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Anatomia applicata al movimento. Il fluire del respiro sostiene il movimento

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Il dialogo tra ileopsoas e gran dorsale è un importante sostegno nell’equilibrio posturale del danzatore. Già nel 2010 scrissi un articolo sul “passo a due” tra psoas e gran dorsale e, a distanza di quasi 10 anni, dopo averlo ritrovato  riletto ho pensato di arricchirlo di alcune informazioni che possono essere d’aiuto nella comprensione del movimento e nella ricerca dell’allineamento posturale.

Guardare un corpo in movimento è come osservare lo spettacolo di una grande compagnia in cui ogni ballerino è importante per la buona riuscita sul palcoscenico. Riuscire a percepire e ascoltare le varie parti del corpo significa sviluppare una maggiore capacità di controllare la coordinazione dei movimenti e il funzionamento del corpo. 

valbonesi anatomia1Di recente ho frequentato il percorso Mezieres che indica delle fasi per la ricerca dell’equilibrio posturale: per prima cosa è importante detendere il corpo e questo può avvenire attraverso una tecnica a terra di “respirazione cellulare” (Body mind Centering); in un secondo momento, si danno indicazione ai danzatori di integrare il respiro con il movimento prima di un braccio, poi dell’altro, una gamba, l’altra e successivamente  il corpo su tutti i piani (svolgimento fasciale, foto 1). 

Si percepirà un movimento interno che si manifesterà con micro movimenti che miglioreranno la propriocettività e la percezione del corspo sia internamente che esternamente.

Successivamente si educano i danzatori ad una respirazione terapeutica che verrà utilizzata in seguito nelle varie posizioni in dinamica (foto 2).

Il gran dorsale ha un ruolo di “primo ballerino” nella rieducazione posturale di Mezieres attraverso una contrazione isometrica e, con l’utilizzo della respirazione, nella fase espiratoria, si attiva il dialogo con lo psoas. L’aria uscirà lenta, a bocca leggermente aperta, come se si dovesse appannare un vetro (foto 3).

Sia la Mezieres nel 1900, che Mayers nei nostri giorni, parlano di catene muscolari: Mayers nei suoi meridiani miofasciali individua una catena profonda che parte dai piedi, flessori profondi, e arriva alla lingua. Dall’ immagine si può vedere la posizione dello psoas (foto 4).

valbonesi anatomia2E una catena funzionale posteriore formata dal gran dorsale fascia lombo dorsale, grande gluteo e vasto laterale (foto 5)

 

 

L’ILEOPSOAS 

Azione 

Questo muscolo serve per flettere la coscia sul bacino, per avvicinare il femore alla linea mediana imprimendogli anche un movimento di rotazione laterale. Il movimento di flessione è potente, quello di rotazione è più debole. In stazione eretta, il muscolo prende punto fisso sul femore, agendo sulla colonna vertebrale e sul bacino flette le cosce anteriormente. Nella stazione eretta, inoltre, combina la sua azione con i muscoli addominali, con i muscoli estensori della colonna e con quelli della pelvi per assicurare l’equilibrio del tronco sulle anche. 

Gli ileopsoas sono importanti per dare inizio al movimento. Gli addominali servono per garantire forza e resistenza una volta che il movimento è iniziato e aumentano la mobilità del torace grazie all’intreccio tridimensionale delle loro fibre.

 

All’interno delle due catene muscolari può essere interessante osservare il lavoro di questi due muscoli, l’ileopsoas e il gran dorsale, in quello che risulta essere un passo a due. L’ileopsoas è un muscolo che si colloca internamente e anteriormente al corpo, mentre il gran dorsale si trova posteriormente ed esternamente. Il primo collega l’ultima vertebra toracica, le vertebre lombari, il bacino e il femore, il secondo insieme alla fascia toraco-lombare collega il bacino, il tratto lombare, parte del tratto dorsale, la scapola e l’omero. L’ileopsoas e il gran dorsale compiono un lungo percorso: uno va dall’alto verso il basso e l’altro dal basso verso l’alto (foto 6)

 

 

Percezione e proposte pratiche per lo psoas 

valbonesi anatomia4

• Mobilizzazione segmentale del rachide e dello psoas con il ventre che deve essere sempre piatto aggiungendo la respirazione terapeutica 

• Per effettuare un allineamento della parte anteriore del corpo, detto anche allineamento ventrale, si può effettuare un esercizio che consiste nella mobilizzazione segmentale del rachide e dello psoas. Il ventre deve essere sempre piatto

 

 

IL GRAN DORSALE 

Azione

Questo muscolo è adduttore dell’omero, estensore e intrarotatore. I fasci superiori avvicinano la scapola alla colonna vertebrale, mentre i medi e gli inferiori tendono ad abbassare il moncone della spalla. Se prende punto fisso sull’omero, il gran dorsale solleva tutto il tronco (nell’atto dell’arrampicamento), in quanto estensore del rachide. In piedi, con le braccia in quinta posizione, una sua limitazione può provocare un aumento di lordosi o determinare una antiversione del bacino.

 

Esistono diverse analogie fra i due muscoli. Entrambi hanno un ventre muscolare esteso, diverse aree della colonna e del bacino, nella loro origine, così come entrambi terminano con un tendine, in un unico punto, nella parte inserzionale. La parte centrale, durante la contrazione di questi muscoli, può essere di sostegno e aiuta a mantenere il centro stabile mentre la parte terminale mobilizza gli arti. Se sono contratti creano disallineamento tra torace e bacino. Anche osservando i quadri clinici dei meridiani di milza (gran dorsale) e di rene (psoas), si notano punti in comune. Per esempio, il piede può presentare problemi come l’alluce valgo o dolore alla pianta. Entrambi possono provocare: problemi al polpaccio, a livello del ginocchio, dolore all’inserzione del semitendinoso e della zampa d’oca, a livello del bacino, la  pubalgia.

 

 

Percezione e proposte pratiche per il gran dorsale 

valbonesi anatomia6

• Ecco come attivare il gran dorsale, mantenendo l’omero abbassato si estende la colonna: tenere le mani posizionate a livello dell’inguine, i gomiti ben aperti in fuori con spinta verso fuori, le clavicole “sorridenti” ben allineate. Occorre poi pensare che il gomito venga tirato verso l’esterno e spingere con le mani come se ci si volesse sollevare.

• Si può effettuare un esercizio di sbarra a terra per attivare entrambi gli psoas e il gran dorsale. Così facendo, le fibre dello psoas stabilizzano il tratto dorso lombare e il bacino mentre le fibre superficiali agiscono sull’arto inferiore e le fibre del gran dorsale stabilizzano l’omero ed estendono la colonna, stabilizzando il tratto inferiore.

 

valbonesi anatomia7Gli insegnanti di danza possono proporre esercizi (foto 7 e 8) che coinvolgono l’ileopsoas e il gran dorsale proprio per aiutare gli allievi a meglio percepire e ascoltare il corpo, oltre che a sviluppare anche un buon controllo del centro. È importante durante l’esecuzione del movimento utilizzare la respirazione terapeutica. 

