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Sergio Bernal

Sergio Bernal

DANZO OGNI GIORNO PER CONQUISTARE LA MIA LIBERTÀ

Premio Danza&Danza come miglior ballerino internazionale nel 2023, Sergio Bernal nasce a Madrid nel 1990. A soli quattro anni incontra il flamenco e la danza spagnola che lo porterà nel 2012 ad entrare nel Ballet Nacional de España dapprima come solista e poi come primo ballerino nel 2016.

MM: Sergio hai iniziato a danzare sin da piccolo il flamenco che cosa ti ha conquistato di questa danza?
SB: E’ stata davvero strana questa mia passione perchè mia madre ha portato me e mio fratello gemello a studiare danza così per caso: nessuno in famiglia è stato mai coinvolto in alcun modo nella danza. Anzi di solito per i maschi era più normale giocare a football e infatti mio fratello dopo una settimana non è più voluto venire con me… mentre a me si è aperto un mondo: il mio mondo. Ho capito fin da subito che il mio modo di comunicare era la danza e danzare per me era il mio modo per sentirmi libero.
La prima volta che sono salito su un un palcoscenico, quando avevo solo quattro o cinque anni, ho capito che mi sentivo libero parlando al pubblico attraverso il mio corpo. Con la danza mi sento libero di creare bellezza e di costruire emozioni. Ho capito sin da piccolo che la bellezza che costruiscono ed emanano gli artisti sia importante e decisiva per la società e credo che il mondo ne abbia sempre di più bisogno vivendo così tanti momenti difficili.

MM: Nel tuo percorso ti ha guidato una spinta emotiva che ti faceva sentire completamente libero?
SB: Sì e lo ero anche quando uscivo dalla scuola di danza e giocavo con gli amici, sognavo sempre di essere su un palcoscenico. Credo sia bello fare del tuo lavoro, della tua vita, un gioco. Certo, abbiamo sempre delle responsabilità, dei problemi, come tutti, ma se fai quello che ti piace ti senti realizzato. Specie in un lavoro come il mio nel quale devi riuscire a trasmettere serenità e bellezza al pubblico.

MM: Ci puoi spiegare meglio la differenza tra il flamenco e le altre danze spagnole?
SB: Il primo ballo spagnolo che è nato è stato il flamenco ma agli inizi del ‘900 i ballerini di flamenco hanno studiato anche il balletto classico e hanno capito che sarebbe stato possibile “mixare” queste tipologie di danza. Quella che ne è derivata è la danza spagnola dove si possono vedere anche passi simili al repertorio classico. A differenza del ballo spagnolo, il flamenco nasce nell'individualità e la differenza con la danza spagnola è proprio questa: si può fare anche un solo ma è normale costruire balletti con più persone.

MM: Per questo la tua formazione parte dal flamenco ma è riuscita ad includere anche altre forme di danza?
SB: E’ proprio così. Perchè se hai il flamenco dentro di te hai anche una forza incredibile e se riesci ad unire danza classica e danza contemporanea puoi portare il flamenco verso un movimento più bello e ricco. E’ proprio l'eredità che ci ha lasciato un maestro di ballo flamenco come Antonio il Ballerino che negli anni ‘40/’50 è andato in tour a New York con la sua compagnia e ha visto e studiato sia il balletto classico che Fred Astaire e Gene Kelly. Se vedi ad esempio il suo Il Cappello a tre punte, non quello di Massine, è evidente l’influenza di Fred Astaire: è riuscito a mixare lo stile della star americana con il ballo spagnolo. Poi la danza classica (con balletti come Bayadere e Don Chisciotte) ha ispirato i maestri del flamenco nel creare coreografie non più di soli ma di gruppo.

MM: Con lo spettacolo prodotto dalla tua Compagnia con il quale sei in tournée, Una notte con Sergio Bernal, stai anche educando il pubblico sulla cultura spagnola del ballo?
SB: “Quasi quasi sto facendo una minestra di verdura” (n.d.r. Sergio ride molto) perchè c’è flamenco, balletto classico, ballo spagnolo. Mi piace molto questa commistione anche perchè anche quando balli il flamenco devi saper fare anche una piroette o un tour en l’air e devi creare una linea bella. Il flamenco è una forza della natura, una forza che viene dal corpo, quel sentimento che hai dentro di te, un modo di parlare un pò diverso, come si parla l’italiano in modo diverso in diverse regioni. Il flamenco è una forma di ballo diversa che viene dal cuore e per questo motivo il flamenco mi piace tantissimo ma il balletto ha un altro tipo di bellezza, un “altro vocabolario” che comunque mi ha conquistato.

