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La Scala ospita il Balletto del Bol’šoj

Venerdì, 31 Agosto 2018 13:04 Scritto da

Lo storico palcoscenico del Teatro alla Scala si aprirà a una nuova ospitalità del Balletto del Teatro Bol’šoj, fondato nel 1776, nel quadro di un articolato rapporto di collaborazione e scambi culturali, che nell’arco di oltre cinquant’anni ha prodotto quattro grandi progetti per un totale di nove tournée della Scala a Mosca e sette del Bol’šoj a Milano. 

Dal 7 al 13 settembre 2018 il Bol’šoj propone al Piermarini due celebri ed amati titoli, “La Bayadère” e “La bisbetica domata” per coniugare storia del balletto e novità. Memorabili le occasioni che avevano visto il sipario della Scala aprirsi sul corpo di ballo del Teatro Bol’šoj: nell’autunno 1970, “Il lago dei cigni”, “Spartacus” e “Lo Schiaccianoci”, interpretati tra l’altro da una coppia di eccellenza, Maja Plisetskaya e Vladimir Vasiliev; e l’indimenticata tournée dell’ottobre 1973, quando accanto a cinque opere i Complessi del Bol’šoj portarono nel capoluogo lombardo anche il balletto “Anna Karenina”. Il primo titolo proposto dalla Compagnia moscovita il 7, 8 e 10 settembre accompagnato dall’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala diretta dal Maestro Pavel Sorokin è “La Bayadère”, uno dei balletti cardine del repertorio classico che vide la sua prima assoluta a San Pietroburgo nel 1877. La partitura di Ludwig Minkus affresca un’India da leggenda in cui fioriscono intrighi e drammi d’amore. Il fascino dei paesi esotici e il successo di opere letterarie come il poema “Śakuntalā” ispirarono Petipa, che creò una perfetta armonia fra scene di massa e protagonisti, momenti di alto lirismo e sfumature poetiche. Su tutti, l’incanto del Regno delle Ombre. 

Lavorare sui balletti di Petipa è stata una delle linee principali dell’attività coreografica di Yuri Grigorovich. Nato nel 1927 e ballerino del Kirov fino al 1962, Grigorovich è stato direttore artistico del Bol’šoj fino al 1995 imponendosi tra le figure di maggior rilievo della coreografia russa del Novecento. Il suo lavoro su “La Bayadère”, allestita per la prima volta nel 1991 e riproposta nel 2013, è consapevole della presenza viva di Petipa e della necessità di conservare la sua eredità classica. 

I principi alla base della produzione restano invariati: ci sono tutte le composizioni originali di Petipa, le successive interpolazioni e anche gli ampi frammenti dell’azione ri-coreografati dallo stesso Grigorovich; la novità è l’assenza del finale in cui il terremoto distrugge il tempio. Grigorovich ha ritenuto che, dopo l’atto sinfonico delle Ombre, non fosse necessaria altra danza: “Le Ombre sono una vetta nell’arte del balletto; speriamo che lo siano ancora per molto. E che ogni persona in sala possa sentire a portata di mano la magia del balletto russo, una delle meraviglie del mondo”. La coreografia si avvale di alcuni estratti da Vakhtang Chabukiani, Konstantin Sergeyev, Nikolai Zubkovsky, le scene e i costumi sono a firma di Nikolay Sharonov, le luci di Mikhail Sokolov ed è impreziosita dalla partecipazione straordinaria degli Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretta dal Maestro Maurizio Vanadia con la supervisione del Maestro Frédéric Olivieri, attuale Direttore del Corpo di ballo scaligero. 

“La Bayadère” è stato uno dei primi trionfi di Petipa al Teatro Imperiale di San Pietroburgo, la trama narra temi particolarmente cari alle platee dell’Ottocento: esotismo, sentimentalismo, promesse d’amore, tradimenti, soprannaturale e romanticismo. Nel primo atto incontriamo il guerriero Solor, innamorato della baiadera Nikiya a sua volta amata dal Bramino. Nikiya costringe Solor ad un giuramento d’amore eterno. A Solor viene offerta la mano di Gamzatti, la figlia del Rajah, ed egli accetta dimenticandosi la promessa fatta a Nikiya. Durante i festeggiamenti per il fidanzamento, Gamzatti rivela a Nikiya il nome del suo fidanzato e lei si oppone inutilmente a questo fidanzamento. Una schiava, Aya, propone a Gamzatti di uccidere Nikiya. Nel secondo atto vi è la danza delle baiadere alla quale partecipa anche Nikiya. Aya dona a Nikiya un cesto di fiori in cui è nascosto un serpente velenoso che la morde. Il Bramino le propone di salvarla, a patto che lei accetti di sposarlo. Nikyia rifiuta e danza fino a quando muore. Nel terzo atto, Solor per allontanare il dolore della morte di Nikiya, fuma uno speciale veleno, si addormenta e si ritrova nel Regno delle ombre e tra esse ritrova anche l’amata Nikiya alla quale giura eterna fedeltà. 

Mentre l’11, 12 e 13 settembre sarà l’occasione per assistere ad un allestimento recente, “La bisbetica domata” commissionato dal Teatro Bol’šoj, in debutto nel 2014 (in Italia visto solo al cinema trasmesso via satellite grazie alla diretta nel 2016 e nel 2017), primo balletto creato da Jean-Christophe Maillot per una compagnia che non fossero “Les Ballets de Monte-Carlo”, che dirige dal 1993. 

Ispirato alla omonima commedia di William Shakespeare, ha vinto ben tre Maschere d’Oro. 

Maillot ha pensato per i danzatori del Bol’šoj un lavoro con una notevole vena narrativa, che potesse esaltare oltre che la loro bravura tecnica e virtuosa anche l’abilità interpretativa ed espressiva. Per il coreografo questa commedia è una meravigliosa storia sui rapporti umani che semplicemente chiede di essere tradotta nel linguaggio del corpo: una trama abbastanza complessa, uno dei lavori più sensuali di Shakespeare, una analisi appassionata sulle relazioni d’amore. Per Maillot, coreografo che adora rinarrare le storie classiche a suo modo, è una commedia che parla dell’incontro di due caratteri eccezionali, Caterina e Petruccio, che non possono sopportare l’idea di avere un rapporto mediocre tra di loro o con altri. Lavorando con i ballerini del Bol’šoj, non poteva che scegliere un compositore russo e infatti ha prediletto Dmitrij Šostakovič, orientandosi questa volta sulle composizioni scritte per il cinema, che alla Scala sono affidate alla bacchetta del direttore Igor Dronov con i musicisti dell’Orchestra Sinfonica “G. Verdi” di Milano. 

Assistente alla coreografia Bernice Coppieters, scene di Ernest Pignon-Ernest, costumi di Augustin Maillot, luci e video di Dominique Drillot, drammaturgia di Jean Rouaud. 

Durante la sua formazione artistica Jean-Christophe Maillot studia danza e pianoforte al Conservatorio Nazionale Regionale di Tours, fino a quando, nel 1978, viene contattato da John Neumeier per entrare nel Balletto di Amburgo, dove interpreta alcuni ruoli primari nelle creazioni del coreografo americano. Nel 1983 è nominato coreografo e direttore del “Ballet du Grand Théâtre di Tours”. Nel 1985 fonda il Festival “Le Chorégraphique” e nel 1986 è invitato a Monaco, dove nel 1993 viene nominato direttore-coreografo di “Les Ballets de Monte-Carlo”. Nel 2000 Maillot istituisce il “Monaco Dance Forum”: una prestigiosa vetrina internazionale. Grazie alle numerose tournée, Jean-Christophe Maillot diventa uno dei coreografi francesi più rappresentati all’estero. 

La versione della “Bisbetica domata” attesa in Scala con il Balletto del Bolshoi, presentata in due atti, è ambientata nella Padova del XVI secolo e racconta del ricco Battista il quale non vuole concedere la mano della dolce figlia minore Bianca fino a quando non si sarà sposata la primogenita Caterina, bisbetica e intrattabile. I corteggiatori di Bianca convincono così il veronese Petruccio ad adulare Caterina, sperando che il matrimonio conceda anche a Bianca di prendere finalmente marito. Caterina trova in Petruccio un consorte capace di domarla mentre il giovane studente Lucenzio, camuffatosi da istitutore, farà breccia nel cuore di Bianca. 

Maillot porta in scena due ore di spettacolo reinterpretando con il suo inconfondibile stile “The Taming of the Shrew” (titolo originale della commedia), che da sempre ispira e affascina gli autori per l’abile intreccio, la fervida fantasia teatrale, l’ironia e il gioco dei rapporti tra uomo e donna. 