 


 

Note sull'autrice:

Rita Valbonesi

 

Fisioterapista Osteopata. Insegnante di danza, yoga e Garuda. Sta studiando IDME e SME (body mind centering).

Per IDA è docente dei corsi:

Anatomia Esperienziale in Movimento 

- Insegnante di Modern

- Insegnante di Yoga per bambini

 


 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

Bob Fosse, coreografo dallo stile caratteristico e inconfondibile

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Nato il 23 Giugno del 1927 a Chicago, Bob Fosse arriva ad Hollywood all’inizio degli anni ‘50 dopo aver conosciuto il successo ballando sul palco dei Cabaret, dei Club di Streap-Tease e dei piccoli teatri di Broadway. Sulle orme del suo idolo Fred Astaire spera di far carriera al cinema e dichiara senza vantarsi di voler succedere a Gene Kelly sul grande schermo. Dal 1953 si esibisce in commedie musicali cinematografiche: “Give a Girl a Break”, “The Affairs of Dobie Gillis” e “Kiss Me Kate”, la ripresa hollywoodiana di alcuni successi di Broadway, coreografate da Hermes Pan che gli offrì l’opportunità di dare il suo primo contributo coreografico. 

Bob Fosse collabora nel 1954 con Jerome Robbins in “Pajama Game”. Uno dei momenti salienti di questo spettacolo “Steam Heat”, breve sequenza cantata e ballata, è concepito su ritmi Jazz e sincopi, silenzi riempiti dal solo suono dei piedi, dal suono della lingua, dai fischi, dallo schiocco delle dita, dal battito in contrattempo delle mani dei tre interpreti, i quali trasformano il palcoscenico in un attimo in una piccola macchina. Interpretato da due danzatori di Jack Cole, Carol Haney e Buzz Miller, e dal futuro assistente e co-coreografo di Jerome Robbins in West Side Story, Peter Gennaro, questo numero è particolarmente rappresentativo dello stile eccentrico di Fosse giocato di isolazioni, ripetizioni e frammentazione. L’utilizzo del cappello e degli accessori ricorda il lavoro di Fred Astaire e alcuni riconoscono nel suo stile l’influenza di Jack Cole, il padre della Danza Jazz.   

Bob Fosse negli anni sviluppa una scrittura coreografica unica, con molteplici influenze. Evocare il suo nome significa evocare immediatamente immagini di danza sensuale e donne sexy, cappello a forma di bombetta inclinato su un occhio in gran parte circondato da eye-liner, anca aggressiva, pause provocanti ispirate al vocabolario delle spogliarelliste che aveva visto lavorare da adolescente. Il suo linguaggio è rappresentato da sagome facilmente identificabili: spalle curve, testa spinta in avanti, polsi rilasciati, mani aperte, ginocchia piegate en dedans. Una Danza tutta in contrasto. Uno stile che Stanley Donen ha definito “sobrio e delicato”.

Fosse usava descrivere così il suo lavoro coreografico: “Penso che il mio stile sia basato sulle mie restrizioni fisiche, quindi è personale perché ballo da quando avevo nove anni. Così il mio stile è un po’ alla maniera di... ho rubato alcuni gesti coreografici ad alcune persone e sono stato influenzato da altri. Sono stato costretto a danzare in un certo modo perché ho una grande tendenza all’en dedans quando ballo. Non sono mai stato una persona spavalda, quindi il mio linguaggio è caratterizzato da tanti piccoli gesti. È un labirinto di influenze diverse”.

Bob Fosse condivide con Jack Cole la stessa intensità energetica del movimento. Così come lui usa il principio dell’isolazione, un’altra caratteristica importante del suo stile, che consente una maggiore percezione del dettaglio, Jack Cole usa una dinamica intervallata, che genera una sorpresa inaspettata. Rompe la frase Coreografica con brevi momenti di immobilità, pause ritmiche non musicali, salti esplosivi, cadute spettacolari, movimenti acrobatici. 

In una Coreografia di Bob Fosse tutto è in contrasto: rapido e lento, contenuto ed esplosivo, innocente e sensuale.

Sul piano coreografico Bob Fosse gioca con la frammentazione, uno degli aspetti più importanti delle sue opere cinematografiche. Da un lato l’aspetto un po’ disgiunto delle sue danze, ognuna costituita da un mosaico di sequenze apparentemente non correlate in cui un salto mortale all’indietro o l’uso di un cappello fanno da intrusi in una serie di movimenti coreografici. Dall’altra parte le composizioni di Fosse sono caratterizzate da piccoli gruppi di ballerini, ognuno dei quali lavora separatamente, spesso in contrapposizione ad altri come nella sequenza “Once a Year Day” tratta da Pajama Game.

L’uso della ripetizione, un’altra caratteristica della sua scrittura coreografica, è altrettanto insolito. Bob Fosse utilizza la ripetizione simultanea di un movimento di diversi ballerini tanto quanto la ripetizione di un movimento precedente in accordo con una ripresa musicale. Le sue sequenze “divertissement” sono di solito eseguite da un piccolo gruppo all’unisono come in “Who’s Got the Pain” tratto da Damn Yankees o “Steam Eat” tratto da “Pajama Game”. 

Bob Fosse evita che i suoi danzatori eseguano la loro coreografia di fronte al pubblico o alla telecamera e li presenta generalmente di profilo, modulando le direzioni nello spazio, giocando con varietà nella ripetizione della sequenza coreografica. La stessa sequenza può essere così danzata faccia a faccia, schiena contro schiena, tutti i danzatori nella stessa direzione o ognuno in direzioni diverse. Usa anche la ripetizione per attirare l’attenzione sull’eccentricità del movimento, per evidenziare le isolazioni e la frammentazione del suo stile.

Sotto l’energia, l’audacia e l’aspetto superficiale traspare un profondo rispetto del potere espressivo della danza stessa. 

Ossessionato dall’idea della morte, evidente in “All That Jazz”, un’opera quasi autobiografica, mancò nel 1987. Dalla fine degli anni ‘90, Broadway ha ricordato il suo lavoro con la ripresa di “Chicago” - 1996, “Cabaret” - 1997, e un’ambiziosa retrospettiva dei suoi 40 anni di danza intitolato “Fosse: A Celebration in Song and Dance”, coreografato e messo in scena da Ann Reinking nel 1999. Nel 2019 viene realizzata la miniserie televisiva biografica “Fosse/Verdon”, che ricostruisce il legame professionale e personale di Bob Fosse con Gwen Verdon. 

 


Note sull'autore:

Gianni Mancini 

Docente di Tecnica della Danza Moderna e della Danza Classica presso il Liceo Coreutico e Teatrale “Germana Erba" di Torino. Docente Formatore IDA per il Corso per la qualifica di Insegnante di Modern


 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

Intervista esclusiva a Kledi

Scritto da

 

Il suo consiglio per diventare profesionisti? Aspetta, impara e vedrai!

