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Conoscere il proprio corpo quando la danza diventa strumento per indagare la questione di genere e leggere dentro sé

Conoscere il proprio corpo quando la danza diventa strumento per indagare la questione di genere e leggere dentro sé

Non possiamo parlare di danza, senza tener presente il contesto sociale di riferimento e senza tener presente le sfide che ogni giorno i maestri e gli insegnanti sono chiamati a cogliere per aiutare i giovani a crescere come danzatori, ma soprattutto come adulti pienamente consapevoli.

Nella necessità di sfatare i tabù legati all’identità sessuale, oggi come oggi, anche la danza potrebbe contribuire al superamento di stereotipi e pregiudizi legati ai generi, cogliendo l’opportunità di reinterpretare i valori di un’arte basata essenzialmente sulla capacità dei corpi di esprimere messaggi, di raccontare storie. 

In questi ultimi decenni e in particolare in questi ultimi anni sono sempre più numerose le voci di famiglie che accompagnano i propri figli nell’acquisizione di una maggior consapevolezza di sé, partendo anche dalle questioni relative all’identità sessuale e ai dubbi che spesso, soprattutto in età adolescenziale, possono portare a crisi di difficile risoluzione. 

Nel processo di accettazione di sé la famiglia ha un ruolo fondamentale, ma proprio qui entrano in gioco altre dinamiche e altre situazioni che possono rendere più o meno complesso questo percorso e più o meno drastiche le sue conseguenze.

I vari ambienti di educazione e aggregazione hanno infatti l’onore e l’onere di affiancare la famiglia nel percorso di crescita e nel percorso di formazione personale e oggi la caduta di quelli che sono sempre stati indicati come tabù (ad esempio temi legati all’identità di genere) può rendere più accoglienti e inclusive realtà che, fino a qualche decennio fa, facevano dell’esclusività il proprio punto di forza.

La danza, figlia di stereotipi di altri tempi, molto spesso è vista come un settore elitario e poco incline ai cambiamenti e, proprio per questo, viene spesso messa da parte nella scelta dell’attività extra scolastica. 

Questa scelta, infatti, viene spesso fatta in base ad alcuni criteri che forse non dovrebbero guidarla e che possiamo riassumere in pochi punti:

- figli maschi, sport per maschi

- figlie femmine, attività adatte alle bambine

- corpo non conforme agli standard della disciplina

Non dimentichiamo inoltre che spesso le coreografie mettono in scena strutture e pratiche caratterizzanti la società: in alcuni casi riprendendo opere classiche rappresentanti quindi una società di altri tempi, in altri casi il coreografo costruisce rappresentazioni nuove, ma sempre frutto di una persona che vive la quotidianità e ha in sé retaggi sociali che fanno parte di una cultura e che difficilmente vengono estromessi dal racconto “danzante”. Ciò non fa altro che amplificare il messaggio e per questo diventa complicato comprendere se la danza può svolgere un ruolo di riferimento in questi processi sociali o meno. 

Gli interrogativi sono tanti, soprattutto considerando che lo status quo del sistema di riferimento è dato per scontato e certi meccanismi sono dati come del tutto naturali, inevitabili. Lo stesso avviene nella danza per cui gli allievi vivono nella quotidianità meccanismi sociali impliciti e dati per assodati anche all’interno di quello che è il percorso di formazione artistica.

Possiamo quindi immaginare quanto possa essere complicato per insegnanti e coreografi superare questi retaggi secolari, accompagnare i propri allievi nel medesimo percorso e, allo stesso tempo, farsi portavoce di un movimento sociale quasi rivoluzionario.

Il pensiero comune è permeato di questi stereotipi per cui la maggior parte delle persone che assiste a uno spettacolo inconsciamente filtra la realtà attraverso il proprio punto di vista, viziato da questi stereotipi, i quali, allo stesso modo, andranno a influenzare il giudizio di quel determinato spettacolo. Basti pensare a un “passo a due” che, nell’immaginario collettivo, è sempre caratterizzato dalla presenza di un maschio e di una femmina, maschio che solleva il corpo aggraziato e longilineo, leggero e delicato, di una ballerina.

La figura maschile è anche in questo contesto la chiara rappresentazione dello stereotipo presente nelle società patriarcali poiché anche in questo contesto rappresenta la figura forte più alta e robusta in grado di sostenere la figura femminile, più gracile e minuta.

