Nuove opportunità per gli istruttori di danza
Dal 1 luglio 2023 per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs.36/21 viene definitivamente e riconosciuta la figura del lavoratore sportivo, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico in attuazione dei principi della riforma che hanno imposto di riconoscere tutele e dignità ai lavoratori del comparto superando la problematica dei professionisti di fatto o dei falsi dilettanti. Si tratta di una rivoluzione epocale rispetto all’assetto previgente quando le prestazioni sportive dilettantistiche erano prive di una definizione sostanziale e spesso confuse con prestazioni amatoriali o volontaristiche remunerate mediante compensi collocati nella categoria dei redditi diversi di cui all’art.67 co.1 lett.m) ovvero di redditi non da lavoro per i quali, indipendentemente dal compenso percepito, erano sempre esclusi gli oneri previdenziali.
Con il nuovo quadro normativo e il superamento della figura ibrida dell’amatore viene introdotta una netta demarcazione tra chi opera nello sport a titolo oneroso e pertanto come lavoratore, rispetto a chi presta invece l’attività gratuitamente e spontaneamente come volontario. Anche per allenatori e istruttori di danza dunque si prospettano opportunità e interessanti agevolazioni legate alla nuova disciplina del lavoro sportivo. Ma a quali condizioni? Vediamone gli aspetti essenziali.
Come si definisce il lavoro sportivo?
Innanzitutto la disciplina del lavoro sportivo si applica esclusivamente quando:
• il datore di lavoro o committente sia un soggetto dell’ordinamento sportivo ovvero asd/ssd/enti del terzo settore iscritti al Registro delle attività sportive dilettantistiche; Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate o Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal Coni; Coni, Cip,Sport e Salute spa o altro soggetto tesserato;
• le mansioni rientrino in una delle discipline sportive riconosciute e ricomprese nell’elenco di quelle ammissibili per l’iscrizione al Registro (DANZE ACCADEMICHE Danza Moderna e Contemporanea: Modern Jazz, Lyrical Jazz, Graham, Cunningam, Limon e generi derivati. DANZE ACCADEMICHE Danza Classica: Tecniche di Balletto, Variazioni Libere, Pas de Deux, Repertorio Classico DANZE COREOGRAFICHE Danze Etniche, Popolari e di Carattere: Tap Dance, Twist, Charleston, Belly Dance e danze tradizionali varie DANZE COREOGRAFICHE Danze Freestyle: Synchro Dance, Choreographic Dance, Show Dance, Disco Dance DANZE INTERNAZIONALI Danze Freestyle: Danze Caraibiche (Salsa, Mambo, Merengue, Bachata, Combinata, Rueda), Danze Argentine (Tango, Vals, Milonga), Hustle, Show Coppie e Formazioni DANZE INTERNAZIONALI Danze Jazz: Rock'n Roll, Rock Acrobatico, Boogie Woogie, Swing Dance, Lindy Hop, Mixing Blues, Combinata, Show Coppie e Formazioni DANZE INTERNAZIONALI Danze Standard e Danze Latine: Valzer Inglese, Tango, Valzer Viennese, Slow Foxtrot, Quick Step, Samba, Cha Cha Cha, Rumba, Paso Doble, Jive, Combinata, Show Coppie e Formazioni DANZE NAZIONALI Liscio Unificato e Sala: Mazurka, Valzer Viennese, Polka, Valzer Lento, Tango, Foxtrot, Combinata, Show Coppie e Formazioni DANZE REGIONALI Danze Folk e liscio Tradizionale: Mazurka, Valzer, Polka e altri balli tradizionali STREET DANCE Urban Dance: Hip Hop, Break Dance, Electric Boogie, Funk, Hype, Contaminazioni e stili derivati Danza Sportiva paralimpica);
• l’istruttore o l’allenatore sia tesserato nel rispetto dei regolamenti dell’ente affiliante (FSN/DSA/EPS) e quindi per la corrispondente qualifica di tecnico in base ai predetti regolamenti che, in genere, richiedono il possesso di specifiche abilitazioni rilasciate a livello nazionale dagli organismi sportivi affilianti.
Quale inquadramento?
Il rapporto di lavoro sportivo – a tenore dell’art.25 del d.lgs. 36/21 – può configurarsi, in base alle concrete modalità di svolgimento della prestazione, come subordinato (nel qual caso si applicherà la disciplina speciale dell’art.26 che ad esempio consente contratti a termine fino a 5 anni e non prevede tutele per il licenziamento individuale) oppure autonomo, anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa che, nel comparto sportivo dilettantistico, è validamente autonoma anche se organizzata dal committente. E’ prevista inoltre una presunzione di co.co.co. quando la prestazione non superi le 24 ore settimanali escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive e quando le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo in base ai regolamenti degli enti affilianti. I limiti sono riferiti al singolo contratto e quindi è anche possibile stipulare co.co.co. con diversi committenti: tuttavia andranno sempre verificate tutte le circostanze del caso concreto per valutare se l’istruttore - svolgendo l’attività stabilmente e in situazione di pluricommittenza anche potenziale - non debba invece più correttamente operare come lavoratore autonomo titolare di partita iva potendo, in tal caso, beneficiare delle agevolazioni del lavoro sportivo e, si ritiene, anche del regime forfettario nel rispetto delle condizioni previste dalla legge.
Quali agevolazioni?
Per il lavoro autonomo - nella forma di co.co.co. o con partita iva – sono previste una serie di agevolazioni fiscali e previdenziali come di seguito riepilogate:
• una soglia di franchigia a fini irpef fino a 15.000 euro annui (da calcolare per l’anno 2023 fin dal 1 gennaio, sommando quindi anche i “vecchi” compensi sportivi percepiti fino al 30 giugno);
• una soglia di franchigia a fini inps fino a 5000 euro annui (da calcolare per l’anno 2023 a partire dal 1 luglio);
• il versamento di contributi previdenziali sulle somme eccedenti tale soglia in misura agevolata e ridotta. Per i lavoratori che non abbiano altra forma di previdenza obbligatoria (e quindi che non abbiamo un'altra posizione lavorativa o non siano titolari di pensione) l’aliquota pensionistica è del 25%, calcolata su un imponibile ridotto della metà fino al 31.12.2027, oltre ai contributi per le tutele assistenziali (malattia, infortunio, maternità, assegno unico familiare, disoccupazione) nella misura pari a 2,03% per il co.co.co. e del 1,23 % per il professionista con partita iva, calcolati invece per intero, sempre sulle somme eccedenti i primi 5000 euro.
Ricordiamo che le fasce esenti sono soggettive, riferite cioè a ciascun lavoratore che dovrà quindi sommare tutti i compensi percepiti a titolo di lavoro sportivo rilasciando apposita autocertificazione al committente.
Ad ottobre 2024 al Palacongresso di Rimini il 34° Congresso Annuale IADMS
Il 20 novembre Roberta Fadda, direttrice artistica di Ida, è stata premiata durante l’evento Rimini Mundi che si è svolto al Cinema Teatro Fulgor di Rimini. Il premio Rimini Mundi è un appuntamento che Italian Exhibition Group (IEG) e Convention Bureau della Riviera di Rimini hanno promosso per ringraziare gli “ambasciatori del territorio” che con il loro operato hanno favorito lo svolgimento di prestigiosi appuntamenti convegnistici. Roberta Fadda è stata premiata per la sua attività di supporto all’acquisizione dell’evento Annual Congress of the International Association of Dance Medicine and Science che si svolgerà al Palacongressi di Rimini dal 17 al 20 ottobre 2024 coinvolgendo oltre 500 professionisti nel campo della medicina della danza e della scienza.
Questa possibilità è nata dalla sinergia tra Italian Exhibition Group Spa e Ida esperti, uno di eventi internazionali, l’altro come organizzazione più rappresentativa in Italia nel settore danza. Ci hanno parlato di questo evento le artefici del progetto Lara Sandre e Roberta Fadda che condividendo le diverse esperienze sono riuscite ad applicare per vincere la possibilità di ospitare questo evento contro competitors molto forti come le città di Roma, Venezia e Milano.
Roberta la tua presenza al Rimini Mundi ha ancora una volta espresso la fiducia e la professionalità di Ida nel campo della danza. A chi vuoi dedicare questo premio?
Questo premio lo vorrei dedicare a tutte le persone che collaborano con me e a chi con me, come Lara Sandre, ha lavorato per portare per la prima volta in Italia questo importantissimo evento che coinvolge scienza, medicina e il mondo della danza. Questo riconoscimento non sarebbe stato possibile averlo senza il team di Italian Exhibition Group Spa che ha lavorato sempre con grandissima professionalità. Tutto è venuto lavorando insieme per uno scopo comune, io da sola senza la loro preziosissima collaborazione non sarei riuscita a portare questo evento in Italia. Si è lavorato insieme per portare qualcosa di unico in riviera, che è la madre che ha da sempre accolto Ida e Fif.
