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Dieci punti per fare chiarezza sui compensi sportivi dilettantistici 2019/2020

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È da poco più di un mese partita una nuova stagione sportiva e tra le varie difficoltà quotidiane che i dirigenti devono fronteggiare esiste il costante quesito riservato all’inquadramento dei collaboratori sportivi dai compensi dei Soci dipendenti pubblici e dagli istruttori dei corsi, fino ai segretari che si occupano della contabilità e ai tesseramenti.

Le valutazioni e le risposte dipendono ovviamente dal caso concreto e dalla consapevolezza dei riferimenti normativi.

I dubbi e le incertezze interpretative del quadro normativo rimangono dunque irrisolti da quasi vent’anni quando - con la modifica introdotta dall’art. 37 comma I lett.c) della L. 21/11/2000 n.342 – i rimborsi, le indennità e i compensi sono stati collocati tutti, a prescindere dal loro ammontare, nel regime dei redditi diversi e pertanto esclusi da ogni onere previdenziale e contributivo, con la inevitabile conseguenza di attrarre anche quelle situazioni che per durata, complessità, caratteristiche del prestatore e ammontare del compenso, potrebbero configurare a tutti gli effetti una vera e propria prestazione lavorativa.

La direzione è sicuramente verso nuove prospettive. Il legislatore infatti è consapevole della necessità di intervenire a regolare la materia disciplinando il lavoro sportivo dilettantistico, obiettivo che non a caso occupa un posto di rilievo nella recente legge delega sullo sport, L.8 agosto 2019, n. 86 recante appunto Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione.

Il provvedimento è una legge delega che in quanto tale contiene soltanto principi e criteri direttivi – peraltro abbastanza vaghi – che potranno trovare concreta formulazione soltanto attraverso la legislazione delegata. Si dovranno dunque attendere i decreti legislativi da adottare entro agosto 2020 (dodici mesi dall’entrata in vigore della legge delega) – ammesso che il Governo rispetti il termine – per capire come nel concreto verranno definiti e disciplinati i rapporti di lavoro in ambito sportivo, sia per gli aspetti civilistici sia sotto il profilo del trattamento fiscale e previdenziale.

Per comprendere come comportarsi nel frattempo fatta la premessa e ribadito che ogni situazione va valutata in concreto, si possono qui riepilogare in un vero e proprio decalogo le condizioni per beneficiare dell’agevolazione e alcuni aspetti di rilevanza fiscale, evidenziando le situazioni più critiche, che impongono di agire con prudenza e consapevolezza, affidandosi a consulenti specialisti della materia per individuare il corretto inquadramento delle risorse umane del sodalizio alla luce delle specifiche del caso.

1. La A.S.D./S.S.D. che eroga il compenso deve essere regolarmente iscritta al Registro CONI.

2. Le prestazioni devono riferirsi esclusivamente a discipline comprese nell’elenco CONI tra quelle ammissibili al Registro.

3. Le prestazioni sportive c.d. pure comprendono gli atleti, gli allenatori, i preparatori, gli istruttori, gli arbitri e ogni altra figura anche ausiliaria, necessaria allo svolgimento degli eventi sportivi, didattici e formativi – il rapporto si formalizza di solito con lettera di incarico che deve contenere durata, oggetto della prestazione, termini e modalità di pagamento.

4. Le prestazioni amministrative-gestionali comprendono le attività di segreteria, raccolta iscrizioni, tenuta cassa e contabilità, svolte in assenza di conoscenze tecnico giuridiche collegate all’attività di lavoro autonomo esercitata abitualmente; il rapporto si deve formalizzare con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e deve assolvere agli adempienti amministrativi previsti per tale tipologia (denuncia preventiva Unilav e Iscrizione LUL – come chiarito dall’interpello ministeriale n.22/2010)

5. Il compenso non concorre alla formazione del reddito fino alla soglia annua di euro 10.000 per percipiente e per anno solare di imposta ( ad esempio anno 2019 – non si riferisce invece alla durata dell’anno sportivo, ad esempio 2019/2020); il percipiente all’atto di ogni pagamento deve autocertificare alla a.s.d./s.s.d. di avere o meno superato la soglia di imponibilità. Sulle somme eccedenti – da euro 10.000 a euro 30.658,28 – va operata la ritenuta irpef del 23% a titolo di imposta oltre alle addizionali (regionale e comunale); dopo il superamento della seconda soglia (oltre 30.658,28), la ritenuta è a titolo d’acconto.

6. La a.s.d./s.s.d. erogante deve assolvere agli oneri del sostituto di imposta: provvedere annualmente entro il 7 marzo – o nell’eventuale diverso termine di legge – allacertificazione unica dei compensi corrisposti nell’anno precedente, anche se inferiori alla soglia di euro 10.000; provvedere, per i compensi eccedenti, alla trasmissione del modello 770 in riferimento alle somme corrisposte nel periodo di imposta precedente.

7. I dipendenti pubblici possono prestare attività in favore di a.s.d./s.s.d. all’infuori del proprio orario di lavoro e previa comunicazione all’amministrazione (art. 90 comma 23 L.289/02): non è necessaria quindi la preventiva autorizzazione; possono percepire indennità e rimborsi forfetari di spesa, ritenuti compatibili con la richiesta gratuità degli incarichi.

8. I compensi sportivi dilettantistici, in quanto redditi diversi, sono cumulabili con le indennità NASpi e il beneficiario non è tenuto a effettuarne comunicazione all’INPS (Circolare INPS, 23/11/2017); invece sono rilevanti – e quindi incidono – sul calcolo del reddito del nucleo familiare sia per l’ISEE sia per gli assegni familiari, anche se di importo inferiori alla soglia di euro 10.000.

9. NON devono riferirsi a prestazioni di lavoro subordinato: la natura del rapporto si valuta nel suo concreto svolgimento – a prescindere dal nome utilizzato dalle parti nel contratto o dall’inserimento di generiche clausole che escludono la subordinazione; è fondamentale dunque per comprovare la genuinità del rapporto che nei comportamenti posti in essere non si ravvisino i tipici indici di subordinazione (imposizione e controllo dell’orario, divieto di allontanarsi, obbligo di giustificare le assenze ecc.) che denotano l’esercizio del potere direttivo da parte del committente e che possono comportare la riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato, con conseguente uscita dal regime agevolato dei redditi diversi, assoggettamento e oneri contributivi, previdenziali e fiscali e comminazione di pesanti sanzioni amministrative per lavoro irregolare.

