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Sergio Bernal

Mercoledì, 24 Gennaio 2024 13:50 Scritto da

DANZO OGNI GIORNO PER CONQUISTARE LA MIA LIBERTÀ

Premio Danza&Danza come miglior ballerino internazionale nel 2023, Sergio Bernal nasce a Madrid nel 1990. A soli quattro anni incontra il flamenco e la danza spagnola che lo porterà nel 2012 ad entrare nel Ballet Nacional de España dapprima come solista e poi come primo ballerino nel 2016.

MM: Sergio hai iniziato a danzare sin da piccolo il flamenco che cosa ti ha conquistato di questa danza?
SB: E’ stata davvero strana questa mia passione perchè mia madre ha portato me e mio fratello gemello a studiare danza così per caso: nessuno in famiglia è stato mai coinvolto in alcun modo nella danza. Anzi di solito per i maschi era più normale giocare a football e infatti mio fratello dopo una settimana non è più voluto venire con me… mentre a me si è aperto un mondo: il mio mondo. Ho capito fin da subito che il mio modo di comunicare era la danza e danzare per me era il mio modo per sentirmi libero.
La prima volta che sono salito su un un palcoscenico, quando avevo solo quattro o cinque anni, ho capito che mi sentivo libero parlando al pubblico attraverso il mio corpo. Con la danza mi sento libero di creare bellezza e di costruire emozioni. Ho capito sin da piccolo che la bellezza che costruiscono ed emanano gli artisti sia importante e decisiva per la società e credo che il mondo ne abbia sempre di più bisogno vivendo così tanti momenti difficili.

MM: Nel tuo percorso ti ha guidato una spinta emotiva che ti faceva sentire completamente libero?
SB: Sì e lo ero anche quando uscivo dalla scuola di danza e giocavo con gli amici, sognavo sempre di essere su un palcoscenico. Credo sia bello fare del tuo lavoro, della tua vita, un gioco. Certo, abbiamo sempre delle responsabilità, dei problemi, come tutti, ma se fai quello che ti piace ti senti realizzato. Specie in un lavoro come il mio nel quale devi riuscire a trasmettere serenità e bellezza al pubblico.

MM: Ci puoi spiegare meglio la differenza tra il flamenco e le altre danze spagnole?
SB: Il primo ballo spagnolo che è nato è stato il flamenco ma agli inizi del ‘900 i ballerini di flamenco hanno studiato anche il balletto classico e hanno capito che sarebbe stato possibile “mixare” queste tipologie di danza. Quella che ne è derivata è la danza spagnola dove si possono vedere anche passi simili al repertorio classico. A differenza del ballo spagnolo, il flamenco nasce nell'individualità e la differenza con la danza spagnola è proprio questa: si può fare anche un solo ma è normale costruire balletti con più persone.

MM: Per questo la tua formazione parte dal flamenco ma è riuscita ad includere anche altre forme di danza?
SB: E’ proprio così. Perchè se hai il flamenco dentro di te hai anche una forza incredibile e se riesci ad unire danza classica e danza contemporanea puoi portare il flamenco verso un movimento più bello e ricco. E’ proprio l'eredità che ci ha lasciato un maestro di ballo flamenco come Antonio il Ballerino che negli anni ‘40/’50 è andato in tour a New York con la sua compagnia e ha visto e studiato sia il balletto classico che Fred Astaire e Gene Kelly. Se vedi ad esempio il suo Il Cappello a tre punte, non quello di Massine, è evidente l’influenza di Fred Astaire: è riuscito a mixare lo stile della star americana con il ballo spagnolo. Poi la danza classica (con balletti come Bayadere e Don Chisciotte) ha ispirato i maestri del flamenco nel creare coreografie non più di soli ma di gruppo.

MM: Con lo spettacolo prodotto dalla tua Compagnia con il quale sei in tournée, Una notte con Sergio Bernal, stai anche educando il pubblico sulla cultura spagnola del ballo?
SB: “Quasi quasi sto facendo una minestra di verdura” (n.d.r. Sergio ride molto) perchè c’è flamenco, balletto classico, ballo spagnolo. Mi piace molto questa commistione anche perchè anche quando balli il flamenco devi saper fare anche una piroette o un tour en l’air e devi creare una linea bella. Il flamenco è una forza della natura, una forza che viene dal corpo, quel sentimento che hai dentro di te, un modo di parlare un pò diverso, come si parla l’italiano in modo diverso in diverse regioni. Il flamenco è una forma di ballo diversa che viene dal cuore e per questo motivo il flamenco mi piace tantissimo ma il balletto ha un altro tipo di bellezza, un “altro vocabolario” che comunque mi ha conquistato.

MM: Quanti anni avevi quando ti sei avvicinato anche alla danza classica?
SB: A undici anni sono entrato al Conservatorio (equiparabile alla vostra Accademia nazionale di danza) perché la passione per il flamenco stava diventando qualcosa di più serio. A quel punto lì dovevi saper ballare tutto: tutti gli stili del ballo spagnolo e il balletto classico. All’inizio non lo apprezzavo molto, ma poi mi sono innamorato anche di questa disciplina e di quello che il balletto classico poteva dare alla mia formazione di flamenco. Il tutto è diventato per me qualcosa di speciale che non so ben specificare ma che mi piace molto!

MM: Che poi è il tuo tratto distintivo?
SB: La verità è che mi piace molto questo mio stile che sto portando avanti grazie a tutte le influenze di cui ti ho parlato.

MM: E in che modo la danza classica ha influito nel tuo modo di ballare “alla spagnola”?
SB: Tantissimo. Perchè la danza classica è una disciplina che prevede un forte controllo. Se nel ballo spagnolo devi fare un salto o una piroette e possiedi una base classica molto forte, ottieni un controllo del corpo molto più forte. La danza classica ti aiuta a far diventare una posizione più bella, armoniosa e anche più sana per il corpo e questo aiuta moltissimo il ballo spagnolo.

MM: Immagino sia molto diverso anche il riscaldamento di queste due discipline. C’è meno controllo del bacino nel riscaldamento del flamenco rispetto alla danza classica?
SB: Se balli flamenco non si va alla sbarra, chi balla il flamenco indossa già le scarpe e si fa riscaldamento con i piedi e solo successivamente comincia a muovere il corpo. Tutta la parte del bacino che si controlla con il movimento classico nel flamenco non c’è. Una volta l’uomo era molto fermo e ballava solo con le gambe e con il bacino abbastanza fermo, diversamente le donne ballavano solo con la parte di sopra. Ora il flamenco è cambiato e si balla con il tutto corpo: oggi il flamenco si è molto evoluto perché ha risentito delle diverse influenze di cui vi ho raccontato.

MM: Per la tua arte è stato quindi fondamentale utilizzare diversi linguaggi e forme di danza per comunicare?
SB: Assolutamente si, perchè il movimento è diventato più ricco. Ho sempre ballato flamenco e danze spagnole al Balletto nazionale spagnolo poi sono stato anche alla Compagnia nazionale di danza (n.d.r. classica) per partecipare a due produzioni tra cui ricordo l’Apollo di Balanchine che per me è stata una bellissima esperienza: era una forma completamente diversa da quello che avevo fatto fino a quel momento.

MM: Quando hai poi capito che la tua strada da primo ballerino ti stava stretta e hai deciso di lasciare il Balletto Nazionale Spagnolo?
SB: Ero da otto anni al Balletto nazionale di Spagna dove sei coperto, sicuro, tranquillo… sei un “funzionario dello Stato” ma lì devi fare quello che ti dicono gli altri. Per questo a gennaio 2020 ho deciso di intraprendere la mia strada con la mia compagnia. Il mio slancio purtroppo ha subito un forte punto d’arresto a marzo 2020 quando il mondo è stato chiuso a causa del Covid-19. Per me è stato un momento molto forte e mi sono chiesto: “mamma mia adesso cosa faccio?”.

MM: Proprio in un momento in cui ti sarai sentito molto energico non deve essere stato semplice per te?
SB: Si anche se, dopo uno smarrimento iniziale, quel momento di pausa forzata, in quel periodo preciso della mia vita e della mia carriera, mi è comunque servito molto per prendermi più tempo per capire veramente dove volevo arrivare, capire al meglio come costruire il mio progetto e capire la mia vera direzione. All’inizio, come tutti, ero stressato per la paura, ma poi ho preso tempo e ho capito che potevo essere tranquillo nel tracciare la strada giusta per la mia compagnia… Alla fine è stato un momento veramente molto bello e importante per me.

MM: Curi anche le coreografie della tua Compagnia?
SB: Si mi piace tantissimo cercare la strada giusta, capire come posso fare di più, come posso arrivare ad un’altra forma. Anche se ho invitato anche altri coreografi, questo lavoro mi piace perché porta a conoscerti meglio anche come ballerino: creando le coreografie devi riuscire ad andare fuori dal tuo posto come ballerino… Mi piace assumermi questo rischio.

MM: In effetti mi pare che sin da piccolo dai un valore molto alto alla libertà…
SB: Assolutamente. Quando sei libero sei empatico; perché la libertà per ballare e trasmettere un’emozione è fondamentale specie in un tempo dove non c’è molta libertà… Certo, rispetto a cento anni fa abbiamo più libertà però è un momento un pò delicato e la paura senz’altro ci ferma.
Mi voglio prendere la libertà di fare quello che mi piace e con il mio lavoro voglio dire: questo sono io.

MM: Vuoi dire che se ti va bene come sono, questo sono io?
SB: Esattamente. Ovviamente qualche volta ho paura ma credo che sia importante avere questo senso di libertà per vivere pienamente e per andare sul palcoscenico serenamente… Sto lavorando ogni giorno per conquistare la mia libertà!

MM: E in che modo Riccardo Cue ti ha sostenuto nell’apertura della tua compagnia e ti ha stimolato a credere nella tua libertà?
SB: Lui per me è come un padre. Mi ha conosciuto quando avevo quasi diciotto anni e stavo per finire il Conservatorio ed era già un maestro di grande esperienza avendo vissuto per quindici anni a New York negli anni ‘60 e ‘70 quando nella grande mela lavoravano artisti come Baryšnikov, Nureev, Marta Graham, Cunningham e dove si respirava un mondo di arte straordinaria. É proprio lui che mi ha aiutato a capire che c’era un mondo diverso da quello del flamenco e grazie a lui ho conosciuto mondi diversi come l’architettura dello spettacolo nella sua interezza.