Classe 1974, Kledi Kadiu, danzatore, attore, ballerino, insegnante si forma all’Accademia Nazionale di Danza di Tirana (Albania) e a soli 18 anni entra a far parte del Corpo di ballo dell’Opera di Tirana dove ricopre ruoli da solista in importanti opere di repertorio. Nel 1993 si trasferisce in Italia per lavorare prima a Mantova e successivamente a Rovereto. La prima esperienza televisiva arriva nel 1996 e dall’anno seguente è primo ballerino in programmi televisivi di grande successo. Poi la sua vita professionale continua tra teatro, cinema, televisione e docenze. 

Sentiamo Kledi in un giorno di vacanza per commentare a caldo la notizia, uscita con un decreto ministeriale del 31 luglio e resa nota il 6 agosto, in cui il Mibac (Ministero per i beni e le attività culturali) l’ha nominato rappresentante ministeriale all’interno del Consiglio di Amministrazione della Fondazione della Accademia di Danza a seguito delle dimissioni del dott. Enrico Graziano.

 


Kledi sarà a Campus Dance Summer School a Ravenna dal 10 al 14 luglio 2020

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Cosa ti auguri con questo nuovo incarico?

Intanto specifico, per correttezza di informazione, che l’incarico arriva direttamente dal Ministero e si tratta di una carica di rappresentanza all’interno dell’organo direttivo della Fondazione.

Con questo incarico e con la mia esperienza vorrei porre l’accento sulla danza come importante strumento di educazione per i giovani, stimolandoli ad apprezzare valori che credo siano imprescindibili per riconoscere i giovani talenti: carattere disposto a rinunce, rispetto, umiltà e voglia continua di apprendimento.

E secondo te queste caratteristiche sono sufficienti per diventare danzatori professionisti?

Questi valori oltre ad una sana competizione sono sicuramente la base da cui partire. Chiaramente in Italia, in linea con il momento di crisi che sta attraversando il Sistema Paese, la danza ha perso peso, valore e qualità: “ci sono tante fabbriche e pochi negozi”. Esiste un problema occupazionale abbastanza pesante dove i corpi di ballo degli enti lirici chiudono e le compagnie di giro hanno sempre meno fondi e meno possibilità di assunzione. In Italia lo sbocco occupazionale è al minimo storico e ai giovani ragazzi italiani intenzionati a diventare danzatori non resta che trasferirsi all’estero. L’Italia è un fanalino di coda se si pensa che in Germania, ad esempio, esistono ben 70 corpi di ballo contro i 3 rimasti nel nostro Paese.

E quindi come pensi che oggi sia cambiata la professione del ballerino?

All’interno delle professioni dello spettacolo, la categoria dei ballerini è sempre stata quella più debole sia per il breve arco temporale di attività che per l’usura ed i rischi continui a cui è sottoposto il loro fisico. Oltre a ciò, i ballerini hanno sempre difficilmente tutelato i propri diritti. Mentre l’Europa pone nuove vincoli e regolamentazioni per qualsiasi figura professionale a tutela dei lavoratori, il mondo della danza in Italia, continua ad andare in controtendenza: partendo dalla preesistente fragilità si è arrivati ora allo svilimento professionale dei ballerini che vengono sempre più coinvolti senza validi contratti, senza alcun rispetto di regole ed etica professionale artistica. E la cosa è ancor più grave perchè si verifica non solo in situazioni marginali ma anche, e soprattutto, nelle produzioni di grande rilevanza e di successo di pubblico.

Le nuove generazioni di ballerini sono ormai cresciute in un tessuto “professionale” in cui il ballerino non è un lavoratore (con tutti i diritti che ne conseguono) ma un semplice appassionato che viene “utilizzato” e poi “soppiantato”.

Al di là dello sbocco occupazionale, in linea generale come vedi invece i ragazzi che frequentano le tue lezioni?

Sicuramente diverso è l’approccio del corso “curriculare” nella scuola di danza con un’insegnate stabile, rispetto agli stage che conduco in tutta Italia. C’è chiaramente un rapporto meno continuativo e l’approccio di conoscenza è veloce, solo di qualche ora, e non permette quindi una conoscenza approfondita del ragazzo.

Posso comunque dire che anche in queste occasioni non mancano ragazzi che rispondono e “sgomitano” per arrivare in prima fila… Sicuramente è un problema educativo perché spesso i ragazzi arrivano in sala con molte, troppe aspettative e non con la sola voglia di apprendere qualcosa di nuovo e riempire un altro tassello del proprio percorso umano e formativo.

Parlando di educazione, cosa consiglieresti oggi ad un genitore che porta il proprio figlio ad un corso di aggiornamento di danza?

Prima di tutto consiglio di affidarsi completamente al docente che lo segue, poi consiglierei di dare più fiducia ai propri ragazzi cercando di vedere in queste occasioni di aggiornamento momenti di vera crescita e di sana competizione. 

Per farli crescere, occorre farli sperimentare, provare, sbagliare ma soprattutto farli divertire perché solo così i ragazzi potranno capire se la danza può diventare la loro vita. Scoperta questa chiave di volta il tutto verrà in modo assolutamente naturale.

Secondo te come può sbocciare un vero talento? E tu come lo riconosci?

Il successo professionale (che, attenzione, non è quello mediatico) è un mix di bravura, umiltà (vera e non presunta), intelligenza, rispetto e rinunce: un mix che può avere tappe differenti e sbocciare quando meno te l’aspetti… l’importante è che il talento venga stimolato grazie ad un rapporto continuativo di fiducia tra allievo e docente.

Certo, la voglia di farsi notare è molta, ma consiglio di non bruciare le tappe e di saper attendere. Il vero talento è quello che può stare anche in ultima fila ma viene notato ugualmente: aspetta, impara e vedrai!  Bisogna essere consapevoli, guardarsi allo specchio e guardarsi dentro: la consapevolezza di quello che si può fare o non si può fare lo sappiamo solo noi.

La tua più grande soddisfazione come docente?

Io credo che la verità sia un valore fondamentale per costruire fiducia e professionalità nei confronti dei ragazzi; dico sempre la verità anche se può essere dura, ma, come nella vita, tutto deve passare dall’accettazione. 

Per questo la mia più grande soddisfazione è quando rivedo dopo anni ragazzi che mi hanno chiuso diverse porte in faccia (purtroppo il più delle volte guidati dai genitori) che ritornano a ringraziarmi. Ho quindi la certezza che la verità premia sempre nel tempo, anche perché i ragazzi mi dicono che si sono sentiti liberi di aver conosciuto e intrapreso il percorso che più gli è piaciuto esplorare e che grazie alle mie parole hanno avuto un’occasione di riflessione e di stimolo per costruire il proprio futuro.

Qualche consiglio per il futuro dei “ragazzi di oggi”?

Ragazzi so che fate fatica ad ascoltare ma ascoltate e non arrendetevi alla prima difficoltà, date fiducia a qualsiasi maestro che incontrerete sulla vostra strada perché sarà sempre un’ottima guida non solo nella danza ma anche nella vita. Non praticate solo la danza ma vivetela, andate a teatro e sperimentate la danza sul palcoscenico dove la danza è a casa.

