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Roberto Bolle, il Signore della danza

Roberto Bolle, il Signore della danza

Sdoganare la danza classica, da sempre ritenuta troppo élitaria, è la sua impresa di maggior successo. Portare l’arte coreutica in prima serata in tv, è un obiettivo raggiunto. Avvicinare chiunque alla danza sia nella forma classiche che contemporanea, in qualsiasi parte del mondo, è ciò che con tenacia sta cercando di fare da diversi anni a questa parte, con un occhio di riguardo ai più giovani. Lui è Roberto Bolle, il mito della danza, il nome che tutti conoscono, uno dei più bei testimonial del ‘made in Italy’. La sua carriera è da incorniciare. Formatosi alla Scuola del Teatro alla Scala di Milano, , di cui è étoile dal 2004, ha danzato in tutti i maggiori teatri del mondo e con le compagnie più prestigiose, tra cui l’American Ballet Theatre, il Balletto dell’Opéra di Parigi, il Balletto del Bolshoi e del Mariinsky-Kirov, il Royal Ballet. Nel 2002 si è esibito al Golden Jubilee della Regina Elisabetta a Buckingham Palace, evento trasmesso in mondovisione dalla Bbc, mentre nel 2004 ha danzato al cospetto di Papa Giovanni Paolo II sul sagrato di piazza San Pietro a Roma e nel 2006 alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici Invernali di Torino. A partire dal 2008 ha portato con enorme successo il suo Gala “Roberto Bolle and Friends” in luoghi fino ad allora mai raggiunti dalla danza: il sagrato del Duomo di Milano e piazza Plebiscito di Napoli, dove è stato seguito da un pubblico di migliaia di persone. Ha inoltre realizzato spettacoli eccezionali nella magica cornice del Colosseo e delle Terme di Caracalla a Roma, nella Valle dei Templi di Agrigento, nella Certosa di Capri, nel Giardino di Boboli a Firenze, a Torre del Lago Puccini e in piazza San Marco a Venezia. Dopo il clamoroso successo di pubblico e di critica riscosso al suo esordio al Metropolitan di New York nel 2007, dove ha danzato con Alessandra Ferri per il suo addio alle scene, nel 2009 è stato nominato ‘principal’ dell’American Ballet Theatre, entrando organicamente nella stagione della compagnia, onore mai tributato a nessun altro ballerino italiano. Da allora, ogni anno, è tra i protagonisti della stagione della compagnia e viene definito ‘L’étoile dei due mondi’. 

Roberto Bolle, qual è il tuo primo ricordo legato alla danza? 

«Ho sempre amato la danza e già da molto piccolo mi incantavo davanti alla televisione ogniqualvolta vedevo dei balletti. A cinque anni, ho chiesto a mia madre di iscrivermi a una scuola di danza. Lei mi ha risposto che per quell’anno avrei fatto ancora nuoto e che, se non avessi cambiato idea, l’anno successivo mi avrebbe accontentato. Il settembre successivo ho iniziato a fare danza e da allora non ho più smesso!». 

C’è un maestro che più di altri è stato fondamentale nel tuo percorso e perché? 

«Sono stati molti, in realtà. Ma voglio ricordare soprattutto Elisabetta Terabust che purtroppo è scomparsa di recente: è stata lei a credere in me più di ogni altro. Il suo sostegno e i suoi insegnamenti sono stati per me fondamentali sia come ballerino sia come uomo».

Quando hai capito che la danza sarebbe stata il tuo futuro a livello professionale? 

«Paradossalmente, proprio a seguito dell’unico momento di incertezza, a 14 anni. Ero a Milano, ma volevo tornare da tutti i miei cari. Sentivo la distanza da casa, la solitudine. Stavo per rinunciare a tutto. Superato quel momento ho capito che non mi sarei più guardato indietro. E così, è stato…».

Cosa è la danza per te? La tua personale definizione…

«La danza è la mia vita. Io guardo il mondo intero come fosse una danza, con un suo ritmo, una sua armonia, una sua coreografia».

Per molti tu sei la ‘Danza’, l’incarnazione di questa nobile disciplina. Come ti sente a essere un modello, un mito, per tanti giovani di tutto il mondo? 

«È una gioia immensa, ma anche una grande responsabilità che porto avanti con serietà e tanto orgoglio».

Nel corso della tua ricchissima carriera, hai avuto l’opportunità di interpretare tanti ruoli e di ballare in scena con numerosi ballerini. Qual è il ruolo che più ti emoziona e con quali partner hai un feeling maggiore? 

«Sono molti i ruoli a cui sono legato emotivamente. Prediligo i ruoli interpretativi e drammatici come Onegin o Des Grieux, ma non nego che una delle emozioni più intense e speciali della mia vita l’ho provata interpretando un ruolo senza storia: Bolero di Béjart.  Oggi ci sono molte colleghe con le quali coltivo una bellissima intesa, a cominciare da Alessandra Ferri e Svetlana Zakharova, due ballerine divine. Poi ci sono Polina Semionova e Melissa Hamilton che amo molto e che ho chiamato anche nel mio programma televisivo. Ricordo anche Nicoletta Manni, la bellissima prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano e tutto un nuovo gruppo di giovani danzatori scaligeri che cerco di coinvolgere in tutti i miei progetti: da Timofej Adrjashenko a Nicola Del Freo, a Gioacchino Starace e altri».

Girando il mondo e ballando per tanti corpi di ballo stranieri, com’è l’Italia della danza vista da ‘fuori’? E cosa pensi da italiano della danza in Italia? 