Voglio ringraziare perché il mio unico scopo è quello di portare un arricchimento nel mondo della danza grazie all’apporto di Iadms. Quello che mi interessa è che Ida possa essere un punto di riferimento internazionale di divulgazione per il mondo della danza.
Roberta ci spieghi meglio quale sia l’importanza di una organizzazione come quella di Iadms? Ne esiste una simile in Italia?
No. Iadms è una organizzazione mondiale di medicina della danza ed è unica al mondo; per questo il convegno annuale che verrà ospitato in Italia sarà un’occasione altrettanto unica. Speriamo che questa sia l’occasione per far conoscere meglio l’organizzazione in Italia perché ha più che altro successo nei paesi di lingua inglese.
In che modo Lara Sandre di Italian Exhibition Group Spa è stata fondamentale per la creazione di questo appuntamento?
Il compito di Lara è cercare eventi internazionali da portare al Palacongressi e dalle sue ricerche è uscita la call per ospitare l’evento Iadms e ha cominciato a cercare l’organizzazione più titolata nel campo della danza per poter rispondere alla call. Ida è uscita come organizzazione più titolata e così si è formato un connubio con la nostra organizzazione.
Lara Sandre, International Business Development Manager di Italian Exhibition Group Spa, per descriverla con le parole di Roberta Fadda possiede una profes-sionalità indiscutibile e ha creato un lavoro di grande condivisione e di energia positiva con tutto lo staff del Palacongressi.
Lara in che modo la sua azienda si occupa di attrarre eventi in sinergia con il territorio e non solo di fiere?
Noi siamo la divisione di eventi e congressi, in parte per la promozione del territorio e con il Palacongressi, la nostra attività è diventata più mirata, con l’obiettivo di destagionalizzare gli eventi e con l’obiettivo di far lavorare la nostra industria durante tutto l’anno e non solo durante la stagione estiva. Noi ospitiamo convention corporate piuttosto che convegni medico/scientifici che hanno approcci di ricerca, poi ospitiamo associazioni internazionali che hanno tra i loro membri anche enti nazionali e alcune altre associazioni che hanno membership individuali e che propongono un annual meeting.
Lara come siete arrivati ad ospitare poi il meeting di Iadms?
Le associazioni indicono un bando di gara per chi vuole organizzare i meeting ed esistono tipologie diverse. Ho cominciato questo lavoro nel 2016 e con la mia attività di scouting ho il compito di trovare le associazioni che possono essere interessati alla nostra ospitalità. Cerchiamo di individuare delle tematiche che possano interessare il territorio così proprio come è successo per danza: ci sono stati diversi elementi che mi hanno fatto pensare… perché no?.
Nello specifico come avete applicato?
Di solito le organizzazioni propongono un beed manual per partecipare alle call. Nel caso di Iadms c’erano linee guida che presentavano elementi seppur scarni, per questo abbiamo cercato di creare noi un progetto più particolareggiato, proponendo date e layout e abbiamo corredato tutto con dati riguardanti la presenza della danza sul territorio.
E ora come sta procedendo l’organizzazione?
C’è stata una visita tecnica del personale di Iadms lo scorso febbraio, è venuta a Rimini la referente dell’organizzazione per la quale è stata organizzata una visita sia sul versante turistico che sul versante danza e ora stanno lavorando all’evento i colleghi event manager dell'area di sviluppo.
Cosa vi aspettate da questo tipo di conferenze?
Queste conferenze non vengono organizzate per creare fidelizzazione, piuttosto si vuole creare una legacy e portare il convegno ad essere vissuto dalla popolazione e stimolare diverse attività legate alle stesse. Per noi è importante creare delle relazioni e dei contatti che ci portino ad instaurare qualcosa nello stesso ambito. Il nostro obiettivo è convogliare conferenze sulla salute, il benessere e la scienza della qualità della vita.
E poi nel 2022 avete presentato la vostra idea progetto nel convegno annuale di Limerick (vicino a Dublino) in una sede universitaria. Come è andata?
Roberta Fadda: Partecipando abbiamo capito quanto nelle conferenze Iadms la danza sia analizzata a 360 gradi.
Lara Sandre: E’ stato un momento formativo per capire meglio quello che sarà realizzato in Italia e abbiamo presentato la nostra idea progetto.
Lara, qual è stata la vostra reazione quando siete stati scelti?
Abbiamo avuto un primo contatto a febbraio poco prima del lockdown del 2020 poi, per forza di cose, ci siamo persi di vista ma poi sono riaperti i contatti e ci hanno comunicato con una mail che eravamo stati scelti e saremmo stati invitati a presentare la nostra idea progetto in occasione dell’assemblea annuale del 2022.
Roberta avete già un’idea del programma?
Manuela Angioi, loro associata, si è presa carico di fare da intermediario tra Ida e Iadms. Sappiamo che saranno molto rigidi nel programma e che prevederà i più svariati argomenti, ci saranno anche le serate e gli spettacoli. Gli incontri sono rivolti a ballerini, docenti, fisioterapisti, medici e le persone potranno scegliere il loro percorso più adatto. Inoltre il convegno sarà sempre fruibile interamente anche da remoto.
Conversazione con Massimo Gerardi sul Concorso Internazionale di danza Expression e sul panorama della danza in Italia e in Europa
Da anni prezioso giurato del Concorso Internazionale di Danza Expression, Massimo Gerardi si occupa da molto tempo di danza e di talenti, ma da un altro punto di vista: un punto di vista non italiano. Gerardi ha costruito la sua esperienza tra Germania e Austria e attualmente è rehearsal director e insegnante di danza contemporanea presso l’Accademia di Danza del Teatro dell’Opera di Vienna. Massimo inizia la sua formazione di danza a Udine e Reggio Emilia e dopo alcune esperienze importanti in patria si è trasferito in Germania allo Stadttheater Augsburg. Ballerino solista presso il Balletto di Norimberga, il Balletto di Dortmund, il Landestheater Linz e lo Staatstheater Oldenburg ha ballato in coreografie di Birgit Cullberg, William Forsythe, Rui Horta, Amanda Miller, Jacopo Godani, Jean Renshaw, Robert Poole, Martin Stiefermann, Jenny Coogan, Gregor Zöllig, Antonio Gomes, David Sutherland e Amedeo Amodio.
Al Concorso Expression ogni anno si cerca di mettere insieme tanti tasselli, tante esperienze, tante opportunità per i giovani e talentuosi danzatori perché ci rendiamo conto che ogni piccolo seme è uno strumento utile nella formazione di danzatori che, a piccoli passi, cercano di capire quale miglior percorso possa aiutarli nella strada verso la danza professionale. In questo percorso i nostri giurati sono fondamentali. Con Massimo Gerardi ogni anno questo lavoro porta frutti impensabili, e sempre meravigliosi e, anche quest’anno, grazie alle borse di studio assegnate durante il Concorso Expression 2023 (accesso diretto alle selezioni private per l’Accademia della Scuola di ballo del Teatro dell’Opera di Vienna, inclusa inoltre la partecipazione a vari training e grazie alle quali è stato possibile evitare il processo di preselezione) alcuni giovani danzatori hanno dato vita a un sogno.
Massimo, siamo felicissimi di ritrovarti e di ritrovare il tuo entusiasmo per la formazione dei giovani talenti. Da quanti anni lavori all’estero e cosa ti ha spinto a intraprendere questa tua carriera fuori dal nostro Paese?
Sono all’estero già dal 1991 prima come danzatore, poi come docente e coreografo. Già a quel tempo, e in effetti anche oggi, si mirava a intraprendere la propria carriera al di fuori dell’Italia perché, specialmente la Germania, offriva parecchi sbocchi professionali, non solo per la danza classica (mia prima formazione), ma anche per la danza contemporanea e il teatro-danza. Io avevo voglia di entrare in contatto con questi generi che in Italia non si trovavano molto frequentemente.
L‘Italia, da sempre è considerato il Paese dell‘arte e della danza. Mi chiedo e si chiedono in molti, sopratutto tra i giovani, perchè anche per ciò che riguarda la danza (e forse l‘arte in generale) questo non è più un Paese per giovani? Per chi vuol perseguire l’obiettivo di un lavoro dignitoso in quest’ambito, molto spesso le porte di altri Paesi si aprono subito dopo le scuole superiori. Come possiamo invertire questo “processo migratorio” dei danzatori? Pensi sia possibile invertirlo?