Parlare con Kledi Kadiu è stato un vero piacere, oltre ad essere l’artista che tutti conosciamo, è un uomo molto umile e schietto e, come tanti professionisti del settore, è una persona determinata che vive di duro lavoro, tanto impegno e tante rinunce. La grande popolarità che lo ha travolto in questi anni non lo ha mai distolto tuttavia dall’ educazione che gli ha dato la danza aiutandolo a rimanere sempre con i piedi per terra e mantenendo ben saldi i principi e i valori che insegna questa disciplina. Kledi crede infatti fermamente che l’educazione come l’entrare in sala chiedendo permesso al maestro, chiedere scusa ad un compagno, socializzare in maniera sana e positiva sia alla base di una buona preparazione alla danza e alla vita.

Si sente talmente riconoscente per tutto quello che ha ricevuto durante la sua vita, a partire dai maestri dell’Accademia di Tirana, per continuare con ogni maestro e professionista che lo ha accompagnato successivamente, che la sua intenzione è indicare ai giovani la strada e i binari giusti per restituire un po’ di quel lavoro, di quei valori e di quel bene che ha avuto la fortuna di incontrare.

 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 


Kledi sarà a Campus Dance Summer School a Ravenna dal 10 al 14 luglio 2020

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Cancellazione dal Registro CONI: come evitarla?

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Caricamento eventi registro RSSD 2.0 

Ricordiamo gli adempimenti per le A.S.D ed S.S.D per conservare i benefici fiscali.
a) le discipline sportive indicate nello Statuto siano comprese nell’elenco delle discipline sportive ammesse dal CONI e indicate sul certificato d’iscrizione al Registro CONI;
b) svolgere effettiva pratica della disciplina sportiva dichiarata statutariamente;
c) essere in possesso, per ogni singolo anno d’iscrizione al Registro CONI, di documentazione attestante la partecipazione alle attività organizzate dall’Ente o federazione di appartenenza.

 

A cosa serve il registro 2.0? 

Il Registro è lo strumento che il Consiglio Nazionale del CONI ha istituito per confermare definitivamente “il riconoscimento ai fini sportivi” alle associazioni/società sportive dilettantistiche affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali e agli Enti di Promozione Sportiva. Le associazioni, società o scuole di danza iscritte al Registro sono inserite nell’elenco che il CONI, ogni anno, deve trasmettere ai sensi della normativa vigente, al Ministero delle Finanze – Agenzia delle Entrate

 

Quali Eventi si possono inserire?
Si possono inserire tre tipologie di eventi, per la cui identificazione e definizione ci dobbiamo avvalere dell’allegato Elenco Attività previste dal Consiglio Nazionale CONI.

Eventi attività sportiva: Con attività sportiva si intende lo svolgimento di eventi sportivi organizzati dall’organismo sportivo di riferimento. Un evento sportivo può coincidere con una singola gara
Eventi attività formativa: Con attività formativa si indica l’iniziativa finalizzata alla formazione dei tesserati dell’organismo sportivo nonché le attività di divulgazione, aperte anche ai non tesserati, relativamente ad argomenti pertinenti la tecnica e l’ordinamento sportivo;
Eventi attività didattica: Con attività didattica si intendono i corsi di avviamento allo sport organizzato direttamente dell’organismo sportivo o organizzati dall’Associazione/società se espressamente autorizzati dall’organismo di affiliazione sportivo di riferimento

 

Cosa deve fare la scuola, in breve.

Compilare ed inviare all'IDA International Dance Association (ASI) i seguenti moduli:

Modulo COMUNICAZIONE EVENTO
N.B.: fino al 30 settembre sarà possibile inserire anche attività già svolte nel costo dell’anno.
Dopo il 30 settembre potrete inserire solo attività non ancora svolte.

inserendo una delle attività previste nell'allegato “Elenco Attività” previste dal Consiglio nazionale del CONI. 

N.B.: ogni attività prevede una diversa scheda (es. se organizzo corso di ginnastica artistica e di ginnastica aerobica, dovrò inviare due schede).

AFFIDAMENTO TEMPORANEO ATTIVITA’ FORMATIVA-DIDATTICA

oppure

AFFIDAMENTO TEMPORANEO ATTIVITA’ SPORTIVA

IDA International Dance Association (ASI) procederà all’inserimento dei dati da voi comunicati nella piattaforma CONINET.

 

 

 

 

 

 

 

Cos’è il FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo a sostegno di enti, associazioni e istituzioni culturali?

Mercoledì, 17 Luglio 2019 12:02 Scritto da

 

Il FUS, ovvero il Fondo unico per lo spettacolo è dal 1985 il meccanismo utilizzato dal governo italiano per regolare l'intervento di finanziamento pubblico allo spettacolo e fornire quindi sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi e imprese italiani operanti negli ambiti della musica, della danza, del teatro, del circo e spettacolo viaggiante, nonché a progetti multidisciplinari e iniziative di rilevanza nazionale. Dal 2014, a seguito del Decreto Cultura, i criteri e le modalità di concessione dei contributi FUS sono regolati da specifici decreti promulgati dal Ministero dei beni e delle attività culturali (MIBAC, ndr.), che ripartisce i contributi tra i vari settori dello spettacolo sulla base della presentazione da parte dei soggetti operanti nel settore di un progetto artistico triennale per le attività musicali, teatrali, di danza, circensi nonché di un programma annuale per coloro le cui istanze triennali vengono approvate. Inoltre, il Ministero concede annualmente contributi per le tournée all’estero e prevede interventi specifici a sostegno del sistema delle residenze artistiche.

Per l'anno 2018 il FUS ammontava a 333.941.798,00€ ed è stato così ripartito:

53,56% fondazioni lirico-sinfoniche, 21,25% attività teatrali, 18.04% attività musicali, 3,50% attività di danza, 1,75% progetti multidisciplinari e azioni trasversali, 1,48% circo e spettacolo viaggiante, 0,26% residenze e progetti under 35, 0,15% Osservatorio dello spettacolo.

Lo stanziamento del Fondo Unico per lo Spettacolo per l'anno 2018 destinato alle attività di danza è stato di 11.699.574,39€, ripartito tra le varie categorie a cui fanno capo i soggetti richiedenti.

La somma destinata al FUS viene stanziata annualmente attraverso la legge di bilancio e viene regolamentata attraverso decreti ministeriali; quello che attualmente in vigore è il D.M. del 27 Luglio 2017 che sancisce la suddivisione e l'erogazione dei contributi ai soggetti richiedenti per il triennio 2018-2020. Gli stanziamenti per il 2019 al momento della stesura di questo articolo non sono stati ancora pubblicati; è infatti prassi che tale somma venga riconosciuta e resa nota tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. 

In particolare l'art. 41, quello relativo ai soggetti che si occupano di promozione delle attività di spettacolo dal vivo, è la novità che è stata istituita a partire dal Decreto Ministeriale del 2014 (ex art.43) e che dà risalto e sostegno ai progetti che operano nell'ambito della promozione perseguendo come finalità quelle del ricambio generazionale degli artisti (sostegno alle giovani generazioni), dell'inclusione e coesione sociale, del perfezionamento professionale e della formazione del pubblico.

