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Danza e fotografia in natura alla ricerca di una nuova umanità

Danza e fotografia in natura alla ricerca di una nuova umanità

 

Proprio in questi due anni in cui il corpo è stato messo bruscamente da parte, ci siamo imbattuti nel progetto Gaia / La nuova umanità in cui il corpo è invece in continuo movimento e ne è l’assoluto protagonista. La ricerca di Gaia nasce da una riflessione personale e condivisa dei fondatori, il fotografo Fabio Sau, il coreografo e danzatore Antonio Bissiri, e la danzatrice Angela Valeri Russo, in collaborazione con la fotografa Lucia Baldini, sulle condizioni in cui versa il pianeta e da un'analisi di ciò che influenza il nostro bagaglio culturale, condizionato da una visione della vita antropocentrica in cui tutto deve piegarsi alla volontà e alle necessità dell’essere umano. Sulle rive del Mar Morto, nel 2019, Il collettivo Prendashanseaux a un certo punto del proprio percorso artistico si è chiesto se questo sistema di mondo in cui viviamo ci rendesse davvero felici e se fosse stato possibile vivere la conclusione di un era e inaugurarne una nuova. La ricerca artistica che portano avanti è di fatto un pellegrinaggio che vuole concludersi in Terra Santa, perché proprio lì è nata l’idea di questo particolare progetto che coinvolgendo danza, movimento e fotografia lavora con il corpo in spazi naturali e in stretta relazione con l’ambiente.

Nel 2020 il progetto ha subito una forte battuta d’arresto nel programma del viaggio a causa della pandemia, ma questo non ha fermato il collettivo che ha portato avanti il progetto esplorando maggiormente la Sardegna, paese di origine dei fondatori per poi proseguire in Emilia Romagna, Toscana, Trentino e Friuli Venezia Giulia.

Mutevole, in dialogo con i luoghi e le differenti comunità che vi abitano, Gaia / La nuova umanità ha lo scopo di costruire un linguaggio e un immaginario comune sul tema del rapporto che esiste fra spiritualità, uomo e natura; il progetto vuole diventare un atto concreto di volontà in cui il pubblico è co-partecipe, co-creatore e co-responsabile. La perfomance che ne deriva è il risultato di una ricerca artistica nella natura selvatica che dura tra i 10 e i 12 giorni in cui i performer cercano una relazione stretta ed inclusiva con l’ambiente circostante. La performance non è uno spettacolo, classicamente inteso, ma una restituzione dello spazio e per lo spazio attraverso il corpo e le immagini fotografiche che mira al coinvolgimento di artisti professionisti, grazie alla loro partecipazione al ritiro " Gaia -custodi della Terra- " che dura cinque giorni immersivi, e in alcuni casi al coinvolgimento di amatori e abitanti del luogo ai quali viene proposto un laboratorio esperienziale di movimento e un laboratorio fotografico esperienziale. 

I due laboratori sono interconnessi ed iniziano sempre insieme per poi proseguire autonomamente così che il fotografo possa sperimentare il linguaggio del corpo e, chi si muove, vedervi ritratto mentre è in relazione con l’ambiente. Le pratiche e gli esercizi proposti vengono delineati e creati in natura durante il periodo di ricerca per poi renderli accessibili attraverso il racconto esterno che si concretizza nei laboratori.

GAIA  nella sua forma completa prevede la creazione di un docufilm le cui immagini sono girate quasi interamente da Fabio Sau, e di un progetto fotografico che diverrà una mostra/installazione e un progetto editoriale attraverso il coinvolgimento di Lucia Baldini‍.

Antonio Bissiri, uno dei fondatori del progetto che ha lavorato come danzatore con compagnie come Esklan Art's Factory, Teatro dei Servi Disobbedienti, Compagnia Bologninicosta, Compagnia Vucciria Teatro e Artemis Danza, si dice soddisfatto di come sta andando il progetto perché attualmente sente che si è consolidato e che è stata protetta la sua natura così particolare. 

“La modalità di ricerca che adottiamo è inclusiva, in tutto il periodo in cui abitiamo il bosco o lo spazio naturale non solo cerchiamo di stabilire una relazione con il luogo, ma ci dedichiamo anche ad esperienze sciamaniche, giorni di digiuno e giorni di silenzio… la performance per noi è solo un momento in cui tiriamo le fila di un discorso”. 

Bissiri crede che sia importante vivere in natura perché allo stato attuale trascuriamo il corpo vivendo troppo a lungo in un contesto urbano, denaturalizzato e che il corpo e anche tutto il resto ne soffre; anche se ammette che se esistesse solo questo sarebbe comunque un limite ed è per questo che sta riflettendo su azioni che possano collegare i due mondi come l’idea, ad esempio, di tenere una classe di danza classica in natura anche di inverno. Questo perché non vuole tralasciare il legame con la sua esperienza in un contesto didattico, però quando ha avuto occasione di entrare in sala si è reso conto che “dove viviamo non ci sono esseri viventi per creare una relazione ma geometrie con uno spazio morto… mi piace ritrovare nel mio progetto invece uno spazio vivo che cambia giorno dopo giorno, dove tutto si trasforma e il corpo scopre qualcosa di nuovo”. 

Secondo Antonio nessuno di noi ha il potere di cambiare meccanismi, bisogna fare piano piano però chi sente qualcosa lo deve ascoltare subito anche se poi ci si sente in crisi uscendo dalla propria centratura ma poi la nuova relazione creata continua nel futuro. Per esempio Bissiri ultimamente ha lavorato con il fango, rimanendoci immerso per un’ora anche per una restituzione pubblica dimostrando che si può provare anche resistenza al proprio corpo: “il mio corpo ha lottato ogni momento per la resistenza e questo gli ha fatto sentire il corpo in maniera totalmente diversa da quello che aveva mai provato in compagnia”.

Ci siamo congedati con una frase che mi ha colpito molto: “ho un po’ meno, ma sto capendo molto di più, cerco di sperimentare un’esigenza artistica in maniera intelligente ma è evidente che ci debba essere un collegamento di mondi che esistono e si devono scambiare a vicenda; che bisogna trovare un equilibrio anche tra tecnologia/progresso con natura per essere creativi e non distruttivi”.

Il progetto ha visto l’ultima sua restituzione in agosto, in un contesto perfetto, Abitare Connessioni, festival che è stato concepito come un “intervento totale” che contribuisce a rifondare lo spazio pubblico e il cui programma artistico nasce dall’incontro e dalla felice contaminazione tra tradizione e iper-contemporaneità. 

Attendiamo nuove tappe e nuove restituzioni del viaggio di Gaia / La nuova umanità (info su: www.gaialanuovaumanita.com) con la convinzione che i contenuti e le modalità proposte da questo progetto possano fare da apripista a nuove modalità esplorative del movimento e della danza.

 

 

 

Foto di © Lucia Baldini

 

© Expression Dance Magazine - ottobre 2021

 

 

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