip. Oggi è meno facile trovare coreografie nei videoclip, secondo te cosa è cambiato in tal senso?

Credo che oggi, essendoci più tecnologia e più modi per creare effetti in un video clip, la coreografia abbia molto meno spazio. Ci sono ancora molti artisti che nei loro video usano la coreografia per ampliare il tormentone o solo per creare un prodotto con quel target. In fin dei conti trovo anche giusto che l'evoluzione porti ad un cambiamento.

Programmi artistici per le prossime settimane?

Siamo ai primi giorni di prova, Enrico propone un varietà a tutto tondo ma più fresco e attuale con contenuti multimediali. Il corpo di ballo è composto da sei donne e quattro uomini. Sono poi particolarmente felice perché tra loro ci sono calabresi come me che hanno molta voglia di lavorare pienamente… Quindi direi lavoro, lavoro, lavoro!

 


 

Marco Chiodo parteciperà come giurato a Expression Grand Prix, il concorso dedicato e riservato ai vincitori di concorsi di danza nazionali e internazionali, che si svolgerà sabato 22 febbraio 2020 al padiglione Basilica di Danzainfiera a Firenze.

Vuoi saperne di più? Leggi maggiori informazioni: Expression Grand Prix >

Non hai mai vinto un concorso di danza? è il momento di metterti alla prova: Expression International Dance Competition è il più importante concorso di danza europeo, per danzatori dai 6 anni in su, che avranno la possibilità di esibirsi di fronte ad una giuria di ospiti internzionali. Se partecipi hai la possibilità di vincere borse di studio e premi speciali nelle migliore scuole e compagnie europee e degli Stati Uniti, oltre ad un montepremi in denaro di 24000 euro.

Il concorso è alla sua sedicesima edizione e si svolge a Firenze c/o Danzainfiera il 21, 22 e 23 febbraio 2020 

Leggi maggiori informaizoni su Expression International Dance Competition >

 

 


 

 

© Expression Dance Magazine - Dicembre 2019

 

 

 

Grazie ad un’audizione organizzata dalla Sead (Salzburg Experimental Academy of Dance) in collaborazione con IDA, Chiara Cestelli, 19 anni, si Sansepolcro (Arezzo) ha vinto una prima selezione che poi ha reso possibile la sua permanenza a Salisburgo.

Come hai fatto ad arrivare fino a qui?

Mi iscrissi davvero all’ultimo momento, incuriosita da questa struttura perché rappresenta un tipo di scuola che lavora sulla sperimentazione della danza contemporanea. Per la prima audizione italiana eravamo in 45 ballerini e mai mi sarei aspettata di entrare nella scuola. I giudici si sono mostrati sin dal primo momento molto distaccati e noi allievi avevamo seguito solo due lezioni preparatorie. La seconda audizione ha avuto luogo a Salisburgo nel mese di maggio: facevamo un sacco di audizioni quasi ogni giorno. Audizione dopo audizione il numero di ballerini si riduceva fino ad arrivare agli ultimi 190 e tra questi mi hanno scelta! Lì per lì non ci credevo… sembrava tutto surreale.

Come ti stai trovando e che tipo di percorso di studi stai seguendo?

La scuola è molto intensa: una sessione dura quattro o cinque settimane a cui segue una settimana di pausa per tornare a casa dai propri cari.  L'accademia risulta personalmente molto utile per tutte le discipline che solitamente frequento. Nell’ultima sessione, ad esempio, abbiamo svolto corsi di danza classica, contemporanea e yoga. In altre sessioni ci saranno, invece, storia della danza, workshop sull’utilizzo delle luci, prevenzione contro gli infortuni.  Nel programma sono previste anche sessioni con Tai chi e karate, per rafforzare la persona,  e ancora sessioni di musica e anatomia. In generale ogni giorno seguo lezioni per 6/7 ore di danza, salvo giornate più intense per performance e spettacoli vari. 

La scuola dura quattro anni e all’inizio del terzo si può esprimere la propria scelta tra intraprendere la strada del ballerino individuale o quella del coreografo. Io, essendo appena arrivata, devo ancora decidere e sperimentare tanto.

Sono state rispettate le tue aspettative e fino a quando svolgerai il tuo percorso presso questa struttura?

Il sistema è molto organizzato e alla fine di ogni sessione siamo invitati a scrivere una lettera alla direttrice, per parlare della nostra crescita personale all’interno del percorso formativo svolto. Uno dei concetti cardine dell'accademia è il rispetto: danno grande fiducia ai ragazzi, rendendogli possibile fare anche esercizio individuale. C’è una cucina comune… insomma è come se fossimo in una grande casa. 