Rientra in questo articolo di finanziamento il progetto artistico del Network Anticorpi XL, l'unica rete italiana di operatori culturali che, grazie al coordinamento dell'Associazione Cantieri, da quasi 15 anni promuove azioni e progetti a sostegno dei giovani autori e compagnie della danza contemporanea e d'autore italiana. Con particolare attenzione al ricambio generazionale e quindi al sostegno costante della nuova generazione di giovani coreografi e compagnie italiane, il progetto artistico del network si compone di un'articolata gamma di azioni che rispondono alle necessità dei giovani autori e coreografi nelle differenti fasi del loro percorso di crescita professionale, attraverso formazione, accompagnamento e tutoraggio, circuitazione e sostegno pre-produttivo e produttivo.

La parola AZIONE è stata scelta dal Network per la caratteristica di concretezza, legata a un agire pragmatico, oltre che teorico, che sia risposta concreta ai bisogni e alle mancanze rilevate.

Azioni che facilitano il complesso cammino che un artista intraprende per emergere nella scena nazionale ed internazionale.

I progetti artistici presentati dai soggetti che richiedono il contributo devono rispondere agli obiettivi generali del Decreto a favore dello sviluppo della qualità del sistema di offerta dello spettacolo dal vivo, della multidisciplinarietà, dell'innovazione, della promozione dello spettacolo ad ampie fasce di pubblico, del ricambio generazionale degli artisti, nonché del sostegno alle nuove generazioni, della diffusione dello spettacolo in Italia e all'estero, dello sviluppo di reti tra soggetti e strutture del sistema artistico e culturale.

Requisito indispensabile di accesso ai contributi FUS è il comprovato svolgimento professionale dell’attività. Per le attività di musica e danza, e per le attività di promozione, i soggetti richiedenti inoltre non devono avere scopo di lucro.

 

  

 

© Expression Dance Magazine - Giugno 2019

 

 

 

 

L’anca non è sempre a scatto

Mercoledì, 17 Luglio 2019 12:01 Scritto da

 

Sempre più spesso i ballerini iniziano a lamentarsi di dolori in regione glutea, trocanterica e/o inguinale insorti progressivamente durante l’attività artistica, dapprima solo in alcuni movimenti, poi, progressivamente, sempre più costanti e limitanti l’articolarità.

Da circa due o tre anni si iniziano a vedere sempre più frequentemente ballerini che soffrono di una patologia “per così dire” emergente nell’ambito danza: il conflitto femoro-acetabolare.

Ho avuto esperienza di ballerini che già a partire dai 14-16 anni hanno iniziato a soffrire di tale dolore all’anca; l’insorgenza di tale patologia può essere sommariamente divisa in 2 categorie:

1) Acuta: vale a dire a seguito di un unico movimento forzato, spesso associato a un errore posturale e/o tecnico, come ad esempio una spaccata frontale o una “gamba alla seconda”, forzando la sua elevazione o lo slancio della stessa durante un salto. Talora anche una caduta a terra maldestra può determinare una valida distorsione dell’anca con inizio dei sintomi.

2) Cronica: vale a dire per tanti movimenti eseguiti scorrettamente, ripetutamente, cercando articolarità estreme.

Soprattutto in quest’ultimo caso si può affermare che la predisposizione anatomica è un fattore predisponente importante, oltre al tipo, ripetizione del movimento e agli errori tecnico/posturali.

Analizzando il problema passo passo, potremmo iniziare a descrivere sommariamente l’anatomia dell’anca.

L’anca è una articolazione profonda, posta in sede inguinale (immagine 1), costituita dall’unione di testa femorale e acetabolo (immagine 2).

Il conflitto femoro-acetabolare (FAI) è una patologia caratterizzata da un conflitto anomalo tra testa del femore e acetabolo, capace di generare microtraumi al cercine (struttura posta a guisa di guarnizione attorno all’acetabolo) e alla cartilagine stessa della testa femorale ovvero del cotile. La forma del femore e dell’acetabolo è spesso un grande fattore predisponente, ma talora si assiste a FAI pure in anche apparentemente normali, probabilmente per movimenti ripetitivi in flessione (grand battement, spaccata frontale, ecc). 

Il conflitto meccanico tra testa femorale e cotile di solito avviene negli ultimi gradi del movimento, spesso in flessione e rotazione dell’anca, così da generare dolore e limitazione ai movimenti quali la gamba alla seconda, la spaccata frontale e laterale, i grand battement. La deformità della testa spesso e anteriore e superiore, creando quindi una testa femorale che da sferica diviene più ellittica e che male si articola con il cotile, sferico. Questa anomalia di forma, unita ai microtraumi e ai movimenti ripetitivi, crea lesioni cartilaginee che secondo molti autori predispongono ad una usura precoce dell’articolazione stessa (immagine 3).

Classicamente i ballerini soffrono di un dolore profondo localizzato a livello inguinale o trocanterico, talora irradiato al gluteo o al fianco. Il dolore è spesso associato ai movimenti e ai massimi gradi dell’escursione articolare, infatti si lamentano del fatto che “non riescono più ad arrivare con la gamba in alto e a ruotarla come l’altra….”. Almeno all’inizio, il dolore non è sempre localizzato all’inguine e non è così forte da allontanare dalla danza. Sovente quindi i ballerini continuano a ballare e a ricercare la stessa articolarità dell’anca durante i fondamentali tecnici, peggiorando ovviamente la condizione di base. Le prime terapie, inoltre, potrebbero non essere mirate, perché non sempre si riesce a fare una diagnosi precoce, pertanto si arriva alla prognosi di certezza con ritardo, quando oramai sono già presenti lesioni del cercine o della cartilagine.

I primi sintomi di solito si avvertono verso i 14-16 anni di età e diventano costanti e invalidanti nel giro di pochi mesi, soprattutto in quelle anche anatomicamente predisposte. 

La terapia del FAI è sia conservativa che, ahimè, chirurgica. Sicuramente occorre fare prevenzione, evitando di “forzare” l’articolarità delle proprie anche laddove vi sia una limitazione (immagine 4). Spesso la limitazione è indice di una morfologia ossea particolare e prima di raggiungere i propri limiti anatomici e superarli sarebbe opportuno, in relazione all’età, far riferimento a personale medico e/o tecnico preparato. Questi ultimi daranno spiegazione del motivo della limitazione e, se possibile, offriranno un rimedio per migliorare la proprio capacità di movimento. Una volta iniziata la patologia, quindi nelle anche dolenti per la presenza di un conflitto, occorre di sicuro valutare la risposta terapeutica prima di ipotizzare l’intervento chirurgico che si esegue in artroscopia. Occorre infatti modificare la postura pelvica, correggere gli errori tecnici, astenersi dalla danza ed evitare i movimenti che generano il dolore, scaricare la muscolatura contratta (ileo psoas, pelvi-trocanterici, ecc) e rivedere la tecnica con cui si danza. Solo in caso di fallimento della terapia medica e fisioterapica, è opportuno valutare la rimozione chirurgica del FAI. Una volta rimosso il FAI, occorrerà seguire scrupolosamente le indicazioni post operatorie per evitare la recidiva della patologia stessa….e ricordiamoci che le anche sono due! 

