Un racconto ricco di ironia e cinismo dietro le quinte di uno spettacolo di danza
Davvero recente la notizia che, purtroppo, non verrà girata la seconda serie di Étoile… Chiaramente il mondo del balletto e della danza sembra, a chi lo frequenta, molto ampio ma è pur sempre una nicchia all’interno dell’universo delle piattaforme televisive on demand che sono invece alla ricerca di un grande pubblico visti gli ingenti investimenti necessari per una serie del genere che, tuttavia, non sono più giustificati nemmeno se la serie è stata molto apprezzata sia dal pubblico che dalla critica, contando sempre di più risultati di visualizzazioni che non l’essenza delle cose.
Rimane comunque il merito della prima serie di Étoile (ancora visibile on line sulla piattaforma digitale Prime Video) che ha portato sul piccolo schermo una grande attenzione nei confronti della danza, non solo ballata, ma vista dal punto di vista organizzativo e gestionale negli uffici che la programmano, parte solitamente in secondo piano e sconosciuta al grande pubblico che ne ignora completamente le dinamiche. A partire dalla trama che racconta una difficile gestione economica di due compagnie, una di Parigi, l’altra di New York, che vedono sempre di più svuotarsi i teatri: dopo la crisi pandemica le due compagnie decidono di scambiarsi ballerini e coreografi, per fare notizia e attirare la curiosità di un nuovo pubblico.
Uscita nei giorni antecedenti alla Giornata internazionale della Danza (Aprile 2025) la serie Étoile ha incantato per la sua freschezza e per il suo scarsissimo fair play in un mondo che all’esterno sembra fatato. Creatori della serie la coppia Amy Sherman-Palladino e Daniel Palladino conosciuti ai più come creatori di serie televisive di successo degli anni ‘90 come Pappa e ciccia, Una mamma per amica e della più recente serie Amazon, La fantastica signora Maisel. Amy Sherman è figlia di una ballerina e profonda conoscitrice di questo mondo con le sue dinamiche anche dietro le quinte. Questa sua conoscenza si riflette nella cura maniacale dei dettagli con cui è stato creato l’ambiente artistico e organizzativo della serie. Lo stile è tipico di questa famosa coppia di autori del piccolo schermo: da un lato i tipici dialoghi fiume e i personaggi al limite del logorroico; dall’altro la visione cruda della realtà con l’intreccio delle storie personali di chi vive dietro le quinte di un teatro. Étoile è infatti una dramedy che riesce a fondere in maniera sapiente il dramma alla commedia e alla leggerezza.
Anche dal punto di vista cinematografico le inquadrature velocissime, molto dettagliate e gli stacchi di montaggio continui fanno entrare in maniera più incisiva nei problemi quotidiani dei direttori di entrambe le compagnie: direttori responsabili non solo di artisti ma di tutta la gestione organizzativa (in tal senso si pensi alla protesta dei ballerini sui loro diritti nella compagnia parigina).
Nella serie convivono personaggi nel tipico stile “Gilmore” che sono “macchiette” al limite dell’assurdo e che si muovono in questo mondo, solitamente legato all’immagine del rigore, all’insegna della goffaggine e dello stupore continuo, cercando di darsi uno spessore da un lato, dall’altro inciampando continuamente. Il risultato è esilarante: Geneviève Lavigne (direttrice della compagnia parigina), in perenne affanno tanto nella vita professionale quanto in quella privata, si trova a dover fare i conti, tra gli altri, con il coreografo visionario Tobias Bell, che una volta fuori dal palco non riesce a vivere pienamente; mentre a Jack McMillan (direttore della compagnia newyorkese) spetta Cheyenne Toussant, la più grande ballerina al mondo, ma anche un’ambientalista convinta e peggiore incubo di tutti i pescatori, una vera e propria bomba a orologeria pronta a scoppiare da un momento all’altro.
Altrettanto studiate anche le scene dedicate allo spettacolo che sono state curate dalla coreografa Marguerite Derricks che ha ideato quindici pezzi originali e ricreato altri balletti classici, coinvolgendo decine di ballerini professionisti, molti dei quali scelti dal New York City Ballet come Tiler Peck, Robert Fairchild e Unity Phelan. Per il suo lavoro coreografico Marguerite Derricks ha fra l’altro ricevuto di recente una nomination agli Emmy Awards.
Dispiace molto che la serie non abbia avuto un riscontro più ampio nei confronti del grande pubblico (la serie, dicono, non è stata tra la top ten della piattaforma on line neanche nella prima settimana del suo debutto) perché sicuramente sono diversi gli elementi di Étoile che potevano “attirare” anche un pubblico vasto ed eterogeneo non necessariamente appassionato di danza. La serie si è elevata in modo completamente diverso rispetto ai soliti clichè della danza sfidando ogni stereotipo e dimostrando che anche la danza possa anche essere ironia, stramberia e leggerezza. La colonna sonora ha unito elementi rock con la musica classica contribuendo a creare un’atmosfera coinvolgente e la regia, molto curata in tutti i dettagli, ha creato un ritmo incalzante con le sue inquadrature velocissime.
L’insieme non lascia mai spazio alla noia e non lascia mai cadere l’interesse dello spettatore che si sente parte integrante della serie immerso totalmente in questo racconto “stralunato” della vita organizzativa dietro le quinte di uno spettacolo di danza. ⬢