L'IDA, in seno ad ASI Nazionale, propone un’importante iniziativa a supporto di tutte le scuole di danza e i centri colpiti dalle nuove restrizioni del DPCM emanato il 24 ottobre 2020.
Il Decreto nell'art.1 com.9 let. e) dichiara che: "….le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra partecipanti alle competizioni di cui alla presente lettera sono consentite a porte chiuse, nel rispetto dei protocolli emanati dalle rispettive federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva”.
Alla luce di questo l'IDA ha pensato di dare un servizio alle scuole che vogliono mantenere in allenamento i propri allievi proponendo il “Competizione Nazionale IDA Danza ASI ” che si svolgerà online.
La competizione è regolarmente inserita nell’elenco attività ASI Nazionale settore Danza, e questo garantisce che tutti i danzatori in preparazione per tale competizione potranno accedere alle strutture delle scuole o centri per svolgere gli allenamenti necessari per prepararsi, esclusivamente a porte chiuse.
Il concorso si svolgerà il 20 marzo 2021 online ed è aperto a tutte le scuole o centri SSD o ASD e a tutti i loro danzatori purché in regola con l'affiliazione IDA/ASI.
ATTENZIONE! La partecipazione alla competizione sarà totalmente gratuita per i danzatori e i centri in regola con il tesseramento IDA/ASI, poiché non vuole essere un’occasione di speculazione economica ma il tentativo di offrire un'opportunità ai nostri Soci IDA fedeli nel tempo.
L'iniziativa ha lo scopo di dare continuità alla didattica e mantenere fidelizzati i propri danzatori, incentivandoli e motivandoli a continuare ad allenarsi sia da remoto online, sia in presenza rigorosamente a porte chiuse con la sola presenza dei propri insegnanti.
Vi raccomandiamo di lavorare in condizioni di totale sicurezza, nel rispetto assoluto delle regole di distanziamento sociale, utilizzo di mascherine dove obbligatorio, sanificazione degli ambienti, delle attrezzature e nel rispetto delle normative vigenti.
A questo link trovate il calendario ufficiale degli eventi e competizioni ASI di interesse nazionale.
Per maggiori informazioni vai a Competizione Nazionale IDADANZA ASI >
Giovedì 29 ottobre alle ore 15 ci sarà una nuova diretta Facebook con L’Avv. Martinelli per chiarire i dettagli del Decreto Ristori e per rispondere in diretta a vostri dubbi e domande.
Il Decreto Ristori, nato con lo scopo di compensare le misure restrittive contenute nell’ultimo Dpcm per contrastare il Covid-19, ha avuto il via libera del Consiglio dei Ministri martedì 27 ottobre.
Quali aiuti economici sono previsti per i centri sportivi e le scuole di danza?
I contributi a fondo perduto vengono distribuiti in base al fatturato e con coefficiente differenziato per tipologia di settore. In conferenza stampa il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha affermato che «per i settori chiusi completamente come palestre, piscine, teatri, cinema, l’importo viene raddoppiato», ovvero riceveranno il 200% del contributo previsto in base al fatturato.
Il coefficiente del 200% ricade anche sulle scuole di danza e più in particolare comprende:
Secondo quando affermato dal Presidente Giuseppe Conte i ristori a fondo perduto “arriveranno sul conto con bonifico dell'agenzia delle entrate, è il modo più efficace, confidiamo che a metà novembre chi ha aderito alla prima edizione potrà riceverlo, subito dopo anche gli altri”
Anche il ministro dell’economia Roberto Gualtieri assicura che il contributo “sarà erogato automaticamente a oltre 300mila aziende che già lo hanno già avuto”.
Chi invece non aveva chiesto il contributo a fondo perduto a primavera con il decreto Rilancio dovrà fare apposita domanda. Dalla domanda saranno comunque esclusi «i soggetti che hanno attivato la partita Iva a partire dal 25 ottobre» le attività cessate prima del 25 ottobre.
Per altre domande o dubbi, partecipate alla diretta con l’Avv. Martinelli sulla pagina Facebook FIF.
Ovviamente tale estensione dell'assicurazione si intende valida in caso di attività svolte in casa ma riconducibili a un programma di allenamento personalizzato e inviato al tesserato tramite mail da ASI o società affiliata.
La precedente esperienza
Già a pochi giorni dall'inizio del lockdown, ASI e UNIPOL-SAI avevano raggiunto un accordo che aveva esteso tutte le abituali coperture legate al tesseramento, alle attività svolte a casa.
Gli affiliati IDA/ASI si erano potuti allenare tranquillamente in casa godendo della copertura assicurativa per le seguenti attività:
Spesso i ballerini classici, oltre alla tradizione lezione di sbarra a terra, alla classe e ad esercizi personali di stretching e di rinforzo muscolare, sono soliti praticare altre discipline sportive e similari.
Il 30% dei ballerini pratica nuoto, il 40% pilates e girotonic, il 25% Yoga e in percentuali variabili praticano sessioni di running, spinning, sala pesi, trx, crossfit per danzatori (interval training).
In generale le percentuali sono sempre piuttosto variabili, in relazione all’età, al sesso, agli anni di esperienza, al tipo di danza praticato, al livello di danza (amatoriale vs professionisti).