Oggi in Italia abbiamo un numero molto superiore di studenti nel campo della danza e contemporaneamente sono stati chiusi due importantissimi sbocchi professionali come le compagnie del Maggio Musicale Fiorentino e dell’Arena di Verona. Solo le forze di alcuni coreografi indipendenti, come Michele Merola per fare un esempio, hanno creato nuove ed eccezionali realtá professionali, che, tuttavia, non sono dotate di fondi sufficienti per offrire una retribuzione adeguata.
All’estero troviamo molte accademie o universitá della danza che sono in diretto contatto con le compagnie dei teatri locali, come ad esempio l’Accademia in cui insegno io a Vienna, che facilitano l’ingresso nel mondo del lavoro agli studenti che le frequentano. Questa realtá mi sembra che esista in Italia solo in tre istituzioni, le Scuole di danza dei Teatri di Milano, Roma e Napoli.
Al contrario ti chiedo anche un punto di forza del settore in Italia! Nel tuo lungo percorso estero, che ti vede oggi come rehearsal director e insegnante di danza contemporanea presso la Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Vienna, ma che ti ha visto anche insegnante in SEAD e manager della Compagnia di Danza del Teatro di Glessen, sicuramente hai avuto modo di osservare diverse realtà e di confrontarle con quelle italiane. Cosa esporteresti? Qual è la qualità di cui i nostri danzatori devono far tesoro?
Da un lato in questi ultimi anni ho notato un grande sviluppo della danza contemporanea nella scena italiana e di questo sono enormemente contento. Da un altro lato in alcune realtá ho notato un certo abbassamento del livello tecnico della danza classica. Dovremmo, a mio avviso, continuare a praticare contemporaneamente bene i due generi per essere “pronti” ad affrontare il passo verso il professionismo.
Inoltre il carattere dell’italiano é molto deciso ed intraprendente e questo si riscontra soprattutto nella presenza scenica dei nostri danzatori: questo è a mio avviso un punto che ci distingue dalle altre nazioni.
Tre buoni motivi per partecipare al Concorso Expression?
1. professionalitá nell’organizzazione;
2. una piattaforma di livello internazionale;
3. momento di confronto con altre realtá per trarre spunto e progredire.
All’edizione 2023 di Expression hai assegnato alcune borse di studio e proprio tre di quelle borse di studio hanno condotto tre danzatori nella Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Vienna. Cosa significa per loro questo? Puoi descriverci una giornata tipo in Accademia? Quali sono le opportunità una volta concluso il percorso?
Credo che i tre ragazzi si siano molto ben adattati anche perché abbiamo molti studenti che vengono dalla nostra nazione e questo li fa sentire un po’ a casa. Nel contempo per accedere alla scuola dell’ obbligo devono imparare velocemente il tedesco.
L’ Accademia di Vienna é in gran parte basata sulla danza classica. Ci sono lezioni giornaliere per gli ultimi quattro anni dalle 8 alle 12:30 e poi quasi tutti seguono le lezioni in una scuola affiliata per il diploma di maturitá superiore, una specie di liceo coreutico. Le prime quattro classi seguono invece le lezioni della scuola al mattino e quelle dell’Accademia al pomeriggio dalle 14:30 alle 18.
L’opportunitá piú diretta é che alcuni studenti dopo l’ottavo anno vengono inseriti (tramite selezione) nella Junior Company del Balletto dell’Opera di Vienna in cui hanno la possibilitá di continuare a perfezionarsi tecnicamente e di fare esperienza in scena con la Compagnia dell’Opera. ⬢
A come la prima lettera dell’alfabeto, A come il primo di un elenco, A come un ottimo voto, A come albero (simbolo della vita), A come Alice… A come Vitamina A. La vitamina A me la immagino come una pallina gialla, sorridente e con le guance rosa! La vitamina A, tecnicamente retinolo, è uno dei composti più importanti per noi atleti in quanto la sua peculiarità è il suo potere antiossidante: la respirazione cellulare (assai attiva nei nostri muscoli in fase di allenamento) produce naturalmente radicali liberi e la vitamina A aiuta a ridurli limitando così i danni cellulari da loro causati. Dove possiamo trovare la vitamina A? Soprattutto nei prodotti di origine animale ma non solo perché il nostro organismo è capace di costruirla a partire anche da altri composti “suoi cugini” come i carotenoidi, suoi precursori, che sono presenti in:
1. carote
2. zucche
3. cachi arancia
4. patate dolci
5. albicocche
6. ricotta vaccina, uova
7. cicoria, sedano, crescione.
La vitamina A è importante per la vista, la pelle e la crescita naturale dell’organismo. Ora che entriamo (anche se non si direbbe) nella stagione più fresca dell’anno, più esposti a sbalzi di temperatura e quindi ai primi “malanni”, assumere le giuste quantità di vitamina A aiuta ad aumentare la risposta immunitaria. Dopo l’esposizione estiva al sole meglio consumare vitamina A per ridurre i danni che il sole ha inflitto sulla pelle. Il mio consiglio? Consumiamo carote in abbondanza ogni qual volta pensiamo di esporci ai raggi solari per diverse ore (anche in montagna). La buona notizia poi è che la vitamina A è termostabile per cui in cottura non si danneggia e rimane integra. È una vitamina liposolubile, ovvero “sta bene nel grasso”, quindi possiamo aiutare il suo assorbimento condendo ad esempio gli alimenti con olio extravergine d’oliva!
Finalmente stanno arrivando i mandarini e le arance! Segno che l’inverno ormai è vicino e dobbiamo proteggerci con tanta vitamina C, che non troviamo solo negli agrumi ma in tutta la frutta! Il kiwi ad esempio contiene tantissima vitamina C, quasi più di una arancia, e possiede molte fibre utili a chi soffre di stitichezza e per chi sta facendo una dieta iperproteica. Meglio quindi non dimenticare mai una bella spremuta di arance rosse la mattina: grazie al loro contenuto di antocianine, vitamina C, vitamina A e sali minerali il consumo di arance può considerarsi un fattore di prevenzione importante per le malattie cardiovascolari grazie al loro potere antinfiammatorio e alla capacità di abbassare la pressione.
Mai come ora, che sono risultata positiva al covid, penso quanto sia importante mangiare bene e sentirsi bene! E allora penso alla mia danza! D come Danza , D come vitamina D: la vitamina D è liposolubile, ossia solubile (comoda nei grassi… beata lei!), e ha un importante ruolo nella mineralizzazione dello scheletro. La vitamina D interviene infatti nella formazione delle ossa e dei denti e controlla le concentrazioni di calcio e fosforo nel sangue regolandone l'assorbimento. Negli alimenti la troviamo nelle uova, nel latte, nei formaggi e nel pesce azzurro. A me piace pensarla come la vitamina “abbronzata” perché si forma nella cute per esposizione diretta alla luce solare. In questi periodi di poca esposizione ai raggi solari meglio integrare… appena potrò mi farò una bella gita al mare, ma intanto mi bastano cento passi!
Uno stage IDA comincia sempre da un pensiero, da idee condivise, da unione e da passioni che vengono messe in circolo per creare ogni volta qualcosa in più rispetto alla classica lezione di danza. Attraverso gli stage cerchiamo di portare stimoli nuovi, ma soprattutto cerchiamo di offrire spunti di riflessione dai quali partire per arricchire la propria danza. Crediamo nel potere e nella forza della condivisione, negli scambi proficui e negli incontri. Che belli gli incontri: tra persone, culture e linguaggi. E, come per tutti questi incontri, anche l’incontro tra i diversi tipi di danze ha il potere di favorire scambi e nuove creazioni. Da questo presupposto siamo partiti per costruire il nostro ultimo stage: Fusion.
In un mondo sempre più caratterizzato da contesti multiculturali in continua e veloce evoluzione, siamo ben consapevoli del grande potenziale che questi intrecci possono avere sul piano del processo creativo, in quanto possono valere come vere e proprie matrici di elementi artistici nuovi. Fusion parte da qui, da una lettura del mondo contemporaneo e dal valore che riponiamo nel futuro e nelle future generazioni. Per loro riflettiamo ogni giorno, per loro mettiamo in campo nuove visioni o elementi del passato che vanno inseriti nuovamente in chiave attuale.
Così è nato e con queste premesse ci piacerebbe vederlo crescere: tanti percorsi si sono incrociati a Fusion lo scorso novembre, partendo da un elemento che raramente viene proposto durante gli stage di danza: la musica dal vivo. Abbiamo deciso di riallacciare il legame fondamentale tra la danza e la musica dal vivo per dare modo a danzatori e insegnanti di cogliere dalla fusione di queste due forme d'arte, intrinsecamente legate, l’impulso creativo che da questo legame deriva. Nella profonda connessione che è venuta a crearsi tra i musicisti e gli insegnanti, i danzatori hanno potuto cogliere e sperimentare competenze nuove, visioni che solo l’estrema sintonia tra la musica e la danza dal vivo può creare.