Quando sono molto stanca, alla sera trascorro  del tempo insieme ai miei compagni e anche quando vivo dei momenti di  insicurezza, perché non è sempre facile, percepisco sempre un’aria positiva. Abbiamo in comune la stessa esperienza e in quei giorni in cui  ti senti giù di morale tutti sono pronti ad ascoltarti, senza giudicare.

Credo che in Italia per quanto riguarda la danza contemporanea ci sia ancora tanto da fare, in quanto presenta dei limiti; infatti sono molte le sfaccettature di questo stile che non sono considerate nel nostro paese. In Italia siamo certamente più radicati nella danza classica e per questa disciplina esistono molte più possibilità rispetto alla danza contemporanea. In definitiva, posso confermare che si tratta di una scuola completa che offre davvero tanto ai suoi allievi. Mi ritengo molto fortunata e sono davvero felice e mai stanca di studiare. Ringrazio dal profondo del cuore la  IDA che mi ha permesso di fare questa audizione; per me ha rappresentato una grande fortuna.

 


 

NUOVE SELEZIONI PER SEAD!

25 gennaio 2020 (unica data in italia)

L’unica audizione italiana per entrare nella prestigiosa scuola SEAD si svolgerà presso la sede dell’IDA International Dance Association, in via Paolo Costa 2 a Ravenna, dalle ore 14 alle 18. Gli aspiranti affronteranno prove di balletto e di danza contemporanea. Chi desidera partecipare può registrarsi su www.sead.at

 

Maggiori informazioni sulla selezione >

 


 

 

 

© Expression Dance Magazine - Dicembre 2019

 

 

 

Chi è Andy Lemond

Danzatore e coreografo poliedrico, Andy ci racconta della sua formazione avvenuta praticamente sul palco  basando il suo stile su Jazz Dance, Funky Jazz, Modern, Hip-Hop e Afro. Dai più, viene chiamato il Camaleonte perché il suo stile di danza è davvero particolare; si tratta di un mix di diversi stili di danza, che sono combinati tra loro in modo molto creativo e quindi espressi in un modo completamente nuovo e questo è sicuramente dovuto alla sua formazione: “ho studiato diversi stili tra cui anche la danza classica. Io stesso sono un mix tra due paesi, mio padre è canadese, mia madre è turca. Vivo a Friburgo, in Germania, da venticinque anni, ma ho vissuto anche a Milano per due anni e a Parigi per tre”.

I suoi studi

Lemond ha studiato prima alla Universal School of Jazz in Ontario (Canada) e poi a New York con Alvin Ailey e al Broadway Dance Center, oltre ad essersi formato come attore per due anni. Ha poi completato la sua formazione lavorando come ballerino in compagnie come la Nora Granger Modern Company di Parigi e la Tap Luis Dancers di Toronto; in Europa e negli Stati Uniti con Jane Fostin, Lalah Hathaway, Trible Jam, Whitney Houston, Paula Abdul e Madonna. Come coreografo ha poi collaborato con artisti famosissimi come Shaggy, Kylie Minouge, Shania Twain, N’Sync, The Dome e con compagnie come la Dance Academy di Toronto, B. The Show Crew e The Harlem Dancers.

Il suo futuro

Negli ultimi anni ci confessa che uno dei suoi desideri è stato quello di riportare la sua esperienza insegnando in tutta Europa in seminari incentrati sull’hip-hop e il funky jazz.

Seguendo questo suo desiderio ha deciso di fondare nel 2010 International Dance Camp Festival: “volevo dare ai ballerini di tutta Europa l’opportunità di prendere lezioni da insegnanti di fama mondiale di tutti i tipi di danza e di tutti i livelli, dai principianti ai professionisti ; credo che sia proprio questa la diversità che ha reso unico e particolare questo Camp da me ideato, in cui , tra gli altri, vengono organizzati anche diversi progetti sociali che gravitano attorno alla danza”.

