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Dove vai se il piano editoriale non ce l'hai?

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Rubrica - Chicche social a cura di Chiara Travaglini

 

Prima di iniziare a creare contenuti dobbiamo porci qualche domanda ed è importante avere ben chiare le risposte, il mio consiglio infatti è di prendere carta e penna e concedervi qualche minuto per scriverle.

1 - Cosa vogliamo trasmettere?

Qual è la nostra proposta di valore e perché le persone dovrebbero seguirci?

2- A chi?

Chi è il nostro target di riferimento? Che genere? Che età? Che bisogni vuole soddisfare? Che problemi deve risolvere?

3 - Perché?

Qual è il nostro grande perché? Perché lo facciamo? 

4 - Che obiettivo vogliamo raggiungere?

Come ci vediamo tra uno, due o tre anni? Dove vogliamo arrivare?

5 - Chi sono i nostri competitor?

Facciamo una piccola analisi di mercato, cosa fanno i nostri competitor? Chi ha più successo, cosa sta facendo?

6 - Che carattere abbiamo?

Sia come brand che come Personal brand, come definiamo il nostro essere? Per es. Coraggioso, entusiasta, estroverso, ecc.

Come per magia ora è tutto più chiaro, anche come sarà la nostra presenza sui social. Il primo social in assoluto per importanza di cui parleremo è Instagram. Come si fa ad apparire tra mille profili e migliaia di pubblicazioni? Potrei parlare ore dell’algoritmo di Instagram, dell’importanza del copy, delle grafiche, della palette colori, dei fonts, della bio…

Ma iniziamo da un concetto semplice quanto basilare: il piano editoriale. Cosa, dove, quando, come e perché delle pubblicazioni. Ecco un esempio: 

Travaglini instagram

In questo schema a colonne, per maggiore chiarezza, si indicano con sei colori altrettante tipologie di contenuto diverse. La colonna centrale è dedicata solo ai contenuti Reel. Questo è un esempio di calendario editoriale vasto, con tanti tipi di contenuti a seconda dell’obiettivo che vogliamo raggiungere, se vogliamo divertire, emozionare, ecc…

Non avere paura, si può iniziare step by step e vedere cosa piace al tuo pubblico, perchè, purtroppo o per fortuna, i social sono in continuo cambiamento e bisogna adattarsi e sperimentare! Ci sono però delle regole generali:

• la costanza: nessuno seguirebbe mai una pagina che mette un post al mese, che senso avrebbe?

• la qualitá: utilizzate Canva per le vostre grafiche e Inshot per montare e modificare i vostri video.

Se abbiamo questi due attributi siamo già sulla buona strada, aggiungiamo un pizzico di creatività, marketing, copy persuasivo… e il gioco è fatto! Si, mi direte, e chi le sa tutte queste cose? Ve lo assicuro, pian piano scoprirete che non è poi così difficile.

 


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Social Media: come ottimizzare l'uso dei social per far crescere la tua scuola di danza

Webinar in diretta live 

22 ottobre 2022

webinar social media

 

Il social media marketing per chi dirige una scuola di danza può essere molto opprimente. E’ un’attività che può occupare molto tempo se non hai le idee chiare e può essere frustrante se non ti poni degli obiettivi chiari e raggiungibili.
Quali sono le azioni principali che ti garantiscono di ottimizzare l’uso dei social media per far crescere la tua scuola di danza?
Nello specifico quali foto pubblicare per mettere in evidenza cosa ti contraddistingue? Che post editare per comunicare il tuo valore?
Sponsorizzate si, no e quando?

 

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© Expression Dance Magazine - Giugno 2022

 

 

 

 

Simone Corso, vibrazioni magiche

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Cosa significa danzare, sentendo la musica col cuore

 

Simone, raccontaci un po’ chi sei

Ho 26 anni e vivo a Quartucciu, in provincia di Cagliari. Sono un ballerino di danze Urbane, faccio teatro danza e sono un inguaribile sognatore!

Mi piace vivere e scoprire la magia della vita, amo i momenti di solitudine, ma al tempo stesso amo stare fra sognatori come me, condividendo e sperimentando nella danza e nell’arte.

Fin dalla nascita mi sono sempre sentito in un’altra dimensione. Nascendo sordo, ho sempre dovuto adattare tutto a una realtà scomoda per me: dalla socializzazione con gli altri bambini, al bullismo subito in adolescenza, all’emarginazione nel mondo del lavoro. Ci sono stati momenti difficili, ma non mi sono lasciato abbattere, perché proprio da queste esperienze sono partito per trovare la mia forza, per capire che i modi per interagire con il mondo esterno possono essere tanti, dobbiamo solo trovare quello che si adatta meglio a noi e al nostro essere. Per me tutto questo ha un nome: DANZA.

Cosa (o chi) ti ha portato alla danza e, dopo averla conosciuta, perchè l’hai scelta come “compagna” di vita?

La mia famiglia è da sempre parte integrante del mio percorso, presente in ogni passo. Se oggi danzo è proprio grazie a mia madre! Grazie a lei mi sono innamorato della danza: con mia madre ho visto un film sulla danza di strada ed è scattata la scintilla.

Attraverso la danza posso esprimere la mia voglia di libertà assoluta, posso esprimere la necessità del mio corpo di sentirsi cullato, un po’ come le barche, di cui sono appassionato grazie a mio padre.

Oltre alla famiglia però devo assolutamente parlare dei miei compagni, perché se oggi sono qui è anche grazie a loro. Essenziali.

Ti abbiamo scoperto a Italian’s Got Talent, non sarò la prima a dirti che ci hai davvero sorpresi. Ma dopo lo stupore iniziale, la tua partecipazione ha sicuramente aperto a una riflessione: spesso (per non dire sempre) leghiamo certe situazioni e condizioni a realtà impossibili. Definiamo il mondo a priori, ma come ci insegni tu, “tentar non nuoce” quasi mai. Come possiamo trasferire il tuo esempio nel nostro modo di vivere la realtà? 

La Danza è la mia forma di espressione, di sentire e di connettermi con le persone, è la mia anima, il mio vero io, che ho scoperto quando mi sono lasciato trasportare dal cuore.

Vorrei arrivare, attraverso l’arte e la danza, a chi ha bisogno di coraggio, a chi crede nell’impossibile, a chi si sente fuori posto, a chi cerca il suo posto nel mondo. Vorrei lasciare un messaggio ed essere un piccolo esempio, uno fra infiniti, per credere in se stessi, riuscendo così ad andare oltre gli ostacoli della vita.