Chi ha partecipato lo sa, chi era presente ha respirato la magia creata dai musicisti del progetto Impactumm, un progetto portato avanti dall’associazione Tumm e che vede nel “ritmo con Segni” la peculiarità del suo percorso: ogni pezzo è unico e creato solo per quel determinato momento di danza. Cinque musicisti: Diego Occhiali alle percussioni, Giulio Bonacina alla tastiera, Lourdes Gonzales Gattorno alla chitarra e Giulia Matteucci la voce del gruppo, tutti guidati dai “potenti segni” di Michele Braguti. “Ritmo con segni” porta infatti in Italia un sistema di segni e gesti codificato che coordina il ritmo e la musica degli elementi del gruppo e che, in questo nostro stage, ha saputo cogliere i messaggi dati dalla lezione e dall’insegnante e li ha comunicati ai musicisti, guidandoli in sapienti costruzioni musicali, nuove, improvvisate.
Così nelle lezioni di Rita Valbonesi i bambini hanno potuto vivere concretamente le vibrazioni dei suoni, durante quelle con Melissa Roda hanno sperimentato nuovi movimenti, in un mix di elementi che combinano danza, elasticità e mobilità. L’improvvisazione in musica ha accompagnato poi le lezioni di Improvvisazione Guidata di Michael D’Adamio, durante le quali i danzatori hanno sperimentato variazioni di intensità e di ritmo, che li portavano a mettersi in gioco con l’altro e con lo spazio circostante, in un rapporto dialogico essenziale nel costruire la performance finale.
Fusion e gli scambi dialoganti di questo stage hanno favorito anche la possibilità, durante le lezioni di Capoeira tenute da Diony De Carvalho, di sperimentare lezioni di musica brasiliana: ciascun ballerino ha potuto approfondire la conoscenza di questa disciplina brasiliana grazie alle basi culturali trasmesse dall’insegnante, grazie alla possibilità di poter suonare i tipici strumenti legati alla Capoeira, come il berimbao, l’atabaque, il pandeiro, il reco-reco e l’agogò. Soprattutto hanno potuto apprendere i passi base della Capoeira, un’arte marziale interpretata come una danza, che porta con sé il peso della storia di schiavitù e liberazione dei popoli sottomessi e che, nella sua spettacolarità e disciplina, ha insita la bellezza della danza e offre spunti e tecniche che possono essere di certa utilità per insegnanti di danza o anche per coloro che intendono offrire elementi alternativi nei corsi dedicati ai piccoli e alle propedeutiche.
Matteo Addino, sempre molto amato, ha arricchito poi l’offerta formativa e ha reso Fusion un momento di crescita tecnica per gli allievi, arrivando a toccare corde emotive fondamentali per chi vorrebbe provare a rendere la danza una professione, ma anche per chi la vive come l’unico mezzo per trasmettere all’esterno anche le sensazioni più intime. Per la prima volta dopo tanto tempo è tornato al Centro Studi La Torre Rimi Cerloj, che attraverso sorrisi e sguardi sereni, ha portato nelle nostre sale insegnamenti e momenti di grande danza.
Fusion è stato questo e forse, per chi l’ha vissuto in prima persona, è stato anche qualcosa di più: nuove visioni, strumenti utili per nuovi approcci alla danza.
Di origine toscane, tedesco di adozione, Alen Bottaini è il fondatore e direttore artistico della Bavaria Ballet Academy. Ballerino di grande virtuosismo, fino alla fine della sua carriera di danzatore è stato primo ballerino del Bayerisches Staatsballet di Monaco. Inizia la sua formazione presso la scuola di sua madre e all’età di 13 anni prosegue gli studi in Inghilterra al Bush Davies college per entrare poi nella scuola del Royal Ballet di Londra. L’anno successivo, su consiglio della grande Galina Ulanova, si trasferisce in Russia presso la famosa Accademia Vaganova di San Pietroburgo (Kirov Theatre School) nella quale due anni dopo si diploma con il massimo dei voti. Completa infine i suoi studi alla Canada’s National Ballet School dove per un anno approfondisce lo studio della danza contemporanea.
Bottaini è stato il primo e unico italiano ad aver vinto la medaglia d’oro alla competizione internazionale di Varna; nel 2006 è stato dichiarato “Best Performer of the Year” da “Danza & Danza” e nel 2008 ha ricevuto il titolo onorifico di Kammertänzer in Baviera. Nel 2013 fonda la sua Accademia di Balletto e quest’anno festeggerà il decimo anno di attività con l’organizzazione di un Grande Gala.
Intervisto Alen dopo esser stato ospite del Campus Ida in cui ha tenuto delle classi di danza classica per cercare nuovi studenti per la sua Accademia tra i dodici e i diciassette anni.
MM: Alen quando ha capito di possedere la vocazione dell’insegnamento?
AB: Dopo un po’ che insegnavo ho capito veramente che anche l’insegnamento potesse essere una mia vocazione: spesso si pensa che se sei stato ballerino ad alti livelli sia naturale fare l’insegnante ma non è così automatico. Insegnare è completamente diverso così come è diverso insegnare in compagnia o in accademia. Quando si danno lezioni in compagnia si fa un riscaldamento particolare per mantenere la tecnica; quando insegni in Accademia invece ti rivolgi a dei bambini e a dei ragazzi e devi insegnargli tutto dall’inizio. Quando, dopo diciassette anni, sono venuto via dalla Bayerisches Staatsballet di Monaco ho capito che ci voleva troppa energia per continuare con il repertorio che proponeva la compagnia così ho capito che dovevo limitare gli sforzi per preservarmi. Per un anno poi sono stato ballerino ospite in diversi gala e, parallelamente, ho iniziato a insegnare.
MM: Quando hai avuto l’occasione di insegnare in modo stabile?
AB: Sinceramente quando ero ballerino non avevo in testa l’idea di insegnare ma un giorno ho visto un annuncio come insegnante all’English National Ballet School di Londra e mi hanno preso proprio quando stava diventando direttrice Samira Saidi, ballerina e insegnante. Samira mi ha tenuto sotto la sua ala protettrice e mi ha insegnato davvero molto, sia dal punto di vista della didattica (guardava sempre attentamente le mie lezioni), che dal punto di vista gestionale su come gestire un’ Accademia: posso dire che mi ha insegnato ad insegnare. Dopo cinque anni che insegnavo lì ho deciso però di lasciare, sia perchè Samira aveva lasciato la direzione della Scuola che per motivi personali. Ero stanco perchè per cinque anni ogni weekend tornavo a casa da Londra e, avendo già aperto anche l’Accademia che dirigo, ero molto occupato e poi, avendo avuto anche il secondo figlio, era arrivato il momento di trovare una stabilità a Monaco.
MM: Così ha deciso di impostare la sua vita a Monaco?
AB: Sì, ho pensato che avevo imparato e conosciuto molte cose che potevo trasmettere ai miei allievi e volevo stare più vicino alla mia famiglia. Inoltre è da trent’anni che abito a Monaco quindi qui mi conoscono molto bene e molte persone mi stimano, oltre al fatto che la danza qui è ancora molto riconosciuta e i teatri sono pieni. Per tutti questi motivi ho messo le mie radici a Monaco poi, anche dal punto di vista logistico, la mia Accademia è favorita perchè Monaco è nel centro dell’Europa. Non è un caso che il 70% dei miei studenti siano italiani: da una parte mi conoscono bene come ballerino, dall’altra Monaco è la tappa più vicina per uscire dall’Italia e i genitori si sentono più tranquilli.
MM: Ho notato che organizza diverse audizioni in Italia e all’estero per accedere alla sua Accademia, come riconosce i giovani talenti?
AB: Chiaramente nel classico si deve rientrare in alcuni parametri ma per me è ancora più importante trovare nei ragazzi l’intelligenza: devo capire se i ragazzi comprendono veramente una correzione, devo poter esser certo che dopo la correzione risultino attenti nella trasmissione dentro al corpo e poi, certo, bisogna avere un fisico adatto, ma questo non è tutto per me. Ovviamente in un giorno è difficile carpire questa qualità, ma vedere se un ragazzo possiede carattere e personalità per me è molto importante. Ho visto anche ragazzi molto dotati ma se non hanno questa qualità non riescono a procedere così come è nei miei intenti. Oggi giorno poi se non sei sveglio e non apprendi subito, i direttori di compagnie non hanno tempo di aspettare: è tutto molto più veloce rispetto ad una volta.
MM: Come mai predilige la strada dell’audizione per entrare nella sua Accademia? Riesce a capire meglio le personalità più giuste per il suo percorso?