La storia allegra e appassionante riprende così nuovamente linfa grazie alla danza, ambientata in un luogo particolarmente caro allo scrittore inglese: l’Italia. E proprio nel bel paese - dopo undici anni dalla precedente ospitalità - la Scala considerato uno dei più prestigiosi teatri al mondo accoglierà ex novo il Balletto del Bol’šoj ritenuta una tra le compagnie più nobili e antiche. 

 

© Expression Dance Magazine - Agosto 2018

Nell'immagine: Savin e Kretova in "La bisbetica domata" (© Damir Yusupov)


 

Note sull'autore: 

Michele Olivieri: Critico della danza e recensore dal Teatro alla Scala di Milano e Membro affiliato del Consiglio Internazionale della Danza CID UNESCO Paris

 

 

 

Intervista a Federico Bonelli

Venerdì, 31 Agosto 2018 12:12 Scritto da

 

Quando è sul palcoscenico riesce a colpire il cuore del pubblico, unendo la grazia con l’abilità tecnica, l’espressività con la bellezza delle forme. Tant’è che, al Covent Garden di Londra - tra i più celebri ed eleganti teatri al mondo – c’è chi viene da tutto il mondo per ammirarlo, perché la sua danza è un linguaggio universale capace di emozionare e commuovere. Dal 2003, Federico Bonelli ha oltrepassato la Manica come principal dancer del mitico Royal Ballet, indiscusso tempio della danza anglosassone. Da allora ha interpretato i principali ruoli del repertorio della compagnia. La sua meravigliosa avventura nel mondo della danza, inizia a Genova e Casale Monferrato, dove cresce e comincia a frequentare le prime lezioni di danza. Nel 1992, all’età di quattordici anni, entra a far parte dell’Accademia di danza del Teatro Nuovo di Torino e studia in maniera più intensa con insegnanti italiani e maestri cubani. Per mettere alla prova il suo talento e farsi  notare dagli addetti ai lavori, durante gli anni di studio partecipa a diverse competizioni internazionali ottenendo la Medaglia d’argento al Concorso di Balletto dell’Avana a Cuba e il primo premio al Concorso internazionale di Rieti. Ma il vero trampolino di lancio per la sua carriera è il Prix de Lausanne nel 1996, dove vince una borsa di studio. In quel periodo, entra a far parte del Balletto di Zurigo, dove già l’anno successivo viene promosso solista. La permanenza in Svizzera è molto fruttuosa visto che il giovane Federico danza i ruoli principali in diverse coreografie del direttore Heinz Spoerli e in ruoli del repertorio classico come Albrecht in ‘Giselle’. Due anni dopo cambia compagnia e passa al Balletto Nazionale Olandese di Amsterdan dove nel 2002 è promosso primo ballerino. Durante gli anni in Olanda il suo repertorio si amplia notevolmente e arricchisce di vari stili e discipline grazie all’incontro con numerosi coreografi di fama internazionale. Ha infatti interpretato classici del repertorio, diverse coreografie di George Balanchine, William Forsythe e Hans Van Manen, oltre che rielaborazioni di classico come “Lo Schiaccianoci” di Wayne Eagling, il “Romeo e Giulietta” di Rudi Van Dantzig “Sylphide” e “Onegin” di Dinna Bjorn. Il suo percorso è tutto in salita e nel 2003 fa un ulteriore salto di qualità, entrando nell’organico del Royal Ballet come principal. La sua è un’esperienza di caratura mondiale, considerando che – negli anni – danza come artista ospite con la Scala di Milano, il Teatro Massimo di Palermo, il Balletto dell’Opera di Parigi, il Balletto del Cremlino, The National Theatre e lo Star Dancers Theatre di Tokyo, il Teatro Nazionale Croato di Zagabria e il Tulsa Ballet dell’Oklahoma. 

Federico Bonelli, com’è l’Italia vista da Londra?

«Il nostro è un Paese ricco di talenti, un po’ in tutti i settori, danza compresa. Molto spesso, per potersi esprimere, si è purtroppo costretti ad andare all’estero. Emigrano i fisici, i musicisti, i medici, e così capita anche ai ballerini… La situazione della danza è critica per certi aspetti, a causa della chiusura di numerose compagnie che non hanno i fondi necessari per sostenersi e produrre nuovi balletti. Quando mi capita, sono molto felice di danzare in Italia perché è il mio Paese d’origine. Mi piacerebbe ritornare un giorno ma non è facile…».

Credi che sarebbe stato possibile fare la stessa brillante carriera restando nel Belpaese?

«A 18 anni non mi sono lasciato scappare le opportunità che mi sono capitate all’estero, non ci ho pensato due volte ad andare dove potevo lavorare e continuerò in questa direzione. Certo, c’è un briciolo di rimpianto per quello che sarebbe potuto essere e non è stato in Italia. Mi mancano le persone e l’atmosfera che si trova in certi teatri. Però… cosa posso farci?».

Com’è Londra vista con gli occhi di un italiano?

«Dopo così tanti anni, tredici per l’esattezza, la capitale inglese è ormai la mia casa. Ma anche la mia grande sfida vinta. Mi trovo molto bene soprattutto per l’ottima organizzazione del lavoro. Londra è inoltre una città piena di stimoli, che non dorme mai… In compagnia sono perfettamente integrato e a mio agio».

Com’è stato inserirsi in un organico così famoso come il Royal Ballet?

«Ho vissuto tutto in modo piuttosto naturale, più di quello che inizialmente pensavo... La compagnia è molto internazionale, quindi non è stato stressante più di tanto il fatto di essere italiano piuttosto che inglese o di un’altra nazionalità. C’è l’abitudine al confronto con culture diverse e fra colleghi c’è una buona armonia. Semmai è stato impegnativo rapportarsi, inizialmente, con una compagnia dalla tradizione così forte, imparare balletti di un nuovo repertorio, eseguire nuovi passi e capire come raccontare le storie in base a uno stile che è proprio del Royal Ballet. In compagnia, infatti, la danza non conta solo nella sua perfetta esecuzione tecnica ma anche nella sua capacità narrativa e di trasmissione di emozioni».

Certo, non deve essere stato semplice iniziare al Royal Ballet direttamente da principal dancer…

«Questo, infatti, è stato lo scoglio più grande inizialmente… Una volta superata l’audizione, ho firmato un contratto per questo ruolo. Per me è stato come realizzare un sogno, dopo anni che mi preparavo guadando i video della compagnia durante gli anni di scuola, in particolare il ‘Lago dei Cigni’ con Makarova e Dowell… E proprio per questo, il primo spettacolo è stato molto faticoso, perché carico di tante responsabilità». 

In tutti questi anni, hai praticamente interpretato tutti i ruoli. Qual è il tuo preferito?

«Sì, sono stato molto fortunato… Ma in realtà non ho ruoli preferiti in assoluto, cambio a seconda dell’ispirazione. Posso dire che prediligo quelli dove posso raccontare una storia. In questo momento, mi sento di rispondere Des Grieux in “Manon” e Armand in “Marguerite et Armand”. Di recente mi sono molto divertito a danzare in “Yugen”, una nuova creazione del coreografo Wayne McGregor sulle note del compositore Leonard Bernstein». 

Tra le partner femminili ve n’è una speciale: tua moglie Hikaru Kobayashi…

«Sì. Non capita spesso, però, di ballare insieme in scena.  Ricordo con particolare emozione, qualche anno fa, la nostra prima volta all’Opera House, in la “Bella addormentata”. È stato molto speciale…». 

Quando hai iniziato a muovere i primi passi, avevi già il sogno  di diventare un grande danzatore?

«No, nei primi tempi, ho vissuto la danza come un gioco. Insieme a un mio caro amico, mi divertivo molto con il maestro Gianni Benazzo a Casale Monferrato. Questo è il primo ricordo che ho della danza… In un secondo momento, invece, a stimolarmi è stata l’idea di provare a raggiungere risultati sempre più ambiziosi, per vedere dove potevo arrivare alzando come si suol dire l’asticella delle difficoltà. Durante il periodo al Teatro Nuovo di Torino ho anche capito la complessità della danza, in quanto combinazione di movimento fisico e musica, di rigore e di ricerca».

Ed è in quel periodo che è stata la scintilla?

«Sì. Il passaggio in Accademia è stato certamente significativo perché è lì che il sogno ha iniziato a prendere forma. Ero un adolescente molto determinato: ogni giorno, mentre camminavo verso la scuola, mi ripetevo che ‘dovevo e potevo farcela’. La passione era scoppiata, anche se chiaramente non sapevo bene in cosa mi sarei imbarcato. Ricordo ancora la felicità dei saggi di fine anno: due giornate di assoluta magia!».

C’è un maestro, fra i tanti incontrati nel tuo percorso, a cui ti senti di rivolgere un ringraziamento speciale?