 

 

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L’importanza di coniugare impegni scolastici e lezioni di danza

Mercoledì, 17 Luglio 2019 11:42 Scritto da

 

 

I consigli del Dott. Marco Batti

Vai male a scuola? La soluzione è facile e logica: togliamo la danza per aumentare le ore da dedicare allo studio. 

Purtroppo, cari genitori, non funziona così, anzi. Spesso un buon rendimento scolastico si rivela strettamente correlato all’attività sportiva agonistica o ad un percorso coreutico. È da sfatare completamente il mito per cui “avere più tempo a disposizione per dedicarsi allo studio” sia realmente una soluzione. Nella maggioranza dei casi avere tempo in abbondanza per i compiti, o semplicemente studiare, non risulta avere l’effetto desiderato, crea al contrario uno stato di apatia nel ragazzo, che tende a procrastinare lo svolgimento dei compiti, rischiando di far scorrere il tempo a disposizione senza concludere niente, vivendo una sensazione di ansia e depressione dettata dall’incapacità di gestione del tempo. Questa afasia cade sulla testa dei nostri ragazzi come “la spada di Damocle” impedendo loro di organizzare il da farsi in maniera pertinente ed efficace.

Privare un giovane di una passione non crea, infatti, un feedback positivo come desiderato. Il genitore che elimina lo sport, o la danza, a favore dei compiti e dello studio, lo fa augurandosi che il desiderio e la voglia di andare a danza si faccia presente più fortemente e che il proprio figlio compia un ragionamento inconscio: “la prossima volta devo impegnarmi di più e devo organizzarmi meglio, in modo da non perdere la lezione di danza”. Questo sarebbe ideale, la soluzione a tutti i problemi di rendimento scolastico, ma in realtà non funziona propriamente così. Il processo psicologico che avviene all’interno dei giovani non è quello di risoluzione del problema, al contrario, si innesca un meccanismo di frustrazione e rabbia che ricade sul genitore stesso, percepito come carceriere che controlla il prigioniero.

Quello del genitore è uno dei mestieri più difficili in assoluto; qualsiasi decisione presa può essere messa in discussione e giudicata secondo mille punti di vista. In questo specifico caso però, è scientificamente provato che avere una passione per uno sport, un’arte, o un’attività in cui il giovane concentra numerose attenzioni, aiuti l’organizzazione e la gestione del tempo. Può sembrare un controsenso, ma è così; meno tempo i ragazzi hanno a disposizione, meglio riescono (sorprendentemente) ad organizzarlo. Attività come la danza, infatti, aiutano ad organizzare mentalmente il tempo e a gestire le risorse individuali. Una ricerca scientifica, eseguita dall’Università di Montreal, dimostra che il 48% dei giovani che compiono esercizio fisico studiano effettivamente tre ore in più alla settimana rispetto a chi no, perdendo meno giorni di scuola per assenze ingiustificate. Possiamo dire che l’attività fisica aiuta l’aumento della capacità di concentrazione, il livello di attenzione e autocontrollo, permettendo di conseguenza l’ottenimento di migliori risultati scolastici. Lo studio è stato effettuato su 2.700 studenti canadesi nati tra il 1997 ed il 1998, pubblicato sugli Annals Journal of Health Promotion. Numerose ricerche hanno inoltre dimostrato come la correlazione tra attività fisica, interesse e motivazione, siano la giusta formula per un migliore risultato scolastico. 

Non sono da sottovalutare, oltre a quello psicologico, i numerosi benefici fisici che l’attività motoria apporta al nostro organismo; basta pensare alle capacità di riduzione di rischi legati all’obesità, miglioramento del trofismo muscolare, corretta vascolarizzazione e adeguata ossigenazione cerebrale. Un ulteriore studio effettuato dal Dott. Andrea Grasso (Direttore del Trauma Sport Center della Casa di Cura Villa Valeria di Roma) dimostra, grazie alla scansione dell’attività cerebrale di un gruppo di persone cronicamente sedentarie, eseguite prima e dopo un periodo di training fisico, un sostanziale aumento di volume dell’Ippocampo, ossia la zona del cervello associata alla memoria e all’apprendimento. Possiamo quindi dire, su fondamenti scientifici, che l’attività sportiva, di qualsivoglia natura (amatoriale, agonistica e professionale), sia correlabile con le capacità di apprendimento individuali, e in grado di stimolare le capacità di apprendimento. La danza, oltre ad avere un forte impatto sulla fisicità, aiuta ad imparare come gestire lo stress; per esempio nella preparazione di performance o concorsi, rende possibile imparare ad incanalare le energie al fine di sfruttare al meglio le proprie capacità. Non ci resta quindi che concludere con un consiglio riassuntivo: limitare le passioni crea frustrazioni e rabbia che, spesso, provocano l’effetto contrario a quello desiderato. È consigliabile invece affrontare il dialogo, portando il giovane alla presa di coscienza dei propri limiti e difficoltà, aiutandolo a cercare la chiave per una possibile risoluzione del problema, che comporterebbe un progresso dell’individuo-persona.

 

 


Il Dott. Marco Batti è Affiliato all' American Ballet Theatre NTC®, Direttore Artistico dell’Ateneo della Danza/Balletto di Siena. Insegna all'IDA nei corsi di Insegnante di Danza Classica e Propedeutica Danza Classica

 

 

 

 

 

 

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Dopo "La Dama delle Camelie" di Deane, nuovo successo al San Carlo di Napoli con "Il Lago dei Cigni" di Nunez

Mercoledì, 17 Luglio 2019 11:40 Scritto da

 

Tutti si aspettavano la storica rassegna di danza contemporanea “Autunno Danza” ed invece ecco che il cilindro di Giuseppe Picone, direttore del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, serbava per il grande pubblico ‘La dama delle camelie’, con l’inedita coreografia di Derek Deane e le musiche di Carl Davis. Un balletto mai rappresentato prima al Massimo partenopeo, una scommessa voluta fortemente dal direttore della compagnia di balletto che per l’occasione ha chiamato Derek Deane, forse il miglior esponente vivente della tradizione narrativa british. Un modo come un altro di sfidare la storia del repertorio del teatro dove lui stesso ha mosso i suoi primi passi, almeno stando alle parole a caldo del prima e del dopo la prima: “Giunto al terzo anno del mio mandato ho voluto provare a trarre un bilancio, chiamando un coreografo di fama internazionale ed un titolo da grande compagine di balletto. Una scommessa anche con il nostro pubblico, abituato ai balletti più noti del repertorio ed ancora poco avvezzo alle sperimentazioni non necessariamente d’avanguardia. Ed ecco i perché più significativi di questa “La dama delle camelie”, con bellissimi ospiti in scena che si sono avvicendati con i nostri primi ballerini dell’occasione quali Alessandro Staiano e Maria Yakovleva oltre ad Anna Chiara Amirante ed Istvàn Simon”.