Assolutamente, seguo molto la personalità perchè i ragazzi hanno bisogno di avere una vitalità e oggi giorno i ragazzi sono molto svegli e cercare di trovare qualcosa in loro che riesca ad emergere non è facile. Però se il ragazzo ha molta passione riesco a spingerlo per farlo arrivare: ho bisogno di un carattere che possa “acchiappare la cosa” piuttosto che un ragazzo che abbia delle qualità fisiche che non riesca a comprendere quello che gli propongo. Per questo vengo spesso in Italia a fare audizioni: qui i ragazzi hanno molta personalità. Durante l’audizione a Ravenna ho scelto ad esempio tre ragazzi, un ragazzo di diciotto anni a cui interessava partecipare al programma per il Pre Professional Program e due ragazze di tredici anni.
MM: E quando vengono selezionati i ragazzi a partire da quale età cominciano nella sua Accademia?
AB: I ragazzi che sono di Monaco arrivano anche piccoli (nel mio programma i corsi di studio partono dai dieci anni ma ho anche dei corsi pre accademici che partono dai sei anni) anche perchè ho anche un internato in cui vengono seguiti; gli italiani invece di solito arrivano dopo le scuole medie per problemi di studio: preferiscono arrivare sui dodici anni finite le scuole medie, così hanno la possibilità di frequentare un anno per l’integrazione scolastica e poi proseguono nella scuola tedesca.
MM: Secondo lei quindi quali qualità deve avere un danzatore?
AB: Sicuramente un buon danzatore deve saper accettare i consigli, vedere che piega prende la coreografia nella sua unicità, avere musicalità, carattere, espressione ed artisticità. Io preferisco sicuramente queste caratteristiche anche a chi è più pronto tecnicamente perchè il mio lavoro di insegnante deve essere quello di trasmissione e di crescita. Capisco subito se il ragazzo ha avuto un insegnamento sbagliato e se cambia subito il metodo perchè apprende velocemente apprezzo lo sforzo e lo aiuto; altrimenti capisco che non c’è il livello di comprensione giusto che cerco io. Per questo motivo mi è capitato spesso di accogliere ragazzi anche di sedici anni che erano più indietro tecnicamente ma in quei casi gli facevo frequentare i doppi corsi per velocizzare l’apprendimento della tecnica. Ovviamente non ci deve essere un divario troppo ampio con i loro pari, altrimenti sarebbe troppo stressante sia a livello fisico che a livello psicologico.
MM: In che modo ha impostato il suo lavoro accademico? Riscontra differenze rispetto al metodo di lavoro delle Accademie in Italia?
AB: La mia Accademia è basata sulla Vaganova ma ci ho messo molto del mio perchè ho seguito tante scuole diverse con altrettanti metodi (Royal Ballet School di Londra, Canada’s National Ballet School di Toronto): ho cercato quindi di prendere il meglio da ogni insegnamento e ho costruito un mio programma. Durante la pandemia ho creato il programma ABA Alen Bottaini Academic Ballet Program poi ho sistemato tutti gli esami dei corsi tra i sei e i diciotto anni e ho creato per ogni anno le lezioni di esami che si svolgono due volte all’anno e in più per il repertorio si preparano variazioni che vengono poi presentate nei teatri dove i ragazzi possono essere visti anche da altri direttori: quest’anno ad esempio siamo stati a Torino e il prossimo anno andremo a Mentone. Per me è fondamentale dare un’esperienza di palcoscenico ai ragazzi.
MM: Ci sono modalità specifiche che ha introdotto nella sua Accademia grazie alla sua esperienza?
AB: Di base ho ideato un programma che è stato creato sulla mia esperienza di ballerino e quindi c’è molto del mio; certo la base è sempre la stessa e non si può toccare ma ho inserito diversi elementi che derivano dal mio background. Ad esempio sono cresciuto tanto grazie anche alla mia esperienza in coreografie di Balanchine e Forsythe.
Per le mie classi ho anche creato, insieme al pianista Vinicio Colella, tutte le musiche per velocizzare a livello musicale le lezioni: bisogna lavorare lentamente altrimenti i corpi non sono pronti ma abbiamo fatto un lavoro sulle musiche in modo che i ragazzi non si annoino e la musica gli dia un sprizzo di gioia creando il giusto equilibrio tra divertimento e lavoro.
MM: Mi sembra che nella sua idea di Accademia ci sia lo scopo ben preciso di far trovare ai “suoi ragazzi” un lavoro. Come li aiuta in tal senso?
AB: Il mio programma accademico inizia a partire dai dieci anni e arriva fino ai sedici anni (junior), poi gli ultimi tre anni sono per i senior e a seguire ho creato il Pre Professional Program. Già durante l’ultimo anno di questo percorso, mentre gli allievi stanno ancora studiando, li stimolo a partecipare ad audizioni così riescono a superare eventuali rifiuti grazie ai compagni dandosi sostegno reciproco. Con questa modalità molti di loro quando finiscono trovano lavoro perchè in Germania, diversamente dall’Italia, ci sono molte occasioni di lavoro, ogni teatro ha la sua compagnia che funziona, ci sono fondi anche per un piccolo progetto. Anche durante la pandemia hanno aiutato molto la mia Accademia con dei fondi. Purtroppo, devo ammetterlo, ho un pò di rammarico per la situazione italiana.
MM: E come si svolge una giornata tipo in Accademia?
AB: I senior iniziano alle 8.30 e finiscono verso le 16.30: hanno lezione di carattere, passo a due, repertorio, punte, classico, contemporaneo, anatomia, stretching, power training, il metodo Benesh (un sistema di notazione per la danza n.d.r.), poi ognuno crea un progetto coreografico e quello che vince viene portato in scena nello spettacolo finale.
Gli junior tra i dieci e i sedici anni, frequentando ancora la scuola, fanno tra le tre e le quattro ore al giorno e frequentano lezioni di classico, carattere, punte, base moderna con metodo Graham e Limon.
MM: E tutti i ragazzi che frequentano riescono a finire il percorso?
AB: Fortunatamente si. Normalmente riescono a seguire e terminare tutto il percorso, devo dire che non c’è una percentuale molto alta di abbandoni.
Alen Bottaini è una persona deliziosa dal piglio ironico e divertente, sente il peso della responsabilità di essere insegnante e crede che sia fondamentale svolgere questo lavoro con grande passione e dedizione. Possiede una spinta emotiva molto forte che persegue con passione e tenacia e per i suoi allievi ha cercato un metodo che possa coniugare lavoro e divertimento. Il tipo di intelligenza di cui parla Alen, che non è certo quel tipo di intelligenza che ti aiuta a risolvere problemi matematici, è una dote importantissima che non tutti hanno ed è la migliore qualità che secondo lui ogni ragazzo che aspiri a diventare un danzatore professionista possa coltivare nel tempo.
CONSIDERAZIONI E RIFLESSIONI PROPOSTE DALLA DOTT.SSA MANUELA ANGIOI E DAL PROF. ROGER WOLMAN.
Il presente articolo è stato modificato e tradotto dalla versione originale pubblicata da BASEM Today, issue (numero) 57, Winter 202; titolo: Do fitter Dancers dance better and longer? Examining selected evidence discussing the effects of supplementary fitness training in dance. Autori: Mnuela Angioi e Roger Wolman
I benefici fisici e fisiologici dell’aumento dei livelli di fitness, sia in relazione alle prestazioni che alle lesioni dell’apparato muscolo scheletrico, sono stati oggetto di crescente studio e interesse nell’ultimo decennio. Gli scarsi livelli di fitness sono generalmente associati ad un aumento del rischio di lesioni: una capacità aerobica inadeguata, ad esempio, è collegata alla fatica, che a sua volta può portare a infortuni (1). Nella danza, la resistenza muscolare è necessaria durante il lavoro in coppia, così come durante i movimenti di transizione dal floor alla posizione eretta e viceversa (2). La potenza muscolare è necessaria nello sviluppo dell’elevazione durante la fase di decollo di qualsiasi tipo di salto, elemento tecnico fondamentale della danza e di altri sport estetici. Studi precedenti hanno individuato correlazioni statistiche tra la potenza muscolare degli arti inferiori, la resistenza muscolare degli arti superiori e la capacità aerobica con aspetti qualitativi delle prestazioni (3) e gravità delle lesioni (4), sia nei danzatori contemporanei (3,4) che classici (5,6). Nel caso specifico dei ballerini classici, è stato riscontrato che bassi livelli di fitness aerobico siano associati ad un aumento dell’incidenza di lesioni, mentre livelli ridotti di percentuale di grasso corporeo sono stati correlati a tempi di recupero più lunghi da lesioni diagnosticate (6). E’ importante sottolineare tuttavia che tali correlazioni riportate non implicano causalità.