10. NON devono riferirsi a prestazioni di lavoro autonomo professionale: anche se un importante filone della giurisprudenza – come detto sopra – ammette la possibilità di erogare i compensi a sportivi dilettanti che siano c.d. professionisti di fatto, rimane l’incertezza applicativa in mancanza di un intervento del legislatore; pertanto è assolutamente doveroso valutare le situazioni più critiche alla luce degli indici di professionalità solitamente contestati in sede di ispezioni e verifiche, in particolare per istruttori e addetti agli impianti (per i quali gli obblighi contributivi scattano indipendentemente dalla natura subordinata o autonoma del rapporto; diverso invece il caso degli atleti, per i quali i contributi previdenziali sono dovuti solo in presenza di un rapporto di lavoro dipendente). Tra gli indici di professionalità, il possesso di conoscenze tecniche, deve considerarsi in parte superato dopo i chiarimenti della circolare INL 1/2016, dove si specifica che la qualifica acquisita attraverso specifici corsi di formazione tenuti dalle Federazioni non rappresenta in alcun modo un requisito da solo sufficiente per ricondurre tali compensi tra i redditi da lavoro autonomo. La ripetitività, continuità e abitualità della prestazione sono insite nella natura della prestazione sportiva resa nell’ambito dello sport organizzato e non appaiono di per sé così determinanti per qualificare una prestazione professionale; tuttavia andranno valutate con estrema cautela e “ripensate” quelle situazioni caratterizzate dalla durata pluriennale, dal compenso non marginale e dall’assenza di altre posizioni reddituali che consentano al beneficiario di trarre il proprio sostentamento.

La presenza di tali elementi impone prudenzialmente di inquadrare il rapporto (autonomo) in una collaborazione coordinata e continuativa (art.2 comma II lett.d) D.Lg.vo 81/2015) o – in caso di pluricommittenza – di optare per l’esercizio di attività libera professionale da parte del collaboratore. Superfluo aggiungere che quando l’istruttore/collaboratore operi con PARTITA IVA non è più possibile riconoscergli compensi in esenzione.

Per concludere possiamo affermare che siamo ancora di fronte ad una stagione sportiva di incertezze, ma ci auspichiamo che sia anche l'ultima perché con la prossima dovrebbero arrivare i nuovi decreti delegati sulla riforma del lavoro sportivo.

Attendiamo con pazienza!  

 


 

Note sull'autore:

Biancamaria Stivanello: Avvocato del Foro di Padova

 

 

 

 

 

Il ruolo dell'insegnante di danza sulla dieta dei ballerini

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Non è certo una novità che nel micro mondo della danza circolino informazioni scorrette riguardo all’alimentazione e finché gli insegnanti continueranno a fare cattiva informazione sull’alimentazione continueremo ad avere allievi con disturbi alimentari, che si sentono inadeguati, senza le necessarie risorse energetiche per performance di qualità e con una grande probabilità di abbandono della danza o infortuni.
Da sempre la figura del danzatore, in particolar modo delle danzatrici, è stata legata ad una figura eterea, sotto peso e tendenzialmente androgina. Il grande problema deriva dal fatto che per avere quel tipo di fisicità le danzatrici sono costrette a privarsi di nutrienti fondamentali per il fabbisogno giornaliero, non tenendo conto che un danzatore è a tutti gli effetti un atleta e ha quindi un dispendio calorico ed energetico importante per far fronte al lavoro svolto.
Questo modo di pensare si è anche diffuso nelle scuole di danza ma questo è sicuramente un metodo un po’ pericoloso perché un docente non essendo medico, dietologo o nutrizionista non può impartire regimi alimentari, diete e tanto meno stabilire se un allievo sia o meno in sovrappeso.

La stragrande maggioranza degli allievi di danza sono bambini o adolescenti con un corpo in evoluzione che necessita di nutrienti per poter sviluppare tutti gli apparati in crescita, nel momento in cui vengono a mancare dei nutrienti fondamentali si possono scompensare equilibri importanti fino anche a portare a malattie del comportamento alimentare.
Va chiarito quindi che il “normo peso” non equivale a “grasso” e che il vero ruolo degli insegnanti dovrebbe essere quello di trattare questo aspetto al fine di educare all’accettazione del proprio corpo e non all’inseguimento di una fisicità differente e questo concetto dovrebbe essere promosso sia nelle scuole di danza come nelle scuole in generale.
Concludo rivolgendomi ai genitori: scegliete con cura le scuole e i maestri perché rimettere a posto la psiche di un ragazzino è cosa assai difficile e comporta anni di lavoro; mettiamo al centro il benessere degli allievi e riusciremo a combattere queste modalità di insegnamento poco consone allo sviluppo di un danzatore, che pratichi per hobby o per professione.

Emanuela Tagliavia ha ricevuto il premio per la didattica Pagine Danza

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Lo scorso 28 settembre nell’Auditorium del Conservatorio “D. Cimarosa”, con la direzione artistica di Fabrizio Esposito, è andato in scena “Pagine Danza. Spettacolo”, una produzione di De Angelis Art in collaborazione con il Conservatorio Statale di Musica “D. Cimarosa” di Avellino in onore di Emile Ardolino, regista e produttore statunitense di origini italiane.

Durante l’evento sono stati consegnati anche i premi “Pagine Danza” ed è stata premiata per la didattica Emanuela Tagliavia, insegnante, coreografa, docente e coordinatrice del Percorso IDA di Composizione coreografica.

Insieme a lei sono stati premiati anche Giuseppe Picone (direttore del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli) per la carriera; Bill Goodson (danzatore e coreografo) per danza e televisione; Claudia D’Antonio (danzatrice del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli) e Salvatore Manzo (danzatore del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli) come giovani étoile e Claudio Gubitosi (direttore Giffoni Film Festival) per la diffusione del cinema.