«In realtà, questa è una domanda molto difficile perché molteplici solo le persone rivelatesi importanti nella mia evoluzione scolastica e formativa. In ogni caso, non posso non citare la mia maestra cubana Maria Reynes che ho conosciuto grazie al rapporto di collaborazione esistente tra l’Accademia del Teatro Nuovo di Torino e i maestri della scuola cubana. È stata lei a prepararmi per il Prix de Lausanne che mi ha cambiato la vita».

Ma è vero che poi la borsa di studio del Prix de Lausanne in realtà non l’hai utilizzata?

«In un certo senso è stato così. Dovevo andare all’Opéra di Parigi ma c’è stato un disguido amministrativo che ha ritardato la mia partenza. Nel frattempo, proprio in quel periodo, ho ricevuto un paio di offerte lavorative da parte di compagnie che mi avevano notato proprio al concorso. Per cui ho accettato la proposta del Balletto di Zurigo e a  Parigi non sono mai andato. Quando si dice il destino… ». 

Alla luce della tua esperienza, ti sentiresti di consigliare ai giovani di oggi di fare concorsi di danza?

«Certo, sono un buon modo per migliorarsi e per confrontarsi, e quindi per imparare, con altri danzatori. Sempre però tenendo a mente che la danza non è un concorso». 

Quali sono i passi giusti per chi ha talento?

«Cercare le migliori condizioni per diventare il meglio di ciò che si può essere. Questo non significa necessariamente trasferirsi, ma spostarsi – se necessario – per andare alla ricerca di scuole e maestri diversi. Dando per scontato che ci sia una base di talento, bisogna impegnarsi e lavorare molto per migliorarsi. Conta molto guardare di continuo spettacoli, girare, essere curiosi e scegliere posti e persone in grado di porci delle sfide, per continuare a fare passi avanti…».

Come ti vedi fra dieci anni? Cosa ti piacerebbe fare?

«Difficile dirlo… Sono sicuro che non diventerò coreografo perché è una professione per cui bisogna essere portati. Non basta aver lavorato anni come ballerino, è tutta un’altra cosa… Di certo voglio continuare a crescere e imparare e mi piacerebbe restare nel mondo della danza. Appena il corpo non mi consentirà più di danzare ad alti livelli, farò un passo indietro e, da dietro le quinte, vorrei contribuire alla produzione della danza».

 

 

© Expression Dance Magazine - Agosto 2018

 

A Rimini Wellness si è tenuta la tavola rotonda IDA/ FIF / ASI per capire l'evoluzione del mondo sportivo

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Sabato 2 giugno 2018, durante Rimini Wellness, si è svolta la tavola rotonda giuridico fiscale organizzata da IDA / FIF / ASI. Sono intervenuti oltre al segretario nazionale ASI dott. Diego Maulu anche la dott.ssa commercialista Paola Bruni Zani e l’avvocato Biancamaria Stivanello. I temi affrontati sono di grande attualità e riguardano la validità dei diplomi, l’elenco delle discipline CONI e le nuove forme di associazioni sportive lucrative. Un momento centrale ed importante per capire l’evoluzione del mondo sportivo. Al fine di dare massima divulgazione e risonanza delle importanti tematiche trattate, IDA mette a disposizione gli atti della tavola rotonda:

 

CONSEGUENZE DELLE DELIBERE CONI PER ASSOCIAZIONI, SOCIETÀ SPORTIVE E ISTRUTTORI
Dott.ssa Commercialista Paola Bruni Zani

LE COLLABORAZIONI IN AMBITO SPORTIVO DILETTANTISTICO ALLA LUCE DELLE NOVITÀ 2018
Avv. Biancamaria Stivanello

FISCOSPORT: LE NUOVE CO.CO.CO. SPORTIVE E IL REGIME DEI REDDITI DIVERSI
Avv. Biancamaria Stivanello

IMPORTANZA DELL’ASSICURAZIONE RC ANCHE PER IL PT CHE OPERA AL DI FUORI DELLA STRUTTURA ASD.
L’IMPORTANZA DELL’AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE. ISCRIZIONE AL CONI:
FEDERAZIONI SPORTIVE NAZIONALI O ENTI DI PROMOZIONE SPORTIVA?
Dott. Diego Maria Maulu

I professionisti intervenuti si sono resi disponibili a rispondere a brevi domande sintetiche, sulle tematiche trattate, che saranno da fare pervenire all'International Dance Association via mail a danza@idadance.com 

 

 

 

 

La validità dei diplomi IDA

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Anche le scuole e gli insegnanti di danza sono stati coinvolti  dalle nuove normative CONI che è necessario seguire per poter insegnare all'interno delle associazioni. Con i diplomi IDA, in caso di verifica da parte degli organi competenti, si è sempre in regola.

 


Le certificazioni IDA sono valide a tutti gli effetti grazie all'accordo con l'ASI. La validità è garantita dalla doppia firma dei presidenti e dal tesserino tecnicoRequisiti fondamentali per essere in regola con le nuove normative.


 

I diplomi dell'IDA, emessi anche nel passato, sono sempre validi. Si tratta di adeguarli (richiedendo copia aggiornata) alla normativa che nel corso degli anni è diventata più specifica.  Da diverso tempo è stato stipulato un accordo nazionale fra IDA e ASI – Associazione Sportive Sociali Italiane (visibile sul sito dell’ASI nazionale sotto il profilo documenti). L’ASI è un ente di promozione sportiva legalmente riconosciuto dal CONI, i diplomi rilasciati da IDA sono EQUIPOLLENTI a quelli emessi direttamente dell’ente di promozione ASI, e quindi identici a quelli rilasciati da qualsiasi altro Ente di Promozione sportiva del CONI. Anche per il settore danza affinché i diplomi siano validi devono essere emessi o riconosciuti direttamente da una federazione del CONI (FSN) o da un ente di formazione sportiva riconosciuto dal Coni (EPS)

Ribadiamo, come purtroppo accade, che non è quindi sufficiente che i diplomi siano emessi  da associazioni e società sportive (ASD o SSD) che, seppur affiliate a questi enti, non abbiano con essi accordi di validità nazionale. 

Sono diversi i fattori che sottolineano la validità dei diplomi IDA/ASI, questi a partire dalla presenza della duplice firma sull’attestato: quella del presidente IDA e quella del presidente ASI. Altro punto importante che da un valore aggiunto è il rilascio del tesserino tecnico che identifichi le proprie qualifiche. Questo ne certifica sia il tesseramento per l’anno in corso (con relativa assicurazione professionale) e contemporaneamente il necessario corso periodico di aggiornamento. 

Nel caso di IDA sarà la associazione stessa a pagare il tesserino tecnico, che ha durata biennale, a tutti coloro che si affiliano come Soci Insegnanti IDA (tesserino tecnico e affiliazione devono, dunque, andare di pari passo). Come detto, anche i diplomi rilasciati da IDA negli anni scorsi rimangono perfettamente validi, quello che il tecnico deve fare, oltre ad associarsi a IDA per l’anno in corso, è richiedere l’eventuale aggiornamento del suo diploma con la dicitura “Danza Sportiva“ come previsto dalla normativa sulle discipline riconosciute CONI. Il nominativo entro massimo 10-15 giorni lavorativi apparirà on-line all’interno dell’Albo tecnico ASI/CONI oltre che nell’Albo Insegnanti IDA. il tesserato riceverà una e-mail in automatico in cui si attesta l’avvenuto tesseramento. Ogni passaggio è fatto dunque nella massima trasparenza e chiarezza.  Anche il tesserino tecnico riporterà l’identificazione della qualifica di “Danza sportiva”, definizione che rientra nell’elenco delle attività previste dal Coni e quindi eseguibili all’interno delle ASD. Come già detto, nei due anni di validità del tesserino tecnico, è necessario partecipare a corsi, stage o seminari di aggiornamento, perché – in base alla legge 4/2013 sulle professioni non organizzate – è previsto che i tecnici debbano effettuare aggiornamenti periodici. In caso di accertamento degli organi competenti, questi due punti – doppia firma e tesserino tecnico – risultano fondamentali ai fini della regolarità dei diplomi. 

Da annotare, infine, che ASI ha aderito al protocollo SNaQ (Sistema Nazionale delle Qualifiche dei Tecnici Sportivi) e anche tale sistema prevede l’obbligo dell’aggiornamento periodico.  Ogni diploma IDA è munito di un codice identificativo progressivo. Esiste dunque la massima certezza circa la validità dei diplomi IDA, ribadita dalle circolari ASI/CONI visibili sul sito IDA e richiedibili in segreteria.