La Musica è il mio rifugio, un piccolo, ma immenso universo, arriva dritta alla mia anima senza passare dalle orecchie, ed è grazie alle vibrazioni che accade la magia.

Molto spesso il contesto fa la differenza: in che modo la famiglia o la scuola possono offrire gli strumenti giusti per superare gli ostacoli?

L’arte è un mezzo di comunicazione potentissimo e importantissimo. Io sono oralista, ovvero parlo la lingua dei segni italiana, LIS, verbalmente, attraverso la lettura del labiale, ma la mia principale comunicazione avviene con la danza. Quando ballo, non solo posso essere me stesso, ma posso anche arrivare alle persone attraverso un linguaggio universale: quello delle emozioni.

Credo in un mondo inclusivo, di vera inclusione, poiché troppo spesso se ne parla, ma ancor più raramente si applica. Manca proprio un’educazione “all’inclusione”, ormai fondamentale per rendere questo mondo inclusivo, da ogni punto di vista. 

Purtroppo siamo ancora piuttosto indietro in questo processo, poiché mancano proprio gli esempi di inclusione in ogni campo: in famiglia, a scuola, a lavoro, nelle passioni, nella società.

Siamo in un periodo storico complesso e ovviamente tale complessità si riflette sulla società, creando situazioni più o meno complesse: anche le scuole di danza stanno confermando ciò. Partendo dalla tua esperienza, la danza come può essere trasformata in terapia per l’anima? Potrebbe essere la chiave per riprendersi dalla crisi post pandemica?

Siamo una società basata su etichette, che troppo spesso non sono reali. Ad esempio, nella danza si parla sempre di corpi danzanti, di canoni fisici da rispettare, dei limiti entro i quali si ha la possibilità di essere accettati. 

La vita mi ha insegnato ad abbattere queste barriere, a non vedere ciò che manca, ma a trasformare e far brillare le nostre qualità giorno dopo giorno. Non dovrebbero esistere limiti di alcun genere, anzi non devono esistere.

La danza è per chi sa amarla, la danza è per chi crede nella sua magia, al di là di un mancato udito o di un corpo diverso.

Ci insegnano che siamo tutti diversi e unici, però ci vogliono tutti uguali e monocolori.

La verità è che siamo sfumature di colori sempre diverse e, grazie alla danza, tutto questo è percettibile. Viviamo in un periodo storico difficilissimo e delicatissimo sotto ogni punto di vista, per questo invito a cogliere la potenza dell’arte, poiché è sempre una chiave per cogliere e vivere la vera bellezza della vita.

I tuoi prossimi progetti?

Il mio progetto futuro è quello di aprire un centro culturale e di spettacolo, una sorta di galleria dove i dipinti sono corpi che danzano, dal contemporaneo all’urbano, dalla classica al freestyle, senza nessun limite! Un centro di vera inclusione per tutti, senza limiti di nessun genere, dove chiunque può aver accesso e dove chiunque potrà esprimere se stesso attraverso l’amore per la danza.

Grazie Simone, grazie perché ci hai ricordato una volta di più che “The sky is the limit”.

 

 

 

© Expression Dance Magazine - Giugno 2022

 

 

 

Il circo dei pianeti: movimento, emozione, immagine ...un’esperienza educativa a tutto tondo

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L’IDA ha raccolto un’esperienza laboratoriale, condotta nelle scuole primarie dalla docente di danza classica Valentina Poggi  e l’ha trasformata in un testo di esercizi psicomotori indirizzati a bambini dai 6 agli 8 anni.

Il percorso tracciato segue uno sviluppo narrativo avvincente. Attraverso il viaggio fra i pianeti del protagonista Emanuele e della sua navicella i bambini possono esplorare l’uso dello spazio, il campo visivo, il ritmo e la qualità dei gesti, il tutto accompagnato dall’indagine emotiva, punto di partenza per ottenere il massimo coinvolgimento degli allievi stessi.

La volontà di IDA nell’aggiungere questo testo alla sua già folta biblioteca didattica nasce per fornire ad insegnanti di danza, educatori e docenti una traccia di lavoro per impostare laboratori di danza creativa, lezioni di propedeutica alla danza e performance teatrali ad hoc per i bambini.

A sostegno degli spunti pedagogici contenuti nel testo sono state inserite delle illustrazioni frutto di un progetto di collaborazione scuola lavoro fra IDA e il Liceo Artistico Nervi-Severini di Ravenna.

Il Prof. Giuseppe Marino ha guidato gli studenti con grande professionalità nel loro primo passo nel mondo del lavoro.

Abbiamo intervistato Asia Montanari, 18 anni. La studentessa, sebbene giovanissima, ha dimostrato grandi doti organizzative nel pianificare il lavoro assegnato e nel coordinare i compagni.

Ciao Asia, raccontaci un po’ questa esperienza…

È stata un’iniziativa che mi ha elettrizzata da subito, perché finalmente mi è stata data l’occasione di mettermi alla prova progettando per un committente serio  e qualificato come IDA , rispettando tempi e direttive professionali.

Un bel banco di prova, ma quali sono stati per te gli ostacoli maggiori?

È stato complicato inizialmente organizzare il tempo da dedicare allo studio e quello da riservare alle illustrazioni del Circo dei Pianeti ma credo che ne sia valsa davvero la pena!

Come hai reagito quando il Prof. Marino ti ha consegnato la copia del testo stampata?

Non ci volevo credere, un risultato sorprendente per essere il mio primo impatto nel mondo del lavoro al di là della scuola. Ringrazio davvero IDA per avermi permesso di esprimere il mio talento come illustratrice e chissà che un giorno possano esserci nuove collaborazioni.

Attraverso la volontà di Valentina Poggi, Il circo dei pianeti è riuscito a contagiare in prima battuta i bambini protagonisti dell’ esperienza laboratoriale nelle scuole primarie e le loro maestre, in seguito le famiglie, testimoni della performance conclusiva del ciclo di incontri. Un appuntamento molto sentito da tutti, nel quale i bimbi hanno mostrato l’intera dimensione educativa nel quale sono stati immersi, accrescendo competenze affettive, emotive, corporee, cognitive e relazionali. Una narrazione che si è fatta ascolto e creazione, viaggiando fra i pianeti.