Lo yoga a scuola: uno strumento di consapevolezza e benessere

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Si è da poco concluso a Bologna un progetto pilota che ha inserito lo yoga come materia della scuola primaria proponendo incontri finalizzati al benessere sia fisico che mentale dei bambini tramite lo svolgimento di questa attività millenaria nota per i suoi importanti benefici. Il progetto ha coinvolto, grazie ad un’idea della pedagogista e insegnante di yoga Anna Bergonizini dell’associazione Arkis e in collaborazione con il Centro Natura, quattro scuole primarie del Comune di Bologna / Quartiere Porto-Saragozza.

Ci si augura che l’iniziativa, per ora aperta a livello locale, possa coinvolgere anche altri territori e altre scuole, coinvolgendo quindi oltre che più bambini a livello regionale nazionale anche l’utilizzo di più istruttori di yoga.

Per gli istruttori di yoga Ida organizza due percorsi: uno per istruttori di yoga per adulti e uno specifico per yoga rivolto ai bambini. Entrambi i corsi sono suggeriti ad istruttori di altre discipline (danza classica, modern e contemporanea) che possono completare la loro formazione conoscendo meglio i fondamentali di questa attività.

Il corso di Insegnante di Yoga è un corso Biennale di 300 ore, a numero chiuso e prevede ogni anno 10 week-end di studio a cadenza mensile. La durata prevede indicativamente un 30% di moduli teorici e un 70% di moduli pratici e obiettivo principale del corso è formare insegnanti qualificati in grado di condurre con competenza lezioni di Hatha Yoga.

Il corso di Yoga per bambini è un innovativo strumento di lavoro utile all’insegnamento dello yoga ed è rivolto agli insegnanti di yoga e a tutti gli insegnanti che vogliano integrare la loro conoscenza e che desiderano lavorare con gruppi di bambini o genitori con i bambini.

Il percorso completo consta di tre appuntamenti:

Il sole e i suoi pianeti

Uno strumento volto a stabilire un legame e un dialogo fra genitori e bambini.


Educare all'autostima

Differenziare l'autostima dal concetto di Sé.

Osserviamo, disegniamo, modelliamo le posture di genitori e bimbi e scopriamo nuovi orizzonti

In cui si trattano temi inerenti la Dentosofia, strumento ortodontico che offre l’opportunità di considerare i denti come una sorta di zona di apprendimento e di trasformazione di noi stessi. Questa visione terapeutica considera la bocca una porta d’ingresso per agire sul corpo intero fino alla psiche.

Per informazioni sui due percorsi: 0544/34752 - danza@idadance.com

 

 

 

 

Il Progetto didattico per le scuole associate IDA e l'opinione dei docenti

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IDA è da quasi vent’anni al fianco degli insegnanti nella formazione e nella gestione delle scuole e associazioni. 

Il progetto didattico nasce dall’esigenza degli insegnanti che dopo la formazione richiedono un tutoraggio nelle proprie sedi, da parte dei docenti che li hanno formati. 

 

In cosa consiste il progetto? 

Quando si aderisce al progetto si ricevono i “Workbooks” di classico, modern e hip hop che contengono i programmi didattici suddivisi per età e livello, in modo da dare agli insegnanti una linea guida da seguire durante l’anno. 

Alla fine della stagione il docente IDA si reca nelle scuole aderenti e svolge gli esami consegnando gli attestati dei vari livelli ed eventualmente borse di studio agli allievi più meritevoli. 

Gli esami in sede, oltre a conferire un valore aggiunto alla scuola, danno la possibilità all’insegnante di confrontarsi con il docente “sul campo” e avere quindi consigli fruibili per migliorare il percorso didattico dei propri allievi. 

Conosciamo i docenti che seguono il percorso didattico.

 

 

Roberta Broglia 

Ho contribuito a creare questo percorso anni fa sulla base del continuo confronto con insegnanti e allievi. Credo sia il giusto metodo per proseguire un lavoro di formazione e aggiornamento degli insegnanti. Inoltre credo sia giusto che l’assegnazione di attestati a seguito di esami debba essere un compito di un’organizzazione che si occupa di formazione da sempre e non un compito di un singolo insegnante che lo svolge privatamente senza titoli in merito. In questi anni ho visto scuole crescere e mi sono sentita parte di quel processo, un po’ come una famiglia e questo mi commuove ogni volta, amo questo percorso e tutti i giovani insegnanti e danzatori che mi consente di seguire e monitorare.

 

 

Massimiliano Scardacchi 

La formazione non è improvvisazione, deve essere elaborazione di un processo di apprendimento in vario modo e misura “guidato”: formazione infatti significa intervenire, in maniera finalizzata ed organizzata sul modo di lavorare e di essere, attraverso scelte anche di metodologie di apprendimento. Per queste ragioni si parla di “processo formativo”, proprio ad indicare un percorso di apprendimento in vario modo guidato e consapevole.

Il percorso formativo IDA ha tra le sue peculiarità quella di fornire ai propri insegnanti delle scuole iscritte all’IDA di poter affiancare agli esami un momento di confronto e di l’analisi dei bisogni formativi, che risulta scarsamente attivata negli interventi didattici; il processo formativo, sia all’interno di ogni sua fase che nel suo complesso, tende sempre a produrre un cambiamento.

Nella mia esperienza come docente IDA e come esaminatore; l’esaminatore non deve giudicare ma deve riuscire a sviluppare la partecipazione attiva di coloro a cui si rivolge, stimolando processi di apprendimento attivabili con adeguate strategie formative: ciò implica una scelta, da parte del formatore, delle metodologie didattiche più appropriate al contesto ed ai soggetti a cui ci si rivolge con l’intervento formativo. In particolare il “metodo attivo” che noi dell’IDA consideriamo importante si caratterizza nel presentare ciascun problema nella sua complessità e prevedendo il coinvolgimento diretto degli allievi, formatore ed esaminatore, mediante esercizi pratici, la sperimentazione, la discussione.

 

 

Rosita di Firma

Seguo il percorso formativo dal suo esordio e ho visto sempre più docenti accoglierlo come occasione di crescita per gli insegnanti più giovani e come confronto per i docenti con più anni di esperienza alle spalle.

I workbooks non forniscono esercizi ma una traccia specifica dei vari passi/movimenti per fascia di età.  Il programma di danza classica fa riferimento alla metodologia Vaganova per dare continuità didattica al lavoro, ma di fatto i docenti delle scuole aderenti possono fare riferimento al proprio bagaglio formativo, purchè la didattica sia adeguata al livello degli allievi.