Nonostante questa precisazione, si osserva sempre e storicamente una netta preponderanza del pilates come tecnica di allenamento collaterale alla danza classica, soprattutto nella fascia di età 10-25 anni.
Pilates è una disciplina nota in tutto il mondo e praticata da decine di milioni di persone nel settore del fitness. Nonostante se ne parli molto e sia nota ai più, ci sono ancora molti dubbi e domande su cosa sia la disciplina del Pilates e quali siano effettivamente i suoi benefici, soprattutto per quanto riguarda il suo intrinseco legame con la danza. Questa forma di esercizio fisico prende il nome dal suo fondatore, il tedesco Joseph H. Pilates, vissuto durante i primi anni del 900’ tra l’Europa e gli Stati Uniti dove morì alla fine degli anni 60. Durante il suo periodo a New York sviluppò la disciplina che noi oggi conosciamo sotto il nome di Pilates e che lui definiva invece “Contrology”, o meglio, Scienza del Controllo, a simboleggiare il controllo della mente sul corpo attraverso perfetta padronanza e consapevolezza di esso.
Secondo le teorie di Joseph Pilates, l’uomo moderno è costantemente minacciato da stress sociali, emotivi e ambientali, tali per cui il corpo e il movimento soffrono, perdendo la corretta postura e il corretto equilibrio tra le diverse strutture muscolo-scheletriche. Influenzato da discipline orientali, quali lo yoga e il thai-chi, e da diversi sport, quali boxe, ginnastica e diving, credeva fortemente nell’unione tra corpo e mente ed era convinto che la vera felicità risiedesse in fluidità, flessibilità, coordinazione e forza del movimento attraverso il controllo consapevole della mente e dello spirito.
Per aspirare a questo modello di benessere psico-fisico è necessario svolgere gli esercizi da lui ideati pedissequamente nel corretto ordine e ponendo grande concentrazione sulla qualità del movimento e sulla lentezza, senza mai omettere un passaggio. In tal senso la ripetizione è un elemento fondamentale da associare a concentrazione e soprattutto alla respirazione, un altro elemento cardine della disciplina.
Gli esercizi studiati da Pilates sono frutto di anni di studio di trattati di medicina e di anatomia da cui poi sviluppò teorie secondo cui attraverso l’esecuzione di specifici movimenti, associati ad un’adeguata e specifica respirazione, la pratica diventa un atto di “purificazione interna” possibile grazie ad un’appropriata ossigenazione dei tessuti e a stimolazione del flusso sanguigno. Ogni esercizio del metodo Pilates è legato a diversi momenti di inspirazione ed espirazione tali per cui il respiro possa aiutare la stimolazione di specifici gruppi muscolari. Nella visione olistica della disciplina, secondo Pilates gli esercizi diventano una sinergia per cui ogni singolo muscolo può concorrere nello sviluppo uniforme dei diversi gruppi muscolari. L’obiettivo della disciplina non è mai quello di massificare i muscoli o aumentarne la potenza, tanto quanto quella di aumentare la flessibilità e l’armonia del corpo e del movimento.
Insieme al concetto di respirazione e fluidità del corpo si aggiunge il concetto di “centro”. Per Jospeh Pilates è estremamente importante avere pieno controllo del proprio baricentro o, come viene definito oggi, del core. Il “core” è un gruppo di muscoli compreso indicativamente tra lo sterno e il bacino. Uno dei principali obiettivi del metodo Pilates è quello di ottenere completo controllo e consapevolezza di questa regione del corpo in modo da raggiungere perfetta padronanza e libertà di movimento degli arti. Il controllo del movimento attraverso il centro consente l’esecuzione dei movimenti con il minimo dispendio di energia e una maggiore precisione.
Ovviamente il concetto di “centro” si collega anche ad un altro tema importante, vale a dire la colonna vertebrale. La colonna è infatti un altro elemento cardine per Jospeh Pilates che riconosceva nella spina dorsale il vero indicatore dell’età di un soggetto. È fondamentale, secondo la filosofia di Contrology, il mantenimento di una colonna vertebrale flessibile a cui si associano le maggiori attività del nostro corpo. Di conseguenza è di fondamentale importanza la postura da cui deriva la capacità di esprimersi, sia nel movimento sia psicologicamente. Per poter mantenere o ottenere una schiena flessibile e adatta al movimento, Pilates sostiene sia fondamentale praticare i movimenti di “arrotolamento” e “srotolamento”, movimenti che portano alla flessibilità e ad un corretto equilibrio tra le curve fisiologiche della colonna vertebrale.
Una volta compresi i principi e i benefici del Pilates si può facilmente comprendere la sua affinità con la danza.
Fin dall’apertura del primo studio a New York, il metodo di Joseph Pilates ha riscosso molto successo tra i ballerini. Per citare alcuni esempi il coreografo Geroge Balanchine invitava i ballerini del New York City Ballet a prendersi cura del proprio corpo seguendo quotidianamente le lezioni del maestro Pilates; Martha Graham non solo seguiva il metodo, ma lo incorporò anche nella tecnica di danza moderna da lei fondata. Prima tra ballerini di danza moderna, poi tra i danzatori classici, in breve tempo il metodo di Joseph Pilates fu pienamente riconosciuto dalla comunità della danza negli Stati Uniti e successivamente in Europa.