MM: Non solo quindi nei confronti della tua performance da ballerino?
SB: Assolutamente. Cue è co-direttore della Compagnia che ho fondato e lavoriamo a stretto contatto, crea anche lui le coreografie per la Compagnia e utilizza un “vocabolario” molto più chiaro incentrato in un’epoca di ballo più classico e a me diversamente piace qualcosa di più moderno. Siamo alla continua ricerca di un equilibrio per creare il meglio per me ma soprattutto per il pubblico.
Ad esempio, ho reinterpretato la coreografia che Cue aveva creato nel 2000 Il Cigno che rappresenta la morte di un cigno creata però per un uomo. Interpretare questa figura è stato molto interessante per il mio percorso perché mi ha fatto esibire in un altro modo sul palcoscenico, cercando un’altra forma di me senza indossare le scarpe da flamenco. Cue mi ha fatto crescere molto e sempre spronato come artista.

MM: Che cosa credi sia un elemento fondamentale e imprescindibile di una produzione della tua Compagnia?
SB: In un mio spettacolo deve andare tutto bene, ogni aspetto dello spettacolo, perché siamo uno e tutti. Un musicista, un cantante o un ballerino e io siamo la stessa persona e dobbiamo avere tutti la stessa energia sul palco, dobbiamo pensare in una stessa direzione per cercare di “rapire” il cuore degli spettatori che ci stanno guardando. Tutti quelli che lavorano con me sono importanti nello stesso modo sia all’interno del palcoscenico che fuori. Anche chi lavora dietro alle quinte è fondamentale perché senza il loro aiuto io non potrei mai salire sul palco. Io senza l’organizzatrice (Irene che è qui con me) e Daniele Cipriani non avrei fatto nulla.
Per questo dico che tutti hanno la stessa importanza per andare dritti all'obiettivo e ottenere quello che si vuole.

MM: Il suo incontro con l’Italia è stato merito di Daniele Cipriani?
SB: Sicuramente. Ho iniziato a lavorare con lui dodici anni fa. All’inizio sono stato ospite nel gala di Les Etoiles e dopo la pandemia gli ho parlato della mia Compagnia e mi ha aiutato nel portare anche questa nuova mia sfida artistica in tour. E anche grazie a lui che il mio progetto, in un mondo, come quello della danza, che non è molto semplice, sta arrivando in Europa e anche fuori Europa.
Ogni giorno sto lavorando per ottenere il massimo. Noi ballerini poi abbiamo una carriera corta e io già ho trentatre anni: devo cercare di ottenere più cose possibili, lavorare e lavorare il più possibile e velocemente.

MM: Ho visto che sei molto seguito dai giovani e di recente sei stato ospite come giudice ad Amici…
SB: Devo dire che Maria De Filippi fa un lavoro molto interessante e importante. Andare in un programma televisivo che è una scuola professionale in cui ti insegnano diversi stili a sedici/diciotto anni è a mio avviso un'opportunità in più per “bucare il mercato”. Ne vedo tanti di ragazzi che escono dalla scuola dopo dieci/undici anni di lavoro sul corpo e spesso non hanno molte opportunità nel mondo del lavoro.

MM: É più difficile trovare lavoro oggi rispetto ai tuoi tempi anche in Spagna?
SB: Non lo so, magari ci sono le stesse opportunità. Senz’altro io sono stato molto fortunato ma conosco molti ballerini altrettanto bravi e con una grandissima energia che non trovano lavoro e questo mi dispiace molto.

MM: Ho visto che di recente hai insegnato ad una classe di balletto del Conservatorio. Nel futuro ti vedi come insegnante?
SB: Sì, mi è piaciuto moltissimo vedere giovani che crescono nella danza. Quando insegno gli dico: guarda quale è la tua strada, pensa dove vuoi arrivare, vai dritto, inseguila e vai avanti, sicuramente arriverai. Nel frattempo avrai sicuramente dei problemi ma prosegui così come credi sia giusto e dove vuoi arrivare.

MM: I giovani ti seguono molto su Instagram dove alterni momenti di vita privata a momenti di backstage di spettacolo. Ti piace seguire anche questo aspetto della tua carriera?
SB: Proprio ieri stavo parlando di questo… (n.d.r. ride). Mi piacciono i social media e viviamo in questo momento in cui i social la fanno da padrone, ma dei social non mi piace la velocità per cui tutto il giorno devi fare qualcosa di nuovo altrimenti “sei morto”. Su questo aspetto non sono per nulla d’accordo: è un mercato, un fast food, noi invece stiamo lavorando sull’arte e ogni giorno non si possono produrre contenuti nuovi: è impossibile. In generale credo che i social siano utili per questo tempo ma li vedo come uno strumento di lavoro.

MM: Lo uso, mi piace, ma non voglio esserne schiavo perchè chi mi vuole seguire mi segue così come sono, è corretto?
SB: Assolutamente. E poi tutti i giorni non sono uguali e tutti i giorni non sono felici e ogni giorno non è una festa, si rischia poi di diventare finti e questo credo che non sia giusto per chi ti segue: i social sono uno strumento e devono essere usati in modo corretto.

MM: Ci saranno altre date in Italia con i progetti della Compagnia e a fine gennaio sarai di nuovo in Italia con il nuovo progetto Las Estrellas del Flamenco. Sogni nel cassetto per il tuo futuro?
SB: Essere felice con quello che faccio. Il progetto più importante della mia vita è lavorare per migliorare ogni giorno: voglio migliorare non solo nel lavoro ma anche nella vita privata, essere sereno con tutti sia con la famiglia che con gli amici e con gli amici degli amici, essere tranquillo e vivere serenamente. Questo è il progetto più importante della mia vita. Cercare di aspirare alla serenità, costruire ogni giorno la strada per la felicità anche se sono consapevole che non è possibile esserlo tutti i giorni.

Sergio Bernal è una persona schietta e sincera. Nelle sue parole si capisce quanto sia importante la sua libertà espressiva che quotidianamente ricerca con la danza. E’ un ballerino che presenta qualità straordinarie coniugando due anime che sembrano distanti, ma che, come ci ha raccontato, sono nella direzione scelta per sé e la sua compagnia che lo sta portando nel firmamento delle stelle della danza con una umiltà e un’intelligenza che è propria solo dei più grandi… D’altra parte quale ballerino incontra il suo “mito” Michail Baryšnikov e ringrazia la vita per questo incontro?


Gli appuntamenti

Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, Roma

Tra i protagonisti di Las Estrellas del Flamenco – 28/29 gennaio 2024

Tra i protagonisti di Les Étoiles – 15/16/17 marzo 2024

Il tour:
Una Noche con Sergio Bernal

Marzo 2024

Teatro Piccinni di Bari – 5/03
Teatro Kennedy di Fasano – 9/03
Teatro Fusco di Taranto – 10/03
Teatro Politeama Greco di Lecce – 12/03
Tuscany Hall nella stagione del Teatro Verdi di Firenze – 23/03
Teatro Ristori di Verona – 24/03
Teatro "Ebe Stignani" di Imola – 26/03
Teatro della Regina di Cattolica – 27/03 

La tecnologia applicata alla danza

Mercoledì, 24 Gennaio 2024 13:46 Scritto da

Nuove visioni didattiche legate all’intelligenza artificiale

 

Storicamente i danzatori hanno utilizzato gli specchi durante l'allenamento come forma di feedback auto-riferito1. Quando combinato con i commenti degli insegnanti questo consolida l'apprendimento dei ballerini e migliora la loro connessione mente-corpo quando si esibiscono sul palco1. Alcuni studi pubblicati di recente hanno investigato l'uso della tecnologia nel produrre feedback volti a migliorare le performance sportive. Gilgen-Ammann et al. (2018) per esempio hanno utilizzato la video-analisi per migliorare la forma e la tecnica degli sprinter2. Il risultato ha mostrato un miglioramento significativo sia nella tecnica che nella velocità di sprint rispetto ai gruppi di controllo2.
Con la chiusura delle palestre a causa della pandemia di COVID-19 i danzatori, i coreografi e gli insegnanti si sono rivolti all'insegnamento a distanza e si sono diffusi nuovi modi di praticare. Video coreografici, lezioni on-demand e social network che pubblicano video di danzatori sono diventati popolari anche se poco si sa su quale sia la migliore pratica per il loro utilizzo effettivo in termini di apprendimento a distanza. Con il recente interesse verso l’utilizzo delle tecnologie digitali e della intelligenza artificiale (IA) esiste invece una concreta possibilità di ottenere feedback a distanza da esperti o collaborando a distanza grazie alla quale danzatori potrebbero continuare a lavorare sulla loro tecnica e/o forma da remoto.
Il nostro team ha recentemente sviluppato uno strumento digitale che può assistere nella valutazione della tecnica, analisi dei movimenti e produrre un feedback personalizzato per i danzatori3. Sincronizzando la registrazione video di un modello con un partecipante, il software facilita l'analisi del timing, della posizione globale nello spazio e dei segmenti corporei3. Questo strumento può infatti aiutare danzatori e insegnanti a tenere traccia dei progressi, a collaborare a distanza sulla stessa coreografia e a produrre un feedback che sia utile per entrambe le parti.
La diffusione delle tecnologie digitali e dell'IA continuerà a crescere nella nostra società. Con ulteriore sviluppo, test e revisione, potremmo sviluppare ulteriori strumenti che sarebbero utili non solo nei confronti degli aspetti legati all’apprendimento di una coreografia da remoto ma anche strumenti che offrano la possibilità di svolgere esercizi di riabilitazione in modalita’ remota, oltremodo conosciuta come “tele medicine o tele rehabilitation”.
Con il presente articolo vogliamo incoraggiare colleghi e colleghe ad intraprendere ulteriori studi sull’utilizzo di tecnologie digitali ed esplorare e condividere il loro potenziale correlato al mondo della danza.

Bibliografia
1. SALLY A., RADELL MA, MFA, IADMS DANCE EDUCATORS’ COMMITTEE. Mirrors in the Dance class: Help or hindrance. International Association for Dance Medicine & Science. 2019.
2 Gilgen-Ammann R, Wyss T, Troesch S, Heyer L, Taube W. Positive Effects of Augmented Feedback to Reduce Time on Ground in Well-Trained Runners. Int J Sports Physiol Perform. 2018 Jan 1; 13(1):88–94. doi: 10.1123/ijspp.2016-0746
3. Gallo V, Zhou X, Abdallah D, Angioi M, Redding E, Ackroyd B, et al. MotionPerfection: An agile tool for the visualisation, analysis, annotation, and record of motor practice. [Internet] 2022 Dec 11. [cited 2023 Jan 26]; Available from: https://psyarxiv.com/sw63q/

IL TEAM DI RICERCATORI

• MANUELA ANGIOI PhD, FIADMS, Senior Lecturer at QMUL, London, UK. Centre for Sports &; Exercise Medicine, Queen Mary University of London (QMUL)
• EMMA WELSH iBSc Sports &; Exercise Medicine, QMUL MBBS candidate, London, UK.
• PRIYA SINHA iBSc Sports &; Exercise Medicine, QMUL MBBS candidate, London, UK.
• ELISABETTA VERSACE PhD, Post Senior Lecturer - School of Biological and Behavioural Sciences, QMUL, London, UK.
• DYLAN MORRISSEY Professor and Consultant Physiotherapist in Sports and Musculoskeletal Physiotherapy - Queen Mary, University of London and Bart's Health NHS trust.
• THEANO VIKATOU MSc Sports & Exercise Medicine, English National Ballet school physiotherapist, London, UK.
• CAROLINE JUBB MSc Sports & Exercise Medicine, Physiotherapist and Lecturer at QMUL, London, UK.
• JUNCAL ROMAN MSc Sports Science and Neuro MSK physiotherapy, Physiotherapist and Head of Healthcare at English National Ballet school, London, UK.
• KAREN SHERIFF MSC, Physiotherapist and Healthcare Lead of the Royal Ballet School, London, UK.