Anni dopo, il progetto è tornato a vivere, coinvolgendo gli studenti del Liceo Artistico nella dimensione artistica del disegno.

Non è così scontato che il mondo della danza e il mondo della scuola possano annusarsi, toccarsi e scambiarsi competenze, Il circo dei pianeti è senz’altro un’esperienza positiva che può far conoscere i professionisti della danza nel mondo delle istituzioni scolastiche e aprire collaborazioni e scambi dai quali tutti ne escano arricchiti.

 


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La danza nei progetti scolastici 

Webinar in diretta live

Sabato 10 settembre | dalle 10:00 alle 13:00

danza scuola

Come creare un programma adatto ai progetti scolastici che abbia un senso pedagogico funzionale e che induca i bambini al desiderio di danzare?

Ce ne parleranno l’insegnante di danza e coreografa Silvia Ardigò e Valentina Poggi insegnante di danza che illustrerà il progetto di danza creativa Il circo dei pianeti creato per le prime classi della scuola primaria.

 

 

 

 

© Expression Dance Magazine - Giugno 2022

 

 

 

 

Raffaele Paganini: “I giovani meritano tutta la nostra attenzione”

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Abbiamo incontrato Raffaele Paganini a Danzainfiera circondato dall’affetto di ragazzi che lo “inseguivano” per una foto con il Maestro, e lui, come solo i grandi sanno fare, si è donato senza alcuna remora. 

Classe 1958, Raffaele Paganini a soli 19 anni è diventato Primo ballerino e poi Etoile della Compagnia di Balletto del Teatro di Roma e da allora ha iniziato un percorso artistico che lo ha portato a calcare i più prestigiosi palcoscenici in tutto il mondo.

Raffaele hai appena insegnato in una master class per giovani, come ti rapporti con loro?

Io mi sono da sempre dedicato ai giovani, anche grazie alla mia esperienza. Ho iniziato infatti abbastanza tardi, verso i quattordici anni, perché sono stato inserito in un corso di soli maschi, con età varie (ero insieme anche a bambini di sette anni) che era stato pensato per favorire l’entrata di più maschi nel Corpo di Ballo dell’Opera di Roma. Mio padre, ballerino, mi obbligò ad entrare con mio fratello ma io non volevo, il mio sogno era quello di diventare uno steward. Da quel corso, durato quattro anni, sono usciti poi grandi talenti come mio fratello Alfonso, Mauro Bigonzetti e Mauro Marozzi. 

La mia è stata un’esperienza che mi ha fatto esplorare dentro perché, iniziando gli studi di danza tardi, ho fatto molti sacrifici per raggiungere il livello dei miei compagni di scuola. L’insegnamento me lo sono portato dentro quindi come vocazione mentre, lo ammetto, non mi sento affatto un coreografo: mi sono sempre sentito un’insegnante e mi rivolgo ai giovani perché ho un’esperienza da condividere. 

E quando hai pensato che era giunto il momento di diventare “solo” insegnante? 

Credo che ogni periodo abbia il suo momento. Sui 36/38 anni ho sentito l’esigenza di smettere di fare il repertorio e ho voluto lasciare spazio ai giovani più adatti a ricoprire quei ruoli. Io non mi sentivo più a mio agio ma, ovviamente, questo era il mio punto di vista. Ho creato una mia compagnia e poi, quasi per caso, grazie a Saverio Marconi, ho iniziato a fare il musical. Per dedicarmi ai giovani ho poi aperto una mia scuola di danza e, in seguito, ho abbandonato la compagnia perché c’era troppa burocrazia per quello che mi riguarda. Oggi invece non ho più la mia scuola di danza e giro in tutto il mondo per insegnare.

E ora in quali contesti insegni?

Mi muovo spesso tra l’Italia e l’Estero e mi spinge proprio l’idea di darmi ai ragazzi e non ai professionisti perché mi sento più a mio agio con loro. Tengo tantissime masterclass proprio con questa idea di educare alla danza e non solo alla tecnica.

Per te formare un giovane ballerino cosa rappresenta quindi?

Significa formare nel mondo della danza a tutto tondo, per me è importante far conoscere anche la storia della danza e la tenuta del palcoscenico; la tecnica nella danza non è l’unica qualità per un ballerino che voglia fare della danza classica la propria vita.

Pensi che la danza classica sia il cardine della formazione, tu che hai interpretato dai balletti di repertorio ai musical?

Per me la danza è tutta. Credo solo che la danza classica sia tra le discipline più efficaci e sia un mezzo fondamentale per perfezionarsi.

Dei tuoi insegnamenti cosa vorresti che rimanesse ai tuoi giovani allievi?

Vorrei trasmettere molta fiducia perché sono sicuro che la danza possa risollevarsi e che si possa continuare con l’idea di creare bellezza e non con la sola idea di avere fama e successo. Io lo dico sempre: la popolarità non va sempre di pari passo con la bravura. A me, ad esempio, la popolarità è arrivata davvero per caso. Io e Oriella Doriella siamo stati chiamati da Valeria Ottolenghi con l’idea di un esperimento: portare la danza classica in televisione. L’esperimento andò fortunatamente bene ma non era affatto scontato che il tutto funzionasse.

Mi ha colpito la grande generosità che Raffaele Paganini riserva nei confronti dei giovani e quello che ci ha confidato poco prima di terminare l’intervista: “la danza dal vivo ha bisogno dei giovani e in questi due anni sono stati proprio i giovani a soffrirne di più e si meritano tutta la nostra attenzione”. 

Si ringrazia l’Accademia di musica e danza Giuditta Pasta di Como per la gentile collaborazione per l’intervista.

 

 

 

© Expression Dance Magazine - Giugno 2022

Stili del balletto, metodi e tecniche: il metodo Vaganova

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Molto spesso si afferma e si confonde il termine stile con il termine metodo che, invece, sono due aspetti completamente diversi ma complementari. Lo stile è il marchio di una determinata scuola, è la scelta dei mezzi espressivi che costituiscono l’impronta peculiare di una scuola, della personalità di un autore/pedadogista. Il metodo è invece un processo strutturale che segue criteri sistematici in funzione di uno scopo ed è composto da un sistema organico di principi nel quale la disciplina viene sviluppata in modo graduale soprattutto sotto forma di esercizi, in modo da facilitarne l’apprendimento.

