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Musica dal vivo e danza

Musica dal vivo e danza

Il dialogo tra forme d'arte alla base del processo creativo

INTERVISTA A DIEGO OCCHIALI E ANGELICA AURORA MONTANARI

Partendo dal presupposto che nella cultura occidentale musica e danza si incontrano costantemente ma restano essenzialmente due forme d'arte indipendenti, in questo numero di Expression vogliamo approfondire il tema dell'importanza della relazione tra musica e danza.
Un legame senza dubbio indissolubile questo che, al di là della cultura di provenienza a cui ognuno di noi fa riferimento, può e deve essere interrogato nella comprensione di quello che è il processo creativo di queste due forme d'arte e, più di ogni altra cosa, nella valutazione dell'importanza del loro legame alla luce delle ricerche antropologiche che vedono in esse la chiave di lettura per la comprensione dell'evoluzione di queste discipline nell'espressione culturale e sociale dei diversi gruppi etnici.
Due discipline che si esprimono su piani d'azione differenti e si esprimono principalmente sul piano della sfera pubblica: in diverse culture, infatti, i riti danzati sono riti di passaggio ben precisi, che determinano e segnano momenti importanti della vita di comunità e della vita del singolo.
Nel confronto aperto che nasce con artisti, musicisti e danzatori, la relazione può essere complicata da esprimere a parole, ma è rilevatrice di caratteristiche importanti, legate indissolubilmente al messaggio di cui queste forme d'arte si fanno portatrici, ma anche legate alla funzione specifica che le rende un ponte tra culture e testimoni di tradizioni performative proprie di ciascuna cultura. In questa relazione tra musica e danza, possiamo sicuramente notare l'impulso creativo che nasce nel danzatore proprio grazie al suono, al ritmo. Ci siamo confrontati con Diego Occhiali, con cui è nata una bella riflessione sull'importanza dello studio del ritmo per danzatori e Angelica Aurora Montanari, medievista, scrittrice, studiosa teorica e pratica della danza.
Diego, percussionista poliedrico, specializzato in djembe, con un'approfondita conoscenza del mondo delle percussioni, sta portando avanti diversi progetti: il primo è TUMM (concepito durante il primo lockdown). Si tratta di un progetto che riconosce il ritmo come fulcro delle dinamiche vitali, culturali e sociali e che ha l’obiettivo di "agire" tramite l’arte del ritmo, per una società “cross-culturale”, proattiva, consapevole, rispettosa ed empatica verso il prossimo e la natura. L’ équipe è formata da Angelica Aurora Montanari (responsabile cultura, ideatrice artistica e didattica, copywriter), Marco Carone (avvocato in ambito musicale e cinematografico, responsabile produzione, manager dei progetti performativi, direttore artistico degli eventi), Beatrice Andalò (web master, responsabile didattica artistica e ambientale, responsabile comunicazione), Gabriele Rabino (graphic designer), Luca Casadei (fotografo e videomaker), con all’attivo differenti progettualità fra cui la direzione artistica per diversi eventi in Emilia-Romagna, la produzione di assodati o nuovi progetti performativi basati sulla presenza di una relazione profonda con il ritmo.
L'approccio di TUMM è cross-culturale, potremmo dire “da griot": le famiglie dei griot svolgono, nel territorio del Mandé (Mali, Guinea, Senegal, Gambia, Burkina Faso, Costa D’Avorio) il ruolo di custodi e divulgatori della cultura antica. Allo stesso modo TUMM, attraverso l'approfondimento del tema del ritmo, ha come obiettivo quello di trasmettere valori come ascolto, empatia, amore, accettazione di sé e dell'altro (umano e non), sostenibilità e rispetto dell'ecosistema. A questo scopo vengono organizzate pratiche didattiche o esperienziali, corsi settimanali, incontri a sfondo sociale e workshop, produzioni performative, direzioni artistiche di eventi.