 

L’equilibrio: super potere o raffinato sistema di cooperazione?

Mercoledì, 24 Gennaio 2024 13:29 Scritto da

Ore 18. La classe di danza è iniziata da poco e la Maestra chiede di lasciare la mano dalla sbarra e mantenere l’equilibrio. Io vorrei tanto abbandonare quella sicurezza che mi conforta nel rimanere collegata al mio sostegno quotidiano e risultare da subito sicura e stabile. Purtroppo mi sento precaria e non ho ancora capito se "congelare" il mio corpo e smettere di respirare, come mi verrebbe istintivo fare, mi permetterà di raggiungere il risultato. Ho 12 anni e nonostante la mia insegnante mi ripeta spesso che un buon equilibrio è il risultato di una profonda attivazione muscolare e vi siano in verità una vastissima gamma di movimenti sinergici da compiere per mantenerlo, la mia unica reazione è di voler bloccare il respiro per cercare di mantenere la posizione. Mi chiedo come fanno i professionisti a mantenersi in aplomb sulle punte…
Mi appaiono come veri e propri maghi che possiedono formule magiche così potenti da poter infrangere le leggi della fisica.

Queste sono le parole di Laura, allieva super volenterosa che, tuttavia, non ha ancora trovato la chiave di volta per conquistare un corretto equilibrio: base essenziale della coordinazione dinamica e di qualsiasi azione nella vita quotidiana, prerequisito fondamentale per raggiungere un buon livello di competenza se parliamo di professionismo nella danza. Da cosa dipende questa abilità? Non si tratta, come pensa Laura, di un super potere ma tutto dipende dal raggiungimento di un raffinato controllo esercitato dal sistema nervoso centrale sull’apparato locomotore per cui alcuni muscoli rimangono più contratti e altri più rilasciati per compensare la forza di gravità: quella centrifuga e quella di inerzia. Si tratta di un controllo dinamico e incosciente, infatti a fronte di qualsiasi movimento è necessaria una correzione della posizione poiché il centro di gravità subisce uno spostamento. Affinché il sistema nervoso centrale possa effettuare le dovute correzioni deve ricevere un’informazione adeguata sulla posizione di ogni parte del corpo in ogni momento. Questo input proviene da diverse fonti:
- segnali inviati dagli organi posti nell’orecchio interno dove si analizzano i movimenti provenienti dall’endolinfa
- segnali provenienti dalla sensibilità cutanea e propriocettiva, muscoli, tendini e articolazioni
- segnali provenienti dall’organo della vista.

I ballerini con un buon equilibrio hanno la capacità di mettere insieme tutti questi fattori sviluppando, attraverso l’allenamento, la forza necessaria dei muscoli che contribuiscono a garantire il controllo posturale. Il suggerimento che possiamo dare a Laura è in primis quello di rafforzare il core ovvero l’insieme di tutti quei muscoli che stabilizzato il centro e fungono da ponte nel trasferimento di forze dagli arti inferiori a quelli superiori e viceversa. Altro consiglio consiste nell'introdurre nella sua routine esercizi che stimolino ad adattarsi a posizioni e sensazioni nuove e diverse con difficoltà dovute a basi di appoggio più strette e superfici irregolari.
Il training propriocettivo metterà infatti alla prova infatti i recettori presenti nei muscoli, nelle articolazioni, nei tendini e nel tessuto connettivo e con la pratica darà risultati infallibili. In tal senso un piccolo attrezzo formidabile allo scopo è la soft ball. Cara Laura, per fortuna nessuna magia occulta da mettere in atto, solo esercizi mirati e un po’ di pazienza. Buon lavoro!

Il Performance Profile di Butler

Mercoledì, 24 Gennaio 2024 12:13 Scritto da

Uno strumento dalla psicologia dello sport alla danza


INTRODUZIONE

Il Performance Profile (PP) è uno strumento utilizzato nel campo della psicologia dello sport, elaborato da Richard J. Butler alla fine degli anni novanta, che viene proposto tutt’ora tra gli interventi psicologici applicabili all’ambito sportivo. Tale mezzo è stato formulato per conferire all’atleta un ruolo più attivo nei processi decisionali che lo riguardano e dargli la possibilità di sviluppare e incrementare l’autoconsapevolezza dei propri punti di forza e debolezza e favorire, infine, un aumento della propria motivazione in fase di allenamento e di gara.
Il Performance Profile è nato specificamente per la popolazione degli sportivi e soltanto recentemente pochissimi studi hanno provato ad applicarlo al mondo della danza. Alcuni studi evidenziano come la popolazione dei danzatori abbia moltissimi punti in comune con quella degli sportivi, per questo motivo si è voluto studiare l’applicazione del Performance Profile all’ambito della danza. Nello specifico lo strumento è stato presentato ad alcuni studenti dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma con l’obiettivo di osservare gli impatti che tale intervento avrebbe avuto sul campione di danzatori selezionato.


IL PERFORMANCE PROFILE

Nell’articolo pubblicato nel 1992 The Performance Profile: Theory and Application, Richard J. Butler e Lew Hardy spiegano quanto sia importante che l’atleta partecipi attivamente al processo relativo alla decisione degli scopi da raggiungere in campo sportivo. Quello che solitamente avviene in fase di allenamento è che l’allenatore esegua valutazioni individuali sull’atleta ed attui un programma formativo per portarlo allo sviluppo di tutte le abilità tecniche e psicologiche necessarie per quel determinato sport, mentre lo sportivo si limita a seguire le indicazioni del proprio coach cercando di raggiungere i risultati richiesti. Il Performance Profile, quindi, nasce dalla riflessione secondo la quale l’allenatore indica le “proprie” conclusioni all’allievo operando una spiegazione basata sul convincimento dell’atleta, che assume un ruolo tuttalpiù passivo in questo processo. Come riportato nel libro Psicologia e attività sportiva di Richard J. Butler, l’atleta potrebbe considerare gli obiettivi posti in modo differente rispetto al suo allenatore e non sentirsi coinvolto appieno nel suo stesso lavoro ritrovandosi, quindi, a compiere dei sacrifici per migliorare aspetti a cui lui non tiene abbastanza, o comunque, non tanto quanto il suo coach. Il Performance Profile non è altro che un’applicazione naturale della Teoria dei Costrutti Personali di G.A. Kelly del 1955 alla psicologia dello sport, formata da un postulato fondamentale e undici corollari aggiuntivi. Tale teoria si basa sulla concezione che nessuna persona abbia accesso diretto alla verità assoluta nella vita e che ognuno veda il mondo dal proprio punto di vista personale. In altre parole Kelly ha sostenuto che, piuttosto che conforme a un’unica realtà inalterabile, il nostro presente è aperto all’esplorazione e alla revisione, quindi, ci sono sempre modi alternativi di interpretare gli eventi. A partire da questo concetto fondamentale risalente alle teorie costruttiviste dei primi anni cinquanta del novecento, il Performance Profile si propone come uno strumento utile per fare in modo che l’allenatore possa conoscere e comprendere a fondo il punto di vista e i bisogni dell’atleta.


L’APPLICAZIONE DEL PERFORMANCE PROFILE DI BUTLER E HARDY

Butler e Hardy, nel loro articolo del 1992, spiegano il metodo di base della profilazione delle prestazioni. Questo strumento può essere applicato ad un singolo atleta oppure ad un gruppo o una squadra e può essere ripetuto più volte a distanza di settimane o mesi fungendo anche da monitoraggio delle proprie prestazioni.


FASE I - PRESENTAZIONE DELL’IDEA ALL’ATLETA

La prima fase del PP consiste nella presentazione dell’idea all’atleta. Con l’aiuto di alcuni esempi di altri Performance Profiles viene illustrata la procedura di base spiegando all’atleta come la tecnica serva, per prima cosa, per scoprire ciò che l’atleta considera importante per essere un atleta d’elite.


FASE II - ELICITAZIONE DEI COSTRUTTI

La seconda fase riguarda, invece, la suscitazione dei costrutti che non sono altro che le qualità fondamentali, proposte dagli atleti, per essere un ottimo performer nello sport in questione. Tale elenco di caratteristiche, in caso di lavoro con le squadre, viene generato attraverso un brainstorming. In questa fase viene chiesto al gruppo di riflettere sulla domanda Quali sono secondo te le qualità o le caratteristiche di un atleta professionista nel tuo sport? A quel punto gli atleti discutono e stilano un’ampia lista di qualità che poi verranno revisionate dall’intero gruppo selezionando quelle ritenute più importanti e comunque accettate da tutti i componenti.
L’aspetto unico e fondamentale del profilo della prestazione, che si riferisce alla Teoria dei Costrutti di Kelly, risiede proprio nella sua costruzione che nasce dalle parole stesse dello sportivo e dalle caratteristiche che lui, in prima persona, considera importanti. Pone, quindi, lo sportivo come protagonista a tutto tondo della strutturazione del proprio profilo delle prestazioni ed è, perciò, orientato all’atleta e specifico per l’atleta.


FASE III - LA VALUTAZIONE

Butler e Hardy espongono, infine, la fase della valutazione in cui il performer è chiamato a valutare sé stesso rispetto a come si percepisce in quel momento per ognuna delle qualità stabilite nella fase precedente. Per questo processo viene utilizzata la cosiddetta Ruota di Profilazione. La valutazione avviene su una scala da 1 a 10 in cui con 1 si intende “per niente”, mentre con 10 “molto”. Tali valutazioni verranno confrontate poi con quelle delle settimane successive diventando motivo di autoanalisi e riflessione per l’atleta rispetto ad eventuali miglioramenti o peggioramenti.
Esistono molteplici procedure che possono essere utilizzate per la profilazione delle prestazioni e sono riportate nel suddetto articolo del 1992 di Butler e Hardy che spiegano i diversi utilizzi del Performance Profile. In particolare, si ricorda una tra le più significative, ovvero quella in cui anche l’allenatore è chiamato a compiere una valutazione dell’atleta per ogni caratteristica: la ruota di profilazione compilata dal coach dovrà essere confrontata con l’autovalutazione dello sportivo diventando oggetto di dialogo tra i due e favorendo la loro comunicazione per la programmazione e la condivisione degli obiettivi da raggiungere.


