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Lanfranco Cis e le sfide del Festival Oriente Occidente

Lanfranco Cis e le sfide del Festival Oriente Occidente

Nato nel 1981 in Trentino a Rovereto, città da sempre aperta al gusto del nuovo, del moderno e della ricerca culturale, "Oriente Occidente" è diventato uno dei più importanti festival europei di danza contemporanea e di teatrodanza, che per tradizione si svolge nella prima metà di settembre (ndr, quest'anno dal 30 agosto al 10 settembre). Un festival di ricerca e di tendenza, in cui Oriente e Occidente sono intesi come poli di un percorso ideale di scambi e incroci non solo tra culture, ma anche tra generi e linguaggi della scena contemporanea. Negli anni ha ospitato quasi sempre apposite produzioni o compagnie europee o italiane e artisti tra i più importanti e significativi della scena della danza internazionale. Nei suoi 36 anni di attività, lo spirito del festival è stato quello di mettere in scena le reciproche influenze esercitate nel Novecento dalla tradizione artistica orientale sulla sperimentazione occidentale e viceversa. "Oriente Occidente" diventa così un viaggio circolare tra teatro e danza, ricerca e tradizione, identità e innovazione. Fondatore e condirettore artistico del festival dalla sua fondazione a oggi è Lanfranco Cis, che è anche responsabile artistico di progetti culturali per conto della Provincia Autonoma di Trento e di altre amministrazioni pubbliche, consulente artistico della Fondazione Nuovo Teatro di Bolzano e dal 1995 del Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento per la programmazione della stagione di danza.

Lanfranco Cis, qual è il compito della direzione artistica di un festival come Oriente Occidente?

«La nostra principale missione è quella di pensare a un progetto. Questo significa che non basta inanellare i soli spettacoli più belli, come se fosse una specie di Top Ten, in quanto occorre inserirli all'interno di una programmazione che abbia un preciso filo conduttore. D'altra parte è proprio ciò che distingue un festival da una rassegna. Per esempio, quando abbiamo pensato a temi quali "Corpi in conflitto" o "Corpi e confini", ci siamo interessati a tutte le espressioni artistiche che intrecciano questi argomenti. Gli spettacoli di un festival sono capitoli di un cartellone unitario che anche il pubblico deve poter percepire come tale. Nella consapevolezza che si può scegliere di 'leggere' tutti i capitoli o solo alcuni. L'individuazione di un filo conduttore ci facilita nell'individuazione di alcuni spettacoli e nell'eliminazione di altri considerati non attinenti. Bisogna sforzarsi di andare in questa direzione. A volte la cosa riesce bene, altre volte meno. Ma l'importante è mantenere una certa coerenza».

Come nasce il festival Oriente Occidente? In quale contesto e con quali obiettivi?

«Il nostro festival trae origine certamente da una grande passione per il teatro e dal desiderio di mettere a confronto due mondi diversi: l'Oriente e l'Occidente. Ma non tanto da un punto vista geografico… Nel corso degli anni Ottanta, c'era un grande fermento teatrale, Eugenio Barba per esempio parlava del cosiddetto 'terzo teatro', e si era appena scoperto l'interessante varietà del mondo orientale, che ha molto arricchito la nostra ricerca. Mentre in Occidente distinguiamo fra danza, balletto e teatro, l'Oriente è tutto ricompreso nella parola 'drama'. I primi che sono riusciti a inserire la nuova coreografia italiana e internazionale sono stati gli organizzatori del festival di teatro di Santarcangelo. Loro hanno proposto i lavori innovativi di Sosta Palmizi, Virgilio Sieni ed Enzo Cosimi. Gradualmente nella danza l'attenzione al teatro diventa attenzione verso il contemporaneo. Sin dai primi anni del nostro festival ci siamo focalizzati sulla danza contemporanea».

Cosa caratterizza le vostre programmazioni?

«Il vivere in prima persona il senso dello stupore, dell'avventura e della ricerca. Se noi ci riusciamo e siamo dunque i primi stupirci, allora riusciremo a coinvolgere in questo stupore il pubblico. La nostra è stata un'avventura senza 'paracaduti', senza guardare al bello o al meno bello, al noto o al meno noto, ma al semplice desiderio di viverla con la speranza che qualcun altro potesse poi avere la stessa curiosità. A un certo punto, abbiamo però capito che non potevamo limitarci all'avventura, ma che dovevano anche andare alla ricerca di giovani talenti, coreografi e compagnie, per favorire la creazione, grazie alla disponibilità di spazi per concedere residenze. L'obiettivo non è più fare solo dieci giorni di festival, ma proporre un'attività creativa continuativa per sostenere i più meritevoli, con un occhio di riguardo per le compagnie italiane».

Far scoprire nuove compagnie significa farle apprezzare dal pubblico…

«Certamente, e questo è un altro importante tassello del nostro lavoro. Personalmente mi occupo anche della programmazione del circuito regionale della danza e so bene quanto il pubblico richieda soprattutto di replicare all'infinito titoli noti come "Schiaccianoci" o "La Bella Addormentata". Ma non possiamo fare solo questo tipo di spettacoli, dobbiamo anche far sì che il pubblico possa vedere qualcosa di diverso ed essere attirato da nuove creazioni. Per riuscire in questo intento, il pubblico va aiutato a crescere attraverso suggestivi e coinvolgenti percorsi di formazione. D'altra parte, questo è quanto ci viene richiesto anche dai bandi europei ogni qualvolta presentiamo qualsiasi progetto di teatro o di danza».

Cis sarà, per la prima volta, ospite del Concorso Internazionale di danza Expression 2018. Per l'occasione, offrirà ad alcuni dei migliori partecipanti, borse di studio per stage formativi a cura di "Oriente Occidente" e biglietti per l'edizione 2018 del festival. Maggiori informazioni sul concorso su www.concorsoexpression.com 

 

© Expression Dance Magazine - Agosto 2017

 

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