Nella pratica ciò che viene richiesto ai docenti che aderiscono al progetto è:

- individuare il livello e il programma da svolgere per ogni gruppo

- creare una lezione che includa le sezioni e i passi indicati

- sviluppare e ripeterla per il tempo necessario a memorizzarla e renderla tecnicamente (e aggiungerei artisticamente) più corretta possibile.

Va da sé che, essendo il progetto rivolto a tutte le scuole, anche amatoriali e senza selezioni, è richiesto il massimo rispetto delle potenzialità di ogni singolo allievo. Eventuali parti di programma (mi riferisco in particolare ai programmi di danza classica che risultano essere più ampi e specifici) possono essere tralasciate o presentate in forma preparatoria nel caso gli allievi presentino oggettive difficoltà (si pensi ad esempio alla sezione di “punte”). La ripetizione nell’arco di diversi mesi di una lezione strutturata e completa da presentare ad un’esaminatore fornisce occasione di perfezionamento di tanti passi/movimenti che, soprattutto in contesto amatoriale, rischierebbero di essere trascurati e permette di approfondire il lavoro sulla musicalità e l’ espressività, anch’esse oggetto di valutazione in sede di esame. 

 

Il Progetto Didattico è dedicato alle scuole affiliate IDA. Maggiori informazioni a questo link >

 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

 

 

Medicina della danza: Come riprendere le lezioni autunnali?

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Prima di iniziare le attività di settembre i consigli sono pochi ma secondo noi essenziali:

Attenzione all’alimentazione, all’idratazione, evitare alcool e fumo di sigaretta e favorire frutta, proteine, carboidrati e grassi. Uno sportivo, per essere “performante”, ha bisogno di una alimentazione ottima, un atleta ancora di più, un artista che fa del proprio corpo uno strumento di lavoro ancor di più! Quindi se non sapete cosa fare, meglio far riferimento a medici o specialisti dell’alimentazione, spiegando le vostre necessità, i vostri carichi di lavoro mensili/annuali e da qui farvi consigliare un’alimentazione corretta.

medicina danza lezioni autunnoAllenarsi: sia con lezioni di danza ma anche (oggigiorno direi anche soprattutto) frequentando palestre dove poter fare lezioni di pilates, sala pesi leggera, girotonic (immagine 1), yoga (immagine 2), nuoto, ginnastica funzionale (immagine 3), ecc…

Recentemente abbiamo introdotto nella preparazione atletica e tecnica dei ballerini molti esercizi derivati da allenamenti funzionali e simili a circuiti crossfit, allo scopo di migliorare la forza, la coordinazione, la resistenza alla fatica sia dell’apparato muscolo-scheletrico che cardio-respiratorio. Questi circuiti sono stati costruiti ad hoc per le richieste di performance dei ballerini e per i loro ruoli artistici. Noi preferiamo suggerire lavori in piccoli gruppi (10-15 ballerini al massimo), in sale attrezzate.

Intensità: direi forse meglio alternanza di giorni di assoluto riposo, a giorni con sforzi da basso ad alto, alternando il ritmi e dedicandosi ad attività che non devono essere necessariamente solo danza.

Stabilisci degli obiettivi: redigi un programma e affidati eventualmente a personale medico e tecnico preparato. Stabilisci degli obiettivi settimanali piccoli e raggiungibili.

In ultimo ma non meno importante, ascolta il tuo corpo! Talora riposare è anche curarsi! Non bisogna assolutamente essere compulsivi nella preparazione tecnica e atletica, ma spesso occorre non fare nulla per poter far meglio in un secondo momento. La guarigione di molte lesioni da overuse/overlavoro spesso si ottiene rispettando la biologia del nostro corpo che, forse, ci vorrebbe solo un po più “sedentari”.

Quando poi ricominceranno le lezioni di danza, l’inizio dovrebbe essere progressivo, pensando che oltre a riprendere la frequenza della classe, occorrerebbe anche pensare a recuperare della forma fisica-atletica. 

È sbagliato infatti iniziare con lezioni lunghe, o troppo tecniche. Parafrasando una frase che si usa in ambiente calcistico, potremmo dire che a settembre devo rimettermi in forma fisica e tecnico-artistica così come un calciatore dovrebbe “riprendere le gambe per giocare 90 minuti”.

Ogni ballerino ha un proprio tempo di recupero, e il nostro consiglio è quello di iniziare con allenamenti specifici per la danza e parallelamente iniziare la sbarra, con progressione. In altre parole occorre darsi un target e piccoli step da raggiungere nell’arco di 2-3 settimane prima di pensare di ballare a ritmo e con carichi maggiori. Diciamo che occorre “ricondizionare” il corpo. Se si eseguono lezioni troppo ravvicinate, con carichi intensi, senza una adeguata preparazione, si corre il rischio di andare incontro a lesioni e infortuni già all’inizio dell’anno. Tra le più comuni: tendinopatie del tibiale posteriore, del flessore dell’alluce, del tendine d’achille, lombalgia, frattura da stress metatarsali.

Da uno studio scientifico che stiamo portando avanti da molti anni risulta che i periodi settembre-ottobre e gennaio-febbraio sono mediamente i mesi dove si ha un maggior impegno fisico, pertanto sono maggiori anche le richieste di visite mediche specialistiche e di terapie fisioterapiche. Di queste, circa il 70% sono terapie manuali (massaggio, kinesiotape, applicazioni di ultrasuoni) e per il 30% sono invece lezioni individuali di programmi propriocettivi (immagine 4).

Abbiamo inoltre osservato che soprattutto nei primi 3 anni di corso accademico (12-15 anni) i ballerini sono carenti di alcune conoscenze quali: 1) adeguato riscaldamento “pre-lezione” e defaticamento, 2) adeguato “stretching”, 3) conoscenza della propria anatomia/consapevolezza dei propri limiti anatomici, 3) elementi base di propriocettiva e corretta esecuzione del gesto tecnico. Una miglior preparazione di questi aspetti potrebbe ridurre, a nostro parere, l’incidenza degli infortuni sia in questa fascia di età che, di riflesso, da adulti.

Da qualche anno, quindi, abbiamo affiancato, alle tradizionali lezioni di danza, lezioni a piccoli gruppi e lezioni singole di ginnastica propriocettiva, preparazione atletica, correzione gesto tecnico/errori tecnici e insegnamento dei concetti base di anatomia e patologie.