GLI STUDI SUCCESSIVI A RICHARD J. BUTLER

Dopo circa vent’anni dall’ideazione della tecnica del Performance Profile, presentato alla comunità della psicologia dello sport da Butler tra il 1989 e il 1992, gli studiosi Daniel F. Gucciardi and Sandy Gordon ne hanno descritta un’estensione e rivisitazione attingendo in modo più completo alla Psicologia dei Costrutti Personali (PCP) di Kelly del 1995 e fornendo anche un esempio di questa nuova tecnica rivista nella pratica.
L’applicazione della tecnica del PP rivisto segue un percorso simile a quello della versione originale di Butler & Hardy del 1992, con l’eccezione di tre passaggi indipendenti, ma correlati, coinvolti nella fase di elicitazione del costrutto.
A differenza dell’originale tecnica del profilo delle prestazioni, la versione riveduta offre una più ampia gamma di informazioni generate e include una valutazione più approfondita del contenuto della struttura dei sistemi costruttivi che guidano gli sforzi per avere un impatto maggiormente positivo sull’applicazione del Performance Profile. Il Performance Profile rivisto risulta, ad oggi, uno strumento molto utile per il raggiungimento degli obiettivi posti inizialmente da Butler. Tuttavia risulta ancora molto recente e perciò poco applicato poco conosciuto nell’ambito sportivo. Per tale motivo, nella presente ricerca si è scelto di adottare il Performance Profile originale di Butler.


GLI IMPATTI DEGLI INTERVENTI PSICOLOGICI SUGLI ATLETI

Butler e i suoi colleghi, in uno studio del 1993, hanno affermato che il PP si presta efficacemente come strumento per aumentare la consapevolezza di sé e l’impegno per le prestazioni atletiche. L’utilità del processo del PP consiste proprio nell’invitare gli atleti a esplorare, riflettere ed esprimere ciò di cui potrebbero essere attualmente ignari. Butler ha affermato, infatti, che il processo di elicitazione e valutazione delle qualità personali può rivelarsi illuminante per alcuni atleti poiché diventano più consapevoli di ciò che considerano importante e di come le proprie prestazioni corrispondano a quello che si aspettano. A partire dalla consapevolezza di sé stessi e dei propri punti di forza e debolezza nell’individuo nasce la volontà di definire i propri obiettivi e di agire in funzione del proprio miglioramento. Questi concetti sono strettamente legati alla motivazione: le persone, quando sono motivate, si prefiggono di realizzare qualcosa e per questo motivo intraprendono un’azione orientata all’obiettivo. In questo caso se l’azione compiuta è percepita dall’atleta come liberamente scelta porterà a risultati migliori. L’individuo, infatti, può raggiungere il più alto livello di motivazione tramite la motivazione intrinseca che implica la messa in atto di un comportamento unicamente per il piacere che ne deriva, o per un generale senso di soddisfazione personale.


IL PERFORMANCE PROFILE PER LA DANZA

Il numero di studi relativi al Performance Profile applicato alla danza presenti in letteratura è davvero esiguo, nonostante moltissimi ricercatori convengano che i principi della psicologia dello sport (concetti, tecniche, abilità) possano essere trasferiti ad altre aree di performance, soprattutto all’ambito artistico.
Sebbene esistano alcune differenze tra sport e arti dello spettacolo (ad es. competizione, abilità artistica, natura del pubblico) sono evidenti anche molte somiglianze in merito.
Constatato ciò, la quasi totale mancanza di studi del genere relativi alla popolazione dei danzatori, rispetto alle numerose ricerche relative allo sport, ci segnala la preoccupante sottovalutazione della necessità di interventi psicologici anche nel campo della danza.

Bibliografia
Butler R. J., Hardy, L., The performance profile: Theory and application. The sport psychologist, 1992, 6(3), pp. 253-264.
Butler R., Performance profiling: Assessing the way forward, Sports psychology in performance, Oxford: Butterworth-Heinemann, 1997, pp.33-48
Butler Richard J., Psicologia e attività sportiva. Guida pratica per migliorare la prestazione, Il pensiero scientifico, 2009, p. 10.
Butler Richard J., Smith M., Irwin I, The performance profile in practice, Journal of Applied Sport Psychology, 1993, pp. 48-63.
Deci Edward L., Ryan Richard M., Intrinsic motivation and selfdetermination in human behavior, Plenum, New York, 1985.
Gucciardi Daniel F., Gordon Sandy, Chambers T., A personal construct psychology perspective on sport and exercise psychology research: The example of mental toughness, Morgantown, WV: Fitness Information Technology, 2007, pp. 43–55.
Gucciardi Daniel F., Gordon Sandy, Revisiting the performance profile technique: Theoretical underpinnings and application, The Sport Psychologist, 2009, pp. 93-117.
Hays Kate F., The enhancement of performance excellence among performing artists, Journal of Applied Sport Psychology,2002, pp. 299- 312.
Kelly George A., A Theory of Personality, The Psychology of Personal Constructs, Norton, New York, 1963.
Ryan Richard M., Deci Edward L., Self-determination theory and the facilitation of intrinsic motivation, social development, and well-being, American psychologist, 2000, p. 68.