MM: Quanti anni avevi quando ti sei avvicinato anche alla danza classica?
SB: A undici anni sono entrato al Conservatorio (equiparabile alla vostra Accademia nazionale di danza) perché la passione per il flamenco stava diventando qualcosa di più serio. A quel punto lì dovevi saper ballare tutto: tutti gli stili del ballo spagnolo e il balletto classico. All’inizio non lo apprezzavo molto, ma poi mi sono innamorato anche di questa disciplina e di quello che il balletto classico poteva dare alla mia formazione di flamenco. Il tutto è diventato per me qualcosa di speciale che non so ben specificare ma che mi piace molto!

MM: Che poi è il tuo tratto distintivo?
SB: La verità è che mi piace molto questo mio stile che sto portando avanti grazie a tutte le influenze di cui ti ho parlato.

MM: E in che modo la danza classica ha influito nel tuo modo di ballare “alla spagnola”?
SB: Tantissimo. Perchè la danza classica è una disciplina che prevede un forte controllo. Se nel ballo spagnolo devi fare un salto o una piroette e possiedi una base classica molto forte, ottieni un controllo del corpo molto più forte. La danza classica ti aiuta a far diventare una posizione più bella, armoniosa e anche più sana per il corpo e questo aiuta moltissimo il ballo spagnolo.

MM: Immagino sia molto diverso anche il riscaldamento di queste due discipline. C’è meno controllo del bacino nel riscaldamento del flamenco rispetto alla danza classica?
SB: Se balli flamenco non si va alla sbarra, chi balla il flamenco indossa già le scarpe e si fa riscaldamento con i piedi e solo successivamente comincia a muovere il corpo. Tutta la parte del bacino che si controlla con il movimento classico nel flamenco non c’è. Una volta l’uomo era molto fermo e ballava solo con le gambe e con il bacino abbastanza fermo, diversamente le donne ballavano solo con la parte di sopra. Ora il flamenco è cambiato e si balla con il tutto corpo: oggi il flamenco si è molto evoluto perché ha risentito delle diverse influenze di cui vi ho raccontato.

MM: Per la tua arte è stato quindi fondamentale utilizzare diversi linguaggi e forme di danza per comunicare?
SB: Assolutamente si, perchè il movimento è diventato più ricco. Ho sempre ballato flamenco e danze spagnole al Balletto nazionale spagnolo poi sono stato anche alla Compagnia nazionale di danza (n.d.r. classica) per partecipare a due produzioni tra cui ricordo l’Apollo di Balanchine che per me è stata una bellissima esperienza: era una forma completamente diversa da quello che avevo fatto fino a quel momento.

MM: Quando hai poi capito che la tua strada da primo ballerino ti stava stretta e hai deciso di lasciare il Balletto Nazionale Spagnolo?
SB: Ero da otto anni al Balletto nazionale di Spagna dove sei coperto, sicuro, tranquillo… sei un “funzionario dello Stato” ma lì devi fare quello che ti dicono gli altri. Per questo a gennaio 2020 ho deciso di intraprendere la mia strada con la mia compagnia. Il mio slancio purtroppo ha subito un forte punto d’arresto a marzo 2020 quando il mondo è stato chiuso a causa del Covid-19. Per me è stato un momento molto forte e mi sono chiesto: “mamma mia adesso cosa faccio?”.

MM: Proprio in un momento in cui ti sarai sentito molto energico non deve essere stato semplice per te?
SB: Si anche se, dopo uno smarrimento iniziale, quel momento di pausa forzata, in quel periodo preciso della mia vita e della mia carriera, mi è comunque servito molto per prendermi più tempo per capire veramente dove volevo arrivare, capire al meglio come costruire il mio progetto e capire la mia vera direzione. All’inizio, come tutti, ero stressato per la paura, ma poi ho preso tempo e ho capito che potevo essere tranquillo nel tracciare la strada giusta per la mia compagnia… Alla fine è stato un momento veramente molto bello e importante per me.

MM: Curi anche le coreografie della tua Compagnia?
SB: Si mi piace tantissimo cercare la strada giusta, capire come posso fare di più, come posso arrivare ad un’altra forma. Anche se ho invitato anche altri coreografi, questo lavoro mi piace perché porta a conoscerti meglio anche come ballerino: creando le coreografie devi riuscire ad andare fuori dal tuo posto come ballerino… Mi piace assumermi questo rischio.