La sua carriera in Italia

Ci racconta poi che con l’Italia ha un rapporto davvero speciale, sia per aver vissuto il nostro paese come residente sia per la sua esperienza pluriventennale  di docente del Festival Danza Bolzano, grazie alla quale  molti danzatori e amatori di tutta Italia hanno avuto la possibilità di partecipare ai sui workshop. “sono stato il primo insegnante in quel festival ad insegnare funky jazz and hip-hop”. La sua è dunque  carriera che gli ha permesso di conoscere numerosi insegnanti molto validi in tutta Europa e in Italia. Tra i tanti italiani che ha conosciuto e con cui ha lavorato insieme per molti anni cita: Betty Style, ballerina hip hop di Milano che ha ballato nel film Street Dance 2 e che ad oggi realizza coreografie per molti personaggi famosi in Italia. Roberta Fontana, insegnante e coreografa di modern molto famosa in Italia e che lavora in tutto il mondo. Ultimo , non di certo per importanza, Luciano Di Natale, noto insegnante di jazz e contemporaneo.

 

 

 

Andy sarà in giuria alla 16° edizione di Expression International Dance Competion 

 

Andy Lemond sarà uno degli ospiti in giuria alla sedicesima edizione del Concorso Expression per assegnare una borsa di studio per il suo Camp, un’occasione unica per il vincitore di questa borsa di studio perchè avrà la possibilità di sperimentare nell'International Dance Camp Festival quasi 30 diversi stili di danza che spaziano dal mondo della danza urbana con Hip Hop, Popping, Locking alla danza classica, dal Jazz al Modern affidati ad uno staff di ballerini straordinari ed educatori esperti… In bocca al lupo ai partecipanti!

 

Scopri tutte informazioni sui giurati e le borse di studio di Expression International Dance Competition >

 

 

 

© Expression Dance Magazine - Dicembre 2019

 

 

 

 

 

Chi sarebbero oggi le Tre Grazie? Cosa significa Grazia? Come e in quanti modi si può esprimere e interpretare la Grazia? 

Graces è una performance ispirata alla scultura e al concetto di bellezza e natura che Antonio Canova realizzò tra il 1812 e il 1817. L’ispirazione è mitologica. Le 3 figlie di Zeus (Aglaia, Eufrosine e Talia) erano creature divine che diffondevano splendore, gioia e prosperità. 

Incontriamo Silvia Gribaudi, artista, coreografa e regista torinese, alla Nid platform di Reggio Emilia alla vigilia di una replica della sua nuova creazione in bilico tra coreografia, performance e teatro. 

Silvia la tua poetica è ormai sulla bocca di tutti, come pensi di aver dato un nuovo accento alla danza italiana? 

Bella domanda che nessuno mi ha mai fatto e quindi in effetti mi spiazza… Non ci ho mai riflettuto. Quanto alla danza italiana so che mi conoscono gli addetti ai lavori e so che in molti spettatori hanno visto i miei lavori ma immagino anche come il nostro ambiente non incida molto sulla società e che la danza, specie in Italia, rimane un po’ di nicchia. Sono comunque sicura che il passaparola sia importante come sia importante la concentrazione su quello che faccio perché quello che porto nelle mie performance ha una sua precisa identità. Ho iniziato proprio lavorando sul tempo dell’ironia, magari in modo diverso, ma sul solco di coreografi come Roberto Castello e Giorgio Rossi di Sosta Palmizi.

Quindi se le persone sono incuriosite e ne parlano mi fa piacere, anzi non posso che esserne soddisfatta.

Come sei riuscita ad emergere ugualmente proponendo una cifra stilistica così differente dallo status attuale, chi ti ha aiutato in tal senso?

Grazie a tante persone che ho conosciuto durante il mio percorso e che mi hanno aiutato e mi hanno sostenuta nella mia ricerca. In primis Opera Estate Festival e il Festival di Castiglioncello con cui prosegue una certa continuità professionale sin dal 2009, il Network Anticorpi con la sua vetrina e la Giovane danza d’Autore che sono una rete molto attiva in tutta Italia. 

Diverse sono state le collaborazioni attivate per ogni produzione: R.osa è uscito ad esempio con il sostegno de La corte ospitale e del Festival di Sant Arcangelo e sempre il Festival di Sant Arcangelo ha sostenuto anche Graces. 

Ora la cosa più difficile che riscontro in Italia è quando inizi a sognare produzioni più grandi, con più danzatori in scena, e fai più fatica a trovare le risorse. Bisogna sicuramente migliorare questo aspetto. 

 

In Graces parli della bellezza, in che modo la rappresentate in scena?

Il lavoro è ispirato alla statua delle tre grazie del Canova che vengono rappresentate da diversi quadri che mettono in scena la rappresentazione di ciò che per noi è bello. Ho messo in scena alcuni stereotipi della danza anche attraverso il neoclassico che è divertente da danzare ed è una continua sorpresa. 