Un gesto senza tempo

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:16 Scritto da

La fotografia di danza ai tempi dei social

La fotografia, sin dalla sua nascita, ha da subito seguito anche la danza, dapprima cercando di carpire i momenti iconici, le pose e le scene nel suo complesso, andando poi con il tempo e l’avanzamento delle tecniche a privilegiare il movimento anche grazie all’utilizzo di luci e composizioni sperimentali. Negli anni ‘30 e ‘40 del Novecento quando la nuova danza moderna ideata da Martha Graham stava guadagnando un suo spazio nella storia della danza, il movimento è stato fissato dalla fotografa di fiducia di Graham, Barbara Morgan, di cui lei diceva: “È raro che un fotografo, persino ispirato, possegga l’occhio demoniaco in grado di catturare l’istante della danza e trasformarla in un gesto senza tempo…”. Non è un caso se anche oggi le immagini create in studio sono spesso accompagnate dall’utilizzo di materiali fluidi e leggeri o di costumi e tessuti che cadono in maniera diversa ogni volta che sono accompagnati da un passo di un ballerino in movimento.
La danza rappresenta un modo universale per dipingere la bellezza e creare momenti perfetti dal punto di vista estetico, specie in un mondo, come quello in cui viviamo, dove la perfezione e la bellezza la fanno da padrona. Grazie al web i fotografi di danza hanno avuto a disposizione una vetrina più ampia per esprimere la propria arte dietro la macchina fotografica e i fruitori hanno avuto a disposizione un mondo d’arte a portata di clic facilmente consultabile.
Tra gli artisti più affermati sui social si possono delineare due tipologie di scatti: quelli più artistici e quelli che prendono spunto dal quotidiano ritraendo in pose “più semplici” in luoghi naturali o urbani.
Artista tra i più famosi sul web il fotografo hawayano Dane Shitagi che una volta stabilitosi a New York ha dato vita ad una nuova concezione della fotografia di danza in particolare fuori dai teatri e da luoghi solitamente non deputati allo spettacolo. Il nome di questo fotografo è sconosciuto ai più perché è decisamente più famoso il suo progetto fotografico nato diciassette anni fa: Ballerina Project (www.instagram.com/ballerinaproject_) seguito da ben 908.000 follower con una bacheca che ospita più di 3.000 foto.
Ballerina Project è una pagina ormai universalmente riconosciuta ma la nostra indagine ci ha portato tra Italia, l’Europa, la Russia e l’America anche alla ricerca di nuove promesse della fotografia di danza proponendo una nuova enciclopedia visiva che possa riempire a pieno le nostre anime grazie alla bellezza dell’arte, dei corpi, dei luoghi e dei paesaggi. Si possono infatti scorrere pagine di fotografi davvero interessanti, anche con meno “seguaci”, ma che propongono un lavoro che, credo, potrà lasciare un segno in un futuro fatto di bellezza e arte.
Iniziando da oltre oceano il popolarissimo Jordan Matter (www.instagram.com/jordanmatter) propone un lavoro scanzonato e molto affascinante che è stato riconosciuto in modo particolare grazie al suo bestseller di fotografie Dancers among us. L’artista, osservando suo figlio intento nell’atto di giocare, si è interrogato sulla capacità di essere totalmente presenti in un preciso momento. Tale ispirazione gli ha permesso di creare fotografie che mostrano le emozioni della vita quotidiana attraverso ritratti di ballerini professionisti che usano l’arte del ballo per comprendere l’arte della vita. Tipico di Matter è “sfruttare” infatti l’ambiente circostante e gli oggetti di uso comune che vengono utilizzati per valorizzare l’ambiente stesso.
Molto popolare è anche Omar Z Robles (www.instagram.com/omarzrobles) fotografo con sede a New York il cui interesse per la narrazione è iniziato da Marcel Marceau. Il leggendario mimo gli ha insegnato a interpretare il mondo attraverso movimenti sottili ma avvincenti; per questo Robles chiede ai ballerini con cui lavora di raccontare storie con i loro corpi. Il risultato è “un fiume” di storie in miniatura raccontate dal flusso delicato dei corpi dei ballerini il cui sfondo familiare elimina la barriera tra soggetto e spettatore, sfidandoti a esplorare il potere di essere diverso.
Anche Alexander Yakovlev (www.instagram.com/ayakovlevcom) fotografo russo con base a Mosca è molto seguito. Le sue immagini sono dei veri e propri quadri il cui compito è tradurre la conoscenza e le emozioni che riceve nella vita reale nel linguaggio dell’estetica e della fotografia. Le sue immagini sono molto suggestive perché riescono a immortalare la magia intangibile di un momento concentrandosi sul gesto, sulla tensione e lo sforzo muscolare dei danzatori. Celebre il suo progetto fotografico Bing Bang Theory dove i danzatori sono immersi nella farina e la dinamicità del movimento è resa tangibile dalla rappresentazione di un gesto come se fosse un’esplosione.
Molto interessante anche il lavoro di Laurent Liotardo (www.instagram.com/balletandphotos) che ha ballato per l’Opéra di Parigi, l’Opera di Bordeaux, il Balletto Nazionale di Marsiglia e l’English National Ballet e ha scoperto la sua passione per la fotografia mentre ballava. Oggi la sua “nuova passione” ha prevalso sulla sua professione da ballerino anche se usa il suo sapere da ex ballerino per far capire meglio ai danzatori quello che vuole ottenere. Le sue foto sono dense di passione, molto nitide, precise e caratterizzate da forti contrasti in chiaroscuro. Il suo scopo è quello di rendere giustizia ai ballerini che faticano molto per arrivare al movimento perfetto e, quando li riprende, cerca di catturare la loro personalità, l’aspetto atletico e la storia dietro l’immagine che scatta.
Particolare la storia di Luis Pons (www.instagram.com/ponsphoto), fotografo con base a New York, che ha cominciato a fotografare in un momento di grande crisi personale a seguito di una grave malattia. Sentendosi isolato e disconnesso, un amico ha suggerito a Luis di prendere una macchina fotografica e di distogliere la mente dal suo disturbo. Utilizzando la fotografia di strada come mezzo per esprimere la sua disillusione, ha iniziato ad acquisire conoscenze e abilità, ma ha anche iniziato lentamente a guarire mentalmente. Man mano che la sua mentalità cambiava, cresceva anche il suo desiderio di fotografare soggetti, come i danzatori, che riflettessero la vita, l’energia dinamica e l’espressione. Un’altra pagina da consigliare è senz’altro quella dell’americano Richard Calmes (www.instagram.com/richardcalmes) che si racconta così nel suo profilo su Instagram: “La fotografia di danza è il mio hobby da pensionato. Lo faccio per divertimento, non per soldi, e per la gioia di lavorare con artisti incredibili per creare immagini meravigliose”. Ha iniziato a fotografare la danza nel 2005 quando sua moglie gli chiese di scattare alcune foto di ballerini per una brochure poi quando è andato in pensione ha iniziato a fotografare seriamente i ballerini. Secondo Calmes la chiave per essere un buon fotografo di danza è amare la danza e i ballerini e questo deve essere al centro del processo di creazione fotografica. Un fotografo di danza deve avere il coraggio di rifiutare lo scatto meraviglioso perché il ballerino non sarebbe contento di una posizione particolare: desidera mostrare ciò che i ballerini hanno imparato con sacrificio durante la loro vita artistica.
La sua immagine più iconica e riconosciuta è quella di una ballerina incinta sulle punte che rimane l’immagine tra le più popolari mai pubblicata sui social. In Italia non ci sono pagine con seguaci così “stratosferici” come all’estero ma si possono seguire fotografi che pubblicano on line immagini ad alto impatto artistico.
Graham Spicer, in arte Gramilano, (www.instagram.com/gramilano) ha immortalato ballerini tra i più famosi al mondo come Svetlana Zakharova, Vadim Muntagirov, Igor Kolb, Eleonora Abbagnato, Polina Semionova, Ivan Putrov, Aurélie Dupont e Jacopo Tissi solo per citarne alcuni. I suoi scatti sul palcoscenico sono di una precisione quasi scientifica che risente senza dubbio della sua formazione attoriale e registica.
Luigi Bilancio (www.instagram.com/luigibilanciophoto) firma immagini di danza con elementi come ali, vesti e l’acqua grazie ai quali vuole restituire la dinamicità del movimento. Come ha affermato lui stesso in merito alla sua mostra Aqua: “l’acqua come la danza sono elementi puri, leggeri, a tratti trasparenti e perciò un connubio perfetto per dimostrare quanto un istante possa divenire l’infinito di un momento”.
Un giovane fotografo che ci regala immagini di danza dal respiro molto attuale e piene di poesia e di scatto interpretativo è Vito Lorusso (www.instagram.com/wito_vl). Lorusso è un ballerino che si è da tempo dedicato alla fotografia della danza diventando anche docente dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano con le sue foto di scena, ritratti e backstage. Con i suoi scatti, come ha lui stesso dichiarato, vuole comunicare una sensazione, una storia, un messaggio utilizzando spesso la tecnica dello storytelling fotografico. Tra gli artisti fotografati, solo per citarne alcuni, Roberto Bolle, Marianela Nunez, Claudio Coviello; tra i progetti si segnala Dancers Shot in Webcam progetto, nato e terminato nel 2020, dove Lorusso ha immortalato danzatori anche attraverso la sua webcam e la funzione “screenshot”.
Ci sono poi fotografi come Piero Tauro (www.instagram.com/pierotauro.fotografo), Alessio Buccafusca (www.facebook.com/buccafuscaalessio), Pierluigi Abbondanza (www.instagram.com/abbondanzapierluigi) che sono presenti sui social in maniera più “classica” svolgendo questa professione da anni ma che, grazie alla loro presenza on line, mettono a disposizione di tutti il loro patrimonio artistico.
Uno spazio interessante è da riservare infine alle fotografe che, anche grazie alla democrazia diretta dei social, sono riuscite a creare una breccia in un mondo notoriamente maschile come quello della fotografia. Di particolare interesse nel panorama internazionale non si può non citare Rachel Neville (www.instagram.com/rachelnevillephoto_motion) che ha creato tutta la sua poetica sul movimento perché per Rachel il corpo è un contenitore di emozioni e il movimento è il suo linguaggio. Nel suo lavoro la sua passione è creare immagini, come dice con le sue stesse parole, “sbalorditive e stimolanti”.
Un’altra fotografa da attenzionare è Lois Greenfield (www.instagram.com/loisgreenfield) che, come lei stessa si descrive su Instagram: “da 50 anni le sue foto hanno catturato la grazia e l’atletismo dei ballerini in volo”. I suoi ballerini appaiono senza peso, liberi dai vincoli della gravità e bloccati insieme in configurazioni apparentemente impossibili. Greenfield, fotografa con sede a New York, è riconosciuta a livello internazionale per il suo approccio altamente personale alla rappresentazione del movimento utilizzando il mezzo dei corpi dei ballerini.
Di grande attualità e molto seguita è la pagina di Darian Volkova (www.instagram.com/darianvolkova), ballerina di danza classica fino a venticinque anni, che ben presto ha scoperto che la fotografia fosse il mezzo perfetto per esprimere la sua passione per il mondo del balletto. Darian ha raccontato che la fotografia l’ha aiutata a catturare gli istinti della danza per l’eternità e che la creazione degli scatti per lei è come creare delle coreografie.
Tra le italiane segnalo Sonia Santagostino (www.onstagestudio.photo/portfolio_section/dance) che con le sue foto racconta momenti di danza e di spettacolo di grande impatto e chiarezza, catturando sia nitidi momenti di movimento sul palco che immagini in posa nel progetto Amaway Project dove, con la coreografa Laura Ziccardi ha cercato di esplorare il corpo femminile attraverso laboratori-shooting di improvvisazione guidata, e Lucia Baldini (www.instagram.com/luciabaldini_), fotografa di danza e teatro, che per undici anni ha seguito il lavoro di Carla Fracci e che, per dirla con le parole di Enrico Gatta, “arriva con l’obiettivo fotografico al cuore della scena che accade davanti a lei. Ha confessato una volta che a guidarla non è la plasticità dei corpi, o la geometria che essi creano nello spazio, o l’espressione dei volti, ma la musica. È la musica a stabilire la frazione di tempo più propizia allo scatto”.

Musica dal vivo e danza

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:12 Scritto da

Il dialogo tra forme d'arte alla base del processo creativo

INTERVISTA A DIEGO OCCHIALI E ANGELICA AURORA MONTANARI

Partendo dal presupposto che nella cultura occidentale musica e danza si incontrano costantemente ma restano essenzialmente due forme d'arte indipendenti, in questo numero di Expression vogliamo approfondire il tema dell'importanza della relazione tra musica e danza.
Un legame senza dubbio indissolubile questo che, al di là della cultura di provenienza a cui ognuno di noi fa riferimento, può e deve essere interrogato nella comprensione di quello che è il processo creativo di queste due forme d'arte e, più di ogni altra cosa, nella valutazione dell'importanza del loro legame alla luce delle ricerche antropologiche che vedono in esse la chiave di lettura per la comprensione dell'evoluzione di queste discipline nell'espressione culturale e sociale dei diversi gruppi etnici.
Due discipline che si esprimono su piani d'azione differenti e si esprimono principalmente sul piano della sfera pubblica: in diverse culture, infatti, i riti danzati sono riti di passaggio ben precisi, che determinano e segnano momenti importanti della vita di comunità e della vita del singolo.
Nel confronto aperto che nasce con artisti, musicisti e danzatori, la relazione può essere complicata da esprimere a parole, ma è rilevatrice di caratteristiche importanti, legate indissolubilmente al messaggio di cui queste forme d'arte si fanno portatrici, ma anche legate alla funzione specifica che le rende un ponte tra culture e testimoni di tradizioni performative proprie di ciascuna cultura. In questa relazione tra musica e danza, possiamo sicuramente notare l'impulso creativo che nasce nel danzatore proprio grazie al suono, al ritmo. Ci siamo confrontati con Diego Occhiali, con cui è nata una bella riflessione sull'importanza dello studio del ritmo per danzatori e Angelica Aurora Montanari, medievista, scrittrice, studiosa teorica e pratica della danza.
Diego, percussionista poliedrico, specializzato in djembe, con un'approfondita conoscenza del mondo delle percussioni, sta portando avanti diversi progetti: il primo è TUMM (concepito durante il primo lockdown). Si tratta di un progetto che riconosce il ritmo come fulcro delle dinamiche vitali, culturali e sociali e che ha l’obiettivo di "agire" tramite l’arte del ritmo, per una società “cross-culturale”, proattiva, consapevole, rispettosa ed empatica verso il prossimo e la natura. L’ équipe è formata da Angelica Aurora Montanari (responsabile cultura, ideatrice artistica e didattica, copywriter), Marco Carone (avvocato in ambito musicale e cinematografico, responsabile produzione, manager dei progetti performativi, direttore artistico degli eventi), Beatrice Andalò (web master, responsabile didattica artistica e ambientale, responsabile comunicazione), Gabriele Rabino (graphic designer), Luca Casadei (fotografo e videomaker), con all’attivo differenti progettualità fra cui la direzione artistica per diversi eventi in Emilia-Romagna, la produzione di assodati o nuovi progetti performativi basati sulla presenza di una relazione profonda con il ritmo.
L'approccio di TUMM è cross-culturale, potremmo dire “da griot": le famiglie dei griot svolgono, nel territorio del Mandé (Mali, Guinea, Senegal, Gambia, Burkina Faso, Costa D’Avorio) il ruolo di custodi e divulgatori della cultura antica. Allo stesso modo TUMM, attraverso l'approfondimento del tema del ritmo, ha come obiettivo quello di trasmettere valori come ascolto, empatia, amore, accettazione di sé e dell'altro (umano e non), sostenibilità e rispetto dell'ecosistema. A questo scopo vengono organizzate pratiche didattiche o esperienziali, corsi settimanali, incontri a sfondo sociale e workshop, produzioni performative, direzioni artistiche di eventi.