Una systematic review recentemente pubblicata (7) ha esaminato la letteratura scientifica sugli effetti dell’allenamento supplementare di fitness sia sulle prestazioni che le lesioni/infortuni nei danzatori. I generi di danza più frequentemente studiati sono il contemporaneo e classico, con un solo studio che ha incluso danzatori hip-hop (8). Fino ad ora pochi studi hanno impiegato forme di progettazione di studio di intervento randomizzato controllato mentre la maggior parte ha utilizzato campioni di convenienza per la progettazione di studi caso-controllo o pre-post di singolo gruppo. Ad oggi sono state utilizzate misurazioni (outcomes) eterogenee relative in particolar modo agli aspetti qualitativi delle prestazioni nella danza.
Secondo Ambegaonkar e colleghi (7), il dosaggio del programma di addestramento supplementare finora più comunemente utilizzato è quello di un’ora, due o tre volte a settimana per circa otto settimane. Gli studi pubblicati suggeriscono che allenamenti supplementari di fitness migliorino sia le prestazioni che le qualità estetiche. Per quanto riguarda le lesioni finora è stato riportato tuttavia un numero molto limitato di studi sugli effetti benefici e, pertanto, le prove disponibili al momento non consentono di trarre delle conclusioni che siano valide per danzatori di vario genere e livello. L’integrazione di un allenamento supplementare potrebbe contribuire a colmare il divario del costo fisiologico osservato tra l’allenamento tecnico tradizionale (lezioni e prove) e le performance. Anche se l’inserimento di attività supplementari deve tenere conto del carico di lavoro attuale che può già comportare sei o otto ore al giorno di esercizio a intensità variabili. Le sessioni di allenamento supplementare di fitness per ciò devono essere pianificate in modo da evitare che la fatica interferisca con gli elementi di alta abilità tecnica. L’allenamento di fitness supplementare può essere implementato nell’ambito della lezione in studio per evitare sovraccarichi e si può valutare la possibilità di sostituire invece di aggiungere ore extra di fitness.
La selezione degli esercizi potrebbe essere adattata alle esigenze coreografiche e dovrebbe essere specifica allo stile di danza. La nostra raccomandazione finale è quella di espandere il confronto diretto tra stili di danza e livelli utilizzando progettazioni di studio robuste e campioni di dimensioni adeguate per garantire la divulgazione di piani allenamento fitness utili ai danzatori, di vario livello e genere, che possano essere utilizzati dagli insegnanti.
Bibliografia
1. Kumar S, Tomic E. Theories of musculoskeletal injury causation. Ergonomics 2001;44(1):17–47.
2. Wyon, MA., Twitchett, E M Angioi et al. (2011) Time Motion and Video Analysis of Classical Ballet and Contemporary Dance Performance Int J Sports Med 32: 1–5
3. Angioi, M., G. Metsios, E. Twitchett, Y. Koutedakis and M.A. Wyon (2009). Association between selected physical fitness parameters and aesthetic competence in contemporary dancers. J Dance Med Sci 13(4):115-23
4. Angioi, M., G. Metsios, Y. Koutedakis, E. Twitchett and M.A. Wyon (2009). Physical fitness and severity of injuries in contemporary dance. Med Probl Perform Ar 24 (1): 26-29.
5. Twitchett, E., Angioi, M., Koutedakis, Y., Wyon, M (2011) Do increases in selected fitness parameters affect the aesthetic aspects of classical ballet performance? Med Probl Perform Ar 26 (1), 35
6. Twitchett, E., Brodrick, A., Angioi, M., Koutedakis, Y., Wyon, M (2010) Does Physical Fitness Affect Injury Occurrence and Time Loss Due to Injury in Elite Vocational Ballet Students? J Dance Med Sci 14 (1): 26-31
7. Ambegaonkar J.P., Chong L, & Joshi P (2021) Supplemental training in dancers: A systematic review Physical Medicine & Rehabilitation Clinics of North America Feb;32(1):117-135.
GLI AUTORI:
Dottoressa Manuela Angioi
Docente di Medicina dello sport e responsabile del Programma IBSc Sports and Exercise Medicine presso la Queen Mary University di Londra.
Professore Roger Wolman
Specialista in Reumatologia e in Medicina dello Sport.
Membri del Comitato di Redazione di Journal of Dance Med Medicine & Science edito da Iadms (International Association for Dance Medicine & Science).
L'importanza del port de bras tra danza e fitness
Tutti ci siamo incantati almeno una volta nella vita nell’osservare le “braccia cantanti” del Cigno Bianco. Quanta emozione e regalità hanno saputo trasferire le grandi ballerine agli arti superiori fino a renderli simili a delle ali e quanto le braccia, in un balletto, ci sanno comunicare chiari riferimenti sulla provenienza contadina di Giselle o sulla nobiltà di Aurora nella Bella Addormentata. Come nel balletto anche nella vita quotidiana le braccia parlano di noi, di come respiriamo e di quanto ancora ci pensiamo capaci di volare.
Fino a qualche tempo fa ad utilizzare il termine Port De Bras erano più che altro gli addetti ai lavori durante le classi di balletto o i cultori dei dettagli dell’arte tersicorea ma la bellezza, quando è autentica, viene emulata e oggi la volontà di possedere braccia toniche e femminili è un ideale al quale ambisce anche il pubblico del fitness. È sempre più frequente infatti che famosi personal trainer introducano movimenti di port de bras in abbinamento ai riscaldamenti total body mentre, paradossalmente, nelle classi di danza amatoriali si rischia di portare eccessiva attenzione all’ uso dei piedi e al lavoro tecnico degli arti inferiori, trascurando la parte superiore del corpo che risulta spesso goffa e debole. Come si può porre rimedio a questa problematica?
Il port de bras non può funzionare correttamente se non è sostenuto da tronco e dorso solidi e muscolarmente equilibrati. Le braccia dei danzatori possono lavorare con estrema grazia solo se interagiscono con il centro del corpo, conservando così una perfetta coordinazione senza ricorrere ad una eccessiva tensione. I programmi di condizionamento per danzatori dedicano grande spazio ad esercizi volti ad agire sui pettorali, il trapezio, il gran dentato e vari muscoli che circondano e sostengono la scapola. Che sia un ballerino o un amante del fitness, se vuoi braccia armoniose dovrai aver interiorizzato che il movimento delle braccia parte dal centro del corpo e si espande nelle estremità. Non è un caso che molte cattive abitudini come spalle alte, gomiti cadenti e linee che si spezzano all’altezza del polso hanno origine nella mancanza di una connessione muscolare tra le braccia e la schiena. Coltivare il movimento delle proprie braccia aggiunge colore a qualsiasi tipo di allenamento. Sarà per questo che danza e fitness si scambiano così tante informazioni: l’ una possiede il potere evocativo della narrazione, l’altra la specificità dell’allenamento.
Sempre più danzatori sono coscienti di dover aggiungere alla loro routine sequenze specifiche di allenamento e sempre più istruttori di total body costruiscono le loro lezioni con grande attenzione per mantenere uniti forza e fluidità. Da qui l’idea di Ida di proporre il Corso di preparatore atletico per la danza in partenza nel 2024, condotto da Melissa Roda e Viviana Fabozzi, per il quale verranno creati allenamenti specifici per migliorare le capacità atletiche da allenare in ogni forma di danza: agilità e coordinazione, forza generale e specifica, trofismo muscolare generale, resistenza lattacida e rinforzo del piede. Melissa Roda suggerisce di seguito alcune proposte per allenare un port de bras corretto:
Allenamento Resistenza Muscolare (Strategie EMOTM 12 Minuti)
Primo minuto
10 Rep extrarotazioni con banda elastica
esecuzione: gomiti addotti al tronco, braccia flesse a 90 gradi extra ruotato verso l’esterno mantenendo sempre la tensione dell’elastico (utilizzo la contrazione auxotonica)
8 Piegamenti base di appoggio il muro gomiti stretti
Secondo minuto
40 secondi simulo funi con banda elastica
esecuzione: banda elastica posizionata sotto i piedi, mantengo banda elastica con mano chiusa, gomiti addotti movimento piccolo e rapido, continuo a percepire tensione banda elastica.
Terzo minuto
6 Ripetizioni di un gesto tecnico mantenendo il contatto del dorso al muro. Qualità del gesto.
Ripeto fino a raggiungere
i 12 Minuti.
Timing Circuit (40 secondi di lavoro e recupero 30 secondi)
Prima stazione
Spinta al muro mantenendo contrazione iso-metrica, controllo la scapola e la postura (core).
Seconda stazione
Sdraiati in posizione supina banda elastica posizionata sotto le scapole braccia rotonde mantenendo tensione banda elastica, piedi posizionati al muro stacco il coccige dal pavimento senza modificare posizionata braccia.