Credo che tutto quello che sia ritenuto bello non lo deve essere perché oggettivamente accolto come tale e per questo nello spettacolo c’è una mia riflessione, un modo per dire la mia su cose su cui non sono d’accordo.

 

Perché gli uomini in scena?

C’era un’urgenza e una necessità vera di lavorare con altre forme fisiche diverse dal femminile. I danzatori li ho scelti conoscendoli, sentendoli liberi di esprimersi, con il piacere dello stare in scena in maniera semplice e con umanità, ho cercato i movimenti che valorizzano il corpo dei perfomer che ho davanti e li ho scelti seguendo questa ottica.

 

E le tre grazie sono loro? E tu cosa rappresenti?

Si sono loro, ma a volte sono anche io. Nello spettacolo tutto può cambiare e mutare. Io in scena sono la coreografa, una sorta di Canova che può anche invertire l’ordine. Chi rimane è l’opera? Mi chiedo anche chi sono io veramente? Cambio ruolo? 

Nello spettacolo però siamo sempre quasi tutti in scena perché dialoghiamo in una continua ricerca di quello che siamo e rappresentiamo.

 

E con il pubblico che rapporto hai? 

Ogni replica lo ascolto in modo diverso il pubblico e cerco con lui un rapporto comico molto forte e riuscito, a volte lo sento più vicino, altre volte lo sento più distante. Nei miei lavori, e sempre di più con questo, il rapporto con il pubblico è cercato e non è accessorio. Mi chiedo sempre in che modo possiamo animare il pubblico facendolo ridere ma con una riflessione: il valore del ridere esilarante e nello stesso tempo di riflessione è un punto di incontro tra ridere ed essere arrabbiati, ribelli.

 

Continua ancora il tuo lavoro sulle parti molli e grasse? E credi ancora che qualsiasi forma fisica possa danzare?

Le parti grassi sono quelle parti che quando cammini hanno una loro danza, quelle parti che prendono un movimento da un’unica spinta e che tutti noi sperimentiamo, la maggior parte di noi spesso lo sperimenta proprio ad esempio con l’avanzare dell’età. 

Il mio lavoro parte sempre da qui, questi sono punti di forza che rimangono come dati di fatto ma il mio lavoro si sta trasformando. Dato che ho dato tanto spazio a questi pilastri, ora parlo di altro anche se il mio corpo continua a parla di me e delle mie precedenti riflessioni. Ora mi concentro di più sul tipo di drammaturgia, di come cerchiamo le strategie e di cosa significa di mettersi in scena di fronte ad un pubblico nuovo in ogni replica e ogni volta che mettiamo in scena lo spettacolo acquisiamo sensibilità nei confronti del pubblico e cerco di attivare nuove strategie che catturino lo spettatore all’interno di una costruzione coreografica e drammaturgica comica.

 


 

Graces

coreografie Silvia Gribaudi; 

drammaturgia Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti; con Silvia Gribaudi, Siro Guglielmi, Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo; 

produzione Zebra coproduzione  Santarcangelo dei teatri. 

 

Progetto vincitore dell’azione CollaborAction#4 2018/2019 e sostenuto da ResiDanceXL 2018 azione Network Anticorpi XL coordinato da L’ Arboreto _Teatro Dimora Mondaino, IntercettAzioni Centro residenze Lombardia e ARTEFICI - Artisti Associati Gorizia.

 

Lo spettacolo sarà in tour per tutta la stagione teatrale 2019/2020, le prossime date:

18/01/20 Teatro delle Briciole, Parma 

30/01/20 Teatro Titano, San Marino 

21/02/20 Festival Danza in Rete, Vicenza

28/03/20 + de genres festival, KLAP Maison Pour la Danse, Marsiglia

02/03/20 Teatro Camploy, Verona

03/04/20 Teatro Filarmonico, Piove di Sacco (Pd)

04/04/20 Teatro Zeppilli, Pieve di cento, (Bo) 

09/04/20 Belgrade Dance Festival, Serbia 

24/04/20 Festival Prospettiva Danza, Padova

30/04/20 DAB Festival, Bari

02/05/20 Teatro comunale di Novoli (Le) 

09/05/20 Orlando Festival, Bergamo 

20/05/20, Interplay Festival, Torino

 

Tutte le informazioni del tour su: 

www.silviagribaudi.com/tour-2019-may 

 


 

 

© Expression Dance Magazine - Dicembre 2019

 

 

 

 

SEAD Audition Sujet Chris Rogl 2019 v1IDA è orgogliosa di ospitare ancora una volta nelle storiche aule del Centro Studi La Torre di Ravenna (via Paolo Costa 2) le audizioni della Salzburg Experimental Academy of Dance - SEAD per l'anno 2020.