L’anteprima delle repliche settembrine è stata accompagnata da un frenetico rimpallo di voci, foto e curiosità che poi hanno condotto il pubblico al gran debutto. Non sono mancate emozioni e la consapevolezza di avere a che fare con un corpo di ballo all’altezza della situazione. “Ho concepito questo balletto dopo nove mesi di duro lavoro - ammette Giuseppe Picone - soprattutto perché sapevo che stavolta avevo osato più di prima. E poi Derek Deane è parso ancor più esigente del previsto. Ad un certo punto ho tremato perché si fissava sui minimi dettagli, rischiando di veder saltare il banco! Per fortuna poi siamo riusciti a remare tutti dalla stessa parte con il successo che evidentemente ci siamo meritati”. 

Del resto lo stesso Derek Deane non aveva nascosto le sue perplessità. Aveva lavorato con il corpo di ballo del Teatro di San Carlo svariati anni prima e neanche sul palcoscenico del Massimo. Le sue parole dei primi giorni sono parse a tutti come macigni: “In questi ultimi anni i ballerini di tutto il mondo non sono più in grado di interpretare i propri ruoli come si faceva un tempo. Non si caratterizzano più i personaggi, si bada solo alla tecnica e spesso all’atletismo della danza. Io invece voglio dei danzatori/interpreti, soprattutto in titoli come “La dama delle camelie”. Dunque impariamo a non meravigliarci più se il contemporaneo prevale sul classico, a questo proposito propongo seriamente di cominciare ad abbandonare l’idea del classico a tutti i costi. Anzi, cominciamo a limitare l’uso dei tutù!”. Niente male per un coreografo d’importazione direttamente dalla tradizione british del balletto.

“Dopo questa ‘La dama delle camelie’ torniamo ai grandi classici - aveva tuttavia ammonito Giuseppe Picone - , in modo da riportare la massa a teatro e consentirci di fare cassa in vista dei prossimi investimenti. Del resto la soprintendente Rosanna Purchia ha realizzato i parquet delle nostre sale di ballo e noi dobbiamo ripagarla della fiducia con il sudore delle prove ed il successo sotto i riflettori”. Ed è così che il cartellone primaverile propone “Il lago dei cigni”, nelle repliche di marzo e giugno, con le coreografie di Ricardo Nunez riprese da Patrizia Manieri. 

E a ben vedere il direttore non ha sbagliato nemmeno questa volta. “Un omaggio a Ricardo Nunez e a tutto il lavoro di questo triennio sotto l’egida di Giuseppe Picone”:  potrebbe essere questo il migliore incipit per una recensione delle rappresentazioni de ‘Il lago dei cigni’, in scena dal 30 marzo al 3 aprile scorso ed ancora dal prossimo 15 al 19 giugno, per una vera e propria festa lacustre del repertorio. Eh sì, i previsti sold out al Massimo partenopeo sono stati accolti anche dalle standing ovation per i due acclamati ospiti londinesi del Royal Ballet Marianela Nunez e Vadim Muntagirov, etoile assai amate alle pendici del Vesuvio da diverso tempo. E l’accoglienza è stata davvero meravigliosa, con il teatro del 1737 lustrato a nuovo proprio come la sua giovane compagnia di balletto diretta da un Giuseppe Picone sempre più direttore dietro le quinte e meno in scena accanto ai suoi baldi giovani. Questo lago è un po’ la cartina al tornasole del triennio dell’etoile alla guida dell’ensemble sancarliano, con un occhio rivolto alla fidelizzazione del grande pubblico al corpo di ballo ed un altro rivolto all’emancipazione di tutto il movimento che ruota attorno al teatro più bello del mondo. Un’operazione riuscitissima con questa rappresentazione de “Il lago dei cigni” di Ricardo Nunez, coreografo cubano amato dal popolo della danza e fedelissimo alla tradizione pietroburgese del trio delle meraviglie Marius Petipa, Lev Ivanov e Piotr Ilich Ciaikovskij della primissima del 1895. Una rappresentazione attesa in città da mesi, tutta raccolta ad applaudire le gesta dei suoi eroi d’oltremanica che non li hanno certamente delusi. Qui i due cast hanno reso in scena secondo le aspettative di pubblico e critica, ancora meglio forse che nelle natalizie rappresentazioni de ‘Lo Schiaccianoci’ di Giuseppe Picone e delle autunnali de ‘La Dama delle camelie’ di Derek Deane. Il corpo di ballo ha saputo reggere all’urto coreografico, ripreso dall’ex etoile sancarliana Patrizia Manieri ed anche a quello musicale con la direzione di Aleksej Baklan. Anche se il passo tra il primo ed il secondo cast è ancora significativo, il napoletano Alessandro Staiano e la principal georgiana del Royal Ballet Maia Makhateli hanno tenuto testa ai due big scelti dal direttore tuttofare Giuseppe Picone per il successo internazionale. Quello che del resto si era prefissato alla firma del suo mandato in sintonia con la soprintendente Rosanna Purchia. E che sta riuscendo a conseguire man mano, spettacolo dopo spettacolo, tournée dopo tournée. Ma soprattutto con un frequente turnover tra gli interpreti nei ruoli salienti del repertorio, sviscerando l’intero corpo di ballo con una scrupolosa scalata ai ruoli ed ai cast aperta a tutti. 

Dal primo giorno che ho messo piede in Soprintendenza - ricorda Giuseppe Picone - ho messo in cima a tutti i miei buoni propositi la possibilità di realizzare una compagnia giovane, determinata e piena d’entusiasmo in ogni circostanza. Abbiamo girato il mondo a portare il nostro repertorio, abbiamo prodotto nuovi titoli e ci apprestiamo a realizzare un inedito ‘Sogno di una notte di mezza estate’ dal prossimo settembre proprio per accattivarci sempre di più la passione e l’affetto del nostro incredibile pubblico”. 

 

 

 

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Il Pilates come esercizio di riscaldamento nella danza

Mercoledì, 17 Luglio 2019 11:30 Scritto da

 

L’opinione della ballerina professionista Marta Cerioli diplomata in Pilates Matwork®

Chi tra voi affezionati lettori di Expression ha già approfondito la presentazione della Campus Dance Summer School 2019 avrà già intuito quanto il Pilates, come disciplina base del Metodo Garuda per la danza (insieme allo Yoga, al Thai Chi e alla danza stessa), possa avere un riscontro tangibile e concreto nella preparazione di ballerini professionisti e non.      

Quando all’inizio del secolo scorso Joseph H. Pilates, ginnasta tedesco di origini greche naturalizzato statunitense, mise a punto il suo innovativo metodo di allenamento fisico-mentale, inizialmente chiamato Contrología, le sue potenzialità applicate alla danza furono immediatamente riconosciute dalla Scuola russa, tanto che molti ballerini moscoviti abbracciarono di buon grado la nuova disciplina. Negli anni altri celebri professionisti trovarono nel Pilates le giuste ripetizioni per sviluppare il proprio vigore muscolare e migliorare la postura, alleviando al contempo anche i fisiologici mal di schiena dovuti al ballo. Oggi sono sempre più le scuole di danza e gli insegnanti che propongono il Pilates come allenamento complementare alla consueta preparazione in sala e sono molti i Metodi che traggono ispirazione dalla tradizione di Joseph H. Pilates, rielaborando i suoi insegnamenti e mixandoli con altri per implementare nuovi esercizi e tecniche (uno su tutti proprio il Metodo Garuda). 