VM: A quale progetto performativo vi state dedicando maggiormente?
DO: Attualmente ci stiamo dedicando al prossimo concerto di IMPACTUMM, un concerto dove i musicisti improvvisano sul palco e il pubblico non è più tale ma diviene elemento cantante e coreutico della serata. L’improvvisazione è diretta da 1 conduttore per l’ensemble tramite più di 100 segni corporei codificati e da 2 conduttori rivolti al pubblico per improvvisare insieme tramite voce e corpo.

Vengono usati i metodi “Ritmo con Señas” per la conduzione dell’ensemble, (a cura di Michele Braguti, che ha curato la versione italiana del “Manuale di Ritmo con Segni”, e Alessandro Balestrini), mentre il pubblico è guidato attraverso il metodo “Circle Singing” per l’improvvisazione vocale (a cura di Giulia Matteucci, fondatrice di Circle Singing Bologna) e l’interazione corporea (a cura di ospiti d’eccezione).
Ogni serata IMPACTUMM è irripetibile, non bastano infatti le parole per descriverla: è una vera e propria esperienza da provare. Con un format ristretto di IMPACTUMM abbiamo curato la musica improvvisata di FUSION, lo stage di danza organizzato da IDA a inizio novembre. E’ stata un’ottima occasione per far provare alle e ai giovani partecipanti la sensazione di comunicare tramite il corpo con un suono ispirato da loro e generato per loro: descriverei questo feeling come trovarsi ad essere una ninfea (danza) mossa dall’acqua (flusso musicale) e l’acqua stessa al contempo.

VM: Diego, nei nostri confronti hai sempre posto un forte accento sull'importanza, per danzatori e insegnanti di danza, di comprendere il ritmo musicale, per permettere al danzatore di essere totalmente in sintonia con la musica, durante la performance. Tu sei musicista percussionista e il tuo lavoro ti ha spesso portato a confrontarti con realtà e orizzonti lontani. Qual è la sostanziale differenza nella relazione musica/movimento?
DO: Faccio una brevissima premessa. Considero la relazione musica/movimento sovrapponibile allo scambio che avviene durante un dialogo verbale tra due o più interlocutori: una comunicazione biunivoca, contemporanea e simbiotica generata attraverso un vocabolario comune, il ritmo. La differenza che riscontro, a prescindere dalla tipologia di ambito stilistico e culturale coreutico in cui mi trovo a suonare, risiede nella disponibilità ad ascoltare e ad essere ascoltate\i e la competenza ritmica da parte di chi danza. L'avvio di una relazione biunivoca efficace suono-danza dipende molto dalla disponibilità degli interlocutori, dalla capacità tecnica ritmica e dal desiderio di mettersi in gioco e in comunicazione con i musicisti, senza questo la miccia fatica ad accendersi.

VM: Nelle scuole di danza esiste la possibilità di misurarsi in diretta con musicisti dal vivo durante i corsi di danza settimanali e quotidiani?
DO: È molto raro, fatta eccezione di contesti didattici relativi a stili che prevedono nella loro essenza l'accompagnamento “sine qua non” di musicisti/percussionisti, come le danze di matrice afro. Vi sono tuttavia alcune storiche, importanti accademie europee come, ad esempio, Trinity Laban, IRIE! Dance Theatre, Codarts, dove si possono trovare musicisti in pianta stabile.

VM: Nelle danze della diaspora che valore ha il legame tra ritmo e danza?
DO: Ci sarebbe tanto da dire e studiare ancora su questo tema, ma partirei dall'idea che la relazione ritmo e danza in queste culture è uno degli strumenti principali per il benessere della collettività. Si tratta di una semplificazione estrema: in verità nelle culture afro e della diaspora il ritmo ha diversi ruoli ed è il fulcro di un sistema molto complesso ma non teorizzato analiticamente e che varia a seconda del contesto. I tamburi svolgono un ruolo importante in ogni aspetto della vita, compreso quello fisico, emotivo e spirituale e vengono suonati per comunicare, celebrare, piangere e ispirare, in tempi di pace e di guerra, di semina e di raccolto, di nascita e di morte.

AAM: La relazione tra danza e ritmo nelle culture afro e della diaspora non è - o non è soltanto - una questione di "estetica coreutica", ovvero la creazione di un'"opera d'arte corporea" (per richiamare un concetto sviluppato tra gli altri da Susanne Franco, Marina Nordera, Laurent Sebillotte e Alessandro Pontremoli). Il messaggio orchestico non è diretto a un pubblico alla ricerca di svago ludico o riflessione contemplativa dunque non riguarda dinamiche cinestetiche alle quali l'osservatore partecipa sì, ma solo grazie alla connettività empatica. Il confine tra spettatori e danzatori è labile o inesistente. Ritmo e movimento sono il luogo dell'incontro e della partecipazione comunitaria: si tratta, in altre parole, di forme artistiche strumentali al contesto sociale in cui vengono performate. Chi assiste al "rito orchestico" non è concepito come "pubblico". Ciascuno si trasforma, invece, in un anello fondamentale per la riuscita dell’esperienza collettiva stessa.

VM: Una maggior consapevolezza del ritmo in che modo può influenzare il processo creativo, sia esso legato a una coreografia o a una lezione di danza?
DO: La conoscenza ritmica permette di sviluppare grammatiche utili all’infinita libertà d’espressione delle danzatrici e dei danzatori, linguaggi che prescindono da gabbie identitarie culturali.
L’empowerment della capacità espressiva segue due direzioni: (1) il movimento genera il ritmo e (2) il ritmo genera il movimento. Nel primo caso (1) mentre si danza in silenzio si sta generando interiormente ritmo e suono. La consapevolezza del ritmo creato dal corpo permette di dettagliare maggiormente il movimento, consolidarlo e inserirlo nel proprio vocabolario espressivo. Nel secondo caso (2) l’ascolto e la comprensione di un ritmo ispira i processi creativi delle dinamiche di movimento. Il posizionamento degli accenti suggerisce implicitamente un indirizzo differente degli spostamenti di peso, di movimenti/isolamenti, dell’intensità e dell’intenzione dell’atto danzato, della mimica e delle dinamiche corporee. Il materiale generato attraverso questi processi è utile all’ideazione coreografica per individuare elementi personali da inserire nei processi creativi e costituisce uno strumento didattico ulteriore per guidare gli allievi verso una comprensione più profonda del movimento.
Con il corpo e con il suono si può, in modi empatici non verbali, “chiacchierare”, “scherzare”, “proporre un’idea”, “confrontarsi profondamente”, scrivere (ideazione coreografica), “recitare un testo precodificato” (esecuzione coreografica), “insegnare e imparare” (didattica). La musica e la danza sono di tutti.

VM: Diego, secondo la tua esperienza, la presenza di musica dal vivo può dare impulsi diversi e influenzare in maniera inusuale il flusso della danza, della lezione, della coreografia e della performance? Viceversa, nel processo compositivo, il suono può costruirsi sulla coreografia? In questo caso la danza può dare vita all'impulso creativo? In che modo può influenzare la costruzione del componimento?
DO: La sinergia tra danza e musica avviene specialmente quando ci si permette di avere il tempo di improvvisare sistematicamente con tutti i componenti danzanti e “musicanti” essenziali. Successivamente è possibile scegliere se far diventare l’improvvisazione una scrittura coreutico-musicale o mantenere la sua effimera natura. Questo metodo creativo esiste ancora nel mondo occidentale, ma in modo poco pronunciato e di nicchia. Il momento di improvvisazione è estremamente dispendioso in termini economici, energetici e di tempo. Suppongo perciò che con l’avvento della riproduzione musicale (e recentemente digitale) la music industry si sia diretta verso un appiattimento degli stimoli artistici in funzione di una maggiore efficienza commerciale. Questo ha portato al progressivo distacco della musica dalla danza, un tempo intrinsecamente unite, ma sempre più concepite come ambiti specialistici differenti.

IDA è sempre al fianco delle sue affiliate

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:10 Scritto da

Il 21 ottobre Valentina Poggi, docente Ida per il dipartimento danza classica, è intervenuta come relatrice all’evento organizzato per celebrare i 15 anni del Centro Studi Danzarno A.s.d. fidelizzata ad Ida fin dalla sua fondazione, nel 2008 a Capolona (Ar).

Il viaggio di Sonia e Martina Caporali inizia dalla formazione come docenti in Ida e continua tuttora con la volontà di affidarsi ad Ida anche per la crescita tecnico-artistica dei propri associati. Lo scorso anno accademico Centro Studi Danzarno ha infatti aderito al progetto Esami di livello Ida, accolto da tutti i ragazzi esaminati come un’esperienza potenziante, in grado di stimolare motivazione, responsabilità ed impegno.

L’ insegnamento dell’arte coreutica, come più volte sottolineato dalle autorità del Comune di Capolona che hanno aperto la conferenza Studio e danza. L’importanza della progettualità e della misurazione, determinano la crescita di tanti giovani all’ insegna del benessere. Le parole pronunciate parole dalle Istituzioni esaltano l’amore e la dedizione delle sorelle Caporali, direttrici del Centro. I 15 anni di impegno che hanno voluto celebrare insieme ad Ida hanno rappresentato un ambiente sano nel quale tanti studenti si sono approcciati allo studio della danza classica, modern e hip hop. Presenti in sala insegnanti, studenti e genitori con la volontà di confrontarsi sui temi chiave dell’educazione alla danza. Rispetto, reciprocità, attenzione, dedizione e connessione emotiva sono le parole chiave che Valentina Poggi ha scelto per comunicare la gioia nel trasmettere un’arte collettiva che va vissuta come le più belle storie d’amore. Gli sguardi attenti del pubblico presente sono la testimonianza che occasioni di confronto e riflessione come queste rafforzano il senso di appartenenza e fanno sentire le famiglie meno sole nel loro difficile compito educativo.

L’emozione vissuta anche da Valentina Poggi nel partecipare all’iniziativa è la stessa che spinge la Direzione Ida e il suo staff nel continuare a lavorare al fianco delle scuole di danza che ne condividono i principi fondanti e il codice etico di pratica professionale. Tante scuole di danza su tutto il territorio nazionale incarnano a pieno i valori educativi che contribuiscono a generare numerosi benefici sulle piccole e grandi comunità diventando, attraverso la danza, un punto di riferimento sociale di primaria importanza.