La danza è una disciplina artistica che richiede un eccezionale livello di performance atletica associata alla gestualità espressiva, quindi a notevole consapevolezza e controllo del proprio corpo e del movimento. Inoltre, negli anni, gli standard fisici richiesti dalla performance sono evoluti diventando sempre più esigenti e spingendo i ballerini a richiedere sempre di più dal proprio corpo. Di fronte ad un alto rischio di infortunio e a ritmi di lavoro incalzanti, i danzatori necessitano di allenamenti o attività che possano sostenerli nel loro impiego e a garantire loro la salute. Il metodo Pilates in questo senso non diventa solo una disciplina allenante ma anche uno strumento di cura del proprio corpo, utile per affrontare la guarigione da un infortunio, alleviare tensioni muscolari o articolari, o migliorare la propria prestazione artistica (foto 1, 2 e 3). Gli esercizi pensati da Joseph Pilates infatti incorporano elementi molto vicini alla qualità del movimento della danza, per esempio insiste molto sull’importanza del “core” per liberare e rendere più fluido, e quindi più espressivo, il movimento degli arti. Il metodo di Pilates concepisce l’insieme degli esercizi non come semplice rinforzo o massificazione di un singolo muscolo, ma come una sinergia muscolare, dove l’attivazione dei muscoli minori contribuisce allo sviluppo di tutto un gruppo muscolare. Questo è molto utile nell’ambito danza, infatti spesso i ballerini sviluppano determinati muscoli, utili all’esecuzione di specifici gesti tecnici, sottostimando il vantaggio di avere una muscolatura uniformemente sviluppata e quindi meno predisposta al sovraccarico, e quindi ad una maggiore probabilità di incorrere in infortuni.
Un altro concetto fondamentale per la tecnica di Joseph Pilates è quello della flessibilità, che spesso i danzatori confondono con la mobilità. La tecnica della danza richiede ampie escursioni articolari oltre i limiti fisiologici che possono portare ad infortuni traumatici o da overlavoro. Il metodo Pilates si concentra invece sulla flessibilità raggiunta non tramite stretching esasperati e prolungati, ma attraverso l’esercizio e l’attivazione, principi in linea con la letteratura scientifica di oggi. Gli esercizi di Pilates possono contribuire ad un corretto sviluppo della colonna vertebrale, al mantenimento delle curve fisiologiche, ad alleviare tensioni legamentose e miotendinee. La prova dei benefici del metodo Pilates per i ballerini sta ottenendo sempre più riscontri attraverso la comunità scientifica della medicina della danza che si sta impegnando a trovare metodi di prevenzione e cura sempre più specifici e accurati per una popolazione unica nel suo genere.
Viene sempre più sottolineata l’importanza di attività parallele e ausiliare al ballerino che possano sostenerlo durante il percorso professionale e questo fattore è emerso ancora di più durante questo ultimo anno di cambiamenti e di chiusura dei teatri, delle scuole di danza e delle palestre.
In conclusione il metodo Pilates risulta essere un’ottima disciplina per i ballerini da cui possono trarre enormi benefici in termini di salute e di performance grazie agli esercizi ideati da Joseph Pilates che hanno come obiettivo flessibilità, sinergia muscolare, migliore postura e consapevolezza del movimento e del proprio corpo.
Poche regole:

1. BALANCE CONTROL, esercizio utile per la stabilizzazione del bacino, il controllo del core e dell’equilibrio durante il movimento.

2. SIDE BEND TWIST, esercizio utile per lo stretching e il potenziamo della catena muscolare laterale

3. SWAN DIVE, esercizio capace di aumenta la il controllo dell’estensione della colonna, rinforza la muscolatura della colonna e sensibilizza sul ruolo del gran dorsale durante l’estensione.
© Expression Dance Magazine - Ottobre 2020
Simone Sistarelli, danzatore di Genova londinese di adozione, l’intuizione l’ha avuta osservando il tremore di suo nonno affetto dal morbo di Parkinson. In lui ha visto come il tremore tipico di questa malattia avesse tanto in comune con il popping, disciplina, resa famosa e popolare negli anni ’80 soprattutto grazie a Michael Jackson, in cui si balla utilizzando contrazioni forti quasi a creare un effetto di scossa elettrica. La prima cosa che ha pensato, ci racconta, è che “noi danzatori di popping tremiamo sulla musica e che le persone con Parkinson tremano invece senza musica. Ho pensato a quanto mi sono allenato io per tutta la vita per tremare e a quanto per queste persone fosse del tutto normale: da qui l’idea di farle danzare con un nuovo metodo creato per mettere il loro tremore in musica”. Da quel momento Simone ha cominciato a pensare in quel tremolio non più un sintomo negativo di una malattia ma un’espressione artistica che aiutasse a controllare il tremore sul tempo e, dopo diverse ricerche, ha visto che esistevano già esempi di classi di danza con persone affette da Parkinson ma che la classe era generica così come il riscaldamento che comprendeva diversi stili di danza e ballo: “Non c’era specificità nello stile e questo non lo trovavo giusto. Per me aveva più senso dare un’offerta uguale a tutte le persone, con o senza disabilità, e per questo ho creato classi di danza specifiche per dare un momento di svago a chi vivesse quotidianamente con queste problematiche”.