In tal senso la grande pedagoga Agrippina J. Vaganova (1879/1951) ebbe la capacità di assorbire le metodiche di maestri provenienti dalle maggiori scuole europee che fino ad allora avevano avuto il primato didattico e coreografico: la scuola francese, la scuola italiana e la scuola danese, e sviluppare una feconda analisi pedagogica di ristrutturazione della Scuola Coreografica fondata nel 1738 consolidando nel tempo una propria didattica e una personale impronta stilistica.

Il merito di Vaganova è stato quello di analizzare in modo dettagliato e decomporre nei singoli elementi tecnici tutti i passi della tradizione accademica delle tre maggiori scuole enunciate sopra elaborando un sistema pedagogico caratterizzato da un crescendo di difficoltà tecnica e di complessità compositiva che prevedeva otto anni di studio. 

Questa elaborazione metodologica, assolutamente sistematica ed esauriente, costituisce la base solida di uno studio progressivo in relazione all’età e al livello di sviluppo psico-fisico. Il suo metodo conferisce organicità e coerenza sul piano didattico e stilistico, mettendo in evidenza l’importanza del centro del corpo (il bacino) dal quale si originano tutti i movimenti; crea un nuovo linguaggio per un corpo forte, potente, sicuro, una base solida che consente al danzatore e al suo corpo di acquisire (metodo) ed eseguire (stile) con facilità, destrezza maggiore armonia nei movimenti ed espressività artistica. 

Quindi, sintetizzando, il metodo e lo stile di una scuola, traggono origine dalla tradizione ma soprattutto dalla personalità dell’autore/pedagogista che ha sistematizzato una propria visione di metodo organico derivato da proprie esperienze formative e artistiche che lo ha portato inevitabilmente ad uno stile proprio in cui si delinea una “scuola”.

Prendendo in esame il metodo Vaganova, la scuola si è formata attraverso l’analisi scientifica della fluidità nei movimenti delle braccia proprie dei francesi e la bravura nei giri e nei salti degli italiani.

Quali criteri pedagogici hanno influenzato la Vaganova nella sistematizzazione del suo metodo e dello stile? 

Del metodo e stile italiano sicuramente la logica pedagogica e di metodo è stata maturata attraverso la conoscenza diretta del metodo d’insegnamento di Enrico Cecchetti mutuando in particolare i principi tecnici del suo “sistema dei giorni della settimana”, ovvero la ripartizione degli esercizi in una periodizzazione ciclica settimanale cambiandone in modo graduale l’intensità dello sforzo giorno dopo giorno, in maniera equilibrata e secondo una precisa logica didattica, sviluppandone gradualmente la fluidità, l’ampiezza e l’armonia del movimento, la purezza delle linee, la forza, la stabilità, la coordinazione e la velocità. 

Del metodo e stile danese, da August Bournonville a Christian Johansson, di cui è considerato uno dei capiscuola dello stile e della tecnica bournonvilliana in Russia, la Vaganova ha analizzato e studiato qualità fisiche come bellezza, vigore, leggerezza, vivacità, musicalità; qualità intellettuali come gusto, perseveranza, immaginazione e qualità artistiche come grazia, morbidezza, “aplomb”, elasticità e precisione. 

Appare chiaro che Vaganova affini il suo metodo attraverso l’analisi dei movimenti eseguiti duranti le lezioni di Johansson, in particolare l’estrema purezza stilistica: eliminazione di ogni parvenza di sforzo e uno sviluppo della fluidità, dettate dalla scuola francese di August Vestris.

In sintesi, quando parliamo di metodo Vaganova dobbiamo ricordare che è un metodo scientifico perché nasce da un’attenta analisi, sperimentazione, ricerca, ma soprattutto da un’attenta riflessione critica su se stessa e la sua formazione didattica e artistica.

 

Bibliografia:

Danza  - a cura di Donatella Ferrara - Ed. Mediterranee

Basic principles of Classical Ballet - Dover Publications

Storia della danza e del Balletto - Alberto Testa - ED. Gremese

 

 

 

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Terapia della danza: l'arte al servizio della salute mentale

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Negli ultimi decenni la salute mentale di giovani e meno giovani, è tema di discussione quotidiana negli studi medici, ma anche nei salotti dei politici.

Due anni di pandemia hanno sicuramente lasciato il segno e per molti anni osserveremo conseguenze sul piano sociale e relazionale.

Anche la notizia del “bonus psicologo” ha tenuto banco nelle redazioni, online e offline, ma, senza soffermarci troppo su questo aspetto, sapere che la necessità di un sostegno psicologico sta diventando uno dei bisogno primari sta dando a molti un importante o, forse, ingombrante motivo di riflessione.

Tra questi ci sono gli educatori che, nei giovani e tra le persone che vivono in condizioni svantaggiate, vedono riflesso questo malessere generale, questa crisi economica e soprattutto psicologica.

Si parla spesso di salute mentale, troppo spesso senza davvero riflettere sulla sua importanza, ritenuta fondamentale per la salute dell’individuo (citando l’OMS): l’aumentare dell’età, delle responsabilità è da sempre direttamente proporzionale al peggioramento della salute mentale, ma in questi ultimi due anni purtroppo questo dislivello si è appiattito, poiché anche il benessere psicologico dei giovani sta venendo meno.

Proprio qui entrano in gioco e acquisiscono un ruolo vitale i luoghi di aggregazione (extra scolastici).

Parliamo spesso di quanto le scuole, i centri ricreativi, l’arte in sé possa o debba essere al centro di progetti di tutela e recupero della salute, ma oggi tutto ciò va oltre alle semplici chiacchiere.

In un mondo dove situazioni si mischiano continuamente, dove spesso le criticità superano notevolmente le gioie, dobbiamo riconoscere che forse, ogni giorno un pochino di più, l’arte, la cura del bello, la gentilezza e l’eleganza stiano evolvendo in strumenti concreti, nelle mani di persone che portano sulle spalle il “peso della felicità”  di intere generazioni.

Non diremo assolutamente nulla di nuovo parlando di Dance Therapy, la danza intesa come “cura dell’anima”, uno strumento così potente da essere arrivato persino nelle carceri indiane.