 

Per maggiori informazioni consulta Tesserino Tecnico e Normative >

 

 

 

 

Rubrica - Le Scuole Affiliate IDA

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La danza come formazione e mezzo e per migliorarsi

 

ARETÈ - Roma

Direzione artistica: Morena De Angelis

È specializzata nell’insegnamento del classico, del moderno e del contemporaneo, la scuola Aretè aperta nel 2010. «Sono nata e cresciuta a Londra – racconta Morena De Angelis, titolare e direttrice artistica –, ma a una certa età sono stata sradicata dall’Inghilterra per approdare in Italia, che per me era sempre stato solo il Paese delle vacanze. Ho portato con me la passione per la danza e molti dei principi della dance educational che ormai mi appartenevano». Per Morena, la danza è un prezioso linguaggio non verbale che non sere solo per trasmettere nozioni o tecniche fini a se stesse, ma anche emozioni e significati nell’ambito di un pensiero coreografico. «La danza è una lente e un filtro attraverso cui vedo il mondo – aggiunge –. Non solo serve per formare ma anche per renderci migliori. Non a caso, come nome della scuola, ho scelto il termine greco ‘arete’ che significa ‘virtuosismo’ nel senso di tirar fuori il potenziale di ognuno». In linea con la dance educational, che riguarda anche lo sviluppo del pensiero critico, una parte della lezione è dedicata all’osservazione degli altri, per imparare a valutare, a esprimere consigli per favorire il miglioramento. Non mancano anche nozioni di storia della danza per capire le origini degli stili che si studiano. La scuola Aretè fa parte della Royal Academy con obiettivi specifici da raggiungere in tre trimestri. A fine anno, c’è la tradizione del saggio incentrato su una storia – quest’anno su “Artù” – per far sentire ogni allievo parte di qualcosa di più grande, per essere tutti più uniti e collaborativi.

 


 

 

DANCE STUDIO - Nocera Inferiore (Salerno)

Direzione artistica: Luc Bouy e Gaetano Petrosino

Nata nel 1994, la scuola di danza Dance Studio ha già festeggiato il primo ventennale. Ieri come oggi, immutati sono gli obiettivi della scuola diretta da Daniela Buscetto: avviare e seguire i danzatori nella formazione professionale. Tanti sono i giovani di talento che, in questi anni, sono scresciuti all’interno della scuola e sono diventati danzatori professionisti impegnati in compagnie internazionali. Dance Studio propone corsi di danza classica, moderna, contemporanea e hip hop, che rappresentano il ‘nucleo’ forte dell’attività ma non mancano anche lezioni di salsa, flamenco, Pilates e ginnastica. Durante l’anno, gli allievi della scuola – con direzione artistica dei maestri Luc Bouy (coreografo) e Gaetano Petrosino, attuale Coordinatore del Corpo di ballo dell’Arena di Verona – hanno la possibilità di studiare per un breve periodi in prestigiose accademie estere con cui esiste un rapporto di collaborazione, quali l’Accademia Vaganova di Budapest e la Scuola di Ballo di Ostrava in Repubblica Ceca. Così come di perfezionarsi all’interno della scuola con professori della Scala di Milano o dell’Opera di Roma. Ospite prestigiosa della scuola è stata spesso Carla Fracci, sia per gli esami sia per le prove di alcuni spettacoli. Anche se in questi anni il mondo della danza è molto cambiato, Dance Studio continua a proporre valori intramontabili come la serietà, la professionalità, il rigore e l’impegno, come basi imprescindibili di un bel percorso nella danza.

 

 


 

 

DSHINE - Comun Nuovo (Bergamo)

Direzione artistica: Stefania Cordoni

La scuola di danza Dshine era una piccola realtà di paese, ereditata cinque anni fa da Stefania Cordoni che ne è la direttrice artistica. «La mia passione per la danza nasce già a cinque anni – racconta –. Ho sempre sognato di diventare una ballerina e il mio percorso si è sviluppato in modo molto naturale. Mi sono avvicinata presto anche all’insegnamento, facendo da assistente nella scuola in cui sono cresciuta. Mi sono diplomata insegnante di modern jazz con l’IDA nel 2009 e, per molti anni, ho tenuto lezioni in diversi paesi del Bergamasco, cosa che continuo a fare tuttora a nome della mia scuola Dshine». Stefania si occupa personalmente dei corsi di sbarra a terra e modern, e si avvale della collaborazione di altri docenti per le lezioni di classico, hip hop, contemporary modern. Promuove anche un originale corso di preparazione fisica, tenuto da un istruttore laureato in Scienze Motorie, per orientare i ragazzi e per educarli al movimento evitando infortuni fisici. «L’interesse per la danza è molto alto – aggiunge –, anche grazie al ‘bombardamento’ delle trasmissioni televisive. Ma tanti giovani arrivano solo per provare, come si fa con gli altri sport, forse convinti che in poco tempo si possa ottenere molto. Non funziona così con la danza, dove occorrono sacrifici per avere dei risultati. Gli allievi più dotati studiano con me da anni, e cerco sempre di coinvolgerli nelle varie iniziative cittadine, per provare l’esperienza di esibirsi davanti a un pubblico. Partecipiamo regolarmente a “Bergamo Danza Estate” e a tanti concorsi in giro per l’Italia».

 


 

 

GARDA DANCE CENTER - Toscolano Maderno (Brescia)

Direzione artistica: Roberta Campagnari

Il Garda Dance Center nasce nel 1997, sotto l’egida dell’allora Amministrazione comunale di Gargnano che aspirava a un progetto finalizzato alla formazione dei giovani nell’arte coreutica. Nel 2000 diventa asd e si trasferisce a Toscolano Maderno. La direttrice artistica è Roberta Campagnari, con alle spalle una solida esperienza come danzatrice, docente e coreografa con laurea specialistica all’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Il centro si avvale di due sale attrezzate per ogni tipo di danza, con pavimento in legno appositamente rialzato da terra, specchi, spogliatoi, servizi e docce, trasformabile in teatro studio per le rappresentazioni. Le attività riservate ai soci sono suddivise secondo fasce d’ età, in linea con lo sviluppo psicofisico dei giovani che possono scegliere tra: propedeutica, danza educativa, classico, carattere, repertorio classico, modern jazz ballet, contemporaneo. La scuola propone lezioni individuali e di perfezionamento, oltre a mettere a disposizione i propri spazi per discipline affini. Al riguardo, l’incontro con il Body Flying – metodo ideato da Antonella Faleschini – avvenuto tramite il corso di Acrobimbo proposto da Sara Tisselli e Rita Valbonesi, ha aperto altre prospettive, permettendo di elaborare lezioni e performance che combinano rigore ed eleganza del mondo della danza e del balletto, con bellezza e controllo del lavoro in sospensione aerea. Ogni anno si svolgono tre importanti appuntamenti annuali: “Natale in punta di piedi”, una sorta di vetrina sull’aspetto didattico, “Danzare una fiaba”, identificabile con il saggio-spettacolo di fine anno accademico e “Garda Dance Center Summer School”, lezioni in collaborazione con artisti ospiti e performance finale. La scuola, negli anni, ha mantenuto l’obiettivo di partenza, cioè quello della formazione, con il balletto classico come elemento imprescindibile e nel tempo ha puntato anche sull’idea di una produzione artistica direttamente connessa al territorio.

 


NEWS - L’ARTEMISIA DANZA DI CERVIA COLLABORA CON LA CORELLI SULLO “SCHIACCIANOCI”

 

Il 24 febbraio 2018 il Teatro Comunale di Cervia ha visto esibirsi gli allievi della scuola Artemisia Danza, invitati a danzare dalla prestigiosa associazione musicale ravennate La Corelli: i maestri di Artemisia hanno adattato le celebri coreografie di uno dei balletti più magici del repertorio, “Lo Schiaccianoci” di Tchaikovsky, per la Suite dell'opera in programma all'interno dei “Moments Musicaux”. La felice collaborazione ha dato vita a uno spettacolo suggestivo e curato nei minimi particolari, dalla voce narrante che ha condotto il pubblico nel misterioso mondo dello scrittore Hoffmann ai costumi e ai dettagli scenici. Prima esperienza de La Corelli nel mondo del balletto e prima esperienza degli allievi con musicisti professionisti coi quali i giovani danzatori hanno collaborato con serietà e grande sensibilità artistica, lo spettacolo ha registrato il tutto esaurito, motivo per cui, insieme al piacere di questa collaborazione, da settembre la Suite tornerà sui palcoscenici romagnoli. Artemisia Danza è nota per la qualità del lavoro dei professionisti che la compongono: diretta da sempre da Cristina Chiarello, diplomata ISTD, la scuola ha una consolidata esperienza nella danza classica - con corsi per ogni età dal Danza Gioco fino al corso avanzato - e, dal 2009, grazie a Irene Rossi, diplomata IDA, anche nella danza modern e hip hop. La scuola, impegnata in esami, concorsi ed esibizioni, propone il saggio di fine anno il 29 e 30 maggio al Teatro Comunale di Cervia.