Oltre a creare una proposta che fosse valida dal punto di vista artistico il più grande desiderio di Simone era soprattutto quello di non vedere più suo nonno come un malato ma come una persona che volesse passare del tempo in maniera alternativa e senza essere isolato socialmente: “C’è una bella differenza tra essere malato, paziente, “mangia pillole” ed essere considerato solo una persona: si crea un altro tipo di unione, di famiglia. Nell’ora di lezione che propongo il Parkinson diventa solo la scusa per cui ci si incontra e di conseguenza si diventa studenti e non più malati e, diventando studenti e non solo pazienti, i partecipanti ritrovano la loro umanità e riescono a ritrovare di conseguenza un nuovo coinvolgimento nella società: un cambio di prospettiva totale nel creare un momento di incontro per condividere un interesse e non solo un ritrovo perché hai la stessa malattia”.
La “prima volta” del progetto “Popping for Parkinson” risale a cinque anni fa quando venne proposto a Londra ad associazioni che si occupavano di questa malattia e da allora non solo con loro c’è un rapporto continuo ma il progetto viene ospitato di anno in anno in sempre più città in Italia e all’estero (Torino, Bergamo, Ancona, Berlino, New York).
Simone quale è la tua più grande soddisfazione nel portare avanti la tua intuizione?
“Quando i nipoti vedono ballare i loro nonni e dicono dei “wow”! Da questo percorso i partecipanti imparano davvero a danzare e ne escono persone con un’energia nuova e con benefici non solo a livello fisico ma anche a livello psicologico approcciandosi in modo nuovo in famiglia e nelle relazioni: conta la forza di volontà perché io sono ed esprimo me stesso attraverso una forma artistica che è la danza. La danza ti spinge infatti ad essere un nuovo te, ad avere il controllo del corpo, e ha un potere enorme su tutti gli aspetti della vita, ti riabilita e, nel caso migliore, danzando ti piaci anche di più. E poi se sei in sala prova stai danzando e basta: la danza va oltre i limiti non mi interessa da dove vieni chi sei o non chi sei e in questo senso rende tutti uguali: celebriamo la diversità ma sotto la categoria studenti e sotto la categoria umani.”.
Il rapporto col proprio corpo porta con sé diverse implicazioni in un alternarsi quasi ritmico di risvolti positivi e risvolti negativi. Tale rapporto, infatti, subisce e risente dell’influenza delle diverse situazioni che ciascuno di noi è chiamato ad affrontare quotidianamente. Di fondamentale importanza, nella crescita di ciascuno di noi, è imparare a rapportarsi col mondo, sia in una dimensione intima, sia in una dimensione sociale. Proprio in questo processo, la danza ha sicuramente un ruolo decisivo: chi sceglie di imparare a muoversi nel mondo, danzando, e chi è guidato in questo, acquisisce innegabilmente una maggior consapevolezza di sé. Proprio da qui nasce l’idea di un confronto con Carla Rizzu, docente di danza contemporanea, Floorwork, Release e Contact, coreografa e insegnante di Yoga, collabora con IDA da diversi anni portando tutta la sua esperienza nei vari corsi di formazione per insegnanti e durante gli stage per danzatori. Con lei abbiamo approfondito il tema della consapevolezza di sé in rapporto alla danza.
Carla, sin da piccola, ha sempre amato la ricerca e la sperimentazione del movimento, seguendo un percorso preciso che l’ha portata a rendere la danza la sua professione.
Durante i suoi corsi capita spesso di fermarsi a riflettere: per lei, infatti, la ricerca del movimento deve partire da una ricerca più profonda legata alla propria esperienza nel mondo. Secondo la docente la danza e la coreografia hanno bisogno di un corpo che, per muoversi in armonia con il resto del mondo, deve comprendere, leggere e approfondire. Solo così il corpo potrà sentirsi parte di un tutto e trovare la sua propria dimensione in una determinata danza, in una determinata coreografia, ma anche nella vita di tutti i giorni.
In un mondo frenetico, Carla Rizzu, ha introdotto nei suoi corsi una pratica essenziale, scegliendo di legare alla danza, l’introspezione, la ricerca del sé nel qui e ora: nella pratica della danza ha compreso l’importanza del presente, dell’esserci, del percepire il proprio corpo in una determinata dimensione ed è questo che vuole trasmettere nei suoi insegnamenti, cercando sempre di stimolare una ricerca continua del movimento. Per Carla l’insegnamento deve sempre essere caratterizzato da questa ricerca, deve essere nutrito ogni giorno con temi e concetti nuovi da trasformare in creazioni e visioni. Fondamentale diventa poi anche la modalità di insegnamento, che, data la natura stessa dell’insegnamento, deve essere fluida e modificabile a seconda della tematica affrontata e a seconda della personalità del singolo allievo, così da poter trasmettere un movimento, un concetto o una sensazione in maniera efficace.
In questo, il ruolo dell’insegnante è fondamentale e, proprio per questo motivo, deve imparare, giorno dopo giorno, a instaurare un rapporto con i propri allievi, un rapporto nuovo, diverso, in base al proprio “Io” e all’”io” che ci sta di fronte.