È di pochi giorni fa, infatti, la notizia che nel carcere di Puducherry, in India, sia stata inserita la danza, nel programma di recupero per i carcerati, in particolare per chi è sottoposto al regime di “carcere a vita”: se inizialmente l’attività era vista dai detenuti come “poco interessate”, in poco tempo è diventata una delle attività più amate. La danza come attività di recupero, la danza come terapia per il corpo e per la mente: i miglioramenti sono stati da subito evidenti, portando ad un calo drastico dei livelli di stress.

Tra i carcerati c’è chi ammette che poter svolgere questa attività ha contribuito a rendere le giornate più leggere e la testa più libera dai pensieri, permettendo un miglior sonno anche a persone che per anni hanno dovuto fare i conti con l’insonnia. 

In India, dove le prigioni sono spesso sovraffollate, il primo passo per il recupero psicofisico dei carcerati è stato fatto ed è passato proprio attraverso la danza, con la conferma del successo in termini di salute e benessere, nonostante il contesto di vita sicuramente non facile.

Ciò che non può e non deve passare in secondo piano è la naturale propensione della danza a unire, a porre l’essere in una dimensione di condivisione, fondamentale nel superare situazioni statiche, dove la cosa più facile sarebbe isolarsi dal mondo.

L’esempio del carcere indiano è sicuramente estremo, ma è molto più efficace di altri nella dimostrazione che la danza può superare barriere.

La Dance Therapy non nasce oggi e non nasce in risposta alle problematiche attuali, ma nasce come intuizione, come parte di un discorso più ampio che vede la danza come un mezzo di comunicazione attraverso il quale il corpo può rendere concrete le emozioni del singolo individuo, compresa ovviamente la sofferenza.

La danza diventa così terapia, diventa il collegamento principale tra anima e corpo, tra le due dimensioni dello stesso “io” ed è l’elemento di connessione tra corpi che si muovono nel medesimo spazio. Questa è la funzione terapica della danza: alleggerire il rapporto duale tra anima e corpo, con conseguente propensione alla relazione con l’altro, con l’amico, con la famiglia, con le persone che in un modo o nell’altro entrano nella nostra sfera di influenza.

Oggi, in questa vita iper connessa, la pandemia ha portato a nuove condizioni di solitudine, ha visto la crescita esponenziale di persone che necessitano di tranquillanti e antidepressivi per riuscire a riposare e a superare lo stress mentale (dati ISTAT) e ci ha fatto scoprire deboli di fronte alla narrazione di sé e della propria storia. In questo processo la danza terapia si può ritagliare un ruolo di primo piano a 360 gradi: sostenendo i giovani adolescenti nella costruzione della propria persona in relazione al mondo esterno (con il quale, a quest’età, è sempre difficile dialogare), permettendo agli adulti di trovare nuove strategie per riprendere in mano la propria vita dopo lunghi mesi caratterizzati spesso da situazioni di disagio, aiutando gli anziani a superare le paure proprie della terza età.

La Dance Therapy ha origini nel secolo scorso, grazie a danzatrici come Isadora Duncan e Marian Chace, portatrici di una nuova concezione della danza, liberata dall’elitarismo accademico, che l’aveva caratterizzata fino a quel momento: queste danzatrici cominciano ad acquisire consapevolezza sulle finalità terapeutiche della danza. Una danza che aveva superato la mera finalità estetica e aveva acquisito nuovi fini a livello di espressività di corpo e anima: nasce qui la Dance Therapy, frutto anche del coincidente sviluppo della Modern Dance e delle scoperte scientifiche in ambito psicanalitico. 

La Chace, lavorando con persone con bisogni particolari, si rese conto dell’entusiasmo dato dalla danza, nonostante la mancanza di capacità tecnica, e cominciò ad approfondire il potere del linguaggio del corpo, la cui forza comunicativa diventava fondamentale per coloro che faticavano a esprimersi in altri modi. La danza diventa un mezzo di comunicazione non verbale di primaria importanza.

Lo sviluppo e la diffusione della Dance Therapy varia a seconda di situazioni e contesti, sicuramente in USA trova più spazio, mentre in Europa si è cominciato a lavorare su questi percorsi terapici recentemente. Di sicuro interesse l’interdisciplinarietà caratterizzante questo percorso terapico: maestri di danza hanno iniziato a collaborare con psicologi e psichiatri per trovare una chiave di lettura dei diversi comportamenti.

Gli approcci sono vari e diversificati, sicuramente applicabili a situazioni particolari, ma sempre e comunque legati al rapporto tra corpi e tra corpo e spazio. Nonostante i diversi approcci, nei decenni si è reso evidente quanto la Dance Therapy abbia effettivamente supportato persone ad alleviare sofferenza psicofisica e a superare condizioni di autoisolamento.

Oggi più di ieri questa terapia può avere un impatto potentissimo nella ripresa post pandemica per questo e educatori dei vari settori possono essere portati, insieme ad altri professionisti (quali psicologi e psichiatri), a indagare, attraverso la danza, il malessere per giungere a nuovi percorsi curativi fino a oggi poco battuti, giungendo a costruire una danza adatta a ogni corpo, espressione delle emozioni di ciascuno di noi.

 

 

 

© Expression Dance Magazine - Giugno 2022

 

 

 

 

Laccio: la bellezza è nella connessione tra i linguaggi

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Eclettico e poliedrico Emanuele Cristofoli, in arte Laccio, rappresenta un talento non convenzionale e rivoluzionario nel mondo della danza e non solo. Il quotidiano più importante della stampa “W” di New York lo ha definito “youthquake” (terremoto giovanile) e Vogue ha parlato di lui come il giovane talento “with the face of Botticelli angel and the spirit of Johnny Rotten”. 

Ballerino, coreografo e direttore artistico di progetti legati al cinema, alla musica, alla pubblicità e alla moda nella sua carriera non si è fatto mancare davvero nulla: tra le tante esperienze ha fatto ballare insieme Raffaella Carrà e Gianni Morandi all’Arena di Verona, ha lavorato con il rapper americano Coolio, con Virginia Raffaele e con Paolo Sorrentino nei film Loro 1 e 2. Ha anche intrapreso un percorso di ricerca coreografica legata a danzatori uomini dove sperimenta e crea con l’obiettivo di portare in scena un linguaggio nuovo ed esclusivo più vicino al mondo del teatro.

Abbiamo intervistato Laccio all’indomani della sua straordinaria esperienza all’Eurovision Song Contest 2022 che si è svolta a Torino la prima metà di maggio.