Di particolare interesse è lo studio della propriocezione e la preparazione atletica, unici strumenti, secondo noi, per migliorare la salute del ballerino riducendo l’incidenza degli infortuni. 

 

 

Il contributo del nostro preparatore tecnico/atletico

 

La ripresa delle attività di danza in settembre deve necessariamente evitare 3 errori

 

Allenarsi con l’intensità massima

I parametri della preparazione atletica come frequenza, carico e volume di lavoro non devono essere massimali nel mese di Settembre. Dopo un lungo periodo di pausa al ritorno dalle vacanze, è consigliato avere un periodo di almeno due settimane in cui settare una crescita del volume progressivo e un incremento del carico graduale. L’errore da evitare è quello di partire con l’intensità massima già nelle prime settimane di lavoro.

 

Trascurare il defaticamento

Il defaticamento o cool-down si svolge alla conclusione dell’attività motoria e rappresenta una componente fondamentale nell’allenamento del danzatore. Lo scopo principale del defaticamento è quello di favorire la rigenerazione psicofisica del danzatore al termine di una classe o di una performance artistica. Un corretto defaticamento dura mediamente dai 5 ai 15 minuti e può essere accompagnato dalla musica. Per il defaticamento ci sono diversi fattori da valutare in base alle peculiarità di ogni singolo danzatore. Questi fattori sono ad esempio l’età, lo stato di forma e la disciplina praticata. A questi si aggiungono i fattori esterni come il momento della giornata, la stagione dell’anno e il clima in cui il danzatore svolge la pratica.

Un recente studio scientifico ha messo in relazione il riscaldamento con il defaticamento svolto da un campione di 324 danzatori.

Dai risultati di questo studio si osserva come una percentuale molto bassa di danzatori svolge sia il defaticamento sia il riscaldamento.

Sebbene il campione di questo studio sia relativamente esiguo, ci mette ugualmente in guardia da un errore da evitare alla ripresa delle attività di danza; dare poco valore al defaticamento o saltarlo del tutto rischia di ritardare il recupero psicofisico dei danzatori compromettendo lo studio della danza nei primi mesi e le successive performance.

 

Esagerare con lo stretching dei muscoli doloranti

Doms è l’acronimo inglese che indica i dolori muscolari presenti tra le 14 e le 72 ore dopo aver svolto un’intensa attività muscolare. Questi dolori limitano i movimenti e a volte possono provocare  anche una riduzione dell’escursione articolare. Generalmente il danzatore soffre questi dolori dopo lezioni intense successive ad un periodo di stop. Un classico caso di doms si verifica, infatti, nel mese di settembre quando si ricominciano le lezioni a seguito del periodo di riposo estivo. La causa dei doms è comunemente attribuita a un deposito di acido lattico nei muscoli, ma in realtà l’acido lattico viene smaltito dal nostro organismo e rientra nei livelli fisiologici entro due ore dalla fine dell’allenamento.

In realtà il dolore muscolare, che sentiamo il giorno dopo danza, è dovuto a micro-lacerazioni del tessuto muscolare che si creano a seguito della contrazione muscolare di tipo eccentrico. I dolori muscolari scompaiono generalmente nel giro di 2 o 3 giorni, ma possono protrarsi anche fino a 6 o 7 giorni. Lo stretching in questi casi è da valutare con molta attenzione perché in fase acuta un ulteriore allungamento del muscolo dolente potrebbe complicarne il recupero. Per questo motivo si consiglia di evitare tecniche di stretching aggressive.

 

 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

 

 

 

Experience Dance Company, la compagnia Under 17 di IDA diretta da Matteo Addino

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L’ Experience Dance Company è un percorso di formazione professionale per giovani danzatori tra i 10 e i 17 anni nata dal volere dell’attuale direttore artistico Matteo Addino in collaborazione con l’I.D.A. International Dance Association e si propone di promuovere e realizzare spettacoli con tematiche di attualità adatte ad un pubblico molto giovane per permettere ai talenti di mettersi subito a confronto con il palcoscenico. 

La compagnia è attualmente composta da ragazzi e ragazze provenienti da diverse regioni italiane impegnati in un percorso accademico che prevede un impegno settimanale distribuito su sei giorni di frequenza e si conclude con un esame alla fine di ogni anno da sostenersi di fronte ad una commissione di docenti interni ed esterni. 

Al raggiungimento della maggior età, gli studenti ritenuti idonei e di particolare livello, previo superamento dell’esame con la commissione IDA presieduta da Roberta Fadda, ricevono un diploma da danzatore rilasciato dall’IDA.

Oltre ai docenti stabili, durante l’anno sono organizzati stage con docenti ospiti come Loreta Alexandrescu ed Emanuela Tagliavia (insegnati della Scuola della Scala di Milano) e Roberta Broglia (Docente IDA).

La compagnia è costantemente impegnata nella creazione di numerosi e diversificati spettacoli che, andati in scena su diversi palchi italiani, hanno sempre riscontrato un buon successo di pubblico. Tra gli spettacoli ricordiamo: Halloween Nightmare (Mirabilandia), Waiura (presente in numerosi eventi tra cui il prestigioso Como Lake Awards) e The reality box (presentato al 105 Stadium di Genova). 

Nel 2019 Experience Dance Company ha prodotto inoltre due nuovi spettacoli: Uno contro tutti, tutti contro uno e One world.

Il primo porta in scena il problema del bullismo e i ragazzi protagonisti sono sempre affiancati, a fine show, da una psicologa per parlare di questo tema così attuale: l’intento è cercare un vero e proprio dialogo con l’esperta che vada al di là dei movimenti coreografici messi in scena. “Uno contro tutti, tutti contro uno” ha debuttato in anteprima al Teatro di Erba e da settembre sarà in tour in diverse città italiane.

Il secondo parla invece di integrazione tra ragazzi di paesi diversi e con la danza si svuole far capire che, nonostante ci sia la diversità di etnie, culture e religioni c’è molto da scoprire nel confronto con il prossimo.