 

 

 

 

 

 

 

Le tendinopatie del ginocchio

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Nella danza classica, sono due le problematiche importanti che predispongono a lesioni a carico dei menischi, dei legamenti e/o dei tendini: lo screwing del ginocchio e il rolling in della caviglia.

a cura di Omar De Bartolomeo, specialista in Ortopedia e Traumatologia e della dott.ssa Alessandra Albisetti

 

Il ginocchio può andare incontro a svariati infortuni in chi pratica attività sportiva o artistica come la danza, la ginnastica ritmica e artistica, il pattinaggio. Le cause degli infortuni sono molteplici. Per iniziare potremmo distinguerle in estrinseche (pavimento, illuminazione, scarpa, ostacoli, tipo di coreografia) e intrinseche (forma delle superfici articolari, assi meccanici, tipo di appoggio del piede, differenza di lunghezza degli arti inferiori, tecnica errata, etc.).

Prima di entrare più nel dettaglio, è bene ricordare alcuni concetti di anatomia. Il ginocchio è una articolazione relativamente semplice, costituita da tre capi articolari: il piatto tibiale, i condili femorali e la rotula. Tra i condili femorali e i piatti tibiali sono frapposti i menischi. Essi hanno forma semilunare se visti dall’alto, quello interno a forma di C, quello esterno poco più voluminoso e quindi a forma di O. Mnemonicamente potremmo usare l’acronimo “CIOE”: C Interno, O Esterno. I menischi, in numero di due per ginocchio (mediale o interno, laterale o esterno) hanno molteplici funzioni: 

1) aumentare la congruenza articolare tra condilo femorale e tibia; 

2) aumentare la superficie di scarico delle forze,

3) ammortizzare le forze; 

4) stabilizzare il ginocchio; 

5) nutrire la cartilagine articolare. 

Tra i condili femorali e la tibia sono tesi i due legamenti crociati (anteriore e posteriore). All’interno del ginocchio, in posizione centrale e atti a garantire la stabilità del ginocchio stesso, si trovano i legamenti crociati (LCA anteriore e LCP posteriore). 

Sempre a garantire la stabilità, tesi tra femore e tibia medialmente e lateralmente, ci sono i legamenti collaterali. 

Il ginocchio ha un importate struttura muscolo-tendinea che permette l’unico movimento fisiologico del ginocchio: la flesso-estensione. 

medicina danza1I muscoli sono: il quadricipite (così chiamato perché formato da quattro ventri muscolari che si uniscono in un unico tendine), il bicipite femorale (muscolo flessore posto lateralmente nella coscia), il complesso semimembranoso-semitendinoso (posto medialmente), i muscoli della zampa d’oca (sartorio-gracile-semitendinoso), la bandeletta ileotibiale (nata dall’unione tra muscolo tensore fascia lata e grande gluteo) (immagine 1).

Nella danza classica, possiamo riconoscere due problematiche importanti che predispongono a lesioni a carico dei menischi, dei legamenti e/o dei tendini: lo screwing del ginocchio e il rolling in della caviglia (immagine 2). L’uno e l’altro possono coesistere (spesso) o uno può essere predominante rispetto all’altro. Lo screwing consiste nella forzata rotazione della tibia rispetto al femore praticata da quei ballerini con scarso en dehors o per errore per cercare di aumentare il proprio grado di rotazione esterna dei piedi. L’eccessiva torsione genera un sovraccarico del comparto interno del ginocchio e del piede, mancato allineamento meccanico tra tibia e femore, con ripercussioni anche a carico di bacino, cerniera lombosacrale e quindi aplomb di tutto il ballerino. Il rolling in invece è il mancato “sostegno” della volta interna del piede, con conseguente “stiramento” delle strutture capsulari, legamentose e tendinee della parte interna della caviglia, nonché conflitto di quelle esterne (immagine 3). 

Alcuni fattori anatomici possono aggravare questi errori tecnici: ginocchio valgo o varo, sindrome pronatoria dei piedi, intra o extratorsione tibiale, antiversione del collo femorale, ginocchio iperesteso (genu recurvatum).

In questo contesto, approfondiamo le sole patologie tendinee. In modo scolastico potremmo distinguerle in:

- Tendinopatia quadricipitale

- Tendinopatia rotulea

- Tendinopatia degli ischiocrurali

- Tendinopatia della zampa d’oca

 

Il tendine rotuleo e il tendine quadricipitale trasmettono la forza espressa dal quadricipite, attraverso la rotula (che funge da osso sesamoide incrementando il braccio di leva del quadricipite stesso) , alla tibia. Più frequentemente è interessato il tendine rotuleo che può soffrire a livello della sua inserzione alla rotula (identificando patologie chiamate “apicite rotulea”, tendinopatia inserzionale, sindrome di Sinding-Larsen-Johansson), oppure a livello della sua porzione intermedia o distalmente a livello della sua inserzione sulla tibia (apofisite rotulea, complicanza di Osgood-Schlatter) (immagini 4 e 5). 

Fattori predisponenti la tendinopatia rotulea: salti, pavimento duro/poco elastico, eccessivo rinforzo del muscolo quadricipitale, eccessivo studio dei salti, ginocchio recurvato. 

La tendinopatia e la borsite della zampa d’oca è un processo infiammatorio che colpisce la borsa ovvero i tendini che costituiscono la così detta “zampa d’oca”. Il nome deriva dalla particolare forma che i tre tendini hanno a livello della loro inserzione sulla tibia. I tre tendini sono dei muscoli gracile, sartorio e semitendinoso. Questa tendinopatia è spesso annoverata nelle patologie da overuse/overlavoro. Fattori predisponenti sono il ginocchio valgo e la sindrome pronatoria dei piedi (piede piatto). Possono facilitare e spesso cronicizzare il disturbo alcuni comuni errori tecnici quali lo screwing del ginocchio associato o meno al rolling in del piede. Pavimenti poco elastici e coreografie ricche di salti, possono influire negativamente.

Nella tendinopatia degli ischiocrurali, sono i muscoli flessori della coscia – nello specifico, all’interno della coscia - semimembranoso e semitendinoso e (lateralmente) il bicipite femorale. Più facilmente questi muscoli soffrono a livello della loro porzione muscolare e inserzionale al bacino. Raramente però possono infiammarsi a livello della loro inserzione distale al ginocchio. Questo succede soprattutto nelle ballerine che forzano il genu recurvato elongando eccessivamente la forma “a sciabola” della gamba.

Da un punto di vista terapeutico, le tendinopatie hanno trattamento specifico: riposo, crioterapia, uso di antinfiammatori topici, orali ovvero applicare energie fisiche (laser, ultrasuoni, TECAR, onde d’urto). Molto importante però è valutare due fattori: 

1) preparazione atletica/artistica 

2) correggere errori tecnici/propriocezione.

 

 

 

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I CONSIGLI DEL FISIOTERAPISTA

 

a cura di Sara Benedetti, Eva Fasolo, Romeo Cuturi

 - La ricerca estrema di mobilità del ginocchio da parte del ballerino porta spesso, come principale conseguenza, un eccessivo carico di lavoro per le strutture legamentose e tendinee.

- Il ballerino che tenta di guadagnare un migliore en dehors sfruttando la rotazione esterna della tibia sul femore (screwing) è maggiormente predisposto all'insorgenza di tendiniti.

- Oltre alla rotazione esterna, il ginocchio può venir forzato in estensione con l'intento di raggiungere la desiderata linea estetica a "sciabola". Anche questo sarebbe da evitare.

- Capita inoltre di osservare uno scorretto allineamento del ginocchio rispetto al piede durante i movimenti di flesso-estensione del ginocchio: in particolare nei plié, nella fase preparatoria al salto e nell'atterraggio. Il mancato allineamento ha come conseguenza un eccessivo stress a carico dei tendini presenti a livello della zampa d'oca.

- L'eccessiva rotazione esterna della tibia sul femore, la forzatura in estensione del ginocchio e il mancato allineamento sono dunque le principali cause meccaniche che portano all'instabilità e di conseguenza alla sofferenza di legamenti e tendini.

- L’approccio fisioterapico deve esser volto a migliorare il dolore e a rieducare il gesto tecnico.

- La rieducazione avviene prevalentemente rinforzando i muscoli rotatori esterni delle anche e riequilibrando i muscoli che stabilizzano l'articolazione del ginocchio (estensori/flessori/abduttori/adduttori). Nel caso particolare di sofferenza dei tendini della zampa d'oca si può osservare una ipostenia del vasto mediale che, dunque, dovrà essere rinforzato correttamente.