La direzione Ida ringrazia sentitamente Sonia e Martina per aver voluto condividere i festeggiamenti per i loro quindici anni di attività e si mette a disposizione di tutti i centri associati per supportarli nel ribadire la loro identità trovando insieme la strategia migliore per comunicare passione e idee al tuo pubblico di riferimento.

Per maggiori informazioni in merito si può contattare la segreteria: danza@idadance.com

La riforma del lavoro sportivo

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:04 Scritto da

Nuove opportunità per gli istruttori di danza

Dal 1 luglio 2023 per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs.36/21 viene definitivamente e riconosciuta la figura del lavoratore sportivo, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico in attuazione dei principi della riforma che hanno imposto di riconoscere tutele e dignità ai lavoratori del comparto superando la problematica dei professionisti di fatto o dei falsi dilettanti. Si tratta di una rivoluzione epocale rispetto all’assetto previgente quando le prestazioni sportive dilettantistiche erano prive di una definizione sostanziale e spesso confuse con prestazioni amatoriali o volontaristiche remunerate mediante compensi collocati nella categoria dei redditi diversi di cui all’art.67 co.1 lett.m) ovvero di redditi non da lavoro per i quali, indipendentemente dal compenso percepito, erano sempre esclusi gli oneri previdenziali.
Con il nuovo quadro normativo e il superamento della figura ibrida dell’amatore viene introdotta una netta demarcazione tra chi opera nello sport a titolo oneroso e pertanto come lavoratore, rispetto a chi presta invece l’attività gratuitamente e spontaneamente come volontario. Anche per allenatori e istruttori di danza dunque si prospettano opportunità e interessanti agevolazioni legate alla nuova disciplina del lavoro sportivo. Ma a quali condizioni? Vediamone gli aspetti essenziali.

Come si definisce il lavoro sportivo?
Innanzitutto la disciplina del lavoro sportivo si applica esclusivamente quando:

• il datore di lavoro o committente sia un soggetto dell’ordinamento sportivo ovvero asd/ssd/enti del terzo settore iscritti al Registro delle attività sportive dilettantistiche; Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate o Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal Coni; Coni, Cip,Sport e Salute spa o altro soggetto tesserato;

• le mansioni rientrino in una delle discipline sportive riconosciute e ricomprese nell’elenco di quelle ammissibili per l’iscrizione al Registro (DANZE ACCADEMICHE Danza Moderna e Contemporanea: Modern Jazz, Lyrical Jazz, Graham, Cunningam, Limon e generi derivati. DANZE ACCADEMICHE Danza Classica: Tecniche di Balletto, Variazioni Libere, Pas de Deux, Repertorio Classico DANZE COREOGRAFICHE Danze Etniche, Popolari e di Carattere: Tap Dance, Twist, Charleston, Belly Dance e danze tradizionali varie DANZE COREOGRAFICHE Danze Freestyle: Synchro Dance, Choreographic Dance, Show Dance, Disco Dance DANZE INTERNAZIONALI Danze Freestyle: Danze Caraibiche (Salsa, Mambo, Merengue, Bachata, Combinata, Rueda), Danze Argentine (Tango, Vals, Milonga), Hustle, Show Coppie e Formazioni DANZE INTERNAZIONALI Danze Jazz: Rock'n Roll, Rock Acrobatico, Boogie Woogie, Swing Dance, Lindy Hop, Mixing Blues, Combinata, Show Coppie e Formazioni DANZE INTERNAZIONALI Danze Standard e Danze Latine: Valzer Inglese, Tango, Valzer Viennese, Slow Foxtrot, Quick Step, Samba, Cha Cha Cha, Rumba, Paso Doble, Jive, Combinata, Show Coppie e Formazioni DANZE NAZIONALI Liscio Unificato e Sala: Mazurka, Valzer Viennese, Polka, Valzer Lento, Tango, Foxtrot, Combinata, Show Coppie e Formazioni DANZE REGIONALI Danze Folk e liscio Tradizionale: Mazurka, Valzer, Polka e altri balli tradizionali STREET DANCE Urban Dance: Hip Hop, Break Dance, Electric Boogie, Funk, Hype, Contaminazioni e stili derivati Danza Sportiva paralimpica);

• l’istruttore o l’allenatore sia tesserato nel rispetto dei regolamenti dell’ente affiliante (FSN/DSA/EPS) e quindi per la corrispondente qualifica di tecnico in base ai predetti regolamenti che, in genere, richiedono il possesso di specifiche abilitazioni rilasciate a livello nazionale dagli organismi sportivi affilianti.

Quale inquadramento?
Il rapporto di lavoro sportivo – a tenore dell’art.25 del d.lgs. 36/21 – può configurarsi, in base alle concrete modalità di svolgimento della prestazione, come subordinato (nel qual caso si applicherà la disciplina speciale dell’art.26 che ad esempio consente contratti a termine fino a 5 anni e non prevede tutele per il licenziamento individuale) oppure autonomo, anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa che, nel comparto sportivo dilettantistico, è validamente autonoma anche se organizzata dal committente. E’ prevista inoltre una presunzione di co.co.co. quando la prestazione non superi le 24 ore settimanali escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive e quando le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo in base ai regolamenti degli enti affilianti. I limiti sono riferiti al singolo contratto e quindi è anche possibile stipulare co.co.co. con diversi committenti: tuttavia andranno sempre verificate tutte le circostanze del caso concreto per valutare se l’istruttore - svolgendo l’attività stabilmente e in situazione di pluricommittenza anche potenziale - non debba invece più correttamente operare come lavoratore autonomo titolare di partita iva potendo, in tal caso, beneficiare delle agevolazioni del lavoro sportivo e, si ritiene, anche del regime forfettario nel rispetto delle condizioni previste dalla legge.

Quali agevolazioni?
Per il lavoro autonomo - nella forma di co.co.co. o con partita iva – sono previste una serie di agevolazioni fiscali e previdenziali come di seguito riepilogate:

• una soglia di franchigia a fini irpef fino a 15.000 euro annui (da calcolare per l’anno 2023 fin dal 1 gennaio, sommando quindi anche i “vecchi” compensi sportivi percepiti fino al 30 giugno);

• una soglia di franchigia a fini inps fino a 5000 euro annui (da calcolare per l’anno 2023 a partire dal 1 luglio);

• il versamento di contributi previdenziali sulle somme eccedenti tale soglia in misura agevolata e ridotta. Per i lavoratori che non abbiano altra forma di previdenza obbligatoria (e quindi che non abbiamo un'altra posizione lavorativa o non siano titolari di pensione) l’aliquota pensionistica è del 25%, calcolata su un imponibile ridotto della metà fino al 31.12.2027, oltre ai contributi per le tutele assistenziali (malattia, infortunio, maternità, assegno unico familiare, disoccupazione) nella misura pari a 2,03% per il co.co.co. e del 1,23 % per il professionista con partita iva, calcolati invece per intero, sempre sulle somme eccedenti i primi 5000 euro.

Ricordiamo che le fasce esenti sono soggettive, riferite cioè a ciascun lavoratore che dovrà quindi sommare tutti i compensi percepiti a titolo di lavoro sportivo rilasciando apposita autocertificazione al committente.

Quando il lavoro di squadra premia!

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:00 Scritto da

Ad ottobre 2024 al Palacongresso di Rimini il 34° Congresso Annuale IADMS

Il 20 novembre Roberta Fadda, direttrice artistica di Ida, è stata premiata durante l’evento Rimini Mundi che si è svolto al Cinema Teatro Fulgor di Rimini. Il premio Rimini Mundi è un appuntamento che Italian Exhibition Group (IEG) e Convention Bureau della Riviera di Rimini hanno promosso per ringraziare gli “ambasciatori del territorio” che con il loro operato hanno favorito lo svolgimento di prestigiosi appuntamenti convegnistici. Roberta Fadda è stata premiata per la sua attività di supporto all’acquisizione dell’evento Annual Congress of the International Association of Dance Medicine and Science che si svolgerà al Palacongressi di Rimini dal 17 al 20 ottobre 2024 coinvolgendo oltre 500 professionisti nel campo della medicina della danza e della scienza.
Questa possibilità è nata dalla sinergia tra Italian Exhibition Group Spa e Ida esperti, uno di eventi internazionali, l’altro come organizzazione più rappresentativa in Italia nel settore danza. Ci hanno parlato di questo evento le artefici del progetto Lara Sandre e Roberta Fadda che condividendo le diverse esperienze sono riuscite ad applicare per vincere la possibilità di ospitare questo evento contro competitors molto forti come le città di Roma, Venezia e Milano.

Roberta la tua presenza al Rimini Mundi ha ancora una volta espresso la fiducia e la professionalità di Ida nel campo della danza. A chi vuoi dedicare questo premio?
Questo premio lo vorrei dedicare a tutte le persone che collaborano con me e a chi con me, come Lara Sandre, ha lavorato per portare per la prima volta in Italia questo importantissimo evento che coinvolge scienza, medicina e il mondo della danza. Questo riconoscimento non sarebbe stato possibile averlo senza il team di Italian Exhibition Group Spa che ha lavorato sempre con grandissima professionalità. Tutto è venuto lavorando insieme per uno scopo comune, io da sola senza la loro preziosissima collaborazione non sarei riuscita a portare questo evento in Italia. Si è lavorato insieme per portare qualcosa di unico in riviera, che è la madre che ha da sempre accolto Ida e Fif.
Voglio ringraziare perché il mio unico scopo è quello di portare un arricchimento nel mondo della danza grazie all’apporto di Iadms. Quello che mi interessa è che Ida possa essere un punto di riferimento internazionale di divulgazione per il mondo della danza.

Roberta ci spieghi meglio quale sia l’importanza di una organizzazione come quella di Iadms? Ne esiste una simile in Italia?
No. Iadms è una organizzazione mondiale di medicina della danza ed è unica al mondo; per questo il convegno annuale che verrà ospitato in Italia sarà un’occasione altrettanto unica. Speriamo che questa sia l’occasione per far conoscere meglio l’organizzazione in Italia perché ha più che altro successo nei paesi di lingua inglese.

In che modo Lara Sandre di Italian Exhibition Group Spa è stata fondamentale per la creazione di questo appuntamento?
Il compito di Lara è cercare eventi internazionali da portare al Palacongressi e dalle sue ricerche è uscita la call per ospitare l’evento Iadms e ha cominciato a cercare l’organizzazione più titolata nel campo della danza per poter rispondere alla call. Ida è uscita come organizzazione più titolata e così si è formato un connubio con la nostra organizzazione.