Nel mondo di Carla, questa consapevolezza del proprio corpo è arrivata con la danza contemporanea e lo yoga, in particolare con il Floorwork, il Release e il Contact, discipline strettamente connesse e caratterizzate da una tecnica che rende il danzatore un continuo flusso energetico, a volte compatto, a volte liquido, senza “blocchi corporei, energetici ed emotivi”: diventa fondamentale lavorare sulla respirazione e sull’equilibrio, scoprendo in queste tecniche nuovi ed importanti modi per entrare in contatto con la terra, sia come danzatore, sia come uomo. Si torna così a parlare del rapporto con il proprio corpo in relazione alla propria identità e all’ambiente nel quale si sviluppa.
Essenziale è imparare ad ascoltarsi: proprio grazie a questo lavoro di introspezione diventa possibile seguire le classi di Floorwork, di Release e di Contact con un approccio mentale di apertura e di ascolto sia personale sia del proprio partner, il quale condivide con noi, in quel momento, quella danza che nasce, appunto, da un contatto improvvisato.
Percorsi che si intrecciano, discipline tanto diverse quanto complementari e fondamentali nella crescita professionale di un ballerino, ma soprattutto di un insegnante, dal punto di vista fisico, mentale ed emozionale.
PROBLEMATICHE, ACCORGIMENTI ED ATTENZIONI PER DANZARE NELL'ETÁ D'ARGENTO DELLA VITA
“Non è mai tardi per incominciare”, una frase che in questo caso calza a pennello. La danza dopo i cinquant’anni si può fare, non è uno spot pubblicitario che cerca di vendere un corso, bensì la realtà. Pregiudizi, credenze popolari e preconcetti non permettono a tutti coloro che possiedono un animo “gentile” di avvicinarsi al “sacro mondo” della danza. Ovviamente a cinquant’anni non si possono avere velleità ed aspirazioni professionistiche, non si può pensare di avvicinarsi ad un’arte così selettiva e difficile all’età di pensionamento di un ballerino professionista. Nel mondo della danza però tutto è più veloce, anche le tappe di studio e lavoro. Questo dualismo crea grandi titubanze e perplessità a tutti coloro che vorrebbero, ma non osano andare a chiedere informazioni presso una scuola di danza; la paura di essere derisi, di essere considerati dei pazzi, di sentirsi rispondere: “ma signora, la danza è per le bambine, se vuole abbiamo il corso di pilates o quello di ginnastica per la terza età” è troppo grande e vince sulla volontà. Chi riesce a prendere il coraggio di avvicinarsi alla reception di una scuola di danza o di telefonare e parlare con qualcuno per ricevere informazioni in merito, subito dopo scompare nell’oblio perché sorgono i quesiti amletici: “ma dovrò indossare il body”, “mica mi faranno mettere le calze rosa?”, “ma il saggio? Lo dovrò fare? Mi piacerebbe ma…. No, no no, che vergogna!”, “ma mi faranno indossare le punte?”.
La famosa frase “la danza è di tutti ma non per tutti”, se saputa leggere, porta con sé un grande significato. “La danza non è per tutti” significa che danzare professionalmente e realizzare una carriera in questo ambito è molto difficile, duro e selettivo dal punto di vista fisico ma soprattutto psicologico. Ma la prima parte della frase, “la danza è di tutti”, è una verità assoluta. Ciò è da intendersi come la possibilità di assistere ad uno spettacolo di danza al quale ovviamente tutti possono assistere, dove non occorre una preparazione particolare; spesso anche solo l’emozione che ci da uno spettacolo è la nostra personale chiave di lettura di un’opera. Ma “la danza è di tutti” significa principalmente che il nostro corpo danza anche quando non vogliamo, quando, inconsciamente, sentendo una musica orecchiabile ci viene d’istinto tenere il tempo, quando siamo di fronte al mare ci viene voglia di tuffarci e nuotare non a stile libero, ma con il nostro movimento, la “nostra danza”.
Il corpo umano è una macchina meravigliosa e per quanti studi scientifici siano già stati fatti altrettanti ne sono in atto e chissà quanti ancora ne potremo fare. Muscoli ed ossa, ogni giorno, sono infatti alla scoperta di nuovi movimenti ed alla continua sperimentazione dei propri limiti. Basti pensare ai fisici degli sportivi professionisti o dei danzatori degli anni cinquanta e guardare quelli di adesso: l’uomo non ha mai smesso di ricercare il movimento e di migliorarsi. Per questo l’attività fisica e di conseguenza la danza oltre i cinquanta anni si può fare, ma, come spiegano il dott. Umberto Motta docente dell’Università degli Studi di Milano e la dott.ssa Ester da Pos, nelle persone adulte è importante fare:
• attività motoria pianificata: la danza, in questo, rappresenta un ottimo modo di pianificazione, in quanto ogni lezione è caratterizzata da una fase iniziale di riscaldamento, una parte centrale che prevede un medio impegno cardiovascolare e da una parte conclusiva di defaticamento e di mobilità articolare molto importante. La pianificazione è data anche dalla frequenza di minimo due volte a settimana se non tre;
• vanno supportati i meccanismi percettivi e di memorizzazione con mezzi specifici: la danza si basa sulla propriocezione statica e dinamica, lavora l’equilibrio e spinge fortemente sull’aspetto mnemonico motorio;
• bisogna prolungare l’attività di apprendimento fino a padroneggiare la competenza motoria appresa anche in ambienti non stabili pertanto mai smetter di imparare e, perché no, di iniziare in età adulta (ed anche oltre) una nuova passione che potrebbe dare una svolta sia dal punto di vista emotivo che fisico.