- Gli esercizi terapeutici, generalmente, si impostano con progressione di difficoltà tramite pedane instabili grazie alle quali il ballerino migliora la propria capacità propriocettiva (fondamentale per la stabilizzazione del ginocchio).

- Nella fase finale della rieducazione il ballerino si focalizza sulla correzione degli errori tecnici che hanno portato all'instabilità.

 

Schematicamente, possiamo descrivere quanto è possibile fare:

- Tre modalità di taping per la tendinopatia della zampa d’oca, della tendinite rotulea e per la loggia posteriore del ginocchio

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- Esercizi per correggere l’allineamento di anca-ginocchio-piede su piatti rotanti e mediante fit-ball

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- Correzione dell’appiombo sull’arto inferiore su bosu.

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Mediante questi esercizi, svolti in modo guidato e successivamente in modo autonomo, si possono ottenere notevoli benefici. Si consiglia inoltre di utilizzare questi esercizi anche come riscaldamento pre-lezione ovvero come preparazione tecnica personale.

 

 

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Luca Giaccio, il ballerino con la valigia sempre pronta

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Il giro del mondo di Luca Giaccio è cominciato molto presto, con tappe e personaggi incredibili a cornice di un sogno diventato presto realtà. Scriviamo di un ballerino napoletano, diplomato alla Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo, ma con il destino segnato a braccetto con i grandi della danza. Basterebbe citare Anna Razzi, Carla Fracci, Alicia Alonso, e Yuri Grigorovich su tutti! Ma proviamo ad andare con ordine, anche perché sarà lo stesso loquacissimo Luca a raccontare l'andirivieni al di qua ed al di là dell'Atlantico con una valigia sempre piena di sogni e progetti. 

 

Cominciamo da Anna Razzi, Alberto Testa e Carla Fracci: sono loro i tuoi primi tre punti di riferimento? 

«La Fracci è stata la mia prima direttrice, la prima che ha creduto in me da professionista al Teatro dell'Opera di Roma, poco dopo essere stato lanciato dalla Razzi al Teatro di San Carlo e da Alberto Testa con il Premio Positano. E poi ho potuto ballare con la Fracci stessa un pas de deux inedito di Tony Candeloro in “Artemisia Gentileschi” realizzando un immenso desiderio che coltivavo sin da bambino».

E dopo il debutto italiano, ecco il primo biglietto aereo al di là delle Alpi. Com'è andata?

«Sono stato in rapida successione nelle compagini spagnole di Angel Corella e Victor Ullate, vivendo da giovane protagonista esperienze artistiche e umane davvero entusiasmanti. Ho arricchito il mio bagaglio facendomi apprezzare molto dal critico di “El Pais” Roger Salas e con il successivo viaggio verso L'Avana, forse il viaggio più incredibile che potessi fare!».

A L'Avana l'incontro con Alicia Alonso ha schiuso definitivamente le porte del successo internazionale di Luca Giaccio, un ex allievo entrato nel tempio della danza cubana dalla porta principale, al fianco dell'immensa Alicia Alonso. Sua nuova stella in una carriera in crescendo di onorificenze, successi e interpretazioni. Su tutte quella della “Morte di Narciso”. Per poi restare nella compagnia del Ballet Nacional interpretando finanche Sigfried e Albrecht, vessilli della tradizione isolana.

Quali ricordi porti ancora con te dell'esperienza di Cuba? 

«Sono stati mesi bellissimi, con esperienze in scena e per le strade irripetibili perché lì la gente vive davvero per la danza e il balletto. C’è grande rispetto e cultura di danza, infatti tutto il popolo conosce la carriera di ogni danzatore della compagnia. Ed è bellissimo che ancora oggi la figlia di Alicia Alonso, Laura, mi inviti a ballare con loro. È un ricordo che porterò sempre con me».

Con il suo ritorno in Europa, ovvero con i piedi per terra, Luca ha potuto apportare altra linfa preziosa alla sua personale valigia, lavorando con Renato Zanella, Yuri Grigorovich e Mikhail Messerer saltando a piè pari tra Verona, Monaco di Baviera e San Pietroburgo. Con la magica tappa di Lussemburgo. 

Non hai mai voluto metter su casa per più di qualche anno?

«Pare proprio di no, infatti anche ora mi divido tra Germania e Italia con le due compagnie dell'Opera di Monaco di Baviera, diretta da Igor Zelensky, e del BalletXtreme Zurigo diretto da Myrna Kamara. E Igor Grigorovich mi ha scelto per il suo “Spartacus” proprio a Monaco, interpretando uno dei balletti più interessanti che io abbia danzato negli ultimi anni. La coreografia è molto impegnativa e questo aspetto mi diverte ancor più. L’incontro con il maestro Grigorovich è risultato fonte di ispirazione e bellezza e, per fortuna, lui si è dichiarato soddisfatto di me».

E peregrinando, lo statuario Luca si è ormai accinto a scrutare il proprio futuro al di qua delle Alpi, magari coltivando la sua ultima passione balanchiniana e strizzando più d'una volta l'occhio al futuro dietro le quinte. 

Come ti immagini il tuo futuro? 

«Ho sempre saputo, fin da quando ero piccolo, che avrei danzato nei più grandi teatri del mondo e che avrei fatto il coreografo. Le mie prime muse sono state le bellissime cugine che praticavano ginnastica artistica nella palestra di mia madre Maria. Oggi sono freelance e do lezioni di postura e sbarra a ginnaste professioniste, tra cui la campionessa italo-brasiliana di ginnastica aerobica Luiza Conte. Adoro così tanto lavorare con i bambini che due anni fa mi hanno chiesto di essere il coreografo per il programma televisivo “Prodigi. La musica è vita” andato in onda su Rai Uno in collaborazione con l’Unicef. Tuttavia porto nel mio cuore gli spettacoli con Svetlana Zakharova in Lussemburgo dove Myrna Kamara  mi ha chiesto di accompagnarla. Tre mesi prima degli spettacoli in Lussemburgo abbiamo lavorato intensamente con Nanette Glushak, responsabile del “The George Balanchine Trust", e con lei ho avuto la fortuna di interpretare due titoli storici quali "Who Cares" e "Agon", lanciandomi definitivamente nel repertorio di Balanchine e di tutto il mondo neoclassico ancora da scoprire».

 

 

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Greta Zuccarello, vivere a New York tra danza e moda

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Una vita da favola, da Treviso a New York, dove è diventata principal dancer della Peridance Contemporary Dance Company e protagonista di spot per famosi marchi.

Per la giovane ballerina Greta Zuccarello, la vita è cambiata grazie al cosiddetto 'sogno americano' che è diventato realtà. Dopo aver scoperto la passione per la danza nella sua Treviso, non ancora maggiorenne viene notata da talent scout americani ed è proprio oltreoceano che inizia la sua carriera professionale, fino a diventare principal dancer della Peridance Contemporay Dance Company, costellata anche di sorprendenti incursioni nel mondo della moda. Victoria's Secret l’ha scelta nel 2016 tra più di 500 candidate – e come unica ballerina – per girare i video della linea sportiva “Pink”. Un'opportunità dietro l'altra… Di lì a poco è diventata anche la protagonista degli spot per le Pryma, cuffie della Sonus Faber, azienda italiana che opera nel settore audio di lusso, del gruppo vicentino Fine Sounds, che possiede anche lo storico marchio di amplificatori McIntosh, prodotti a New York. Ecco, come la giovane ventenne sta vivendo questo momento di gloria nella Grande Mela.

Come e quando nasce la tua passione per la danza? 

«Dal primo giorno in cui ho messo piede nella scuola di danza della mia città, Treviso. Sin da bambina mi è sempre piaciuto muovermi, così ho iniziato con la ginnastica a livello agonistico dai 5 ai 10 anni. Però, quando mi sono avvicinata alla danza, non ho più smesso. Partecipando ai concorsi, ho vinto una borsa di studio per uno stage estivo all'Opus Ballet di Firenze dove sono poi rimasta dai 14 ai 17 anni per completare la mia formazione di classico e contemporaneo. Durante l'ultimo anno, nel 2014, sono stata notata da Patrick Armand dalla San Francisco Ballet School che mi ha preso per la Summer Intensive. Nello stesso anno ho passato l'audizione per la Peridance Capezio Center e di seguito ho avuto la fortuna di essere presa in compagnia. E ora, a 21 anni, sono alla mia terza stagione con Pcdc – Peridance Contemporary Dance Company, come principal dancer».

Hai sempre avuto la passione per gli Stati Uniti?