In questo contesto, sono altresì numerosi i danzatori professionisti che hanno scelto FIF (Federazione Italiana Fitness) per approcciare il Pilates. Tra loro c’è anche Marta Cerioli, ballerina diplomata all’Accademia Teatro alla Scala di Milano, da tre anni in forze al corpo di ballo del Teatro nazionale “Teatr Wielki-Opera Narodowa” di Varsavia, dove rimarrà fino al prossimo settembre quando si trasferirà in Germania per ballare al Teatro di Hannover. Tra un impegno e l’altro, Marta ha frequentato il Corso di Pilates Matwork tenuto dal docente FIF Donato de Bartolomeo, conseguendo il relativo diploma.

 


Maggiori informazioni sul Corso per Insegnante di Pilates Matwork® a questo link >


 

Marta, cosa ti ha spinto ad approcciare il Pilates?

“Ciò che mi ha motivata è stata la mia stessa professione. Come ballerina, ad un certo punto, mi sono resa conto che non era più sufficiente danzare per conoscere a fondo il mio corpo e ho sentito il bisogno di approfondire la consapevolezza di me in termini anatomici per poter lavorare in modo differente anche in sala”.

Ad oggi come integri  il Pilates nei tuoi allenamenti quotidiani?

“Applico le tecniche del Pilates soprattutto come esercizio di riscaldamento. Questo Metodo mi aiuta moltissimo a stabilizzare il centro del mio corpo, allungare i muscoli irrigiditi dal lavoro e coordinare meglio la respirazione. Ogni giorno vario le mie ripetizioni in base alle specifiche necessità fisiche del momento”.

Che benefici ti ha apportato finora?

“Il Pilates mi sta dando moltissimi benefici. Il primo che ho notato è legato a una maggiore stabilità del mio corpo in allenamento: il mio centro è stabile e grazie alla solidità del core riesco a muovermi meglio senza far venire meno la qualità dei movimenti. Un altro vantaggio che ho ottenuto è una maggiore coordinazione a livello respiratorio, un aiuto importantissimo per mantenere ossigenati i muscoli e limitare i crampi. Il Pilates mi ha anche insegnato a dare importanza alla qualità dell’esercizio svolto: non basta eseguire una posizione ma ciò che realmente conta è in che modo la si esegue. Nel Pilates è necessaria molta concentrazione per svolgere gli esercizi, esattamente come nella danza”.

Consiglieresti ad altri ballerini di implementare il Pilates alla loro attività fisica quotidiana?

“Certamente! La danza è una delle discipline che può trarre i maggiori benefici dal Pilates, in quanto migliora moltissimo la stabilità del core attraverso la ripetizione di posizioni fluide, che stimolano la coordinazione muscolare e la respirazione. Per me ottenere il diploma in Pilates Matwork è stata una grande soddisfazione tanto che il mio desiderio, una volta conclusa la mia carriera da ballerina, è di diventare insegnante di Pilates. La mia intenzione, infatti, è di acquisire via via tutte le specializzazioni FIF e, contemporaneamente, laurearmi in fisioterapia”.

 

 

 

 

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Giuseppe Dagostino, il drammaturgo come figura essenziale nel percorso di scrittura coreografica contemporanea

Mercoledì, 17 Luglio 2019 11:26 Scritto da

 

Ballerino diplomato all’Accademia del Teatro alla Scala dal 2008, Giuseppe Dagostino, da circa 6 anni, ha intrapreso gli studi in drammaturgia e fondato,  insieme a Antonio De Rosa e Mattia Russo, la Compagnia di danza contemporanea Kor’sia, un collettivo madrileno per l’allestimento di spettacoli teatrali, installazioni museali e site specific. “Sono dell’idea che oggi il coreografo debba necessariamente essere affiancato da un drammaturgo, inteso in senso contemporaneo; ovvero da una figura in grado di gestire l’intero senso della piéce”, confida Dagostino. “L’autore, infatti, nello svolgere il suo compito organizza e gestisce il lavoro del coreografo. In generale - continua - siamo soliti associare la struttura drammatica al ‘sistema teatrale’; tuttavia, dovremmo considerarla anche come elemento integrante del ‘sistema danza’”.

Secondo Dagostino l’attività del drammaturgo deve essere declinata in base a tre temi differenti: la valorizzazione della presenza e della figura del danzatore; il processo di eliminazione e il potere del racconto; la costruzione del discorso mantenendo saldo il filo conduttore. “Ogni qualvolta che viene commissionato un lavoro a Kor’sia - spiega il drammaturgo -, inizio con il definire l’idea del concetto che si vuole portare in scena. Si tratta di un lavoro di sei/otto mesi durante i quali il progetto prende forma, viene raffinato ed elaborato proprio attraverso quel processo di eliminazione ed esaltazione del potere del racconto di cui parlavo. In seguito viene trascritto in un canovaccio, ovvero diventa la base da cui partire per affrontare il successivo lavoro con il coreografo in sala, una fase che seguo molto da vicino poiché ancora suscettibile di variazioni tali da influire sulle stesse strutture drammatiche del pezzo”. 

Con Kor’sia il drammaturgo sta portando avanti diversi progetti, tra i quali citiamo lo spettacolo “Jeux”, allestito lo scorso autunno per la compagnia madrilena Victor Ullate Ballet; la “Siciliana”, in scena al Teatro Massimo di Palermo, e “Engel in blau”, per la Tanzcompagnie Konzert Theater di Berna. 

Giuseppe Dagostino è stato ospite IDA, a Ravenna il 4 e il 5 maggio scorsi, in qualità di docente del Percorso di Scrittura Coreografica per Danzatori e Insegnanti, con un modulo interamente dedicato alla drammaturgia per danzatori. Nel weekend successivo il Corso IDA, che vanta la direzione artistica della coreografa di danza contemporanea Emanuela Tagliavia, ha accolto nelle storiche sale del Centro Studi La Torre i direttori artistici di Kor’sia, Antonio De Rosa e Mattia Russo, per un workshop creativo e di ricerca che ha reso tangibili gli argomenti affrontati nella teoria da Dagostino.

Studiare i diversi aspetti del lavoro compositivo è stato l’obiettivo principale del Percorso di Scrittura Coreografica per Danzatori e Insegnanti, riconosciuto da ASI, Ente di Promozione Sportiva aderente al sistema SNaQ del CONI e valevole come aggiornamento didattico. Dal 16 marzo al 16 giugno, weekend dopo weekend, il Corso ha proposto seminari di scrittura coreografica, drammaturgia, analisi del movimento ed illuminotecnica.

 

 


Maggiori informazioni sul Percorso di Scrittura Coreografica per Danzatori e Insegnanti a questo link >


 

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