Terza stazione
Posizione di partenza in ginocchio di fronte al muro mani aperte a contatto con il muro, estendo dita delle mani ruoto palmo delle mani verso l’interno dita restano a contatto forte il nucleo del corpo (core) motore del gesto articolazione della spalla polso e mano da aperte le dita adducono.
Quarto minuto
Posizione eretta, braccia allungate sopra la testa mani a contatto al muro salgo sul metatarso e arrotondo le braccia lasciando mignolo a contatto al muro. Motore del gesto scapole e gomiti.
3/4 Round (Giri completi)
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L'anatomia esperienziale in movimento come strumento nelle mani dei bambini per comprendere se stessi nel mondo
In un paese vicino al mare, vivono un gruppo di bimbi esploratori provenienti da tutto il mondo.
Una mattina, ancora un po’ addormentati, sfogliano un libro sul corpo umano ed improvvisamente vengono attratti dalla descrizione e dalle immagini che parlano della pelle.
Sebastian inizia a toccare il suo braccio e sente che la pelle è un contenitore e protegge l’interno del corpo e prende informazioni dal mondo esterno.
Noah comincia a toccare le braccia di tutti i compagni e sente che la pelle può essere molto liscia o un po’ rugosa. Nel frattempo, tutti i bambini continuano a sfogliare il libro e a ricercare sul corpo le informazioni.
Improvvisamente dal cielo una nuvola, un po’ birichina e curiosa, lascia cadere, come fosse pioggia, tanti fogli di tutti i colori. Le nuvole amiche, con le guanciotte piene d’aria, soffiano sui i fogli e creano sul pavimento l’immagine di un corpo umano.
Alice incomincia a saltellare, prende in mano i colori e urlando dice: “io vado ad esplorare e a disegnare!”
Tutti i bambini iniziano a riportare sui fogli tante immagini fantastiche. I colori incominciano a danzare da una parte all’altra e i fogli, divertiti, si arricchiscono di tante storie.
A un certo punto, l’albero maestro, con i suoi rami e con l’aiuto del vento, raccoglie tutti i fogli. Le farfalle mischiano le pagine disegnate e si forma un libro.
Sebastian racconta la storia, l’albero Maestro mischia nuovamente i fogli e Francesco racconta la storia.
Il maestro divide le varie pagine e le regala ai bambini. Alice, felice, pensa “che bello mi porto a casa un po’ di storie dei miei amici…”.
Si sente un canto nell’aria sono un gruppo di nuvole bianchissime e allegre. Si muovono nel cielo al ritmo di un venticello allegro ed effervescente.
Portano con loro una lunga e grande striscia di carta che volteggia nell’aria e crea figure geometriche.
Le nuvole lasciano cadere la striscia lunga e bianca, che si deposita sul pavimento, leggera come una piuma.
Francesco chiama i compagni e urla: “ragazzi correte una lunga nuvola è atterrata nel nostro cortile!”
Michele “come possiamo trasformarla?”
Alessandro urla, correndo, come impazzito: “Creiamo un mondo corporeo….”, suggerisce!
Metà dei bambini si stende sulla nuvola e prendono le forme che desiderano. Gli altri chiedono agli amici merli di donare loro una piuma, con la quale tracciare i confini dei loro corpi dei corpi dei loro amici.
Si vengono a creare delle grandi forme e i bambini le riempiono di disegni.
Quando hanno finito, cominciano a osservare e Thomas dice: “sono tanti pianeti” e racconta quello che vede di ogni pianeta.
Alessandro invece descrive le varie emozioni che legge dentro i corpi. A Sebastian viene un’idea e la dice bisbigliando ai suoi compagni.
I bambini prendono le forbici e ritagliano le forme. È vero! Sono continenti!
E così facendo, dispongono i vari pezzi, creando un mondo corporeo.
Il vento inizia ad agitare le varie forme, che cominciano a volare nell’aria come tanti aquiloni e che, come tanti aquiloni, spariscono nel mare, verso l’orizzonte.
L’acqua del mare si increspa e due grandi cavalli, uno bianco e uno nero, corrono sull’acqua veloci e saltellanti. I due cavalli sono così veloci e leggeri che volano nell’aria e arrivano dai bambini, depositandosi a terra sfiniti come fogli giganti. I bambini increduli e stupiti incominciano a girare attorno e si chiedono cosa possono fare. A Jonathan viene un’idea: prende forbici, colla, fogli colorati, colori e chiama gli amici a raccolta e sottovoce dice qualcosa…
Improvvisamente tutti i bambini cominciano a ritagliare, incollare, disegnare e…
Noah “… il colore nero assorbe i colori!”
Sebastian “… il colore bianco riflette tutti i colori!”
Thomas “… e la pelle assorbe tutte le informazioni dal mondo esterno!”
Francesco “… e la pelle porta fuori le informazioni dall’interno!”
La pelle ha un sotto e un sopra!
Aprire gli occhi al mondo può essere complicato, soprattutto se “l’apertura” non è stata allenata sin dalla giovane età. Partendo dal presupposto che gli occhi dei bambini sono molto più aperti rispetto a quelli dei genitori (e degli adulti in generale) nelle scuole e nei centri ricreativi, nelle palestre e nelle case, le favole, molto spesso, hanno giocato un ruolo fondamentale nella comprensione delle sfumature del mondo. I nostri bambini hanno bisogno di comprensione e di parole ed io, mamma di figli afro-discendenti, ho intercettato qualche tempo fa nelle parole e tra i disegni di mio figlio di 4 anni, un dubbio: “qual è il mio colore? Sono rosa o marrone?” Nel dubbio mi portava a casa autoritratti rosa e marroni, a seconda del giorno o del sentimento di appartenenza provato in quella mattina, senza una guida, ma dovendosi classificare dentro rigidi colori che, siamo sinceri, non rappresentano lui, ma non rappresentano neppure me e nessun’altro ancora.
Oltre al colore, però, la tematica è l’assenza di comprensione da parte delle figure educative, un gap ancora piuttosto accentuato, se ci rendiamo conto che l’Italia, crocevia di culture da sempre, non ha saputo e, ancora oggi, non sa parlare apertamente della ricchezza della diversità negli spazi educativi preposti. Un bambino, si sa, conosce il mondo attraverso il tatto, ama toccare, ama entrare in contatto attraverso la pelle, prima ancora che attraverso le parole. Vede con gli occhi, ma attraverso il contatto, il mondo diventa concreto ed è qui che una guida diventa necessaria, nella comprensione di sé e nella comprensione di sé in rapporto all’altro e al resto del mondo, nella comprensione della diversità. Una diversità che, nel racconto, diventa ricchezza. Noi, gli adulti, abbiamo una grande responsabilità e in questo siamo noi ad accompagnare i nostri “bambini”, le nuove generazioni figlie di questa società, in un percorso di conoscenza di sé e dell’altro; per fare ciò non dobbiamo e non possiamo sottovalutare tutte quelle discipline che richiamano al contatto primordiale con il mondo esterno, discipline come l’Anatomia Esperienziale in Movimento per Bambini, una disciplina caratterizzata da elementi di Yoga, Danza e Ginnastica frutto dell’unione di tali elementi insieme a elementi di arte e anatomia del corpo umano.
Insieme a Rita Valbonesi, creatrice del percorso di Anatomia Esperienziale in Movimento, ci siamo confrontati per poter cercare di capire come applicare l’Anatomia Esperienziale in Movimento per Bambini alla quotidianità di un Centro estivo, dove i bambini, dopo un anno di scuola, cercano di evadere per qualche mese dalla routine, in mesi estivi che, a piccoli passi, conducono a un nuovo anno, a un nuovo inizio, a una crescita mentale e fisica costante. Il progetto di cui parliamo è un nato dall’osservazione del “mondo dei (nostri) piccoli”, ed è nato da un confronto a cuori aperti, in due parole dette a Rita e dal quale tutto è nato. Una favola per bambini che diventa percorso tra mondi, discorso tra “pelli” esploratrici che danzano sotto la pioggia in estate e trasformano ogni stimolo sensoriale in informazione vitale. Rita Valbonesi, profonda conoscitrice di corpi in movimento, è alla continua ricerca di nuovi elementi per comprendere il rapporto tra corpo e stimoli esterni, siano essi frutto della relazione con l’ambiente circostante e della relazione con l’altro. Nel suo progetto di Anatomia Esperienziale in Movimento, ha dato vita a un percorso di lavoro basato su una metafora, su una visione: il corpo è il mondo.
Da questa visione, Rita ha così sviluppato delle attività per bambini, per accompagnarli nella crescita, aiutandoli a conoscere il proprio corpo e il proprio essere, dando spazio alla consapevolezza della propria presenza nel mondo, in un continuo rapporto con l’altro. Conoscere se stessi per relazionarsi col mondo, conoscere se stessi per capire e migliorare il rapporto con l’altro, comprendere l’altro in un rapporto paritario e di crescita continua.