MM: In effetti mi pare che sin da piccolo dai un valore molto alto alla libertà…
SB: Assolutamente. Quando sei libero sei empatico; perché la libertà per ballare e trasmettere un’emozione è fondamentale specie in un tempo dove non c’è molta libertà… Certo, rispetto a cento anni fa abbiamo più libertà però è un momento un pò delicato e la paura senz’altro ci ferma.
Mi voglio prendere la libertà di fare quello che mi piace e con il mio lavoro voglio dire: questo sono io.

MM: Vuoi dire che se ti va bene come sono, questo sono io?
SB: Esattamente. Ovviamente qualche volta ho paura ma credo che sia importante avere questo senso di libertà per vivere pienamente e per andare sul palcoscenico serenamente… Sto lavorando ogni giorno per conquistare la mia libertà!

MM: E in che modo Riccardo Cue ti ha sostenuto nell’apertura della tua compagnia e ti ha stimolato a credere nella tua libertà?
SB: Lui per me è come un padre. Mi ha conosciuto quando avevo quasi diciotto anni e stavo per finire il Conservatorio ed era già un maestro di grande esperienza avendo vissuto per quindici anni a New York negli anni ‘60 e ‘70 quando nella grande mela lavoravano artisti come Baryšnikov, Nureev, Marta Graham, Cunningham e dove si respirava un mondo di arte straordinaria. É proprio lui che mi ha aiutato a capire che c’era un mondo diverso da quello del flamenco e grazie a lui ho conosciuto mondi diversi come l’architettura dello spettacolo nella sua interezza.

MM: Non solo quindi nei confronti della tua performance da ballerino?
SB: Assolutamente. Cue è co-direttore della Compagnia che ho fondato e lavoriamo a stretto contatto, crea anche lui le coreografie per la Compagnia e utilizza un “vocabolario” molto più chiaro incentrato in un’epoca di ballo più classico e a me diversamente piace qualcosa di più moderno. Siamo alla continua ricerca di un equilibrio per creare il meglio per me ma soprattutto per il pubblico.
Ad esempio, ho reinterpretato la coreografia che Cue aveva creato nel 2000 Il Cigno che rappresenta la morte di un cigno creata però per un uomo. Interpretare questa figura è stato molto interessante per il mio percorso perché mi ha fatto esibire in un altro modo sul palcoscenico, cercando un’altra forma di me senza indossare le scarpe da flamenco. Cue mi ha fatto crescere molto e sempre spronato come artista.

MM: Che cosa credi sia un elemento fondamentale e imprescindibile di una produzione della tua Compagnia?
SB: In un mio spettacolo deve andare tutto bene, ogni aspetto dello spettacolo, perché siamo uno e tutti. Un musicista, un cantante o un ballerino e io siamo la stessa persona e dobbiamo avere tutti la stessa energia sul palco, dobbiamo pensare in una stessa direzione per cercare di “rapire” il cuore degli spettatori che ci stanno guardando. Tutti quelli che lavorano con me sono importanti nello stesso modo sia all’interno del palcoscenico che fuori. Anche chi lavora dietro alle quinte è fondamentale perché senza il loro aiuto io non potrei mai salire sul palco. Io senza l’organizzatrice (Irene che è qui con me) e Daniele Cipriani non avrei fatto nulla.
Per questo dico che tutti hanno la stessa importanza per andare dritti all'obiettivo e ottenere quello che si vuole.

MM: Il suo incontro con l’Italia è stato merito di Daniele Cipriani?
SB: Sicuramente. Ho iniziato a lavorare con lui dodici anni fa. All’inizio sono stato ospite nel gala di Les Etoiles e dopo la pandemia gli ho parlato della mia Compagnia e mi ha aiutato nel portare anche questa nuova mia sfida artistica in tour. E anche grazie a lui che il mio progetto, in un mondo, come quello della danza, che non è molto semplice, sta arrivando in Europa e anche fuori Europa.
Ogni giorno sto lavorando per ottenere il massimo. Noi ballerini poi abbiamo una carriera corta e io già ho trentatre anni: devo cercare di ottenere più cose possibili, lavorare e lavorare il più possibile e velocemente.