Cosa le è piaciuto dell’esperienza Eurovision?

Eurovision è stata sicuramente l’esperienza più “multiculturale” che abbia avuto fino ad ora! 

L’idea di comunicare a culture e paesi così diversi tra loro mi ha stimolato molto ed è stata la chiave che mi ha portato a coreografare la cerimonia di apertura, uno dei momenti più importanti di questa avventura. 

Poi sicuramente l’esperienza più bella è stata avere la possibilità di lavorare al fianco di artisti come Alessandro (Cattelan), Laura (Pausini) e Mika che mi hanno dato tanto e da cui ho imparato moltissimo.

Certo che parlare solo di danza con lei è davvero riduttivo… In che modo riesce a rendere così facile questo mix di arti che ha utilizzato anche per l’Eurovision Song Contest?

Negli ultimi anni ho lavorato sempre di più pensando alla connessione tra i linguaggi. Credo che oggi sia necessario mescolare le arti visive, la moda e la danza insieme: l’equilibrio tra queste arti è quello che funziona ed è ciò che trasforma il mio lavoro. Sembra facile ma in fondo non lo è!

In passato ho studiato Interior design e ho fatto esperienze nella moda e questo mi ha sicuramente aiutato a conoscere altri linguaggi e oggi mi permette di dialogare più facilmente con figure professionali come costumisti, scenografi e registi.

Mi hanno molto colpito le parole che si possono vedere nel suo spazio performativo e di ricerca: “Make art not war” una frase quanto mai attuale. Pensa che l’arte e la bellezza possano sconfiggere quello che non c’è di buono nella società? In che modo secondo lei?

In generale credo che l’uomo sia molto più sensibile alla bellezza di quanto crediamo. La bellezza per me è l’armonia che c’è tra le arti e quando c’è armonia tutti ne godiamo, consapevolmente o inconsapevolmente.

Non so quanto questo aiuti, ma credo che sia necessario per gli artisti continuare a produrre “bellezza” e che questa sia utile a provocare emozioni e riflessioni nelle persone. 

Nella mia sala prove ho scelto questa frase perché tutti possano ricordarne la forza una volta andati via.

Già dal suo sito capiamo che il suo è un universo che include più cose… In che mondo riempe “la terra” di Laccio? E cosa le interessa di più tra i suoi progetti coreografici, tv, cinema, teatro e moda?

Adoro lavorare cambiando in continuazione il tipo di obiettivo e il tipo di ambiente. Non c’è un settore che preferisco, ma se dovessi sceglierne uno sicuramente sceglierei il teatro.

Credo che il teatro sia il luogo che permetta più di tutti di sperimentare nuove forme di comunicazione e il teatro, avendo un contatto diretto con il pubblico, ti restituisce un’emozione autentica, diretta ed unica.

Perché ha pensato che fosse importante creare uno spazio formativo per i giovani, cosa mancava secondo lei nell’offerta formativa delle danze urbane?

Circa dodici anni fa insieme ai Modulo Project abbiamo deciso di dar vita alla Modulo Academy perché non esisteva ancora una accademia con percorso triennale specializzata nelle Danze Urbane. Per noi era anche necessario far capire alle altre accademie che anche questo stile potesse avere un percorso formativo interessante e di uguale dignità.

Per noi oggi è una fucina di talenti che spesso coinvolgiamo nei nostri progetti, non ultimi XFactor ed Eurovision dove i ragazzi hanno danzato al fianco di grandi artisti. 

Ha dichiarato che come insegnante doni il tuo talento ai giovani, in che modo si da a loro oltre che con l’insegnamento della tecnica?

Cerco di insegnargli la capacità di portare in scena le loro emozioni, portandoli a riflettere sul perché danzano e quale è il loro scopo. 

Spesso li coinvolgo nei miei progetti perché credo che fargli vivere delle esperienze o anche solo immergerli in una sala prove con professionisti sia il modo migliore per fargli vivere da vicino quello che sarà il loro futuro professionale.

 

A quanti anni ha iniziato a danzare e quando ha capito che la danza e l’arte in generale sarebbe potuta diventare il suo lavoro?

Ho iniziato molto tardi, all’età di 17 anni dopo aver visto i “Dacru” in scena, una compagnia di giovani danzatori diretta da Marisa Ragazzo ed Omid Ighani. 

Quando ho visto quello spettacolo più di vent’anni fa ho pensato: “questo è quello che voglio fare” e così ho cominciato a studiare con loro. Da lì una parte di noi ha preso la propria strada fondando quello che ancora oggi è il team Modulo Project.

A chi si sente di dire grazie per quello che fa oggi?

Alla mia famiglia per avermi appoggiato in questa avventura: non è facile a 18 anni dire ai tuoi genitori che vuoi lasciare tutto perché vuoi cominciare a danzare… Io l’ho fatto e loro mi hanno appoggiato da subito. 

Poi devo dire grazie ai miei compagni di avventura a partire da mia moglie e a tutti i Modulo Project.

Ai giovani lettori che vogliono tentare la strada del professionismo cosa si sente di consigliare dopo aver lavorato con i più grandi?

Consiglio di credere nel futuro e di crearsi le “occasioni” senza aspettare nella propria cameretta. E’ molto importante studiare per poi creare connessioni con il mondo professionale: bisogna cercare di condividere idee e progetti con le persone con le quali vogliamo lavorare. 

Nel mondo del lavoro c’è sempre di più il bisogno di forti personalità ed è su questo che bisogna costruire se stessi… partendo dall’originalità. 

Dopo la coreografia che ha presentato all’ultimo Festival di Sanremo come non chiederle com’è stato lavorare con Raffaella Carrà che ha lei stesso definito “un’icona del passato”?

Raffaella mi ha insegnato a credere in me stesso. 

Quando ho iniziato a coreografarla ed ho visto che lei mi ascoltava, ho capito che quello poteva diventare il mio lavoro e mi sono detto “se Raffaella mi segue, vuol dire che posso farlo”. E’ stata fonte di ispirazione per molti progetti e devo ammettere che mi ha insegnato tantissimo.

All’inizio non è stato facile confrontarsi con un’ “icona”, ma dietro tutto ciò c’era una donna umile, capace di essere sempre all’altezza di ogni cosa e di intuire cosa fosse giusto per il suo pubblico, senza mai deluderlo.

E come si è misurato con le coreografie originali di Sergio Japino che i più giovani, molto probabilmente, non conoscono neppure?