Alcuni piccoli accorgimenti e falsi miti da far crollare:
• i salti non hanno nessuna controindicazione in un corpo sano, anzi stimolano la produzione osteoblastica per la rigenerazione del tessuto osseo. Le uniche precauzioni sono come prima cosa assicurarsi che il corpo sia veramente sano poi che sia stato ben eseguito il riscaldamento globale di tutto il corpo e secondariamente controllare il picco cardiaco in soggetti non allenati o persone principianti o che superano i 65 anni di età.
• Lo stretching deve essere fatto in maniera intelligente, cioè a muscolatura calda, sotto soglia del dolore e non molleggiando sulle posizioni (evitare il metodo balistico), tuttavia, ricordiamoci, tutti possono migliorare ma nessun cinquantenne raggiungerà l’elasticità di un quindicenne, quindi occhio a non esagerare.
• L’extrarotazione coxofemorale, cioè il temutissimo en dehors, non deve essere raggiunto a tutti i costi e non partendo dall’appoggio dei piedi, bensì dal lavoro attivo dei muscoli rotatori e dei glutei, infatti la rotazione forzata potrebbe andare a sovraccaricare le ginocchia e creare problematiche infiammatorie non facilmente risolvibili.
• Le pirouettes, farle o non farle, questo è il problema. Vedrete che se non sono presenti problemi pregressi di labirintiti o problematiche cinestetiche con la lenta metodica piano piano si possono fare anche i giri.
• Le scarpette da punta: state tranquille nessuno ve le metterà ai piedi anche perché se non avete avuto un background da danzatrice non sopporterete il dolore e comunque perché rischiare di farsi male per un hobby?
Comunque la regola più importante è: si può fare tutto, ma sempre rispettando i tempi individuali della persona, con intelligenza e seguiti da insegnanti competenti.
Ricordatevi una cosa importante: non vi corre dietro nessuno e tanto meno vi dovrete fissare degli obiettivi irraggiungibili. Divertitevi e state in salute, il benessere personale vi aiuterà a stare bene con voi stessi e ad avere gli strumenti adeguati per aiutare gli altri.
Il principio fondatore della metodologia IDA è dato dal mettere al centro l’allievo basandosi su conoscenze scientifiche e pedagogiche, per questo motivo è stato così semplice condurre la tavola rotonda sulle propedeutiche a confronto.
Nella suddivisione del percorso didattico che porta dai 4 anni ai corsi avanzati, in IDA abbiamo individuato tre macro-gruppi: l’avviamento, la propedeutica e la tecnica dal livello base all’avanzato. Tutti i corsi preparatori (avviamento e propedeutica, dai 4 anni ai 10 anni circa) hanno come finalità generale lo sviluppo delle capacità coordinative speciali per preparare il terreno allo sviluppo ottimale delle capacità condizionali (forza, velocità e resistenza) e per progredire nel modo più “sano”, ottenendo i migliori risultati possibili nella tecnica dei vari stili di danza.
La propedeutica è già di per sé una preparazione globale allo studio approfondito e analitico della tecnica; in quanto globale va a “toccare” tematiche universali necessarie in qualsiasi disciplina: schemi motori di base, strutturazione dello schema corporeo e corretta postura, consapevolezza del sé, coordinazione spazio temporale, coordinazione ritmica, musicalità, equilibrio e così via. I movimenti più strettamente ginnici proposti sono esercizi globali che hanno importanti benefici: la tonicità della muscolatura (in particolare addominale), la consapevolezza del respiro, quindi la capacità respiratoria e l’ossigenazione dei tessuti, l’elasticità del corpo, le capacità attentive, di concentrazione e di memorizzazione. Va da sé che attraverso la conoscenza delle tappe evolutive e delle capacità motorie ogni propedeutica deve puntare allo sviluppo di questi punti, indipendentemente da quello che il bimbo sceglierà in futuro. Più si scende nello specifico rispetto alle tematiche sopra citate, più la differenza tra discipline emerge, soprattutto a partire dai 7 anni circa. Nella propedeutica alla danza classica si lavora su un piazzamento che è prevalentemente in “en dehors”. Si ricerca una postura caratterizzata da una profonda tenuta dei paravertebrali in allungamento, una precisa posizione delle braccia e della mano. La sensibilità musicale che si coltiva, così come la ricerca musicale da parte dell’insegnante, si diversificano. I programmi di propedeutica alla danza classica prevedono inoltre le prime nozioni di balletto alla sbarra e al centro.
Il punto comune a tutte le propedeutiche è sicuramente l’approccio di tipo ludico-espressivo. In ogni attività proposta l’insegnante deve avere come primo obiettivo quello di catturare l’attenzione dei giovani allievi; i bambini devono letteralmente innamorarsi della lezione di danza e sentire sin da subito l’energia e la bellezza del movimento. A prescindere dal tipo di danza che si studia, il metodo (ovvero “come“ si conduce la lezione, non solo “cosa” si propone) fa la netta differenza ai fini di un insegnamento di successo.