“One world” è già stato portato in scena in varie occasioni tra cui la prestigiosa serata di gala del Como Lake Dance Awards, alla presenza di numerosi direttori provenienti dalle più prestigiose accademie di tutto il mondo; a Genova al 105 Stadium, in Germania a Düsseldorf per un grande evento aziendale, ad Anagni, alla Fiera del fitness di Rimini e da settembre sono previste nuove repliche.

Tra i giovani protagonisti in scena nei nuovi spettacoli:

Emiliano Fiasco, 10 anni, ballerino per Bulgari (con coreografie di Luca Tommasini al fianco di Nicole Scherzinger delle Pussycat dolls), Mika e Andra Bocelli.

Maddalena Svevi, 14 anni, che ha partecipato al talent “Pequegnos giagantes” condotto da Belen Rodriguez.

Veronica Gaggero, 13 anni, una bambina prodigio in molti campi, avendo recitato in pubblicità, serie tv e film e partecipato a sfilate di moda.

Tommaso Stanzani concorrente a “Italia’s got talent” su Canale 5 e vincitore di numerosissimi concorsi nazionali e internazionali.

 


Note sul Direttore della compagnia:

Matteo Addino 

Ballerino e coreografo, con esperienza in programmi tv, videoclip, spot e spettacoli teatrali di successo. Ha insegnato in diverse stage e scuole fra cui Cinecittà Campus di Maurizio Costanzo, prima di diventare docente IDA.

Docente IDA per il Corso per la Qualifica di Insegnante di Modern.

Sarà presente a Expression Stage di danza il 2 e 3 novembre 2019 a Ravenna

 


 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

 

Acro on stage, una nuova modalità per il saggio di danza

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Da sempre reputo l’America madre di tanti insegnamenti e sogni e da sempre penso quanto sia importante per un ballerino ma, ancor più per un maestro, la formazione che diventa più ricca e professionale quando si costruisce insieme e scambiandosi punti di riflessione. Con queste premesse è nato il desiderio di organizzare un corso di “Acro on stage”. 

Brenda Hamilton, in America, mi ha permesso di studiare un nuovo approccio coreografico inserendo l’acrobatica a terra e aerea come collante tra le discipline. L’acrobatica nasce da una grande consapevolezza del proprio corpo e uno studio approfondito degli altri stili di danza. In America gli spettacoli hanno, come dice Brenda, l’esperienza e le competenze per creare un ambiente specifico per qualsiasi esigenza produttiva. Ogni insegnante di danza acrobatica, come ogni allievo che la pratica, deve essere impegnato a sapere di cosa si tratta quando si parla di l’integrità e sicurezza nell’acrobatica. 

L’acrobatica, che in questo momento s’inserisce tra una capriola e un volteggio strabiliante, può trovare la sua giusta collocazione in sicurezza, spettacolarità e virtuosismo nel saggio di danza. Il saggio di danza è da sempre uno dei momenti più intensi dell’anno che richiede grande impegno e professionalità, lavoro di squadra e quel pizzico di novità e stupore nel pubblico che sprona la scuola ogni anno a migliorarsi. Accanto alla scelta delle date, della location, dei costumi e delle musiche ciò che rende una scuola professionale è la scelta del saggio, quelle “free why” dove ogni coreografia segue un filo conduttore sottile che lascia lo spettatore con il fiato sospeso fino agli applausi finali alla chiusura del sipario. Il tema dello spettacolo rende chiara la meta, fa seguire a tutti le classi della scuola lo stesso cammino ed è qui che le discipline s’intrecciano, si scoprono, si sfidano, si uniscono: un lavoro di sinergia tra le classi, tra i docenti e tra i ragazzi. 

Analizzare il tema, la logica dello spettacolo, inventare creazioni fantasiose, curare i costumi, selezionare con attenzione le musiche, la scelta della location, la cura dei particolari, la preparazione e la tranquillità nostra e dei ragazzi sono tematiche che ogni insegnante deve porsi per la creazione di un saggio, ancor più se si mescolano gli stili e si inserisce l’acrobatica. La creazione della coreografia acrobatica, la scelta delle musiche e il costume adeguato non possono passare in secondo piano e ogni insegnante deve trovare un equilibrio tra le parti non dimenticando il lavoro del singolo e della scuola tutta. 

Per tutti questi motivi sono convinta che l’Acro on stage si possa inserire come una nuova e importante risorsa per la formazione degli insegnanti che ogni anno si dedicano alla preparazione del saggio di danza.

 


 

Note sull'autrice:

Sara Tisselli

Educatrice ed insegnante qualificata in giocodanza, danza acrobatica e body flying, acrofloorwork. Si è formata con IDA frequentando numerosi corsi, stage e convegni.

Docente per IDA per i corsi di:

Acrobimbo Fly

Acrobimbo Activity

Acro On Stage

 


 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

I consigli del Dott. Marco Batti. Perché gli adolescenti perdono interesse per la danza?

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Cosa succede nelle scuole di danza e nei centri sportivi all’età tra gli 11 e i 14 anni? Classi colme di bambine e bambini di 4/5 anni, pieni di gioia ed entusiasmo che, durante il corso delle scuole elementari si dimezzano. Classi svuotate, addirittura interi gruppi che si ritirano, facendo magari entrare in crisi insegnanti di danza che pensano dove possono aver sbagliato e che iniziano un nuovo anno scolastico con tristezza e delusione, vedendo ripagare quello che credevano un buon lavoro con “fuggi-fuggi” generale, spesso nemmeno accompagnato da spiegazioni.

Due sono le correnti di pensiero più comuni. La prima, giustificata dall’aumento di impegni, scolastici e non, che obbligano ad un cambio della scala delle priorità dei ragazzini, portandoli ad abbandonare l’impegno coreutico il quale, per goderne i progressi, necessita assidua frequenza ed una buona dose di determinazione; la seconda vede come una specie di “selezione naturale”; la comune, quasi fisiologica, perdita di interesse nei confronti della danza. 

Proprio quest’ultimo pensiero è interessante da analizzare sotto due aspetti: l’aspetto fisico e l’aspetto psicologico del bambino che diventa ragazzo.

I cambiamenti nello stadio puberale dei ragazzi, infatti, sono inevitabilmente collegati all’aspetto fisico, evidenti con le prime trasformazioni, e causa di cambiamenti psicologici in materia di accettazione e di presa di coscienza. 