Sergio è un uomo di grande esperienza e di grandi intuizioni, mi ha dato da subito la possibilità di reinterpretare le sue coreografie, quindi sono riuscito a creare delle coreografie originali per Sanremo e questo ha reso per me ancora più speciale quel momento.

E’ stato un onore e per me sarà sempre un ricordo che custodirò nel mio cuore.

 

 


 

LABORATORIO LACCIO

Nell’ambito del Campus Dance Summer School 2022 organizzato a Ravenna da IDA, il 16 e il 17 luglio Laccio condurrà un laboratorio coreografico a numero chiuso e riservato a danzatori di livello intermedio-avanzato che sarà incentrato sul processo di ricerca coreografica e performativa. 

Il percorso si concluderà con la straordinaria opportunità, per tutti i partecipanti, di esibirsi nella splendida cornice del Teatro Rasi di Ravenna, domenica 17 luglio.

Clicca qui per maggiori informazioni >

 


 

 

© Expression Dance Magazine - Giugno 2022

 

 

 

 

A Campus 2022 le audizioni per Experience Company di Matteo Addino

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Sabato 16 luglio, nel corso di Campus Dance Summer School, si terranno le audizioni per entrare a fare parte dell'Experience Company, la compagnia diretta da Matteo Addino, trampolino di successo per giovani talenti.

Matteo Addino, il noto coreografo della trasmissione “Il cantante mascherato” condotta da Milly Carlucci, ha scelto Campus per selezionare nuovi ballerini.

Dall'Experience Company sono usciti eccellenti danzatori che, tramite talent show o programmi televisivi, sono diventati molto noti agli occhi del pubblico: nel programma "Amici" abbiamo potuto apprezzare talenti come Tommaso Stanzani, Miguel Chavez, Federico Milan, Giulia Pelagatti, Talisa Jade; al cinema, in serie tv o spot pubblicitari, invece, hanno recitato le allieve Eleonora Gaggero, Veronica Gaggero, Leonardo Trevisan, Carolina Jay e Maddalena Svevi.

 

Come partecipare all'audizione

Se hai tra i 12 e i 19 anni e anche tu aspetti l’occasione per mettere in mostra le tue qualità, approfitta delle lezioni di Campus tenute da Matteo Addino per farti conoscere, le classi saranno un primo momento di valutazione.

Oltre a queste, sabato 16 luglio alle ore 16.00 avrai la possibilità di danzare un tuo assolo della durata max di 2 minuti, sotto la visione del direttore Addino.

Per sostenere l'audizione del 16 luglio, oltre all'iscrizione obbligatoria allo stage Campus Dance Summer School, occorrerà essersi prenotati con una mail contenente i propri dati a danza@idadance.com

 

Iscriviti a Campus Dance Summer School >

 

 

 

 

Campus Off 2022, uno spazio speciale dedicato da IDA ai ragazzi

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Nell’edizione 2020, in contemporanea al tradizionale Campus organizzato ogni anno da IDA, è nata l’idea di Campus Off.

Campus Off è un’iniziativa fortemente voluta dalla Direttrice artistica di IDA, Roberta Fadda, che riserva uno spazio particolare agli insegnanti che hanno frequentato un percorso formativo proposto da IDA e che poi si sono distinti come danzatori e maestri di danza. Un’opportunità per valorizzare la “comunità” sempre più ampia che in IDA ha trovato un interlocutore affidabile e professionale e che ha fatto della danza la propria vita.

Campus Off è un nuovo approccio, una vetrina per valorizzare chi si dedica giornalmente all’insegnamento della danza e per far conoscere il prezioso know now che è tipico di chi lavora quotidianamente a stretto contatto con i ragazzi.

Campus Off è rivolto esclusivamente ad una sezione Young (10/11 anni) per far approfondire ai ragazzi coinvolti, con professionisti del settore, modalità e lavori più specifici per ogni disciplina proposta: danza classica, contemporanea, modern e hip hop.

Conosciamo più da vicino i docenti che ospiterà Campus Off 2022 in programma dal 14 al 17 luglio a Ravenna nelle sale IDA.

 

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MIRKO BOEMI - Modern

 

Inizia i suoi studi nella danza approfondendo gli stili jazz e funky, continua la formazione integrando con la danza classica, poi si dedica anche al canto e si specializza nell’insegnamento. È stato assistente di Mauro Astolfi e di Ilir Shaqiri.

“La cosa più importante che vorrei far capire ai ragazzi è che possono credere in quello che fanno se danno tutto quello che hanno. Durante lo stage applicherò il mio metodo Dance & Colors in cui i ragazzi sperimenteranno un training particolare che, attraverso i colori, permetterà di sperimentare gli stati d’animo che provano i ragazzi in quel momento e che diverranno poi materiale coreografico.

In IDA secondo me si può trovare un approccio aperto che raramente si trova perchè nei percorsi proposti il confronto con i docenti ti porta alla consapevolezza di ciò che sei.

Come docente porto dietro con me tutti i ragazzi che seguo e ho seguito ogni giorno perché ognuno di loro mi ha reso quello che sono oggi”.

 


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FILIPPO GAMBERINI - Hip Hop

 

Si dedica anima e corpo all’hip hop, ha studiato con grandi maestri della disciplina come Ruce Ikanji, Henry Link, Mr. Wiggles, Mamson, Niako, Marvin Gofin e partecipa di frequente a diverse battle.

“Durante il mio stage vorrei che i ragazzi capissero l’importanza della musica perché la musica è la nostra guida. È importante pensare ed eseguire ma per me è molto più importante lasciare andare il proprio corpo ballando; lasciarlo andare per quello che viene naturale ad ognuno di noi. In questo percorso porterò tutta la conoscenza che ho con me, le conoscenze, sia teoriche che pratiche, che mi hanno trasmesso alcuni dei fondatori di questa disciplina e poi, essendo stato anche io spesso studente, riuscirò più facilmente ad immedesimarmi nei ragazzi che mi seguiranno. 

Studiare in IDA mi ha fatto crescere molto sia dal punto di vista tecnico che a livello di preparazione mentale. Una frase che possa guidare ogni giorno i ragazzi? La musica è la tua chiave, usala per aprire la tua porta!”