Lara Sandre, International Business Development Manager di Italian Exhibition Group Spa, per descriverla con le parole di Roberta Fadda possiede una profes-sionalità indiscutibile e ha creato un lavoro di grande condivisione e di energia positiva con tutto lo staff del Palacongressi.

Lara in che modo la sua azienda si occupa di attrarre eventi in sinergia con il territorio e non solo di fiere?
Noi siamo la divisione di eventi e congressi, in parte per la promozione del territorio e con il Palacongressi, la nostra attività è diventata più mirata, con l’obiettivo di destagionalizzare gli eventi e con l’obiettivo di far lavorare la nostra industria durante tutto l’anno e non solo durante la stagione estiva. Noi ospitiamo convention corporate piuttosto che convegni medico/scientifici che hanno approcci di ricerca, poi ospitiamo associazioni internazionali che hanno tra i loro membri anche enti nazionali e alcune altre associazioni che hanno membership individuali e che propongono un annual meeting.

Lara come siete arrivati ad ospitare poi il meeting di Iadms?
Le associazioni indicono un bando di gara per chi vuole organizzare i meeting ed esistono tipologie diverse. Ho cominciato questo lavoro nel 2016 e con la mia attività di scouting ho il compito di trovare le associazioni che possono essere interessati alla nostra ospitalità. Cerchiamo di individuare delle tematiche che possano interessare il territorio così proprio come è successo per danza: ci sono stati diversi elementi che mi hanno fatto pensare… perché no?.

Nello specifico come avete applicato?
Di solito le organizzazioni propongono un beed manual per partecipare alle call. Nel caso di Iadms c’erano linee guida che presentavano elementi seppur scarni, per questo abbiamo cercato di creare noi un progetto più particolareggiato, proponendo date e layout e abbiamo corredato tutto con dati riguardanti la presenza della danza sul territorio.

E ora come sta procedendo l’organizzazione?
C’è stata una visita tecnica del personale di Iadms lo scorso febbraio, è venuta a Rimini la referente dell’organizzazione per la quale è stata organizzata una visita sia sul versante turistico che sul versante danza e ora stanno lavorando all’evento i colleghi event manager dell'area di sviluppo.

Cosa vi aspettate da questo tipo di conferenze?
Queste conferenze non vengono organizzate per creare fidelizzazione, piuttosto si vuole creare una legacy e portare il convegno ad essere vissuto dalla popolazione e stimolare diverse attività legate alle stesse. Per noi è importante creare delle relazioni e dei contatti che ci portino ad instaurare qualcosa nello stesso ambito. Il nostro obiettivo è convogliare conferenze sulla salute, il benessere e la scienza della qualità della vita.

E poi nel 2022 avete presentato la vostra idea progetto nel convegno annuale di Limerick (vicino a Dublino) in una sede universitaria. Come è andata?
Roberta Fadda: Partecipando abbiamo capito quanto nelle conferenze Iadms la danza sia analizzata a 360 gradi.
Lara Sandre: E’ stato un momento formativo per capire meglio quello che sarà realizzato in Italia e abbiamo presentato la nostra idea progetto.

Lara, qual è stata la vostra reazione quando siete stati scelti?
Abbiamo avuto un primo contatto a febbraio poco prima del lockdown del 2020 poi, per forza di cose, ci siamo persi di vista ma poi sono riaperti i contatti e ci hanno comunicato con una mail che eravamo stati scelti e saremmo stati invitati a presentare la nostra idea progetto in occasione dell’assemblea annuale del 2022.

Roberta avete già un’idea del programma?
Manuela Angioi, loro associata, si è presa carico di fare da intermediario tra Ida e Iadms. Sappiamo che saranno molto rigidi nel programma e che prevederà i più svariati argomenti, ci saranno anche le serate e gli spettacoli. Gli incontri sono rivolti a ballerini, docenti, fisioterapisti, medici e le persone potranno scegliere il loro percorso più adatto. Inoltre il convegno sarà sempre fruibile interamente anche da remoto.

Punto di vista

Martedì, 23 Gennaio 2024 16:52 Scritto da

Conversazione con Massimo Gerardi sul Concorso Internazionale di danza Expression e sul panorama della danza in Italia e in Europa

Da anni prezioso giurato del Concorso Internazionale di Danza Expression, Massimo Gerardi si occupa da molto tempo di danza e di talenti, ma da un altro punto di vista: un punto di vista non italiano. Gerardi ha costruito la sua esperienza tra Germania e Austria e attualmente è rehearsal director e insegnante di danza contemporanea presso l’Accademia di Danza del Teatro dell’Opera di Vienna. Massimo inizia la sua formazione di danza a Udine e Reggio Emilia e dopo alcune esperienze importanti in patria si è trasferito in Germania allo Stadttheater Augsburg. Ballerino solista presso il Balletto di Norimberga, il Balletto di Dortmund, il Landestheater Linz e lo Staatstheater Oldenburg ha ballato in coreografie di Birgit Cullberg, William Forsythe, Rui Horta, Amanda Miller, Jacopo Godani, Jean Renshaw, Robert Poole, Martin Stiefermann, Jenny Coogan, Gregor Zöllig, Antonio Gomes, David Sutherland e Amedeo Amodio.
Al Concorso Expression ogni anno si cerca di mettere insieme tanti tasselli, tante esperienze, tante opportunità per i giovani e talentuosi danzatori perché ci rendiamo conto che ogni piccolo seme è uno strumento utile nella formazione di danzatori che, a piccoli passi, cercano di capire quale miglior percorso possa aiutarli nella strada verso la danza professionale. In questo percorso i nostri giurati sono fondamentali. Con Massimo Gerardi ogni anno questo lavoro porta frutti impensabili, e sempre meravigliosi e, anche quest’anno, grazie alle borse di studio assegnate durante il Concorso Expression 2023 (accesso diretto alle selezioni private per l’Accademia della Scuola di ballo del Teatro dell’Opera di Vienna, inclusa inoltre la partecipazione a vari training e grazie alle quali è stato possibile evitare il processo di preselezione) alcuni giovani danzatori hanno dato vita a un sogno.

Massimo, siamo felicissimi di ritrovarti e di ritrovare il tuo entusiasmo per la formazione dei giovani talenti. Da quanti anni lavori all’estero e cosa ti ha spinto a intraprendere questa tua carriera fuori dal nostro Paese?
Sono all’estero già dal 1991 prima come danzatore, poi come docente e coreografo. Già a quel tempo, e in effetti anche oggi, si mirava a intraprendere la propria carriera al di fuori dell’Italia perché, specialmente la Germania, offriva parecchi sbocchi professionali, non solo per la danza classica (mia prima formazione), ma anche per la danza contemporanea e il teatro-danza. Io avevo voglia di entrare in contatto con questi generi che in Italia non si trovavano molto frequentemente.

L‘Italia, da sempre è considerato il Paese dell‘arte e della danza. Mi chiedo e si chiedono in molti, sopratutto tra i giovani, perchè anche per ciò che riguarda la danza (e forse l‘arte in generale) questo non è più un Paese per giovani? Per chi vuol perseguire l’obiettivo di un lavoro dignitoso in quest’ambito, molto spesso le porte di altri Paesi si aprono subito dopo le scuole superiori. Come possiamo invertire questo “processo migratorio” dei danzatori? Pensi sia possibile invertirlo?
Oggi in Italia abbiamo un numero molto superiore di studenti nel campo della danza e contemporaneamente sono stati chiusi due importantissimi sbocchi professionali come le compagnie del Maggio Musicale Fiorentino e dell’Arena di Verona. Solo le forze di alcuni coreografi indipendenti, come Michele Merola per fare un esempio, hanno creato nuove ed eccezionali realtá professionali, che, tuttavia, non sono dotate di fondi sufficienti per offrire una retribuzione adeguata.
All’estero troviamo molte accademie o universitá della danza che sono in diretto contatto con le compagnie dei teatri locali, come ad esempio l’Accademia in cui insegno io a Vienna, che facilitano l’ingresso nel mondo del lavoro agli studenti che le frequentano. Questa realtá mi sembra che esista in Italia solo in tre istituzioni, le Scuole di danza dei Teatri di Milano, Roma e Napoli.

Al contrario ti chiedo anche un punto di forza del settore in Italia! Nel tuo lungo percorso estero, che ti vede oggi come rehearsal director e insegnante di danza contemporanea presso la Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Vienna, ma che ti ha visto anche insegnante in SEAD e manager della Compagnia di Danza del Teatro di Glessen, sicuramente hai avuto modo di osservare diverse realtà e di confrontarle con quelle italiane. Cosa esporteresti? Qual è la qualità di cui i nostri danzatori devono far tesoro?
Da un lato in questi ultimi anni ho notato un grande sviluppo della danza contemporanea nella scena italiana e di questo sono enormemente contento. Da un altro lato in alcune realtá ho notato un certo abbassamento del livello tecnico della danza classica. Dovremmo, a mio avviso, continuare a praticare contemporaneamente bene i due generi per essere “pronti” ad affrontare il passo verso il professionismo.
Inoltre il carattere dell’italiano é molto deciso ed intraprendente e questo si riscontra soprattutto nella presenza scenica dei nostri danzatori: questo è a mio avviso un punto che ci distingue dalle altre nazioni.

Tre buoni motivi per partecipare al Concorso Expression?
1. professionalitá nell’organizzazione;
2. una piattaforma di livello internazionale;
3. momento di confronto con altre realtá per trarre spunto e progredire.

All’edizione 2023 di Expression hai assegnato alcune borse di studio e proprio tre di quelle borse di studio hanno condotto tre danzatori nella Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Vienna. Cosa significa per loro questo? Puoi descriverci una giornata tipo in Accademia? Quali sono le opportunità una volta concluso il percorso?
Credo che i tre ragazzi si siano molto ben adattati anche perché abbiamo molti studenti che vengono dalla nostra nazione e questo li fa sentire un po’ a casa. Nel contempo per accedere alla scuola dell’ obbligo devono imparare velocemente il tedesco.
L’ Accademia di Vienna é in gran parte basata sulla danza classica. Ci sono lezioni giornaliere per gli ultimi quattro anni dalle 8 alle 12:30 e poi quasi tutti seguono le lezioni in una scuola affiliata per il diploma di maturitá superiore, una specie di liceo coreutico. Le prime quattro classi seguono invece le lezioni della scuola al mattino e quelle dell’Accademia al pomeriggio dalle 14:30 alle 18.
L’opportunitá piú diretta é che alcuni studenti dopo l’ottavo anno vengono inseriti (tramite selezione) nella Junior Company del Balletto dell’Opera di Vienna in cui hanno la possibilitá di continuare a perfezionarsi tecnicamente e di fare esperienza in scena con la Compagnia dell’Opera. ⬢

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