Unica tappa italiana del Centro di formazione austriaco per danzatori e coreografi contemporanei fondato, nel 1993 da Susan Quinn, le selezioni sono in programma nel pomeriggio di sabato 25 gennaio 2020 (le registrazioni si apriranno alle 14.00 e le audizioni si svolgeranno fino alle 18.00). Per chi volesse partecipare il form di iscrizione è disponibile online sul sito della Accademia, al seguente link.

https://www.sead.at/index.php/academy/auditions/how-to-apply

E' possibile iscriversi anche sul posto a partire dalle 13.30.

 

Per ulteriori informazioni: www.sead.at oppure audition@sead.at

 

IDA invita a non perdere questa opportunità, unica in Italia, di entrare a far parte della prestigiosa Accademia austriaca e manda un grosso ‘in bocca al lupo’ a tutti gli aspiranti allievi Sead!

 

 

Foto © Chris Rogl, 2019 

 

 

 

 

Lo scorso 28 settembre nell’Auditorium del Conservatorio “D. Cimarosa”, con la direzione artistica di Fabrizio Esposito, è andato in scena “Pagine Danza. Spettacolo”, una produzione di De Angelis Art in collaborazione con il Conservatorio Statale di Musica “D. Cimarosa” di Avellino in onore di Emile Ardolino, regista e produttore statunitense di origini italiane.

Durante l’evento sono stati consegnati anche i premi “Pagine Danza” ed è stata premiata per la didattica Emanuela Tagliavia, insegnante, coreografa, docente e coordinatrice del Percorso IDA di Composizione coreografica.

Insieme a lei sono stati premiati anche Giuseppe Picone (direttore del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli) per la carriera; Bill Goodson (danzatore e coreografo) per danza e televisione; Claudia D’Antonio (danzatrice del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli) e Salvatore Manzo (danzatore del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli) come giovani étoile e Claudio Gubitosi (direttore Giffoni Film Festival) per la diffusione del cinema.

Si è da poco concluso a Bologna un progetto pilota che ha inserito lo yoga come materia della scuola primaria proponendo incontri finalizzati al benessere sia fisico che mentale dei bambini tramite lo svolgimento di questa attività millenaria nota per i suoi importanti benefici. Il progetto ha coinvolto, grazie ad un’idea della pedagogista e insegnante di yoga Anna Bergonizini dell’associazione Arkis e in collaborazione con il Centro Natura, quattro scuole primarie del Comune di Bologna / Quartiere Porto-Saragozza.

Ci si augura che l’iniziativa, per ora aperta a livello locale, possa coinvolgere anche altri territori e altre scuole, coinvolgendo quindi oltre che più bambini a livello regionale nazionale anche l’utilizzo di più istruttori di yoga.

Per gli istruttori di yoga Ida organizza due percorsi: uno per istruttori di yoga per adulti e uno specifico per yoga rivolto ai bambini. Entrambi i corsi sono suggeriti ad istruttori di altre discipline (danza classica, modern e contemporanea) che possono completare la loro formazione conoscendo meglio i fondamentali di questa attività.

Il corso di Insegnante di Yoga è un corso Biennale di 300 ore, a numero chiuso e prevede ogni anno 10 week-end di studio a cadenza mensile. La durata prevede indicativamente un 30% di moduli teorici e un 70% di moduli pratici e obiettivo principale del corso è formare insegnanti qualificati in grado di condurre con competenza lezioni di Hatha Yoga.

Il corso di Yoga per bambini è un innovativo strumento di lavoro utile all’insegnamento dello yoga ed è rivolto agli insegnanti di yoga e a tutti gli insegnanti che vogliano integrare la loro conoscenza e che desiderano lavorare con gruppi di bambini o genitori con i bambini.

Il percorso completo consta di tre appuntamenti:

Il sole e i suoi pianeti

Uno strumento volto a stabilire un legame e un dialogo fra genitori e bambini.


Educare all'autostima

Differenziare l'autostima dal concetto di Sé.

Osserviamo, disegniamo, modelliamo le posture di genitori e bimbi e scopriamo nuovi orizzonti

In cui si trattano temi inerenti la Dentosofia, strumento ortodontico che offre l’opportunità di considerare i denti come una sorta di zona di apprendimento e di trasformazione di noi stessi. Questa visione terapeutica considera la bocca una porta d’ingresso per agire sul corpo intero fino alla psiche.