GLI INCONTRI
I INCONTRO
Il corpo dai mille colori
Rivolto a bimbi da 5 ai 10 ann
Sguardo attento a:
La pelle è di mille colori e ogni pelle
racconta storie fantastiche.
Vivere l’esperienza insieme permette
di creare la propria storia e di ascoltare
quella degli altri.
Alla fine ognuno di noi si porta a casa un “ pezzettino” di pelle di tutti coloro che hanno partecipato all’esperienza.
Sguardo rivolto all’esterno.
II INCONTRO
Mondo corporeo
Rivolto a bimbi da 5 ai 10 anni
Sguardo rivolto a:
la pelle è un contenitore e può essere
pensata come un continente.
All’interno ci sono mondi fantastici e magici.Possono essere paragonati a tanti pianeti o comprendere dalla forma e dal contenuto le varie emozioni.
Tutto insieme creiamo un mondo corporeo.Sguardo rivolto all’interno.
III INCONTRO
La pelle sottosopra
Sguardo rivolto a:
il cuore come organo;
il cuore come ritmo, come luogo di espressione di sentimenti ed emozioni;
il cuore pulsante e danzante.
Due colori: bianco e nero.
La ricerca dell’equilibrio e dell’armonia.
La pelle interna e la pelle esterna,
la pelle sotto e la pelle sopra.
Dall’interno mando informazioni verso l’esterno, verso il fuori edall’esterno raccolgo le informazioni e le porto dentro.
I bambini con il loro cuore hanno iniziato dal cuore a “tatuare ” la pelle sotto e sopra.
Proposte pratiche
a) circuito propriocettivo e posturale con stazioni che coinvolgevano proposte sul piede, flessibilità, e destrezza;
b) proposte che stimolano i riflessi per creare giochi che vanno a stimolare il salto;
c) sequenze di movimento per stimolare la coordinazione, la concentrazione e la memoria;
d) sequenze di movimento danzato per educare al ritmo, alla scoperta ed organizzazione dello spazio;
e) proposte a coppie per educare all’ascolto del ritmo, del tempo ecc. di se insieme ad un altro compagno;
f) proposte in gruppo di 4 bimbi che si tengono per mano e si muovono nello spazio;
g) lezione di yoga - animali- piante- elementi celesti- racconti e fiabe.
La Heels dance è una danza basata su una tecnica raffinata che prevede pose, veloci cambi di peso, giri, trick, hair whip, spaccate e salti ma anche una danza che grazie all’eleganza, al portamento e alla sensualità aiuta a sentirsi più belli e sicuri di sé: protagonisti assoluti della Heels dance non sono tacchi normali da strada ma vertiginosi tacchi a spillo. Nata dopo gli anni Sessanta, la Heels dance è un tipo di danza che, oltre alla capacità di portare e muoversi sui tacchi, richiede una certa resistenza, controllo ed equilibrio e ha conosciuto un boom planetario nel 2008 quando la cantante Beyoncè si è esibita, accompagnata da due ballerine, in una coreografia ballata esclusivamente sui tacchi nel videoclip del suo famoso singolo Single Ladies. Del 2014 è poi la sua consacrazione a livello globale quando, durante il programma Britain’s got Talent, il giovane parigino Yanis Marshall ballò con la sua crew di soli uomini un pezzo di street jazz sui tacchi.
Per far conoscere meglio questa disciplina ai nostri lettori abbiamo fatto due chiacchiere con Daniela Cipollone, danzatrice dalle diverse esperienze - tour Marco Mengoni, Domenica In, Miss Italia, World of Dance, Espana Got Talent, videoclip musicali e produzioni teatrali - e docente che cura per Ida la Heels Class.
La prima cosa fondamentale da sapere, come ci racconta Daniela, è che la Heels cambia a seconda degli obiettivi con cui una persona frequenta questo tipo di corso: chi lo frequenta per una ragione professionale è importante che abbia basi modern e jazz, una buona padronanza della tecnica della danza oltre ad una buona consapevolezza del proprio corpo; chi lo segue invece per il semplice gusto di farlo può iniziare anche senza aver studiato danza. Le chiedo se sia importante possedere delle basi hip hop per poter frequentare queste classi: “in realtà c’è un pò di confusione. Ad esempio nella prima lezione che feci io (a Los Angeles nel 2007 n.d.r.) c’erano molte influenze hip hop ma poi tutto si è evoluto dipendendo dallo stile che ogni docente aveva deciso di affidare al proprio lato coreografico. Si trovano quindi coreografie che hanno diverse influenze: chi più hip hop, chi più contemporaneo, chi più jazz. Il tutto dipende dal colore e dal carattere che vuoi dare al tuo lato coreografico e questo credo che dia senz’altro un valore aggiunto a quello che proponi”. Poi ci racconta che le diatribe interne relative ai diversi stili del mondo heels secondo lei lasciano il tempo che trovano: “l’importante è partire da quello che ti piace fare, non limitandosi, perchè tutto ci ritorna utile e non dobbiamo perdere il feeling che c’è alla base di questa disciplina”. Come hai fatto nella coreografia che hai presentato a luglio al Galà Ravenna Danza in cui hai proposto l’Heels accompagnato dalla musica classica? “Assolutamenti si. A livello coreografico ognuno colora il suo stile in base al suo background e a me piace andare sempre fuori dagli schemi, cercando qualcosa di differente: per il Galà mi sono ispirata ad esempio alla sacralità del Teatro Alighieri ma in generale, a livello coreografico, la Heels mi fa sentire molto libera e posso variare da Mina a Rihanna. La commistione tra i diversi generi mi fa pensare come il riscaldamento di questa disciplina possa essere particolare e differente da una classe di danza “tradizionale”. Daniela lo conferma: questa è una disciplina così vasta che ha molto da offrire. Il riscaldamento, che è fondamentale come in ogni tipo di danza, deve essere funzionale e ha influenze sia di natura modern, che classica e contemporanea. Yannis Marshall ad esempio ha introdotto la sbarra con i tacchi dove tutto è funzionale al peso che viene calibrato con i tacchi; di norma però il riscaldamento viene svolto senza tacchi per preparare il corpo e si mettono i tacchi successivamente, anche se è possibile che qualche docente inizi subito la lezione camminando con i tacchi.
L’Heels dance si contraddistingue anche perchè è un’arte che permette di esprimere pienamente, serenamente e liberamente quella parte molto sensuale che nella vita di tutti i giorni non ci è permesso quasi mai di mostrare. Daniela ci confermi che questa disciplina non ti fa sentire sotto giudizio?: “Si decisamente. Molti principianti si avvicinano non a caso a questa disciplina perchè è una danza liberatoria e i principianti hanno quella voglia di scoprirsi che viene lasciata da parte dai professionisti che si chiudono spesso in schemi e perdono la natura di quello che fanno. I principianti hanno maggiore libertà: in particolare le donne, mogli, madri questo modo di usare i tacchi lo vivono con intensità, come una riscoperta di sensualità e di nuove emozioni tant’è che nella vita quotidiana hanno delle vere e proprie svolte a livello psicologico. Negli anni ho proprio riscontrato che la Heels le aiuta anche nella vita privata facendole acquisire maggiore sicurezza… d’altra parte a chi non piace stare sui tacchi?”. Mi racconta tuttavia che sebbene siano in molti a frequentare questa disciplina in Italia ci sia ancora del pregiudizio perchè nel nostro Paese pensando ai tacchi ci si ricollega a situazioni più volgari, come fosse un tabù. Poi Daniela ci confessa: “sono di parte lo so, ma vedo soltanto lati positivi e nessun lato negativo… perchè, se frequenti queste classi perchè sei un ballerino, è ormai diventata una necessità dato che sempre di più in ogni settore ti richiedono di ballare con i tacchi e poi a livello professionale credo che oggi più di ieri un ballerino debba cercare di approfondire a 360 gradi la danza per essere pronto ad ogni esigenza scenica; se invece si frequenta per hobby è un buono escamotage alla vita quotidiana e una bella riscoperta interiore… Personalmente per me è un vero piacere per l’anima come ci fosse quell’ alter ego donna… metto i tacchi e vado!” Per chi vuole approfondire questa disciplina Daniela Cipollone consiglia di guardare i lavori di alcuni esponenti della Heels Dance internazionale come Yannis Marshall, Danielle Polanco, Dana Foglia e Malou Linders. Per per impadronirsi degli strumenti tecnici e coreografici della Heels Dance l’appuntamento sarà a Milano il 7/8 ottobre, Heels II Livello a Roma il 28/29 ottobre, a Ravenna il 25/26 novembre e a Bologna il 3/4 febbraio.
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