VM: A quale progetto performativo vi state dedicando maggiormente?
DO: Attualmente ci stiamo dedicando al prossimo concerto di IMPACTUMM, un concerto dove i musicisti improvvisano sul palco e il pubblico non è più tale ma diviene elemento cantante e coreutico della serata. L’improvvisazione è diretta da 1 conduttore per l’ensemble tramite più di 100 segni corporei codificati e da 2 conduttori rivolti al pubblico per improvvisare insieme tramite voce e corpo.

Vengono usati i metodi “Ritmo con Señas” per la conduzione dell’ensemble, (a cura di Michele Braguti, che ha curato la versione italiana del “Manuale di Ritmo con Segni”, e Alessandro Balestrini), mentre il pubblico è guidato attraverso il metodo “Circle Singing” per l’improvvisazione vocale (a cura di Giulia Matteucci, fondatrice di Circle Singing Bologna) e l’interazione corporea (a cura di ospiti d’eccezione).
Ogni serata IMPACTUMM è irripetibile, non bastano infatti le parole per descriverla: è una vera e propria esperienza da provare. Con un format ristretto di IMPACTUMM abbiamo curato la musica improvvisata di FUSION, lo stage di danza organizzato da IDA a inizio novembre. E’ stata un’ottima occasione per far provare alle e ai giovani partecipanti la sensazione di comunicare tramite il corpo con un suono ispirato da loro e generato per loro: descriverei questo feeling come trovarsi ad essere una ninfea (danza) mossa dall’acqua (flusso musicale) e l’acqua stessa al contempo.

VM: Diego, nei nostri confronti hai sempre posto un forte accento sull'importanza, per danzatori e insegnanti di danza, di comprendere il ritmo musicale, per permettere al danzatore di essere totalmente in sintonia con la musica, durante la performance. Tu sei musicista percussionista e il tuo lavoro ti ha spesso portato a confrontarti con realtà e orizzonti lontani. Qual è la sostanziale differenza nella relazione musica/movimento?
DO: Faccio una brevissima premessa. Considero la relazione musica/movimento sovrapponibile allo scambio che avviene durante un dialogo verbale tra due o più interlocutori: una comunicazione biunivoca, contemporanea e simbiotica generata attraverso un vocabolario comune, il ritmo. La differenza che riscontro, a prescindere dalla tipologia di ambito stilistico e culturale coreutico in cui mi trovo a suonare, risiede nella disponibilità ad ascoltare e ad essere ascoltate\i e la competenza ritmica da parte di chi danza. L'avvio di una relazione biunivoca efficace suono-danza dipende molto dalla disponibilità degli interlocutori, dalla capacità tecnica ritmica e dal desiderio di mettersi in gioco e in comunicazione con i musicisti, senza questo la miccia fatica ad accendersi.

VM: Nelle scuole di danza esiste la possibilità di misurarsi in diretta con musicisti dal vivo durante i corsi di danza settimanali e quotidiani?
DO: È molto raro, fatta eccezione di contesti didattici relativi a stili che prevedono nella loro essenza l'accompagnamento “sine qua non” di musicisti/percussionisti, come le danze di matrice afro. Vi sono tuttavia alcune storiche, importanti accademie europee come, ad esempio, Trinity Laban, IRIE! Dance Theatre, Codarts, dove si possono trovare musicisti in pianta stabile.

VM: Nelle danze della diaspora che valore ha il legame tra ritmo e danza?
DO: Ci sarebbe tanto da dire e studiare ancora su questo tema, ma partirei dall'idea che la relazione ritmo e danza in queste culture è uno degli strumenti principali per il benessere della collettività. Si tratta di una semplificazione estrema: in verità nelle culture afro e della diaspora il ritmo ha diversi ruoli ed è il fulcro di un sistema molto complesso ma non teorizzato analiticamente e che varia a seconda del contesto. I tamburi svolgono un ruolo importante in ogni aspetto della vita, compreso quello fisico, emotivo e spirituale e vengono suonati per comunicare, celebrare, piangere e ispirare, in tempi di pace e di guerra, di semina e di raccolto, di nascita e di morte.