Dobbiamo rifarci ad alcune semplici nozioni di psicologia del benessere per permettere a noi stessi una comprensione adeguata del fenomeno e che supporti in primo luogo il difficilissimo ruolo dell’insegnante di danza nell’aiutare l’allievo.

L’abbandono alla danza negli allievi crea evidentemente nell’insegnante un grande senso di sconforto. Viene percepito quasi come un tradimento, creando un senso di colpa collegato all’abbandono della propria “passione” da parte dell’allievo, spesso per l’insegnante immotivato e non giustificato. 

Secondo la “Teoria del Rinforzo” le persone, adulte o bambine che siano, sono motivate a terminare quei compiti che portano ad un rinforzo. Se il rinforzo avviene, scatena la “Legge dell’effetto”, la quale incrementa la motivazione innescando un meccanismo ciclico spesso definito con il termine di “passione”. Infatti, nella danza, il termine passione si sente spesso usare come giustificante di sacrifici, compiuti per la costanza di presenziare alle lezioni o agli eventi proposti, dei grandi sacrifici sociali per permettere una adeguata realizzazione della propria aspettativa. Dobbiamo fare un passo indietro però e rifarci allo studioso Daniel Berlyne che ci aiuta, con la sua particolare visione, suddividendo in quattro tipologie la curiosità, ponendola alla base dello stimolo per l’apprendimento: curiosità percettiva, specifica, diversiva ed epistemica

Andremo ad analizzare proprio quest’ultima, la curiosità epistemica, che si basa sul bisogno di conoscere. La motivazione per il quale il bambino si avvicina al mondo della danza è dovuta al fascino esercitato da qualcosa che sembra così semplice, ed allo stesso tempo misterioso ed ermetico, da rappresentare numerose aspettative e curiosità. 

Da non tralasciare sono anche le priorità collettive, cioè del gruppo degli amici, della società, della famiglia, che spesso motiva a seguire lo stesso insegnamento, portando ad innescare il meccanismo del gruppo. 

Per dare agli insegnanti gli strumenti per permettere all’allievo di avere una corretta motivazione, occorre tornare alla curiosità epistemica, basata sul principio dell’esplorazione, dell’incognita e del desiderio di conoscere nuove conoscenze. Dobbiamo però essere consapevoli che l’essere umano, una volta soddisfatta la curiosità, percepisce che il desiderio di conoscenza sparisce.

Ecco quindi il reale motivo del perché di frequente si verifica un abbandono di massa nell’età critica, in cui la curiosità viene soddisfatta con un breve cenno a quello che è un corso di danza. Le avversità, le difficoltà, la ripetitività e la monotonia, non solo della lezione ma di tutto quello che la danza richiede, crea un muro per alcuni insormontabile, facendoli allontanare dalla “curiosità” e portandoli ad abbandonare presto la danza.

Ecco il vero motivo per cui, spesso, parlando con conoscenti e amici, molti di loro confessano di aver fatto «…da piccoli un corso di danza» che rimane nella memoria come piacevole ricordo di un’attività infantile, presa per gioco ed abbandonata perché «non faceva al caso loro».

 


 

Note sull'autore:

Marco Batti 

Affiliato American Ballet Theatre NTC®, Direttore Artistico dell'Ateneo della Danza/Balletto di Siena.

Per IDA è docente del Corso per Insegnanti di Danza Classica e del Corso di Propedeutica della Danza Classica

 

 


© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

Loreta Alexandrescu si racconta attraverso gli occhi di alcuni suoi allievi

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Loreta Alexandrescu, anche quest’anno ospite del Campus estivo di danza organizzato da IDA, ci parla della sua esperienza di insegnamento come docente dell’Accademia del Teatro alla Scala che dura da ben 34 anni.

“Sulla mia strada ho incontrato diversi allievi, alcuni hanno proseguito la professione altri fanno tutt’altro nella vita, per alcuni la delusione è insormontabile ma è la verità necessaria a cui bisogna andare incontro se si svolgono gli studi danza a livelli professionali, per questo gli stage di approfondimento estivo, come quelli in cui insegno all’IDA, possono essere un buon modo per chiarire le idee su come si vuole procedere e per affidarsi a professionisti che sanno come riconoscere un vero talento.

Poi è vero che non tutti possono fare della danza la loro professione. Ci sono persone che prendono anche altre strade ma questo credo sia del tutto naturale e anche i ragazzi che non hanno più frequentato la scuola dell’Accademia del Teatro alla Scala hanno potuto fruire in qualche modo degli insegnamenti ricevuti e credo che spesso una porta chiusa ne apra sicuramente altre. In merito, proprio l’altro giorno, ho incontrato un ragazzo al bar del Teatro che mi dice “posso permettermi di salutarla?”, era il barista che mi ha servito e che, mi racconta, è andato via al quarto corso perché poi ha capito che la danza non era la sua strada e ha fatto la scuola alberghiera… ma aveva un portamento e una presenza che ricordava ancora la sua formazione da ballerino: sono convinta che questo tipo di formazione farà sempre parte della sua vita nonostante tutto.

Da parte mia ho provato a dare il massimo sia come ballerina che come insegnante e ho sempre pensato di fare del mio meglio. La mia fortuna come insegnante è che ho avuto una formazione a 360 gradi (danza storica e danza di carattere) e come crescita per un allievo è formidabile. Insegnare vuol dire tramandare e l’insegnamento è un lavoro artigianale e di bottega ed essere allievo vuol dire capire e ascoltare costantemente le parole del maestro. Ma sicuramente alcuni miei allievi possono raccontare meglio come hanno vissuto il periodo in cui sono stata la loro insegnante”.

 

 

Walter Madau

Ballerino del Teatro alla Scala di Milano e neo docente dell’Accademia del Teatro alla Scala

Come hai conosciuto Loreta e in quale occasione?

Avevo 14 anni ed era il mio primo stage fuori dalla mia scuola di danza e dopo aver frequentato per un solo anno danza classica (ho iniziato a frequentare il mio primo corso di danza moderna a soli 11 anni).

Frequentavo un corso estivo IDA tenuto da Massimiliano Scardacchi che poi mi notò e chiamò Loreta, la quale mi consigliò di provare a fare l’audizione per entrare in Accademia. Dopo le sue parole ho cominciato a riflettere molto e passato un anno, a 16 anni, ho fatto l’audizione e sono stato accettato.