«Sì, mi affascinavano molto. Ho sempre avuto tanta voglia di fare nuove esperienze, di conoscere persone provenienti da tutto il mondo e di imparare bene l'inglese. Diversamente dall'Italia, qui la danza 'funziona' ed è considerata un lavoro. Ci sono molte più opportunità e certamente il bagaglio di esperienze e di emozioni che sto provando, vivendo a New York, me le porterò nel cuore per tutta la vita. Che peccato non avere le stesse possibilità nel nostro Bel Paese così ricco di arte e cultura, che potrebbe essere la casa perfetta per la danza».

Come ti trovi alla Peridance Contemporary Dance Company?

«Molto bene, perché mi sta facendo crescere molto. I ballerini della compagnia sono la mia famiglia newyorchese. Ovviamente, come in tutti i gruppi di amici stretti, si litiga e ci si confronta ma sempre con rispetto. Cerchiamo di supportarci a vicenda e di lasciare i problemi di ogni giorno fuori dalle sale di danza. Trovo molto interessante poi il bel rapporto di scambio e apertura tra ballerini e coreografi, che è indispensabile per lavorare al meglio. Da quando sono entrata in compagnia, ho preso parte a tutti gli spettacoli della compagnia, fra cui il famoso 'Season' tra le mura del Salvatore Capezio Theater. L'ultimo è stato pochi giorni fa a Houston, in Texas. Ora siamo di nuovo a New York per la nostra Spring Session. In questi anni, abbiamo ballato in giro per gli States, ma anche in Israele, Corea e nella mia amata Italia».

Com'è New York vista con gli occhi di un'italiana?

«Una città fantastica con dei ritmi difficili, che apre la mente, perché si conoscono ogni giorno persone provenienti da tutte le parti del mondo, con culture diverse. Ognuno va per la sua strada, libero di fare ciò che vuole e di inseguire i propri sogni. I ballerini italiani sono molto apprezzati, grazie anche alle maggiori opportunità. Negli States ci sono non solo grandi compagnie, ma anche tanti 'project' soprattutto nella danza contemporanea, ossia gruppi di ballerini che si riuniscono per un certo spettacolo, lavorando insieme anche solo per qualche mese».

Un’altra sorpresa è arrivata dal casting per Victoria’s Secret dove sei stata scelta come testimonial per la linea sportiva. Come sei riuscita a farti notare? Che tipo di esperienza è stata?

«Tramite uno dei miei direttori della compagnia, ho ricevuto la chiamata per un casting per VS Pink Active. Mi sono presentata e dopo qualche giorno, mi hanno chiamato dicendomi di essere stata scelta . Non me l'aspettavo proprio!  Così ho fatto il primo shooting per VS Pink Active al Brooklyn College e, qualche mese dopo, sono stata scelta anche per lo spot VS Pink Spring Break girato alle Bahamas. Trasformarmi in ballerina-modella mi ha molto emozionato. Come sintetizzerei il tutto? Coreografie e natura con addosso i capi sportivi del brand che amo di più in assoluto!».

Sei anche stata scelta come ballerina nel video promozionale delle Headphones di Pryma Sonus Faber…

«Sì, un'altra opportunità lavorativa incredibile. In quell'occasione mi sono divertita tanto, perché conoscevo il team di persone con cui lavoravo e la location in cui abbiamo girato il video [WOM Townhouse della McIntosh, ndr], è una delle più belle di New York a mio avviso. Ho colto al volo le opportunità capitate grazie alla mia professione, e mi sono trovata a mio agio nel fare photoshoot, però ballare resta la mia priorità assoluta. Almeno per il momento, poi chissà cosa mi riserverà il futuro...».

Qual è il tuo sogno? Diventare principal dancer in altre compagnie newyorchesi o ti piacerebbe rientrare in Italia?

«Vorrei girare più teatri possibili e avere una brillante carriera. Nelle compagnie contemporanee non esiste un ruolo da 'principal dancer' come in quelle di danza classica. Ovviamente, ci sono ballerini che in compagnia ballano di più, ma siamo tutti allo stesso livello. Per ora sto bene alla Peridance Contemporary Dance Company, cercando di programmare il mio futuro nel modo migliore. Non ho una destinazione privilegiata, mi piacerebbe tanto viaggiare e fare esperienze diverse. Se mi si presentasse una buona opportunità in Italia, le porte sono sempre aperte… è sempre casa mia...».

Quali sono le difficoltà maggiori del lavoro di ballerino professionista? Cosa consiglieresti ai tanti giovani come te con gli stessi obiettivi?

«Fare il ballerino è molto faticoso in molti ambiti. Fisicamente è dura e anche mentalmente. Si è costantemente sotto sforzo, come se ogni volta si dovesse affrontare una sfida, soprattutto quando si ballano pezzi di diversi stili uno dietro l'altro. Bisogna avere uno stile di vita molto equilibrato, dormire bene e alimentarsi bene. Prendersi cura del proprio corpo è un 'must', perché ballare professionalmente non è per niente semplice. Spesso si lavora mesi e mesi senza giorni di riposo e sono ritmi difficili da mantenere. Un consiglio che posso dare ai giovani danzatori è di credere nei proprio sogni, lavorare duro e seguire quello che dice il cuore. Arrivare al top è dura, molto dura: bisogna esserci con la testa, altrimenti non si arriva da nessuna parte!». 

Qual è la tua giornata tipo? Cosa ami fare oltre alla danza?

«Mi sveglio la mattina alle 8.30, faccio colazione e porto fuori il mio cagnolino. Alle 10 inizio a ballare: lezione di danza classica fino alle 11.30 e poi dalle 11.30 alle 18 -19 si svolgono le prove senza pause. Si torna a casa alla sera stanchi e doloranti ma tanto soddisfatti e felici di chiamare 'lavoro' ciò che si ama tanto fare. Questa è la mia settimana tipo dal lunedì al venerdì. Il sabato invece dipende dai periodi, se abbiamo spettacolo o meno, però in genere le ore di prova sono di meno. La domenica si fa festa se non dobbiamo partire per qualche tour o non abbiamo prove extra per l'avvicinarsi di date di spettacoli importanti. Nel poco tempo libero, mi piace uscire con amici e godermi New York». 

In ultimo, cosa rappresenta la danza per te?

«È espressione di vita. Ognuno ha il proprio modo di esprimersi, chi con parole e chi attraverso il movimento. L'emozione che si prova sopra un palcoscenico in teatro, è certamente indescrivibile!». 

 

 

 

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Hiplet, l'hip hop si balla sulle punte

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Quando l’hip hop incontra il balletto, nasce l’hiplet. Una danza rivoluzionaria che unisce magicamente due stili in apparenza agli antipodi. A ritmo di musica, i passi molleggiati si fanno sulle punte. Una fusione, una contaminazione, da cui nasce subito un’arte che sta spopolando in tutto il mondo. L’hiplet è stato inventato nel 2009, ma ha ottenuto riconoscimento come forma autonoma di danza solo di recente. L’inventore del genere, Homer Hans Bryant, desiderava creare qualcosa che rompesse gli stereotipi secondo cui una ‘ballerina’ nera è sempre una ballerina di street dance, e viceversa.  Grande risalto ha avuto grazie al video pubblicato dal maestro Bryant su Instagram, dove mostra le giovani ballerine del Centro di danza multiculturale di Chicago – tutte tra i 12 e i 16 anni – alle prese con questo nuovo genere. Via toutou e musica classica, le Hiplet Ballerinas hanno scelto hip hop e leggins per una coreografia sulla note di Jason Derulo. Ripreso dalla pagina Facebook brasiliana So Bailarinos, il video ha totalizzato milioni di visualizzazioni in breve tempo. Questo ballo ha fatto così scalpore che le ballerine si sono poi esibite nel famoso talk show mattutino “Good Morning America”. Così l’hiplet è ormai un fenomeno che sta prendendo piede sempre più velocemente, e che non sembra trovare limiti di nazionalità, origine o gusto. L’hiplet costringe i ballerini sulle punte, ma al passo di una musica decisamente più ‘cattiva’ ed esuberante. La preparazione atletica è fondamentale, perché tenersi sulle punte per buona parte della performance richiede un lungo allenamento classico, così come i movimenti di street dance esigono anch’essi una prestanza fisica notevole. Mescolando la grazie del balletto classico con la grinta e la fisicità dell’hip hop, l’hiplet è un ibrido anticonvenzionale che fonde antico e contemporaneo, tradizione e cultura urbana, stili e linguaggi distanti anni luce. L’hiplet, in un certo senso, ribalta le regole del gioco, colorandosi di nuove rivendicazioni sociali. Il balletto, tradizionalmente bianco, borghese ed europeo, viene preso e contaminato dalla street culture afroamericana. Rompere il sistema e il silenzio è sintomo di cambiamento, anche di canoni, perché per essere ballerine non è detto che si debba per forza essere bianche, filiformi ed esili. L’hiplet è un sintomo di una nuova era fatta di nuove esigenze espressive, che non seguono più i soliti copioni, dove il corpo ritrova un corpo da protagonista per esprimere contenuti, forza e una nuova immagine per rompere gli schemi e crearne di nuovi. 