Per informazioni sui due percorsi: 0544/34752 - danza@idadance.com

 

 

 

 

 

L’ Experience Dance Company è un percorso di formazione professionale per giovani danzatori tra i 10 e i 17 anni nata dal volere dell’attuale direttore artistico Matteo Addino in collaborazione con l’I.D.A. International Dance Association e si propone di promuovere e realizzare spettacoli con tematiche di attualità adatte ad un pubblico molto giovane per permettere ai talenti di mettersi subito a confronto con il palcoscenico. 

La compagnia è attualmente composta da ragazzi e ragazze provenienti da diverse regioni italiane impegnati in un percorso accademico che prevede un impegno settimanale distribuito su sei giorni di frequenza e si conclude con un esame alla fine di ogni anno da sostenersi di fronte ad una commissione di docenti interni ed esterni. 

Al raggiungimento della maggior età, gli studenti ritenuti idonei e di particolare livello, previo superamento dell’esame con la commissione IDA presieduta da Roberta Fadda, ricevono un diploma da danzatore rilasciato dall’IDA.

Oltre ai docenti stabili, durante l’anno sono organizzati stage con docenti ospiti come Loreta Alexandrescu ed Emanuela Tagliavia (insegnati della Scuola della Scala di Milano) e Roberta Broglia (Docente IDA).

La compagnia è costantemente impegnata nella creazione di numerosi e diversificati spettacoli che, andati in scena su diversi palchi italiani, hanno sempre riscontrato un buon successo di pubblico. Tra gli spettacoli ricordiamo: Halloween Nightmare (Mirabilandia), Waiura (presente in numerosi eventi tra cui il prestigioso Como Lake Awards) e The reality box (presentato al 105 Stadium di Genova). 

Nel 2019 Experience Dance Company ha prodotto inoltre due nuovi spettacoli: Uno contro tutti, tutti contro uno e One world.

Il primo porta in scena il problema del bullismo e i ragazzi protagonisti sono sempre affiancati, a fine show, da una psicologa per parlare di questo tema così attuale: l’intento è cercare un vero e proprio dialogo con l’esperta che vada al di là dei movimenti coreografici messi in scena. “Uno contro tutti, tutti contro uno” ha debuttato in anteprima al Teatro di Erba e da settembre sarà in tour in diverse città italiane.

Il secondo parla invece di integrazione tra ragazzi di paesi diversi e con la danza si svuole far capire che, nonostante ci sia la diversità di etnie, culture e religioni c’è molto da scoprire nel confronto con il prossimo.

“One world” è già stato portato in scena in varie occasioni tra cui la prestigiosa serata di gala del Como Lake Dance Awards, alla presenza di numerosi direttori provenienti dalle più prestigiose accademie di tutto il mondo; a Genova al 105 Stadium, in Germania a Düsseldorf per un grande evento aziendale, ad Anagni, alla Fiera del fitness di Rimini e da settembre sono previste nuove repliche.

Tra i giovani protagonisti in scena nei nuovi spettacoli:

Emiliano Fiasco, 10 anni, ballerino per Bulgari (con coreografie di Luca Tommasini al fianco di Nicole Scherzinger delle Pussycat dolls), Mika e Andra Bocelli.

Maddalena Svevi, 14 anni, che ha partecipato al talent “Pequegnos giagantes” condotto da Belen Rodriguez.

Veronica Gaggero, 13 anni, una bambina prodigio in molti campi, avendo recitato in pubblicità, serie tv e film e partecipato a sfilate di moda.

Tommaso Stanzani concorrente a “Italia’s got talent” su Canale 5 e vincitore di numerosissimi concorsi nazionali e internazionali.

 


Note sul Direttore della compagnia:

Matteo Addino 

Ballerino e coreografo, con esperienza in programmi tv, videoclip, spot e spettacoli teatrali di successo. Ha insegnato in diverse stage e scuole fra cui Cinecittà Campus di Maurizio Costanzo, prima di diventare docente IDA.

Docente IDA per il Corso per la Qualifica di Insegnante di Modern.

Sarà presente a Expression Stage di danza il 2 e 3 novembre 2019 a Ravenna

 


 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

 

 

Loreta Alexandrescu, anche quest’anno ospite del Campus estivo di danza organizzato da IDA, ci parla della sua esperienza di insegnamento come docente dell’Accademia del Teatro alla Scala che dura da ben 34 anni.