La consapevolezza del fatto che la danza sia una delle forme di espressione artistica e culturale più diffuse al mondo fa sì che un pubblico molto ampio su scala mondiale, osservando spettacoli e danze, possa cogliere in maniera quasi inconscia vari aspetti di una cultura: dalla musica, all’espressione del viso, dai vestiti, alla storia e al contesto socio-culturale.

Siamo quindi giunti a comprendere quanto la forza comunicativa di una forma d’arte come la danza possa diventare davvero uno strumento in più nelle mani di educatori, formatori e artisti, poiché nei diversi livelli di azione, queste figure diventano determinanti nel processo rivoluzionario di superamento degli stereotipi legati al genere.

L’acquisizione di consapevolezza aiuterebbe queste figure a comprendere il peso sociale del loro lavoro e ad analizzare da diversi punti di vista la complessità della questione di genere: bambini e bambine alla ricerca, insieme ai genitori, di un’attività extra scolastica potrebbero essere accompagnati nella conoscenza libera del proprio corpo, accompagnati senza pre-concetti, nella scoperta di quella che è e sarà “casa” per il resto della loro vita. 

Significherebbe liberare la danza da altri costrutti sociali, così da vederla semplicemente come una forma d’arte ed espressione diretta di un corpo che ha imparato a muoversi nell’armonia.

Superare la dualità maschio/femmina e gli stereotipi sociali a essa legati, potrebbe ampliare gli orizzonti culturali di famiglie, potrebbe aprire la strada a nuovi talenti che per paura di essere giudicati, sono soliti muoversi in altre direzioni, verso altre scelte. 

Qui si aprono però altre strade di giudizio, poiché non possiamo esimerci dal comprendere se la danza può farsi portatrice in toto di questi valori o se il discorso cambia a seconda del genere portando così a chiederci se la questione di genere di cui parliamo e al quale sono legati molti stereotipi del mondo della danza, sia concretamente connessa ad una questione di “generi”.

La danza e i suoi stili fungono realmente da specchio della società e se vediamo la danza classica come specchio di quella che era la società rinascimentale, la danza contemporanea cerca di cogliere, invece, le sfumature del mondo contemporaneo e forse questa è la sua forza: nella Contact Improvisation, infatti, possiamo ben notare una sorta di rottura con i ruoli di genere classici, esistono “passi a due” con persone dello stesso sesso, dove due uomini si sollevano vicendevolmente, senza distinzione.

Il nostro punto di vista resta però viziato dall’appartenenza alla cultura occidentale: la questione di genere c’è, esiste, ma la sua lettura e l’interpretazione variano a seconda del contesto sociale di riferimento.

La maggior parte di noi si confronta con un mondo della danza che in realtà non esprime le forme di danza dell’intero globo ma solo del mondo occidentale, un mondo dove siamo abituati a vedere il maschio come la figura di sostegno alla donna, per questo forse ci poniamo certi quesiti e ci domandiamo quanto la danza possa essere strumento educativo per superare certi stereotipi.

Se ampliamo i nostri orizzonti, però, possiamo renderci conto che in certe culture, maschi e femmine non ballano neppure insieme, mentre persone dello stesso sesso si misurano in passi a due di diversa tipologia e ciò non è visto come una danza avanguardista, ma semplicemente come una delle tante espressioni della danza che è una delle forme artistiche più potenti, proprio perché cerca di parlare alle persone, a tutte le persone a prescindere dal luogo di provenienza, attraverso un linguaggio universale, non verbale, un linguaggio artistico.

La danza è in continua evoluzione e oggi, in questo mondo così esteso, ma sempre più globalizzato, la danza, in quanto forma d’arte globalmente diffusa, può rendersi portatrice di valori “ponte”, in grado di unire culture e porre su una stessa scala di valori, questione di importanza vitale per l’individuo, qualunque sia la sua casa.

La danza è casa, la danza è espressione di sé, la danza è valore ed è ideale.

La danza, per sua natura, è corpo che si esprime, è mente che trova il modo di potersi concretizzare e per questo la danza può diventare, senza dubbio, il mezzo attraverso il quale chiunque può leggere e comprendere se stesso.

 

 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2022

 

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