MM: Ho visto che sei molto seguito dai giovani e di recente sei stato ospite come giudice ad Amici…
SB: Devo dire che Maria De Filippi fa un lavoro molto interessante e importante. Andare in un programma televisivo che è una scuola professionale in cui ti insegnano diversi stili a sedici/diciotto anni è a mio avviso un'opportunità in più per “bucare il mercato”. Ne vedo tanti di ragazzi che escono dalla scuola dopo dieci/undici anni di lavoro sul corpo e spesso non hanno molte opportunità nel mondo del lavoro.

MM: É più difficile trovare lavoro oggi rispetto ai tuoi tempi anche in Spagna?
SB: Non lo so, magari ci sono le stesse opportunità. Senz’altro io sono stato molto fortunato ma conosco molti ballerini altrettanto bravi e con una grandissima energia che non trovano lavoro e questo mi dispiace molto.

MM: Ho visto che di recente hai insegnato ad una classe di balletto del Conservatorio. Nel futuro ti vedi come insegnante?
SB: Sì, mi è piaciuto moltissimo vedere giovani che crescono nella danza. Quando insegno gli dico: guarda quale è la tua strada, pensa dove vuoi arrivare, vai dritto, inseguila e vai avanti, sicuramente arriverai. Nel frattempo avrai sicuramente dei problemi ma prosegui così come credi sia giusto e dove vuoi arrivare.

MM: I giovani ti seguono molto su Instagram dove alterni momenti di vita privata a momenti di backstage di spettacolo. Ti piace seguire anche questo aspetto della tua carriera?
SB: Proprio ieri stavo parlando di questo… (n.d.r. ride). Mi piacciono i social media e viviamo in questo momento in cui i social la fanno da padrone, ma dei social non mi piace la velocità per cui tutto il giorno devi fare qualcosa di nuovo altrimenti “sei morto”. Su questo aspetto non sono per nulla d’accordo: è un mercato, un fast food, noi invece stiamo lavorando sull’arte e ogni giorno non si possono produrre contenuti nuovi: è impossibile. In generale credo che i social siano utili per questo tempo ma li vedo come uno strumento di lavoro.

MM: Lo uso, mi piace, ma non voglio esserne schiavo perchè chi mi vuole seguire mi segue così come sono, è corretto?
SB: Assolutamente. E poi tutti i giorni non sono uguali e tutti i giorni non sono felici e ogni giorno non è una festa, si rischia poi di diventare finti e questo credo che non sia giusto per chi ti segue: i social sono uno strumento e devono essere usati in modo corretto.

MM: Ci saranno altre date in Italia con i progetti della Compagnia e a fine gennaio sarai di nuovo in Italia con il nuovo progetto Las Estrellas del Flamenco. Sogni nel cassetto per il tuo futuro?
SB: Essere felice con quello che faccio. Il progetto più importante della mia vita è lavorare per migliorare ogni giorno: voglio migliorare non solo nel lavoro ma anche nella vita privata, essere sereno con tutti sia con la famiglia che con gli amici e con gli amici degli amici, essere tranquillo e vivere serenamente. Questo è il progetto più importante della mia vita. Cercare di aspirare alla serenità, costruire ogni giorno la strada per la felicità anche se sono consapevole che non è possibile esserlo tutti i giorni.

Sergio Bernal è una persona schietta e sincera. Nelle sue parole si capisce quanto sia importante la sua libertà espressiva che quotidianamente ricerca con la danza. E’ un ballerino che presenta qualità straordinarie coniugando due anime che sembrano distanti, ma che, come ci ha raccontato, sono nella direzione scelta per sé e la sua compagnia che lo sta portando nel firmamento delle stelle della danza con una umiltà e un’intelligenza che è propria solo dei più grandi… D’altra parte quale ballerino incontra il suo “mito” Michail Baryšnikov e ringrazia la vita per questo incontro?


Gli appuntamenti

Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, Roma

Tra i protagonisti di Las Estrellas del Flamenco – 28/29 gennaio 2024

Tra i protagonisti di Les Étoiles – 15/16/17 marzo 2024

Il tour:
Una Noche con Sergio Bernal

Marzo 2024

Teatro Piccinni di Bari – 5/03
Teatro Kennedy di Fasano – 9/03
Teatro Fusco di Taranto – 10/03
Teatro Politeama Greco di Lecce – 12/03
Tuscany Hall nella stagione del Teatro Verdi di Firenze – 23/03
Teatro Ristori di Verona – 24/03
Teatro "Ebe Stignani" di Imola – 26/03
Teatro della Regina di Cattolica – 27/03 

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