 


 

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AZZURRA MUSCATELLO - Classico

 

Allieva della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala dall’età di 11 anni ottiene il diploma di ballerina professionista nel 2001 con specializzazione in danza classica accademica. Ricopre poi diversi ruoli come ballerina solista e prima ballerina per Il Balletto di Milano.

“La lezione che porterò al campus avrà logica, armonia e scorrevolezza. Gli allievi che parteciperanno alla mia session vorrei che portassero a casa un’esperienza di grande umanità unita a conoscenza e competenza. Attraverso la mia personale esperienza artistica e didattica porterò il mio sapere e la mia inesauribile energia e spero di riuscire a lasciare nei loro cuori un concreto aiuto per la crescita e la formazione di ciascun ballerino.

La mia esperienza in IDA è stata di grande professionalità, ottimi docenti, tutto ben organizzato e sale amplissime.

Il mio consiglio? Siate curiosi e non smettete mai di lavorare sodo per migliorarvi costantemente. La mia parola magica? Formazione continua!”

 


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MICHAEL D'ADAMIO - Contemporaneo

 

Danzatore per il Ravenna Festival per produzioni sia di opere liriche che di danza, prosegue il suo perfezionamento a Budapest avvicinandosi alla tecnica Gaga e approfondendo tecniche release e floorwork, contact improvvisation e partnering. Accanto all’insegnamento prosegue il suo lavoro di ricerca coreografica.

“Vorrei che i ragazzi comprendano meglio che non sei solo quando ti muovi nello spazio, e vorrei fargli comprendere come sentire l’aria che li circonda. Li guiderò nel capire come cercare un movimento fluido nello spazio e per questo nello stage riserverò uno spazio in cui lascerò libero il movimento, portando l’allievo ad esplorarsi e a trovare un suo modo di esprimersi attraverso un’improvvisazione guidata. Vorrei che possano portarsi dietro da questa esperienza l’idea di sentire il corpo dall’interno, perché il corpo si muove sempre anche se non stai muovendo in quel momento quella parte del corpo.

Con IDA ho avuto una formazione e preparazione a 360°, sia come danzatore che come docente e per me essere stato allievo nei percorsi IDA è stato fondamentale per la preparazione ottenuta anche attraverso la condivisione con gli altri che hanno creato sempre nuove sinergie”.

 

© Expression Dance Magazine - Dicembre 2021

 

 

 

 

 

 

 

 

Nutrizione: i falsi miti nell’alimentazione del danzatore: è vero che le proteine mi faranno diventare “grosso”?

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“Magari!” — risponderebbe un bodybuilder alla domanda iniziale — “se così fosse, non avrei bisogno di movimentare qualche tonnellata di ghisa ad ogni allenamento”. Battute a parte questa è una questione che da diversi anni tende a crucciare numerosi danzatori spingendo spesso anche verso comportamenti non troppo corretti dal punto di vista medico-nutrizionale. 

Per capire meglio questo aspetto e poter prendere decisioni consapevoli in merito, diventa cruciale porsi una domanda fondamentale: a cosa servono le proteine? 

In pratica a tutto, o quasi! In maniera diretta o indiretta sono alla base del funzionamento dell’intero organismo. Dalla digestione delle proteine otteniamo aminoacidi che, a loro volta, saranno utilizzati dall’organismo per la “costruzione” delle proteine che servono al suo funzionamento. Quando pensiamo alle proteine spesso la prima cosa che ci viene in mente è la muscolatura e questo è corretto, perché partecipano sia alla costruzione sia al funzionamento del muscolo scheletrico. Ma questo non è tutto: volendo fare alcuni esempi, le proteine sono alla base della formazione del collagene (costituendo tra l’altro i tendini e la componente elastica dell’osso), permettono la produzione di anticorpi (fondamentali al funzionamento del sistema immunitario) e intervengono sia nella produzione di alcuni ormoni e neurotrasmettitori sia nella produzione dei recettori che permettono di “leggere e tradurre” il messaggio da loro portato. In pratica permettono il funzionamento dell’intero organismo e quindi, volenti o nolenti, servono. 

Quali possono essere le conseguenze di una carenza alimentare di proteine?

Sono diverse e molte si dimostrano particolarmente insidiose per il danzatore, in primo luogo una marcata difficoltà nel recupero dall’attività, a cui si associano una maggiore tendenza agli infortuni, una minore efficienza fisica e una minore resistenza alle malattie infettive, fattori negativi in generale, ma particolarmente negativi in questo ambito. Quindi spesso e volentieri, prima di cercare una soluzione “medica” alla risoluzione e/o alla prevenzione di alcune patologie, rimane da chiedersi se prima non sia il caso di riconsiderare la propria alimentazione in maniera mirata e specifica. Diventa importante chiedersi come si è arrivati a ritenere che il consumo di proteine, da solo, potesse determinare uno sviluppo muscolare eccessivo. Principalmente per errori comunicativi da parte di chi fa educazione nutrizionale, associati a una mancata comprensione (spesso decontestualizzata) del ruolo che le proteine esercitano nell’organismo. In che senso? Nel senso che quando viene spiegato il ruolo di una sostanza o di una serie di sostanze, spesso non si è sufficientemente chiari nel dire che alcuni effetti come, ad esempio, quelli correlati alla crescita muscolare, sono in primo luogo fisiologici e necessari e soprattutto determinano un effetto proporzionale al tipo di stimoli forniti. Quali sono questi stimoli? Il tipo, la durata e l’intensità dell’allenamento svolto. E quindi? E quindi con un allenamento da danzatore si svilupperà un fisico da danzatore, la carenza di proteine, al limite può solo portarci ad avere un danzatore malnutrito e non un fisico migliore. Leggende metropolitane come la presunta “dieta del danzatore” (o del ballerino) che propongono un approccio fortemente povero in proteine (spesso anche in calorie) praticata con l’intento di favorire lo sviluppo di un muscolo più lungo e affusolato, non considera, prima di tutto, che anche i tendini e i rivestimenti muscolari sono composti da proteine e, in ultima battuta, che non esiste nessun riscontro né pratico, né scientifico che possa dare validità alla mal nutrizione, che nella migliore delle ipotesi può solo favorire un peggioramento generale della condizione di salute. 

Quale potrebbe essere un livello adeguato nel consumo proteico del danzatore?

Sarà un piacere esaminare la cosa insieme nel prossimo articolo.

 

 

© Expression Dance Magazine - Dicembre 2021

 

 

 

 

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