“Sulla mia strada ho incontrato diversi allievi, alcuni hanno proseguito la professione altri fanno tutt’altro nella vita, per alcuni la delusione è insormontabile ma è la verità necessaria a cui bisogna andare incontro se si svolgono gli studi danza a livelli professionali, per questo gli stage di approfondimento estivo, come quelli in cui insegno all’IDA, possono essere un buon modo per chiarire le idee su come si vuole procedere e per affidarsi a professionisti che sanno come riconoscere un vero talento.

Poi è vero che non tutti possono fare della danza la loro professione. Ci sono persone che prendono anche altre strade ma questo credo sia del tutto naturale e anche i ragazzi che non hanno più frequentato la scuola dell’Accademia del Teatro alla Scala hanno potuto fruire in qualche modo degli insegnamenti ricevuti e credo che spesso una porta chiusa ne apra sicuramente altre. In merito, proprio l’altro giorno, ho incontrato un ragazzo al bar del Teatro che mi dice “posso permettermi di salutarla?”, era il barista che mi ha servito e che, mi racconta, è andato via al quarto corso perché poi ha capito che la danza non era la sua strada e ha fatto la scuola alberghiera… ma aveva un portamento e una presenza che ricordava ancora la sua formazione da ballerino: sono convinta che questo tipo di formazione farà sempre parte della sua vita nonostante tutto.

Da parte mia ho provato a dare il massimo sia come ballerina che come insegnante e ho sempre pensato di fare del mio meglio. La mia fortuna come insegnante è che ho avuto una formazione a 360 gradi (danza storica e danza di carattere) e come crescita per un allievo è formidabile. Insegnare vuol dire tramandare e l’insegnamento è un lavoro artigianale e di bottega ed essere allievo vuol dire capire e ascoltare costantemente le parole del maestro. Ma sicuramente alcuni miei allievi possono raccontare meglio come hanno vissuto il periodo in cui sono stata la loro insegnante”.

 

 

Walter Madau

Ballerino del Teatro alla Scala di Milano e neo docente dell’Accademia del Teatro alla Scala

Come hai conosciuto Loreta e in quale occasione?

Avevo 14 anni ed era il mio primo stage fuori dalla mia scuola di danza e dopo aver frequentato per un solo anno danza classica (ho iniziato a frequentare il mio primo corso di danza moderna a soli 11 anni).

Frequentavo un corso estivo IDA tenuto da Massimiliano Scardacchi che poi mi notò e chiamò Loreta, la quale mi consigliò di provare a fare l’audizione per entrare in Accademia. Dopo le sue parole ho cominciato a riflettere molto e passato un anno, a 16 anni, ho fatto l’audizione e sono stato accettato.

Cosa ti ha spinto a diventare ballerino professionista?

Sono riconoscente a Loreta, ero un po’ frastornato ma poi ho cominciato a pensare che ottenevo risultati facilmente e riuscivo a immagazzinare informazioni che mi facevano crescere professionalmente quindi ho deciso di seguire la mia passione. Facevo due ore di viaggio all’andata e due ore al ritorno per andare da Torino a Milano, ora farei una gran fatica, ma la determinazione in quegli anni mi ha aiutato tanto.

Cosa ti ha colpito dei suoi insegnamenti?

Ricordo una donna bellissima, seria, professionale, un miraggio; nella mia scuola di origine c’era ormai un rapporto quasi come tra madre e figlio mentre lì vedevo l’insegnante distaccata, a dare del lei a tutti… la prima volta mi sembrava di morire, bellissima e severa allo stesso tempo (poi con il tempo ho capito invece che era molto docile).

In che modo quando l’hai incontrata di nuovo in Accademia l’hai ringraziata?

Solitamente gli allievi studiano con lo stesso insegnate dal lunedì al venerdì, il sabato mattina invece insegnano altri docenti e quindi poi mi è capitato di danzare con lei e lei si ricordava molto bene di me. Poi un giorno avevamo un’audizione e il nostro insegnante fisso ha avuto dei problemi e non c’erano insegnati liberi e lei si offrì di aiutarci. In quel momento non l’ho ringraziata personalmente ma ho capito grazie a lei quello che dovevo dare alla danza per crescere sempre di più. 

Qual è stato il suo insegnamento che ancora ti porti dietro nella tua vita quotidiana di ballerino?