Cosa ti ha spinto a diventare ballerino professionista?

Sono riconoscente a Loreta, ero un po’ frastornato ma poi ho cominciato a pensare che ottenevo risultati facilmente e riuscivo a immagazzinare informazioni che mi facevano crescere professionalmente quindi ho deciso di seguire la mia passione. Facevo due ore di viaggio all’andata e due ore al ritorno per andare da Torino a Milano, ora farei una gran fatica, ma la determinazione in quegli anni mi ha aiutato tanto.

Cosa ti ha colpito dei suoi insegnamenti?

Ricordo una donna bellissima, seria, professionale, un miraggio; nella mia scuola di origine c’era ormai un rapporto quasi come tra madre e figlio mentre lì vedevo l’insegnante distaccata, a dare del lei a tutti… la prima volta mi sembrava di morire, bellissima e severa allo stesso tempo (poi con il tempo ho capito invece che era molto docile).

In che modo quando l’hai incontrata di nuovo in Accademia l’hai ringraziata?

Solitamente gli allievi studiano con lo stesso insegnate dal lunedì al venerdì, il sabato mattina invece insegnano altri docenti e quindi poi mi è capitato di danzare con lei e lei si ricordava molto bene di me. Poi un giorno avevamo un’audizione e il nostro insegnante fisso ha avuto dei problemi e non c’erano insegnati liberi e lei si offrì di aiutarci. In quel momento non l’ho ringraziata personalmente ma ho capito grazie a lei quello che dovevo dare alla danza per crescere sempre di più. 

Qual è stato il suo insegnamento che ancora ti porti dietro nella tua vita quotidiana di ballerino?

Proprio in quella occasione che vi ho raccontato, la sera prima dell’audizione, Loreta ci inviò lo stupendo discorso di Steve Jobs “Stay hungry stay foolish” che mi ha lasciato un ricordo indelebile. In quei 10 minuti ci ha educato a come affrontare il mondo lavorativo e come l’importante sia credere sempre al 100% nel proprio lavoro e avere sempre rispetto per tutti. 

Ora sono molto emozionato perché da settembre sarò collega di Loreta e oltre al fatto di saper ballare cercherò di trasmettere il mio sapere attraverso il mio linguaggio. Vorrei essere per i ragazzi, lontani da casa e dagli affetti ad affrontare tutto da soli, un aiuto positivo e il migliore esempio possibile nell’insegnargli ad essere persone rispettabili sempre, dentro e fuori dal palco.

 


 

 

Rebecca Bianchi

étoile del Teatro dell’Opera di Roma

A quale età ha conosciuto Loreta Alexandrescu e per quanto tempo è stata sua allieva?

A 10 anni al primo corso della scuola di ballo e l’ho conosciuta proprio nei giorni di prova e quindi mi insegnò tutto quello che non sapevo perché non avevo mai fatto danza classica. Ho iniziato in una scuola privata di provincia e facevo la sbarra ma la mia insegnante mi disse che avevo doti e talento quindi mi consigliò di provare l’ammissione alla Scuola di Ballo della Scala, cosa che feci. Alla fine del mese di prova feci l’esame e mi ammisero. Sono stata poi sua allieva nel quarto e nel quinto corso e di nuovo mi ha seguita fino al diploma. 

Cosa le ha colpito negli insegnamenti di Loreta?

Il periodo dello studio accademico cambia e rimane un ricordo familiare, pensando a quel periodo ho più volte il ricordo di sentirmi a casa e Loreta era il mio punto di riferimento per la danza. Per me è più difficile dire cosa non mi lasciato perché mi ha lasciato tutto. Loreta aveva capito il mio carattere sensibile e fragile ma non la rendeva comunque più docile nei miei confronti anzi mi spronava e mi diceva che non si poteva piangere (cosa che mi capitava spesso) e che dovevo essere più forte. Quando avevo dei momenti di debolezza, mi stava vicina e la sgridata era fatta solo per dirmi con decisione “devi reagire fai un passo in più”. Lo faceva perché vedeva tanto in me e io ci dovevo credere di più perché pensava che io lo potessi fare meglio e che dovevo uscire dalle lezioni essendo più matura. Crescendo il rapporto con l’insegnante cambia ma all’inizio l’insegnante deve essere più rigido se no i ragazzi si perdono di più, poi il rapporto diventa più amichevole. In lei c’era tanta attenzione e teneva molto alla musicalità. Poi ha sempre valorizzato e protetto il mio lato più espressivo che già era spiccato, cosa non scontata soprattutto quando si studia per migliorare le proprie potenzialità tecniche.

Qual è stato un insegnamento di Loreta che ancora si porta dietro nella sua vita quotidiana di ballerina?

Una frase di Loreta che penso sempre è quando diceva che se sei una vera ballerina devi avere una luce e l’insegnante ti deve notare lo stesso anche quando sei in ultima fila (ci cambiava infatti sempre le file e a rotazione tutti stavamo dietro). Ho sempre fatto tesoro di questo insegnamento anche quando notavo che altri ballerini sentivano invece l’ “esigenza” di farsi notare; ma io grazie a lei ho saputo che vali come ballerino per quello che hai dentro e per quello che sei. L’arte della danza non è solamente apparire ma una cosa propria e una forza interiore che dobbiamo avere sempre e non solo perché ci stanno guardando. Questo è stato e sarà sempre un insegnamento molto importante nel mondo in cui lavoro.

 

 


Nicoletta Manni

prima ballerina del Teatro Alla Scala di Milano

“Ho conosciuto la maestra Loreta a 13 anni appena sono arrivata alla scuola di ballo. È stata la mia maestra durante il quarto corso e successivamente durante il settimo e l’ottavo e mi ha condotto fino al diploma.

Da lei ho ricevuto i primi insegnamenti e consigli, in particolare mi ha insegnato che non si finisce mai di studiare e che si può sempre migliorare anche quando si è diventati prima ballerina. La maestra Loreta mi ha aiutata a crescere sia tecnicamente che artisticamente seguendomi ogni giorno con amore e dedizione e facendomi sentire, ancora oggi, la sua vicinanza. Non finirò mai di ringraziarla.”

 

 

 

 

© Expression Dance Magazine - Settembre 2019

 

 

 

 

 

 

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