In questo percorso comunque, prima di tutto abbiamo esaminato il termine “propedeutico”. Nel mondo della scuola, quando si parla di “propedeutico”, si intende una didattica relativa ad uno studio introduttivo, che mira a far apprendere le nozioni di base necessarie allo studio di una scienza o arte; la danza propedeutica quindi si rivolge a bambini e prepara i giovani allievi ai futuri studi di danza, discipline classico o moderno.
In un corso propedeutico, vengono solitamente proposti esercizi che hanno i seguenti obiettivi:
• preparare il corpo allo studio della danza;
• migliorare la postura e correggere abitudini motorie errate;
• sviluppare una conoscenza dello spazio, del tempo, le qualità di movimento, del peso, il campo visivo;
Due argomenti condivisi e discussi con gli insegnanti sono: “divertente” e “noioso”; cosa intendiamo per divertente e noioso in una lezione per bambini?
La risposta è semplice: per essere divertente e non noiosa, la lezione, deve essere gestita dall’insegnante con qualità.
Cosa significa essere un insegnante di qualità?
L’insegnamento è una professione caratterizzata dalla complessità, nella quale entrano in gioco e si intrecciano molteplici dimensioni:
• conoscere la propria materia di insegnamento, fattore fondamentale, ma non è sufficiente. Non basta sapere per poter insegnare una certa disciplina;
• possedere numerose tecniche didattiche e metodi con l’obiettivo di rendere l’azione didattica più efficace. Anche questo fattore ovviamente risulta essere fondamentale, ma non sufficiente per essere un insegnante di qualità;
• la professionalità del docente è un elemento determinante, non su una, ma su più dimensioni: in particolare, la professionalità va ad agire sulle competenze relative alla buona razionalità, alla capacità progettuale ed organizzativa, al lavoro in team e ad altri aspetti;
• passare dall’idea di programma all’idea di insegnamento a percorso;
Altro elemento importantissimo che è emerso nella tavola rotonda, considerato il centro propulsore di una didattica efficace e della professionalità del docente: la comunicazione didattica. Come sappiamo la comunicazione avviene all’interno di contesti (ambiente di apprendimento/aula di danza) che non sono semplici ‘contenitori’ o ‘sfondi’ di attività che noi svolgiamo in aula, ma, insieme alla professionalità del docente, influenzano positivamente o negativamente. Ovviamente si fa riferimento al clima della classe, in particolare, alla relazione che avvolge le varie dimensioni dell’apprendimento in aula: il docente, l’apprendente, il gruppo classe e le attività vere e proprie, in pratica tutte le modalità di interazione verbale e non verbale, il lavoro di gruppo e, non ultima, cercando sempre di incoraggiare gli alunni ad esprimersi e ad assumere un ruolo attivo.
Tutti e tre siamo stati in assoluto accordo sul fatto che ogni docente abbia bisogno di strumenti didattici solidi e metodologia per il raggiungimento degli obiettivi.
Da questa “chiacchierata” è nata l’idea di creare due webinar, uno sulla pedagogia della danza ed uno di metodologie e didattica, in modo da fissare i punti cardine della nostra metodologia.
Marzo 2020, chiusura dell’Italia, dei confini, del mondo. Da un giorno all’altro ci siamo ritrovati in una dimensione sconosciuta. Noi, così abituati a muoverci, a interagire, a relazionarci in diversi contesti ed ambienti, ci siamo ritrovati chiusi, bloccati, distanti.
Tutti abbiamo dovuto far spazio, dentro di noi, a sensazioni nuove, emozioni e paure che fino a quel momento non erano mai state davvero considerate.
Il distanziamento sociale è diventato un mantra da seguire sin dai primi giorni e proprio per questo, i primi a risentire di questo grande “salto nel vuoto” sono stati i danzatori: loro, così abituati ad esprimere la propria arte anche in relazione all’altro, al proprio compagno, in un continuo gioco di movimenti e linee a stretto contatto, sono stati costretti ad allontanarsi dall’altro immediatamente. I danzatori sono stati anche i primi a fare della propria famiglia il pubblico più affezionato e a rendere la propria casa, il palcoscenico più importante.
I giorni di chiusura si sono trasformati in settimane, poi in mesi, fino ad arrivare all’agognata fase 2.
Rientrare in ufficio è stata un’azione convinta, precisa, con pochi, ma importanti obiettivi. Uno su tutti: riportare nelle sale i danzatori nel più breve tempo possibile e sempre nel totale rispetto delle disposizioni statali in materia di tutela e sicurezza.
Determinati e convinti abbiamo quindi deciso di confermare lo stage estivo, Campus, ormai una nostra tradizione. Il primo stage di danza confermato in Italia dopo la quarantena. Lo abbiamo confermato dopo una lunga riflessione sui numeri e su tutte le misure attuabili per rendere lo stage sereno e sicuro per noi e, soprattutto, per tutti i partecipanti.