Proprio in quella occasione che vi ho raccontato, la sera prima dell’audizione, Loreta ci inviò lo stupendo discorso di Steve Jobs “Stay hungry stay foolish” che mi ha lasciato un ricordo indelebile. In quei 10 minuti ci ha educato a come affrontare il mondo lavorativo e come l’importante sia credere sempre al 100% nel proprio lavoro e avere sempre rispetto per tutti. 

Ora sono molto emozionato perché da settembre sarò collega di Loreta e oltre al fatto di saper ballare cercherò di trasmettere il mio sapere attraverso il mio linguaggio. Vorrei essere per i ragazzi, lontani da casa e dagli affetti ad affrontare tutto da soli, un aiuto positivo e il migliore esempio possibile nell’insegnargli ad essere persone rispettabili sempre, dentro e fuori dal palco.

 


 

 

Rebecca Bianchi

étoile del Teatro dell’Opera di Roma

A quale età ha conosciuto Loreta Alexandrescu e per quanto tempo è stata sua allieva?

A 10 anni al primo corso della scuola di ballo e l’ho conosciuta proprio nei giorni di prova e quindi mi insegnò tutto quello che non sapevo perché non avevo mai fatto danza classica. Ho iniziato in una scuola privata di provincia e facevo la sbarra ma la mia insegnante mi disse che avevo doti e talento quindi mi consigliò di provare l’ammissione alla Scuola di Ballo della Scala, cosa che feci. Alla fine del mese di prova feci l’esame e mi ammisero. Sono stata poi sua allieva nel quarto e nel quinto corso e di nuovo mi ha seguita fino al diploma. 

Cosa le ha colpito negli insegnamenti di Loreta?

Il periodo dello studio accademico cambia e rimane un ricordo familiare, pensando a quel periodo ho più volte il ricordo di sentirmi a casa e Loreta era il mio punto di riferimento per la danza. Per me è più difficile dire cosa non mi lasciato perché mi ha lasciato tutto. Loreta aveva capito il mio carattere sensibile e fragile ma non la rendeva comunque più docile nei miei confronti anzi mi spronava e mi diceva che non si poteva piangere (cosa che mi capitava spesso) e che dovevo essere più forte. Quando avevo dei momenti di debolezza, mi stava vicina e la sgridata era fatta solo per dirmi con decisione “devi reagire fai un passo in più”. Lo faceva perché vedeva tanto in me e io ci dovevo credere di più perché pensava che io lo potessi fare meglio e che dovevo uscire dalle lezioni essendo più matura. Crescendo il rapporto con l’insegnante cambia ma all’inizio l’insegnante deve essere più rigido se no i ragazzi si perdono di più, poi il rapporto diventa più amichevole. In lei c’era tanta attenzione e teneva molto alla musicalità. Poi ha sempre valorizzato e protetto il mio lato più espressivo che già era spiccato, cosa non scontata soprattutto quando si studia per migliorare le proprie potenzialità tecniche.

Qual è stato un insegnamento di Loreta che ancora si porta dietro nella sua vita quotidiana di ballerina?

Una frase di Loreta che penso sempre è quando diceva che se sei una vera ballerina devi avere una luce e l’insegnante ti deve notare lo stesso anche quando sei in ultima fila (ci cambiava infatti sempre le file e a rotazione tutti stavamo dietro). Ho sempre fatto tesoro di questo insegnamento anche quando notavo che altri ballerini sentivano invece l’ “esigenza” di farsi notare; ma io grazie a lei ho saputo che vali come ballerino per quello che hai dentro e per quello che sei. L’arte della danza non è solamente apparire ma una cosa propria e una forza interiore che dobbiamo avere sempre e non solo perché ci stanno guardando. Questo è stato e sarà sempre un insegnamento molto importante nel mondo in cui lavoro.

 

 


Nicoletta Manni

prima ballerina del Teatro Alla Scala di Milano

“Ho conosciuto la maestra Loreta a 13 anni appena sono arrivata alla scuola di ballo. È stata la mia maestra durante il quarto corso e successivamente durante il settimo e l’ottavo e mi ha condotto fino al diploma.

Da lei ho ricevuto i primi insegnamenti e consigli, in particolare mi ha insegnato che non si finisce mai di studiare e che si può sempre migliorare anche quando si è diventati prima ballerina. La maestra Loreta mi ha aiutata a crescere sia tecnicamente che artisticamente seguendomi ogni giorno con amore e dedizione e facendomi sentire, ancora oggi, la sua vicinanza. Non finirò mai di ringraziarla.”

 

 

 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

 

 

 

 

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