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Roberta Fontana: ballare emozionandosi

Roberta Fontana: ballare emozionandosi

Per Roberta Fontana danzare significa emozionarsi ed emozionare. Ed è questo l’insegnamento che prima di ogni altro si impegna a trasmettere ai suoi allievi nelle scuole e nelle accademie di tutto il mondo. Romana, classe 1971, ha iniziato gli studi nella sua città, proseguendoli a Parigi, a Londra e a New York. Ha ballato in teatro e in numerosi programmi televisivi, per poi dedicarsi alla coreografia e all’insegnamento.

Partendo dal suo ruolo di insegnante, quale aspetto la gratifica di più?

«Il mio lavoro mi ha portata a insegnare in ogni parte del mondo: Miami, Brasile, Polonia, Spagna, Francia, Germania. Ovunque, anche nel posto più lontano come la Siberia, ciò che mi gratifica di più è lo scambio energetico che si crea, il riuscire a trasmettere tutte le emozioni che ho ad ogni singolo allievo. Io do a loro e loro danno a me. Non è facile riuscire ad arrivare sempre a questo tipo di incontro».

Nei Paesi in cui ha insegnato ha potuto notare un approccio diverso allo studio della danza rispetto all’Italia?

«Nei Paesi dell’Est come la Russia, l’Ucraina e la Polonia le bambine sono fisicamente dotatissime, hanno gambe lunghe, collo del piede perfetto e la loro tecnica è a un livello altissimo. Tuttavia, molte volte non si lasciano andare perché pensano troppo alla precisione, al dover eseguire. È sicuramente bellissimo trovare a lezione dei ballerini bravissimi, ma io ho lavorato per sconvolgere la loro formazione, insegnando loro a lasciare andare il corpo ed il cuore. In Brasile ricordo che avevo una classe con cento allievi, incredibilmente eterogenea: c’erano allieve sovrappeso, magre, quelle più brave e quelle meno dotate, ma tutti avevano un’energia meravigliosa ed una grande voglia di imparare. In Germania, invece, gli allievi inizialmente sono timidi, ma appena capiscono qual è il modo di lasciarsi andare si arriva al punto più alto, che è ballare con il cuore».

Quale consiglio si sente di dare ai giovani che sognano un futuro come danzatori professionisti?

«Il suggerimento che do a tutti i ballerini è di seguire sempre la propria passione. Volere è potere è sempre stato il mio motto. C’è chi arriva al suo obiettivo in un mese, chi impiega un anno o dieci; c’è chi diventa ballerino, ma anche chi fa il coreografo, l’assistente o l’insegnante: non c’è limite, un modo per continuare la propria passione c’è sempre. E se non si trova lavoro nel proprio Paese si può cercarlo altrove, se un’audizione va male c’è la successiva. Inoltre, dico ai giovani che non si è mai arrivati e non bisogna accontentarsi. Fare questo lavoro è come salire una scala ed ogni giorno si fa un gradino in più».

Facendo un balzo indietro nel tempo, quando comincia la sua passione per la danza?

«Nasce a sei anni, momento in cui ho capito che avrei voluto diventare una ballerina classica. Da allora ho iniziato a studiare e non ho mai smesso di farlo».

Desiderava diventare una ballerina classica ma poi è entrata la danza moderna nella sua vita.

«Ho studiato al Balletto di Roma con Franca Bartolomei. Penso che lei abbia visto in me tanta passione. Per questo motivo un giorno mi prese in disparte e mi consigliò di provare il moderno poiché il fatto di non avere un collo del piede particolarmente sviluppato avrebbe potuto rappresentare un limite per la carriera come danzatrice classica. All’epoca non avevo simpatia per il moderno, tanto che presi male le parole della mia insegnante. Ma il giorno dopo mi decisi a fare una lezione con Roberto Salaorni allo Ials. Fu amore a prima vista, un amore che è cresciuto giorno dopo giorno. La passione per la danza classica è sempre rimasta, è la mia base, ciò che mi ha permesso di studiare tutto il resto. Ma il moderno mi ha fatto sentire da subito libera. 

Quali considera le tappe fondamentali del suo percorso professionale?

«Il teatro raccoglie le esperienze più belle perché sul palcoscenico c’è l’energia pura, l’adrenalina, l’emozione, l’applauso diretto del pubblico. Il primo lavoro è stato “Quando c’era il Varietà” con Romolo Siena a Roma, poi sono seguiti “La Bella e la Bestia” a Parigi, “Otello”. La televisione rimane comunque importante perché ti forma, ti fa capire un altro aspetto della danza, però il sudore che nasce sul palco per me è unico».

Sul suo sito Internet scrive: “Dietro la tecnica del danzatore c’è qualcosa che va oltre la danza: l’espressione”.

«Il ballerino deve avere una base tecnica, ma quello che cerco di far capire a tutti gli allievi è che oltre la tecnica c’è qualcosa di più importante: l’espressione, la musicalità, la personalità. Al pubblico quello che colpisce e rimane impresso di un ballerino è ciò che trasmette più di ciò che esegue. Per questo insegno ai danzatori ad aprirsi, a lasciarsi andare e a emozionarsi. Perché è fondamentale emozionare chi guarda».

Lei ha ancora un sogno professionale da realizzare?

«Quello che sto facendo è quello che mi piace, spero che la mia passione non abbia mai fine. Mi auguro che riuscirò sempre a formare talenti ed a dare qualcosa a tutti. Sogno che i miei allievi si ricorderanno di me, sogno di poter lasciare qualcosa nelle persone che mi hanno incontrata».

Letto 2360 volte Last modified on Venerdì, 14 Luglio 2017 07:32

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