 

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Naike Negretti apre le porte del BDC

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 Quali opportunità offre il Broadway Dance Center? Ce lo svela Naike Negretti, giurata all'edizione 2018 del Concorso Internazionale di Danza Expression (www.concorsoexpression.com) 

La sua danza riesce a ‘catturare’ e a far fuoriuscire forza ed energia nei suoi allievi. A lezione si distingue per l’atteggiamento positivo verso la danza e la vita in generale, curando l’individualità e l’espressività, oltre che il rispetto verso se stessi e gli altri. Lei è Naike Negretti, ballerina professionista e ora insegnante di danza di livello internazionale, nonché punto di riferimento per il Broadway Dance Center di New York, incarico che le consente di viaggiare molto. Non a caso, all’edizione 2018 del concorso internazionale di danza “Expression” dell’IDA a Firenze ha assegnato ad alcuni dei migliori partecipanti una borsa di studio che consentirà di frequentare gratuitamente dieci lezioni oltreoceano. A livello personale, Naike ha vissuto il sogno a stelle e strisce. Per circa dieci anni, ha vissuto negli States dove ha iniziato a lavorare come insegnante, ballerina e coreografa. Ha danzato nella compagnia “Dance 2xs” ed è stata solista per “Decadancethatre”, una delle compagnie femminili americane più importanti nel mondo dell’hip hop. Ha danzato anche nel film “Ti va di ballare?”, nel New York City Carnival e in alcuni video musicali in tv: su Bet e Mtv per Tiffanyy Evans, Tv on the Radio e F’N’Mtv Video Premiere, “Mi Realidad” di Miriam Cruz, famosa cantante dominicana. Come coreografa ha vinto diversi concorsi in America (“Star Systems Talent Competition”, “Dance Educators of America”, etc.), mentre come docente si distingue per la forte preparazione tecnica, dal classic al moderno all’hip hop. Riesce con facilità a mostrare e spiegare le tecniche di qualsiasi tipo di daze. Il suo stile, infatti, mescola la morbidezza del lyrical jazz alle dinamiche lineari del contemporaneo e ai movimenti energici dell’hip hop e del street jazz.

Naike, come nasce la tua collaborazione con il Broadway Dance Center di New York e di cosa ti occupi? 

«Dopo aver conseguito il diploma in Italia, mi sono trasferita a New York per iscrivermi al corso ISVP del Broadway Dance Center. Una volta finito, sono rimasta a lavorare nella Grande Mela come danzatrice, insegnante e coreografa. Il Broadway Dance Center – nello specifico, Bonnie Erickson la nostra direttrice di Dipartimento, Diane King la nostra presidente e Reese Snow direttore esecutivo – mi ha proposto di lavorare all’interno del dipartimento ISVP per prendermi cura degli studenti italiani, oltre a insegnare all’interno del grande centro. Quindi, la mia è la classica storia a lieto fine: ho cominciato come allieva e ho finito per insegnare e lavorare al Broadway. Un sogno diventato realtà. Qualche anno fa mi sono trasferita in Italia e oggi curo per loro le pubbliche relazioni in Italia e, a volte, in altri paesi europei. Mi capita spesso di tenere workshop e di far parte di giurie di eventi importanti, offrendo anche borse di studio ai talenti che vorrebbero studiare nel nostro centro».

Quali sono i punti di forza del Broadway Dance Center e cosa offre agli allievi stranieri? 

«Versatilità, visibilità e crescita a 360 gradi. Il BDC è l’unico centro che offre più di 350 lezioni settimanali di tutti gli stili di danza, includendo anche recitazione per ballerini e canto. Garantisce una formazione globale e dà la possibilità di esibirsi nei nostri spettacoli, di lavorare con i più grandi coreografi del mondo. Un bel bagaglio formativo che consente poi di immettersi nel mondo del lavoro e di arricchire il proprio curriculum con esibizioni per importanti show televisivi, musical e iniziative di vario genere. Molti rappresentanti delle più grandi compagnie e agenzie di spettacolo a livello internazionale vengono a cercare talenti e nuovi volti durante le lezioni che si svolgono al BDC. In più, la sua posizione è strategica: immersa nel cuore di New York City, a Times Square, nel distretto dei teatri Broadway».

Il Broadway Dance Center è un centro noto in tutto il mondo. Hai idea di quanti italiani lo frequentino ogni anno? Cosa ricercano maggiormente? Cosa ti chiedono maggiormente (dubbi, curiosità, etc.)? 

«Migliaia di italiani arrivano al BDC ogni anno in tutte le stagioni sia per seguire le lezioni aperte sia i nostri programmi per stranieri. Sono affascinati e vorrebbero tutti rimanere lì per sempre. Il loro sogno è di lavorare negli Stati Uniti e li comprendo, considerando che in Italia c’è poco lavoro per i danzatori e coreografi… Spesso, quando arrivano, la loro autostima è molto bassa, sono confusi e disorientati… Al BDC tutto funziona in maniera semplice e ben organizzata. Forse proprio perché, a volte, in Italia non siamo cosi tanto organizzati e precisi, i ragazzi si ‘confondono’, ma poi cambia tutto: l’entusiasmo vince, così come la voglia di fare e di sfondare e si ‘americanizzano’…».

Di cosa ti occupi direttamente e quali sono le opportunità del Broadway Dance Center? 

«Come detto, attualmente mi occupo soprattutto delle relazioni tra eventi italiani ed europei e il BDC. Ma curo anche il cosiddetto talent scouting. Abbiamo due corsi ISVP: uno ISVP e l’altro ISVP Professional Program. L’ISVP può durare da tre mesi fino a un anno, comprende specializzazione di stile (urbano, contemporaneo, musical, classico), 12 lezioni settimanali, tutor, seminari mensili, eventi di vario genere e performance. All’arrivo gli allievi affrontano una settimana di orientamento per essere aiutati nel capire il nostro mondo e le nostre regole, ma anche per essere visionati e guidati nel livello di appartenenza (intermedio, avanzato, etc.). Il Professional dura quattro mesi e oltre alla specializzazione, alle lezioni e agli eventi, comprende seminari settimanali, tutor, video lezioni, simulazioni di audizioni, spettacoli e performance finale davanti a un pubblico di professionisti del settore, agenti, talent scout e coreografi premiati. Vi si può accedere previa audizione». 

Quali sono i costi delle lezioni? Esistono borse di studio? 

«I costi variano a seconda della durata dei programmi. L’ISVP per tre mesi di base è 2.550 dollari e solitamente la borsa di studio è di 500 dollari. La offriamo solitamente durante eventi in cui siamo presenti, per esempio concorsi o stage. In casi eccezionali diamo una borsa di studio full, cioè che copre totalmente i costi e ciò avviene per esempio durante trasmissioni televisive e talent show. Abbiamo anche una lista di alloggi sicuri che l’allievo può contattare prima del suo arrivo».

Visto che conosci la realtà newyorchese della danza, è corretto dire che New York sia oggi la capitale della danza? 

«New York è il polo della danza. Sicuramente molto è cambiato dagli anni Ottanta a oggi e molte altre città nel mondo offrono ampie opportunità a noi artisti. Ma a New York è nata la danza moderna e contemporanea a livello professionale, è nata la danza ‘attivista’… Il suo dinamismo socio-culturale ha fatto sì che la danza diventasse davvero ‘parola’. Lì si sono sviluppate le arti di grandi talenti come Luigi, Graham, Ailey, Cunningham, Carlson, Mattox e molti altri ancora. Oggi New York continua a essere la capitale della danza, meno commerciale di Los Angeles, una città in cui qualsiasi danzatore, classico, moderno o urban, può trovare un’opportunità».

Come è vista la danza italiana oltreoceano? 

«Il talento italiano è apprezzato in tutto il mondo. Godiamo di una quantità incredibile di bravi danzatori soprattutto per quanto riguarda la danza classica. Gli americani sanno che non abbiamo tanta possibilità di rendere giustizia a questi talenti, che i teatri offrono poco purtroppo e la televisione meno ancora. Così come sanno che si investe poco nell’arte in Italia. La danza è in continua evoluzione e per questo gli italiani preferiscono emigrare in paesi in cui si hanno più possibilità di vivere la propria arte appieno».

 

 

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Organismo di formazione accreditato ai sensi della delibera di cui alla D.G.R. N. 461 / 2014.

Ente accreditato alla formazione Azienda Certificata ISO 9001-2015

 

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Indirizzo: 

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Telefono: 

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