«Molti bellissimi talenti italiani sono costretti a cercare la loro strada all’estero perché nel nostro Paese le possibilità sono sempre meno: la chiusura di storiche compagnie di danza negli ultimi anni è un segnale molto negativo. E poi c’è il tema dell’età pensionabile. Qualche anno fa era stata portata a 45 anni, un compromesso accettabile per un ballerino. Purtroppo però sono stati previsti aumenti di 5 mesi ogni 2 anni, tanto che ora si è già arrivati a quasi 47 anni e tra pochi anni i ballerini andranno in pensione a 50 anni. Assolutamente impensabile!» 

E, al contrario, quali sono i Paesi che – secondo te – attualmente esprimono al meglio l’innovazione e la modernità della danza e perché? 

«Difficile dare un giudizio, anche perché conosco alcune realtà importanti, ma certo non tutte. Tra le ‘mie’ compagnie, il Royal Ballet di Londra è certamente un ottimo punto di riferimento e guida. Una compagnia che ha una fortissima tradizione e identità legata a coreografi come Frederick Ashton e Kenneth MacMillan, ma che sa guardare al futuro scegliendo come coreografo residente un artista innovatore e fuori dagli schemi come Wayne McGregor».

Stai facendo molto per fare diventare la danza popolare, per farla apprezzare dal grande pubblico, come dimostrato anche dal recente ‘Danza con me’ su Rai Uno. Qual è il segreto per arrivare al cuore di tutti, appassionati e non solo? Quali altre iniziative hai in cantiere?

«Il segreto per raggiungere il pubblico più vasto possibile è dare spazio alla danza di qualità che ha in sé il potenziale per incantare tutti. Quello che cerco di fare io è di liberarla da quella etichetta di ‘arte di nicchia’ che le è stata imposta e portarla al grande pubblico, senza svalutarla. Gala in piazza, spettacoli in tv e adesso anche ‘OnDance’, la grande festa della danza che stiamo preparando per giugno vanno in questa direzione. L’intento è quello di offrire una visione della danza moderna e contemporanea in grado di parlare e interagire con l’attualità».

“Expression” è una rivista rivolta prima di tutto ai giovani. Cosa diresti a chi ha il sogno di diventare un ballerino? Quali doti sono assolutamente necessarie? Quanto conta il talento, quanto l’impegno, quanto il fisico e quanto la fortuna? 

«Il talento è chiaramente fondamentale, ma è vano se non è accompagnato da impegno, volontà e una buona scuola. La fortuna è relativa, la si crea. In un’arte totalizzante come la danza, sono il sacrificio e l’abnegazione che fanno la differenza. La fortuna può regalarti un’occasione, una chance, ma se non hai maturato la bravura di sfruttarla è un attimo annullare tutto».

Cosa ti piacerebbe fare fra dieci anni? Dirigere una grande compagnia, fondarne una propria? Roberto Bolle è già un brand…

«Rimarrò sempre nell’ambito della danza, questo  è sicuro. Mi piacerebbe lavorare coi giovani e mettere a frutto l’esperienza che questo mio percorso incredibile mi ha permesso di sviluppare. E poi continuare nella mia missione di promuovere la danza ovunque».

Cosa ami fare nel poco tempo libero? Non hai mai voglia di una vita ‘normale’? 

«Ho la fortuna di condurre una vita eccezionale, perché mai dovrei volere una vita normale? Certo le rinunce sono tante, e forse la prima è proprio il poco tempo libero a disposizione. Trascorrere questo tempo con famiglia e amici cari è particolarmente importante per me, anche se a volte ho bisogno di momenti di solitudine per ricaricarmi e rilassarmi completamente».

Puoi parlare inoltre del suo impegno umanitario visto che sei ambasciatore Unicef? 

«Credo che i personaggi pubblici abbiano l’obbligo di prestarsi e impegnarsi per gli altri. Devo dire che nelle esperienze con Unicef, così come nelle altre iniziative a carattere benefico alle quali ho partecipato, è sempre stato molto di più ciò che ho ricevuto io come uomo rispetto a quello che ho fatto per gli altri. Non dobbiamo mai pensare di essere delle ‘isole’. Noi possiamo influire nella vita degli altri anche con un sorriso».

Hai avuto l’opportunità di conoscere tante celebrità a livello mondiale, di qualsiasi ambito. Quale personaggio ti è rimasto più nel cuore? 

«Tanti. Da Papa Giovanni Paolo a Lady Diana, passando da Sting che quest’anno ha sospeso un tour per venire a raccontare insieme a me nel programma la bellissima storia di Ahmad Joudeh… e poi tanti, tanti altri. Sono stato fortunato, la mia arte mi ha permesso di conoscere umanità uniche e preziose».

Quali sono i suoi prossimi progetti?

«Uno su tutti “OnDance” la grande festa della danza che ho voluto organizzare a Milano dall’11 al 17 giugno. Una settimana dove la danza letteralmente regnerà su Milano con spettacoli, workshop gratuiti di diversi generi di danza – io stesso, per la prima volta, terrò una lezione di classica – flashmob, camp estivi, mostre e tanto altro. Tenetevi aggiornati su www.ondance.it e iscrivetevi: c’è sicuramente un’iniziativa per voi!».

 

© Expression Dance Magazine - Maggio 2018

 

 

Letto 6823 volte Last modified on Mercoledì, 30 Maggio 2018 13:05

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