Abbiamo ridotto il programma, ridotto le lezioni e il numero di persone ammesse a ciascuna lezione, ma nonostante tutto, queste misure di sicurezza hanno reso questa edizione un pochino più speciale.
Con la preziosa collaborazione dei docenti ospiti, abbiamo potuto dar vita a momenti unici. Abbiamo riaperto le porte timidamente e, delicatamente, a loro, a quei danzatori dai sorrisi nascosti dietro mascherine e occhi parlanti, vivi, felici, tremendamente desiderosi di tornare a ballare.
Abbiamo avuto la fortuna di poterli abbracciare con le parole e accarezzarli con la musica.
Con la disciplina che contraddistingue la danza, non abbiamo potuto far altro che emozionarci davanti a quelle sale così ordinate, ma, allo stesso tempo, così ricche di entusiasmo.
Abbiamo letteralmente “riaperto le danze” e, dietro a coreografie montate per l’occasione, disinfettanti in ogni angolo, parole sussurrate mantenendo le distanze e abbracci desiderati, ma solo immaginati, abbiamo capito che anche quando il mondo sembra fermarsi, le persone raramente si fermano davvero: l’entusiasmo contagioso di chi ha vissuto Campus come un ritorno alla normalità, al proprio ambiente naturale, ci ha fatto capire che nonostante tutto, la danza può. La danza può creare nuove occasioni, reinventarsi in situazioni difficili, può dare spazio a emozioni nuove e riprendere spazi che sembravano persi. La danza può.
L’eccezionale situazione che stanno vivendo tutte le scuole di danza italiane (e non solo) ha messo in evidenza un nuovo modo di fare didattica, in una nuova prospettiva.
Innanzitutto la scuola che usufruisce di una didattica a distanza deve tenere sempre in considerazione che essa non può sostituirsi a una didattica frontale: una didattica fatta di relazioni educative, in un ambiente di apprendimento che è l’aula, in cui studenti e docenti comunicano non solo con le parole, ma con i gesti (linguaggio non verbale) e soprattutto con la fisicità degli sguardi, con l’incontro del docente e apprendente e con tutti gli elementi della prossemica.
Il Covid-19 ha procurato la chiusura forzata delle attività e questo ha interrotto bruscamente questa rete relazionale che quotidianamente noi tutti intessevamo di rapporti in presenza.
Questa emergenza ha innescato l’urgenza di attivare un “surrogato relazionale” che aiutasse la scuola a non trasformarsi da luogo di inclusione sociale a luogo di abbandono ed isolamento.
In questa nuova esperienza della didattica “on line” ho riscontrato numerosi aspetti positivi, anche se in molti hanno criticato questo genere di soluzione emergenziale. I docenti, ad esempio, hanno avuto il piacere di salutare i propri colleghi; lo stesso dicasi per le “lezioni” online con i propri studenti, da un inizio un po’ confuso, di disorientamento, al piacere di ritrovarsi in una comunità educativa; da una relazione virtuale che inizialmente poteva apparire superficiale, ad una relazione più profonda: la scuola, il docente, il discente e la famiglia si sono trovati uniti nel creare un ambiente di apprendimento significativo.
Per la danza, l’esperienza della didattica a distanza ha i suoi risvolti positivi e negativi per ovvie ragioni. La danza ha una necessità: la presenza dell’insegnante, un insegnante corpo, come sostiene Chiara Andrà in un suo articolo pubblicato sulla rivista “L’insegnamento della matematica e delle scienze integrate”: l’insegnante corpo è colui che usa la comunicazione verbale e non, caratterizzata da un uso intensivo dei gesti iconici e metaforici, ossia gesti che hanno principalmente una componente immaginativa e figurata.
Per la danza, questa tipologia di didattica, ha permesso di creare reti e ha dato l’opportunità di non troncare di netto il rapporto didattico con i nostri allievi, rimanendo in contatto con loro, anche se a distanza. Questa modalità atipica di relazione però non la possiamo considerare come una relazione formativa fisica in classe, dove le correzioni del gesto, dei movimenti e dell’espressività emozionale vengono assorbiti; l’emergenza ha dato la possibilità ai docenti di orientarsi su nuove modalità di apprendimento, su nuove strategie utilizzando la propria creatività, innescando nell’allievo un nuovo interesse, una nuova curiosità e una nuova motivazione.
Infatti, le strategie utilizzate sono state molteplici anche se ne riporto due esempi:
1. laboratori coreografici: esperienze di creatività dentro luoghi diversi (le proprie case), con stili di vita diversi, sono diventati il centro della narrazione del vissuto quotidiano, ma anche il punto di partenza della conoscenza;
2. la didattica della complessità, la pluridisciplinarietà: non trasferire contenuti, chiedere nozioni o conoscenze imparate a memoria, ma chiedere un ragionamento attraverso temi molto complessi e articolati. Sono temi che non si possono risolvere copiando da un libro oppure da internet, ma richiedono pensiero ed elaborazione personale per fare emergere le competenze reali.
In conclusione una didattica a distanza per la danza non deve mimare falsamente una situazione in presenza, ma può essere concepita come una “palestra per pensare” perché la danza non va solo eseguita, è un’arte, è immersa in diverse dimensioni culturali e l’allievo deve acquisire la consapevolezza che danzare significa avere una testa pensante.
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