AAM: La relazione tra danza e ritmo nelle culture afro e della diaspora non è - o non è soltanto - una questione di "estetica coreutica", ovvero la creazione di un'"opera d'arte corporea" (per richiamare un concetto sviluppato tra gli altri da Susanne Franco, Marina Nordera, Laurent Sebillotte e Alessandro Pontremoli). Il messaggio orchestico non è diretto a un pubblico alla ricerca di svago ludico o riflessione contemplativa dunque non riguarda dinamiche cinestetiche alle quali l'osservatore partecipa sì, ma solo grazie alla connettività empatica. Il confine tra spettatori e danzatori è labile o inesistente. Ritmo e movimento sono il luogo dell'incontro e della partecipazione comunitaria: si tratta, in altre parole, di forme artistiche strumentali al contesto sociale in cui vengono performate. Chi assiste al "rito orchestico" non è concepito come "pubblico". Ciascuno si trasforma, invece, in un anello fondamentale per la riuscita dell’esperienza collettiva stessa.

VM: Una maggior consapevolezza del ritmo in che modo può influenzare il processo creativo, sia esso legato a una coreografia o a una lezione di danza?
DO: La conoscenza ritmica permette di sviluppare grammatiche utili all’infinita libertà d’espressione delle danzatrici e dei danzatori, linguaggi che prescindono da gabbie identitarie culturali.
L’empowerment della capacità espressiva segue due direzioni: (1) il movimento genera il ritmo e (2) il ritmo genera il movimento. Nel primo caso (1) mentre si danza in silenzio si sta generando interiormente ritmo e suono. La consapevolezza del ritmo creato dal corpo permette di dettagliare maggiormente il movimento, consolidarlo e inserirlo nel proprio vocabolario espressivo. Nel secondo caso (2) l’ascolto e la comprensione di un ritmo ispira i processi creativi delle dinamiche di movimento. Il posizionamento degli accenti suggerisce implicitamente un indirizzo differente degli spostamenti di peso, di movimenti/isolamenti, dell’intensità e dell’intenzione dell’atto danzato, della mimica e delle dinamiche corporee. Il materiale generato attraverso questi processi è utile all’ideazione coreografica per individuare elementi personali da inserire nei processi creativi e costituisce uno strumento didattico ulteriore per guidare gli allievi verso una comprensione più profonda del movimento.
Con il corpo e con il suono si può, in modi empatici non verbali, “chiacchierare”, “scherzare”, “proporre un’idea”, “confrontarsi profondamente”, scrivere (ideazione coreografica), “recitare un testo precodificato” (esecuzione coreografica), “insegnare e imparare” (didattica). La musica e la danza sono di tutti.

VM: Diego, secondo la tua esperienza, la presenza di musica dal vivo può dare impulsi diversi e influenzare in maniera inusuale il flusso della danza, della lezione, della coreografia e della performance? Viceversa, nel processo compositivo, il suono può costruirsi sulla coreografia? In questo caso la danza può dare vita all'impulso creativo? In che modo può influenzare la costruzione del componimento?
DO: La sinergia tra danza e musica avviene specialmente quando ci si permette di avere il tempo di improvvisare sistematicamente con tutti i componenti danzanti e “musicanti” essenziali. Successivamente è possibile scegliere se far diventare l’improvvisazione una scrittura coreutico-musicale o mantenere la sua effimera natura. Questo metodo creativo esiste ancora nel mondo occidentale, ma in modo poco pronunciato e di nicchia. Il momento di improvvisazione è estremamente dispendioso in termini economici, energetici e di tempo. Suppongo perciò che con l’avvento della riproduzione musicale (e recentemente digitale) la music industry si sia diretta verso un appiattimento degli stimoli artistici in funzione di una maggiore efficienza commerciale. Questo ha portato al progressivo distacco della musica dalla danza, un tempo intrinsecamente unite, ma sempre più concepite come ambiti specialistici differenti.

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